Mojahedin del Popolo Iraniano

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Mojahedin del Popolo Iraniano
(FA) سازمان مجاهدين خلق ايران
LeaderMaryam Rajavi
Massoud Rajavi
SegretarioZohreh Akhyani
StatoBandiera dell'Iran Iran
SedeTeheran
Fondazione5 settembre 1965
CoalizioneConsiglio Nazionale della Resistenza Iraniana
Sito web Sito ufficiale del PMOI.
Bandiera del partito
Mojahedin del Popolo Iraniano
سازمان مجاهدين خلق ايران
Simbolo del gruppo
Attiva1965 - 2003[1]
NazioneIran (esilio in Iraq)
Componenti
Componenti principali3.000 – 5.000 membri
Simboli
Bandiera
Bandiera alternativa
Attività
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Mojahedin del Popolo Iraniano o Esercito di Liberazione Nazionale dell'Iran (spesso indicati con le sigle PMOI, MEK o MKO) o Mojahedin-e Khalq (persiano: سازمان مجاهدين خلق ايران, sāzmān-e mojāhedin-e khalq-e Irān) è la denominazione di un partito politico iraniano, tra i più attivi nell'opposizione al regime teocratico che ha preso il potere in Iran successivamente alla Rivoluzione del 1979. In Iran è fuori legge. I leader sono Massoud Rajavi e sua moglie Maryam Rajavi. Storicamente era un partito vicino al marxismo, come il Tudeh, seppur in veste islamizzata (islamo-marxismo), ma attualmente propone una piattaforma programmatica di intonazione socialdemocratica e laica, oltre che nazionalista e islamo-socialista.

È stato considerato per molti anni dall'Unione europea[2][3] un'organizzazione terroristica, infatti sebbene la Corte di giustizia dell'Unione europea abbia rigettato questa definizione esprimendosi per ben tre volte contro la permanenza dell'organizzazione nella lista nera delle organizzazioni terroristiche,[senza fonte] [4][5]solo nel gennaio 2009 i 27 Paesi, riuniti a Bruxelles, hanno deciso di cancellare i Mujaheddin del popolo, dalla lista.[6][7] Il 28 settembre 2012 il dipartimento di stato statunitense ha cancellato il nome del MEK dalla lista nera. Il MEK ha compiuto attentati in Iran ai danni del governo dittatoriale, utilizzati dalla propaganda per screditare il movimento agli occhi del popolo iraniano, rendendolo minoritario nelle rivolte in Iran. I mujaheddin, secondo alcuni, sarebbero sostenuti ufficiosamente anche da Israele e dagli stessi Stati Uniti d'America. [8] Si ricorda tuttavia, che il regime iraniano accusa molti dissidenti di essere legati a Israele e agli Stati Uniti. Una delle accuse più frequenti per giustificare arresti e assassinii dei manifestanti nelle rivolte iniziate nel settembre 2022 è proprio quella di essere complici di Israele o "nemici del paese". Molti politici statunitensi di entrambi i partiti maggioritari, tra cui il presidente Barack Obama, si sono espressi a favore della cancellazione dei Mujaheddin dalla lista delle organizzazioni terroristiche, parlando favorevolmente del partito. L'opinione pubblica internazionale è divisa tra chi, pur non accettando il regime iraniano, considera il MEK solo un gruppo di ex-terroristi, contestando anche un certo culto della personalità nei confronti dei due leader, i coniugi Rajavi[9], e chi invece li considera legittimi resistenti, attivisti e partigiani in lotta, paragonando anche la sig.ra Rajavi ai grandi leader come Gandhi e Nelson Mandela.[10]

Il PMOI è la principale componente del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana (NCRI), che ne rappresenta oggi il braccio politico pacifico, dopo l'abbandono della lotta armata.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Il PMOI è stato fondato nel 1965 da Mohammad Hanifnejad, Saied Mohsen e Ali-Asghar Badizadegan, studenti dell'Università di Teheran. Inizia la sua attività successivamente alla Rivoluzione iraniana che ha portato all'instaurazione di un regime teocratico che ancora oggi vigente e basato sull'interpretazione ferrea dei precetti del Corano e l'applicazione della Shari'a. Prima che potessero essere in grado di condurre azioni militari di importante valore contro il regime, un'operazione della SAVAK, la polizia segreta dello Shah, trasse in arresto tutti i leader ed il 90% dei quadri dirigenti. La maggior parte dei capi furono fucilati, mentre gli altri affiliati rimasero in carcere per anni venendo sottoposti alle più atroci torture per la loro attività di opposizione al regime. Coloro che furono capaci di sopravvivere a queste persecuzioni, fra i quali Massoud Rajavi, trovarono rifugio in altre nazioni per lo più usufruendo dello status di rifugiati politici o continuarono a vivere in Iran ma nella completa clandestinità per il pericolo di persecuzioni da parte della spietata polizia militare di Teheran. Il leader Rajavi ha lasciato gli incarichi ufficiali a sua moglie e ai suoi collaboratori e non si mostra più in pubblico né in filmati dal 2003; vive in una località segreta per timore di attentati di agenti del regime, dopo che è venuta meno la protezione personale che Saddam gli aveva accordato, a partire dalla guerra Iran-Iraq. Da allora ha inviato solo dei messaggi registrati.

Sebbene il gruppo abbia inizialmente realizzato un'opposizione oltre che politica anche militare contro il governo iraniano, attualmente ha cessato ogni attività militare perseguendo una più civile quanto proficua opposizione politica. Prova è il fatto che la Corte Europea prima, e successivamente la Commissione europea, hanno ritenuto non più giustificabile la loro permanenza fra le organizzazioni terroristiche. Un'importante base operativa dell'organizzazione è il campo di Ashraf in Iraq. Questo campo, concesso in virtù di un accordo con Saddam Hussein[11] fatto ai tempi della guerra Iraq-Iran, costituisce un "presidio dei rifugiati iraniani", che ha contribuito ad urbanizzare la zona e a dotarla di servizi prima inesistenti. Ashraf è stato comunque sede anche di un campo di addestramento dell'opposizione iraniana, ma dopo l'arrivo degli statunitensi in Iraq tutte le armi sono state requisite e con esse ogni operazione di matrice militare è stata abbandonata. Il campo attualmente[senza fonte] è un villaggio abitato da circa 3.500 attivisti che portano avanti una intensa attività politica e diplomatica di opposizione al governo di Teheran. Negli ultimi anni è stato visitato da esponenti politici di molte nazioni tra le quali anche l'Italia. Numerosi partiti politici europei e anche italiani hanno sostenuto e sostengono l'eliminazione dalle liste di organizzazioni terroristiche del NCRI e dei Mujaheddin del popolo.[12] A favore dell'azione del movimento e del Consiglio si sono pronunciati Rudy Giuliani, Emma Bonino[13], Íngrid Betancourt[14].

Rilocazione in Albania (2016-presente)[modifica | modifica wikitesto]

Nel 2013, gli Stati Uniti d'America richiesero che i Mojahedin si ricollocassero in Albania, ma l'organizzazione inizialmente rifiutò l'offerta.[15] Infine venne accettato di spostare circa 3000 membri in Albania, e gli Stati Uniti d'America donarono $20 milioni all'UNHCR per finanziare questo spostamento.[16] Il 9 settembre 2016, oltre 280 membri rimanenti vennero rilocati in Albania.[17] Nel maggio 2018, la rete MSNBC diffuse un video inedito della base segreta del gruppo in Albania, descritto come "un massiccio complesso in stile militare".[18] La sede del complesso è Manëz, nella provincia di Durazzo, dove non sono stati ben accolti dai cittadini locali.[19]

Nel 2017, l'anno prima che John Bolton diventasse il Consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Donald Trump, questo si rivolse ai membri del gruppo dicendo che avrebbero celebrato l'ingresso a Teheran nel 2019.[20] A tutto il 2018, oltre 4.000 membri del movimento sono entrati in Albania, secondo i dati INSTAT (il locale Instituti i Statistikës albanese).[21] Secondo l'articolo dell'INSTAT a riprova di questo, a fronte dei 3000 concordati tra Albania e USA ci sarebbe una richiesta di permessi di soggiorno dall'Iran pari a 4158 tra il 2018 e il 2019[21]. Le istituzioni albanesi nel 2020 hanno però minimizzato sul rischio sicurezza sostenendo che "i nemici del governo iraniano sono un potenziale fattore che non coinvolge l'Albania direttamente in questo conflitto", viste anche le dichiarazioni rassicuranti del governo iraniano[22].

Campagna di intelligence e disinformazione contro il MEK[modifica | modifica wikitesto]

Il regime dello Scià ha condotto una campagna di propaganda contro il MEK, accusandolo di "compiere atti sovversivi per volontà dei suoi patroni stranieri" e sostenendo che "le sparatorie e i bombardamenti hanno causato pesanti perdite tra gli astanti e i civili innocenti, soprattutto donne e bambini". Ha anche ottenuto "confessioni pubbliche" che accusavano gli ex colleghi di crimini, tra cui la promiscuità sessuale. Il regime ha affermato che il MEK era "miscredente mascherato da musulmano" e ha usato il termine coranico "monafeqin" (ipocriti) per descriverli. Questa etichetta è stata utilizzata in seguito anche dalla Repubblica islamica per screditare il MEK. Secondo Ervand Abrahamian, il regime iraniano "ha fatto tutto il possibile" per infangare il MEK "attraverso una campagna implacabile, etichettandoli come ipocriti marxisti e "elettori" contaminati dall'Occidente, e come "terroristi controrivoluzionari" che collaborano con i baathisti iracheni e gli imperialisti".[23]

Dopo l'attentato al santuario Imam Reza di Mashhad, che ha provocato 25 morti e almeno 70 feriti, il regime iraniano ha immediatamente incolpato il MEK. Un mese dopo l'attentato, un gruppo sunnita che si fa chiamare "al-haraka al-islamiya al-iraniya" ha rivendicato la responsabilità dell'attacco (così come dell'attentato alla Moschea Makki di Zahedan nel 1994). Nonostante ciò, il governo iraniano ha continuato a ritenere il MEK responsabile di entrambi gli attacchi.[24]

Secondo l'NCRI, in un processo tenutosi nel novembre 1999, il ministro degli Interni Abdullah Nouri ha ammesso che il regime iraniano aveva compiuto l'attacco per affrontare il MEK e infangarne l'immagine.[25] Secondo un funzionario statunitense anonimo, Ramzi Yousef ha costruito la bomba e gli agenti del MEK l'hanno collocata nel santuario.[26]

Yonah Alexander ha dichiarato che gli agenti del Ministero dell'Intelligence (MOIS) hanno condotto "operazioni di raccolta di informazioni, disinformazione e operazioni sovversive contro singoli oppositori del regime e governi di opposizione. [...]Secondo i servizi di intelligence e di sicurezza europei, gli attuali e gli ex membri del MEK e altri dissidenti, queste reti di intelligence fanno ombra, molestano, minacciano e, in ultima analisi, tentano di attirare le figure dell'opposizione e le loro famiglie in Iran per essere condannate".[27] Secondo Alezander, Human Rights Watch è stata fuorviata e raggirata nel produrre il rapporto del 2005, che accusava il MEK di violazioni dei diritti umani, perché si basava su testimonianze di ex membri del MEK che lavoravano per il Ministero dell'Intelligence del regime iraniano.[28] È stato anche riferito che la Repubblica islamica ha manipolato i media occidentali per generare false accuse contro il MEK.[29][30]

Nel gennaio 2020 l'iraniano-americano Ahmadreza Mohammadi-Doostdar è stato condannato da un tribunale statunitense a 38 mesi di carcere per aver condotto una attività di sorveglianza sui membri americani del MEK.[31] Nel settembre 2020 il New York Times ha pubblicato un rapporto in cui i ricercatori sostenevano che gli oppositori del regime iraniano erano stati bersaglio di un attacco informatico da parte di hacker iraniani attraverso una serie di tecniche di infiltrazione. Il MEK sarebbe stato tra gli obiettivi più importanti degli attacchi.[32]

Persecuzione dei membri del MEK al di fuori dell'Iran[modifica | modifica wikitesto]

Dal 1989 al 1993, la Repubblica islamica dell'Iran ha compiuto numerosi omicidi di membri del MEK. Tra marzo e giugno 1990, tre membri del MEK sono stati assassinati in Turchia. Il 24 febbraio 1990, il dottor Kazem Rajavi (membro del Consiglio nazionale) è stato assassinato a Ginevra. Nel gennaio 1993, un membro del MEK fu assassinato a Baghdad.[33]

Nel marzo 1993, il portavoce dell'NCRI fu assassinato in Italia. Nel maggio 1990, un membro del MEK fu assassinato a Colonia. Nel febbraio 1993, un membro del MEK fu assassinato a Manila. Nell'aprile 1992, un membro del MEK è stato assassinato nei Paesi Bassi. Nell'agosto 1992, un membro del MEK è stato assassinato a Karachi. Nel marzo 1993, due assassini in motocicletta uccisero il rappresentante dell'NCRI Mohammad Hossein Naqdi in Italia.[34][35] Ciò portò il Parlamento europeo a condannare la Repubblica Islamica dell'Iran per omicidio politico.[36]

Nel maggio 1994, agenti della Repubblica Islamica assassinarono due membri del MEK in Iraq. Nel maggio 1995, cinque membri del MEK furono assassinati in Iraq. Nel 1996, due membri del MEK furono assassinati in Turchia (tra cui il membro dell'NCRI Zahra Rajabi); nello stesso anno due membri del MEK furono uccisi in Pakistan e un altro in Iraq.[37]

Il 23 settembre 1991 fu compiuto un tentativo di assassinare Massoud Rajavi a Baghdad. Nell'agosto 1992, un membro del MEK fu rapito e portato in Iran. Nel settembre 1992, gli uffici del MEK a Baghdad sono stati violati. Nel gennaio 1993, un autobus del MEK fu bombardato ma non ci fu nessuna vittima. Verso la fine del 1993, uomini armati anonimi attaccarono gli uffici di Air France e l'ambasciata francese in Iran dopo che la Francia aveva permesso a Maryam Rajavi e a 200 membri del MEK di entrare in Francia.[36]

Programma politico[modifica | modifica wikitesto]

I Mujaheddin del popolo, anche tramite l'azione nel NCRI, sostengono il seguente programma, che desiderano attuare sia prima che dopo l'auspicata liberazione dell'Iran:

Altri nomi[modifica | modifica wikitesto]

L'Organizzazione dei Mojahedin del Popolo Iraniano è noto con diversi nomi, tra i quali:

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Il braccio armato del MEK ha deposto ufficialmente le armi dalla guerra in Iraq, rimane attiva l'organizzazione politica.
  2. ^ COUNCIL COMMON POSITION 2005/847/CFSP (PDF), in Official Journal of the European Union, L 314, 2005, p. 44. URL consultato il 3 maggio 2019 (archiviato dall'url originale il 29 ottobre 2013).
  3. ^ Foreign Terrorist Organizations (FTOs), su state.gov, US Department of State, 2005. URL consultato il 22 settembre 2006.
  4. ^ INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/00764 presentata da MECACCI MATTEO (PARTITO DEMOCRATICO) in data 20081211, su dati.camera.it.
  5. ^ RISOLUZIONE IN COMMISSIONE 7/00047 presentata da GUZZANTI PAOLO (POPOLO DELLA LIBERTA') in data 20081001, su dati.camera.it.
  6. ^ EU's Ministers of Economic and Financial Affairs' Council violates the verdict by the European Court (archiviato dall'url originale il 28 settembre 2007)., NCRI website, February 1, 2007.
  7. ^ European Council is not above the law (archiviato dall'url originale il 28 settembre 2007)., NCRI website, February 2, 2007.
  8. ^ Articolo sui rapporti tra USA, Israele e PMOI (archiviato dall'url originale il 2 luglio 2012)..
  9. ^ Scienziati iraniani uccisi, dietro c'è Israele? (archiviato dall'url originale il 13 febbraio 2012)..
  10. ^ Articolo su Università Rajavi..
  11. ^ Filmato dell'incontro segreto di Massoud Rajavi con Saddam Hussein (RealMedia) (archiviato dall'url originale il 17 febbraio 2007)..
  12. ^ dal sito Radicali italiani (archiviato dall'url originale il 24 settembre 2015)..
  13. ^ Rudy Giuliani ed Emma Bonino per l'Iran (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2016)..
  14. ^ Conferenza di Parigi sull'Iran..
  15. ^ Ashish Kumar Sen, U.S. pushes Iranian dissidents to accept Albanian asylum offer, in Washington Times, 18 marzo 2013. URL consultato il 27 aprile 2018.
  16. ^ Pamela Dockins, US Praises Albania for MEK Resettlement, in VOA, 14 febbraio 2016. URL consultato il 27 aprile 2018.
  17. ^ Iranian opposition group in Iraq resettled to Albania, Reuters, 9 settembre 2016.
  18. ^ On Assignment with Richard Engel, MSNBC, 25 maggio 2018. URL consultato il 27 maggio 2018.
  19. ^ Durrës locals protest MEK members' burial in local cemetery, in Tirana Times, 9 maggio 2018. URL consultato il 15 giugno 2018.
  20. ^ Robert Mackey, Here's John Bolton Promising Regime Change in Iran by the End of 2018, in The Intercept, 23 marzo 2018. URL consultato il 27 aprile 2018 (archiviato dall'url originale il 24 aprile 2018).
  21. ^ a b (SQ) Deri më tani në Shqipëri kanë ardhur 4000 muxhahedinë, in Gazeta Telegraf, 24 agosto 2018. URL consultato il 28 marzo 2019.
  22. ^ A është e rrezikuar siguria e Shqipërisë nga Irani, su periskopi.com. URL consultato il 25 aprile 2020.
  23. ^ Ervand Abrahamian, Radical Islam : the Iranian Mojahedin, I.B. Tauris, 1989, ISBN 1-85043-077-2, OCLC 22179928. URL consultato il 20 ottobre 2022.
  24. ^ Who rules Iran?: the structure of power in the Islamic Republic, p. 108, ISBN 978-0-944029-39-8.
  25. ^ Alireza Jafarzadeh, The Iran threat : President Ahmadinejad and the coming nuclear crisis, 1st Palgrave Macmillan pbk. ed, Palgrave Macmillan, 2008, ISBN 978-0-230-60128-4, OCLC 172569534. URL consultato il 20 ottobre 2022.
  26. ^ Israel Teams With Terror Group To Killl Irans Nuclear Scientis US Officials, su rockcenter.msnbc.msn.com. URL consultato il 20 ottobre 2022 (archiviato dall'url originale il 29 febbraio 2012).
  27. ^ The New Iranian Leadership: Ahmadinejad, Terrorism, Nuclear Ambition, and the Middle East, Praeger, p. 22, ISBN 978-0275996390.
  28. ^ Milton M. Hoenig, The new Iranian leadership : Ahmadinejad, terrorism, nuclear ambition, and the Middle East, Praeger Security International, 2008, ISBN 978-0-275-99640-6, OCLC 192084326. URL consultato il 20 ottobre 2022.
  29. ^ By Struan Stevenson, European visit to Albania exposes Iran's misinformation campaign, su upi.com.
  30. ^ Tehran’s Influence Operations a Threat to Journalistic Independence, su townhall.com. URL consultato il 20 ottobre 2022 (archiviato dall'url originale il 7 dicembre 2018).
  31. ^ Iran Silent on 12 Iranians Detained by US Despite Pledge to Swap Prisoners Again, su voanews.com.
  32. ^ Iranian Hackers Found Way Into Encrypted Apps, Researchers Say, su nytimes.com.
  33. ^ Ronen A. Cohen, The Mojahedin-e Khalq versus the Islamic Republic of Iran: from war to propaganda and the war on propaganda and diplomacy, in Middle Eastern Studies, vol. 54, n. 6, DOI:10.1080/00263206.2018.1478813.
  34. ^ ' PRIMA IL FRATELLO, ADESSO LUI...' - la Repubblica.it, su Archivio - la Repubblica.it. URL consultato il 20 ottobre 2022.
  35. ^ Radio Radicale, L'assassinio di Mohamed Hussein Naghdi rappresentante del Consiglio Nazionale della resistenza iraniana in Italia, in Radio Radicale, 18 marzo 1993. URL consultato il 20 ottobre 2022.
  36. ^ a b (EN) Ronen A. Cohen, The Mojahedin-e Khalq versus the Islamic Republic of Iran: from war to propaganda and the war on propaganda and diplomacy, in Middle Eastern Studies, vol. 54, n. 6, 2 novembre 2018, pp. 1000–1014, DOI:10.1080/00263206.2018.1478813. URL consultato il 20 ottobre 2022.
  37. ^ Iraq Denies Link with Death of Opposition Leader in Rome, in Chicago Tribune wires,, 17 marzo 1993, p. 4.
  38. ^ Articolo sul sito NCRI..
  39. ^ Iran democratico..
  40. ^ Intervista ad un leader del MEK., da Shalom, 22 marzo 2010.
  41. ^ Letteralmente "ipocriti", in ricordo di quei medinesi che si proclamavano musulmani all'epoca del Profeta Maometto e che, invece, segretamente lo avversavano.

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