Marco Minghetti

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
(Reindirizzamento da Minghetti)
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Marco Minghetti

Presidente del Consiglio dei ministri
del Regno d'Italia
Durata mandato24 marzo 1863 –
28 settembre 1864
MonarcaVittorio Emanuele II
PredecessoreLuigi Carlo Farini
SuccessoreAlfonso La Marmora

Durata mandato10 luglio 1873 –
25 marzo 1876
PredecessoreGiovanni Lanza
SuccessoreAgostino Depretis

Ministro dell'interno del Regno d'Italia
Durata mandato17 marzo 1861 –
12 giugno 1861
Capo del governoCamillo Benso, conte di Cavour
PredecessoreMarco Minghetti, Regno di Sardegna
LegislaturaVIII legislatura del Regno d'Italia

Durata mandato12 giugno 1861 –
1º settembre 1861
Capo del governoBettino Ricasoli
SuccessoreBettino Ricasoli

Ministro delle finanze del Regno d'Italia
Durata mandato8 dicembre 1862 –
24 marzo 1863
Capo del governoLuigi Carlo Farini
PredecessoreQuintino Sella
LegislaturaVIII legislatura del Regno d'Italia

Durata mandato24 marzo 1863 –
28 settembre 1864
Capo del governoMarco Minghetti
SuccessoreGiovanni Battista Oytana

Durata mandato10 luglio 1873 –
25 marzo 1876
Capo del governoMarco Minghetti
PredecessoreQuintino Sella
SuccessoreAgostino Depretis
LegislaturaXII legislatura del Regno d'Italia

Ministro dell'agricoltura, dell'industria e del commercio del Regno d'Italia
Durata mandato13 maggio 1869 –
14 dicembre 1869
Capo del governoLuigi Federico Menabrea
PredecessoreAntonio Ciccone
SuccessoreStefano Castagnola
LegislaturaX legislatura del Regno d'Italia

Deputato del Regno d'Italia
LegislaturaVIII, IX, X, XI, XII, XIII, XIV, XV, XVI
Sito istituzionale

Ministro dell'interno del Regno di Sardegna
Durata mandato31 dicembre 1860 –
22 marzo 1861
MonarcaVittorio Emanuele II di Savoia
Capo del governoCamillo Benso, conte di Cavour
PredecessoreLuigi Carlo Farini
SuccessoreMarco Minghetti, Regno d'Italia
LegislaturaVII legislatura del Regno di Sardegna

Deputato del Regno di Sardegna
LegislaturaVII legislatura del Regno di Sardegna
Sito istituzionale

Dati generali
Partito politicoDestra storica
ProfessionePolitico
Marco Minghetti
NascitaBologna, 8 novembre 1818
MorteRoma, 10 dicembre 1886
Luogo di sepolturaCimitero monumentale della Certosa di Bologna
ReligioneCristiana cattolica
Dati militari
Paese servito Regno di Sardegna
Forza armata Regia Armata Sarda
ArmaFanteria
Anni di servizio1848 / 1849
ComandantiCarlo Alberto di Savoia
GuerrePrima guerra d'indipendenza italiana
BattaglieBattaglia di Goito
Battaglia di Custoza
Battaglia di Novara
Frase celebreLa logica non trionfa sempre nel mondo, e rare volte nelle assemblee legislative.
Altre carichePresidente del Consiglio dei ministri
Ministro dell'interno
Ministro delle finanze
Ministro dell'agricoltura, dell'industria e del commercio
Ministro dell'interno del Regno di Sardegna
voci di militari presenti su Wikipedia

Marco Minghetti (Bologna, 8 novembre 1818Roma, 10 dicembre 1886) è stato un politico, diplomatico e giornalista italiano, appartenente alla destra storica. Sotto il suo secondo governo si raggiunse (nel 1876), per la prima volta in Italia, il pareggio di bilancio[1].

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

I primi anni[modifica | modifica wikitesto]

Marco Minghetti nacque l'8 novembre 1818 a Bologna da una famiglia di proprietari terrieri. Suo padre, Giuseppe Minghetti, era un ricco possidente che durante l'occupazione napoleonica dello Stato Pontificio si era arricchito con il commercio, mentre la madre, Rosa Sarti, proveniva da una famiglia borghese di ideali politici liberali. Marco ebbe una sorella Alma (1821 - 5 aprile 1899; prima moglie di Valentino Amici quindi di Eugenio Vecchietti) e un fratello, Filippo (1825 - Firenze 27 gennaio 1914) che dopo una breve carriera militare entrò a far parte del corpo diplomatico.

La preparazione culturale del giovane Minghetti fu molto profonda: orfano di padre a 10 anni, frequentò a Bologna la scuola di latino dei barnabiti, dove fu allievo di due liberali: Ugo Bassi e Alessandro Gavazzi, completando la formazione con frequenti viaggi culturali, come a Venezia, nel 1830. Qui, insieme alla madre, visitò i capolavori artistici della città lagunare e si avvicinò alla pittura, passione che sarebbe durata tutta la vita.

Successivamente avvennero altri viaggi di formazione: alla fine di gennaio del 1832 Minghetti visitò dapprima Parigi, ospite dello zio Pio Sarti, patriota in esilio dopo i moti bolognesi del 1831. A Parigi il Minghetti incontrò eminenti personalità politiche sia francesi sia italiane, come La Fayette, Talleyrand, Terenzio Mamiani, Piero Maroncelli e molti altri. In aprile con lo zio si recò infine a Londra, dove soggiornò un paio di mesi prima di ritornare a Bologna.

Gli interessi culturali del Minghetti spaziavano tra letteratura, scienza ed economia: nel 1833 cominciò gli studi scientifici con il professor Vincenzo Michelini, medico e matematico, che lo condusse anche ad ascoltare le lezioni dell'Università bolognese, che però frequentò saltuariamente. La formazione letteraria invece gli fu inculcata dall'allora rinomato fisiologo Michele de' Medici di Ottajano, che era anche un buon letterato e latinista, mentre Paolo Costa fu il suo maestro per le materie filosofiche. In seguito Minghetti avrebbe preso le distanze da lui, giudicandolo troppo legato al sensismo, pubblicando nel 1837, un anno dopo la morte di Costa, anche un saggio sull'argomento, apparso sul Nuovo Giornale dei letterati. L'anno dopo avrebbe scritto, su un altro giornale, L'Istitutore, una critica sul dramma Dante in Ravenna di Luigi Biondi.

La formazione politica[modifica | modifica wikitesto]

Socio fondatore, nel 1837, della Cassa di Risparmio in Bologna, nel 1839 Marco Minghetti prese parte al Primo Congresso degli scienziati italiani, tenutosi a Pisa dietro concessione del Granduca di Toscana Leopoldo II: durante il consesso incontrò illustri personaggi di spessore scientifico ed economico, sia italiani, come Raffaello Lambruschini, Giuseppe Montanelli, Giuseppe Giusti, Giovan Battista Giorgini, sia stranieri, come l'astronomo belga Adolphe Quetelet. Dopo la conclusione del congresso, Minghetti si recò a Roma e a Napoli, sempre incontrando l'élite colta delle due città, approfondendo al contempo i suoi studi di filosofia, lingue (imparò il tedesco) ed economia (studiò i saggi di Adam Smith e Jean-Baptiste Say). Risultato di questo duro lavoro fu la pubblicazione della sua prima opera di materia economica, Intorno alla tendenza agli interessi materiali che è nel secolo presente, edita a Firenze nel 1841.

Divenuto nel 1843 amministratore del patrimonio familiare, Minghetti si impegnò anche a livello teorico a studiare i problemi dell'agricoltura e a sperimentare nuove tecniche agricole. Inoltre, aderì ben presto al movimento riformista che si era diffuso anche negli Stati Pontifici. Tra il 1842 e il 1847, partecipò attivamente ai lavori della «Società agraria bolognese», collaborando anche al giornale Il Felsineo e divenendone più in là direttore per un breve periodo. In questo periodo riprese anche i suoi viaggi all'estero, recandosi in Svizzera, Germania, Belgio e Paesi Bassi, poi, nel dicembre 1844, in Francia e nel Regno Unito. Lo studioso italiano rimase a Parigi ben cinque mesi, frequentando la Sorbona e il Collège de France, dove seguì il corso di diritto costituzionale di Pellegrino Rossi, con cui strinse amicizia, oltre a conoscere gli storici Jules Michelet ed Edgar Quinet. Inoltre, venne a contatto con le tesi nazionali dei patrioti italiani moderati Vincenzo Gioberti (che conobbe personalmente a Zurigo) e Cesare Balbo. Durante il soggiorno a Londra, durato dal maggio al luglio 1845, Minghetti approfondì le sue conoscenze in campo economico visitando fabbriche e manifatture: nella capitale inglese conobbe anche Giuseppe Mazzini, lì esule da anni, da cui lo divise fin da principio una chiara visione ideologica e d'azione.

Rientrato a Bologna, Minghetti strinse rapporti sempre più stretti con altri esponenti del patriottismo moderato, come Massimo d'Azeglio, incontrato a Firenze, e Montanelli e Rinaldo Ruschi, conosciuti a Pisa, al fine di creare un'opinione pubblica nazionale di stampo cattolico che l'elezione di papa Pio IX, il 16 giugno 1846, pareva realizzare, insieme con un'alleanza tra liberali italiani e la Chiesa. Un progetto che dava ben a sperare, specie per la visita del possidente emiliano al pontefice, da lui ricevuto in udienza privata poco dopo l'elezione al soglio.

Le esperienze politiche a Roma e a Torino[modifica | modifica wikitesto]

Marco Minghetti

Dopo la nomina di Pio IX e le sue iniziali riforme liberali, Minghetti, profittando della limitata libertà di stampa appena concessa, da direttore del Felsineo, pubblicò articoli di rilievo politico che chiedevano maggiori riforme economiche e sociali (lavori pubblici, ferrovie, amministrazione, istruzione scolastica). Nel novembre del 1847 divenne membro della Consulta di Stato (istituzione che rappresentava legalmente le province con funzioni economiche, amministrative e militari), creata dal papa in aprile, entrando al contempo nella commissione che doveva preparare il discorso del pontefice in occasione dell'inaugurazione della Consulta stessa, avvenuta il 15 novembre. Per le brillanti doti politiche, il 10 marzo 1848 Minghetti fu chiamato a Roma da Pio IX, che gli offrì la carica di ministro dei Lavori Pubblici nel primo governo costituzionale dello Stato Pontificio. Il 29 aprile 1848, dopo l'allocuzione con cui Pio IX annunciò il ritiro dell'esercito pontificio dal fronte della prima guerra d'indipendenza, Minghetti si dimise, con altri sei membri del governo.

Decise dunque di partecipare direttamente al conflitto, arruolandosi nell'Armata Sarda di re Carlo Alberto di Savoia, servendo, dal 10 maggio all'11 agosto, come ufficiale di Stato maggiore al quartier generale piemontese, partecipando alle battaglie di Goito e di Custoza. Intanto, essendo ancora in vigore nello Stato Pontificio la Costituzione, fu eletto deputato per il collegio di San Giovanni in Persiceto: dopo la firma dell'armistizio Salasco, Minghetti ritornò a Roma per partecipare ai lavori parlamentari, ma si dimise il 15 novembre dopo l'omicidio dell'amico Pellegrino Rossi, primo ministro del governo pontificio, ucciso da estremisti, indignato dalla titubanza del nuovo esecutivo nell'avviare il processo contro gli assassini. In seguito a ciò, Pio IX fuggì a Gaeta presso Ferdinando II, fatto per cui venne proclamata la Repubblica romana. Minghetti fu subito a capo dei moderati che si rifiutarono di portare propri deputati all'Assemblea Costituente.

Nel marzo del 1849 fu richiamato al quartier generale piemontese, dopo la ripresa delle ostilità contro l'Austria: dopo la sconfitta di Novara e la salita al trono di Vittorio Emanuele II di Savoia, figlio di Carlo Alberto, in novembre Minghetti fu esonerato dal servizio. Trascorse quindi nella natia Bologna i primi anni della seconda Restaurazione (1850-1851), dedicandosi all'approfondimento di studi filosofici. Nel luglio del 1852 alla fine si trasferì a Torino, dove fu ricevuto in udienza dal nuovo Re di Sardegna, a cui parlò delle condizioni delle province romagnole, ma soprattutto conobbe Cavour, a cui lo univano idee di tipo economico e politico, come la nuova visione economica data all'agricoltura, l'efficacia del sistema parlamentare e la possibilità di realizzare l'Unità d'Italia attraverso la diplomazia piemontese con il concorso degli Stati europei. In veste informale, quindi, preparò il terreno per la diplomazia del Presidente del Consiglio sardo, incontrando, nel 1853 a Londra, i politici Henry John Temple, III visconte Palmerston, William Ewart Gladstone e lord John Russell, mentre l'anno dopo sostenne attivamente l'intervento piemontese nella Guerra di Crimea a fianco di Francia e Inghilterra. Nel 1855, durante una pausa dai suoi spostamenti, Minghetti pubblicò Della Libertà religiosa in 12 lettere, poi pubblicate con altre opere giovanili in Opuscoli letterari ed economici.

Membro del comitato bolognese della Società nazionale italiana, nel 1856 scrisse per Cavour un memorandum sullo stato delle province pontificie da presentare al Congresso di Parigi, per meglio mettere in evidenza l'arretratezza del governo pontificio. Frattanto proseguiva il suo impegno civile e letterario: nel 1857 fu tra i fondatori della Banca delle quattro legazioni, mentre l'anno dopo diede alle stampe il suo lavoro più famoso, Dell'economia pubblica e delle sue attinenze con la morale e con il diritto, che ebbe largo successo in Italia e in Europa. All'inizio del 1859, dopo aver ottenuto la cittadinanza sarda, Minghetti fu nominato da Cavour segretario generale del ministero degli Esteri, con il compito di aggiornare il primo ministro sulle faccende interne italiane. Dopo le dimissioni di Cavour l'11 luglio 1859, in seguito all'armistizio di Villafranca che pose fine alla seconda guerra d'indipendenza, divenne il 3 settembre presidente dell'Assemblea delle Romagne, convocata per preparare l'annessione delle nuove province al Regno di Sardegna. Il 22 aprile 1860, in seguito alle elezioni parlamentari indette per far entrare i deputati dell'Italia centrale nel nuovo Parlamento subalpino, Minghetti risultò eletto nel suo collegio, venendo sempre riconfermato fino alla XVI legislatura.

Il governo del Regno d'Italia[modifica | modifica wikitesto]

Successivamente, il 1º novembre 1860 fu ministro degli Interni con Cavour, rimanendovi anche dopo la proclamazione del Regno d'Italia il 17 marzo 1861, e, dopo la morte del conte il 6 giugno, nel governo di Ricasoli. In veste ministeriale, Minghetti propose già in aprile un progetto di decentramento amministrativo del nuovo Stato (progetto appoggiato anche da federalisti come Giuseppe Montanelli), che avrebbe permesso un maggiore rispetto delle realtà locali, ma che fu bocciato dopo un mese di serrate discussioni dal Parlamento italiano, timoroso delle possibili spinte secessionistiche che il decentramento avrebbe provocato, oltre alle pretese di centralizzazione del ministero Ricasoli. Dimessosi il 1º settembre 1861 per queste divergenze, Minghetti ritornò alla politica attiva l'8 dicembre 1862, come ministro delle finanze con Luigi Carlo Farini. Quando questi fu colpito da infermità mentale, il 24 marzo 1863 gli succedette nella carica di Presidente del Consiglio dei ministri del Regno d'Italia, mantenendo il dicastero delle finanze.

Il nuovo gabinetto dovette affrontare due gravi problemi: il brigantaggio postunitario, che flagellava le province meridionali, e gli attriti con la Francia di Napoleone III per la Questione romana. Per risolvere il primo problema, venne approvata il 15 agosto 1863 la Legge Pica, proposta dal deputato abruzzese Giuseppe Pica, che sospendeva le garanzie costituzionali nelle province infestate dal brigantaggio e affidava ai tribunali militari la giurisdizione sui briganti catturati: questa legge rimase in vigore fino al 31 dicembre 1865.

Monumento in celebrazione di Minghetti ubicato in piazza S. Pantaleo a Roma.

In politica estera, facendosi forte della decisa azione italiana contro la spedizione di Garibaldi all'Aspromonte (29 agosto 1862), Minghetti fu in grado di negoziare un favorevole accordo con la potenza protettrice del Papa, la Francia, stipulato a Parigi il 15 settembre 1864 e detta perciò Convenzione di settembre. All'interno della Convenzione con la Francia, che prevedeva il ritiro della guarnigione francese da Roma entro due anni previa assicurazione italiana del potere temporale del papa, il governo Minghetti incluse la clausola dello spostamento della capitale da Torino a Firenze, suscitando sdegno e costernazione sia nel re che nella popolazione torinese. A seguito della brutale repressione delle pacifiche manifestazioni popolari di protesta, che provocò oltre 50 morti e centinaia di feriti tra Piazza Castello e Piazza San Carlo, Vittorio Emanuele II costrinse con un telegramma Minghetti a dimettersi dal governo.

Rientrato in Parlamento come semplice deputato, il 13 maggio 1869 fu nominato dal nuovo primo ministro Luigi Federico Menabrea ministro dell'Agricoltura, del Commercio e dell'Industria; in tal veste Minghetti chiamò esponenti tecnici di primo piano a collaborare al suo dicastero, come Luigi Luzzatti, varando anche un'inchiesta industriale e una agraria, i cui risultati, pubblicati un decennio più tardi, cambiarono la veduta politica dell'economia italiana dal liberismo al protezionismo. Dopo la caduta del ministero, Minghetti si diede alla carriera diplomatica, venendo nominato il 24 agosto 1870 ministro plenipotenziario a Vienna, dove rimase dieci mesi, seguendo la posizione del governo austriaco sulla Questione romana a seguito della Presa di Roma. Fra l'altro, dopo la conquista dell'Urbe, con l'appoggio di Quintino Sella e di Ruggiero Bonghi riformò l'Accademia Nazionale dei Lincei sul modello dell' Institut de France.

Fu infine nuovamente presidente del Consiglio tra il 10 luglio 1873 e il 25 marzo 1876, succedendo a Giovanni Lanza. Durante questa legislatura, Minghetti favorì il riavvicinamento di Vittorio Emanuele II agli Imperi centrali, seguendo il sovrano nei suoi viaggi ufficiali a Vienna e a Berlino e venendo ricompensato per questo, il 5 giugno 1874 con la più alta onorificenza sabauda: il Collare dell'Annunziata. In politica interna si trovò in disaccordo con la Destra, alla quale nonostante tutto apparteneva: motivo del contendere era la rigorosa politica fiscale che perseguì e che portò al pareggio di bilancio, annunciato il 16 marzo 1876.[1][2]
Minghetti fu anche propugnatore dell'invio di una legazione commerciale in Cina e in Giappone e la creazione di contatti diplomatici con i due Paesi asiatici.

Tuttavia, paradossalmente, fu proprio il pareggio di bilancio che segnò la sua caduta: due giorni dopo, infatti, dopo l'annuncio del raggiunto risanamento finanziario, Minghetti fu battuto alla Camera, allorché l’on. Giovanni Battista Morana presentò una mozione parlamentare contro la tassa sul macinato. Minghetti chiese il rinvio della discussione della mozione a dopo l’esame del disegno di legge sulle convenzioni ferroviarie, ponendo nel contempo il voto di fiducia. La Camera respinse la richiesta di Minghetti, che pertanto si dimise.[3]
Fu la cosiddetta "rivoluzione parlamentare", che portò alla caduta della Destra e alla salita al potere di Agostino Depretis, capo indiscusso della Sinistra: Minghetti fu così l'ultimo primo ministro di Destra dell'Italia liberale.

Gli ultimi anni[modifica | modifica wikitesto]

Pur rimanendo in Parlamento come leader dell'opposizione moderata, Minghetti non ricoprì più incarichi ministeriali, dedicandosi più che altro ai suoi studi, e distinguendosi, in piena era del trasformismo, per la rivendicazione di una riforma morale dello Stato. Fu questo anche un periodo di feconde pubblicazioni, di cui resta memorabile l'opera Stato e Chiesa, edita a Milano nel 1878, in cui si propugna la necessità di una netta separazione tra il potere temporale e spirituale. Si fece in seguito promotore di un riavvicinamento tra Destra e Sinistra, votando a favore, ad esempio, delle prime leggi sociali del governo Depretis o l'allargamento del suffragio tramite la riforma elettorale del 1882. Dal 1880 fu maestro di latino della regina d'Italia Margherita di Savoia, moglie del nuovo sovrano Umberto I, con la quale intrattenne una fitta corrispondenza epistolare che durerà fino alla morte e che sarebbe stata pubblicata a Milano nel 1947 con il titolo Lettere fra la regina Margherita e marco Minghetti 1882-1886.

Marco Minghetti morì infine a Roma il 10 dicembre 1886, a 68 anni; la sua salma fu trasportata nella natia Bologna su un treno imbandierato a lutto, e tumulata il 16 dicembre nella Certosa della città[4], dopo il cordoglio generale in Piazza Maggiore da parte della cittadinanza.

Vita privata[modifica | modifica wikitesto]

Il 4 settembre 1864 Marco Minghetti sposò la nobile napoletana Laura Acton, già vedova di Domenico Beccadelli di Bologna dei Principi di Camporeale.

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Titoli[modifica | modifica wikitesto]

Cavaliere dell'Ordine Supremo della Santissima Annunziata - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro - nastrino per uniforme ordinaria

Alla memoria[modifica | modifica wikitesto]

Da Minghetti oggi prendono il nome a Bologna, il Liceo Ginnasio Classico Marco Minghetti, collocato in Palazzo Lambertini-Taruffi, l'omonima piazza in via Farini e, a Legnago, in provincia di Verona, l'Istituto Tecnico Marco Minghetti.

La satira[modifica | modifica wikitesto]

Come tutti i politici, Minghetti era bersaglio dei giornalisti satirici del tempo. Persino il prestigioso poeta Giovanni Prati si espose con una quartina satirica nei confronti dell'allora Presidente del Consiglio, mettendolo alla berlina per la sua notoria passione per la caccia, ma anche dando pubblicamente credito a voci di corte (mai storicamente confermate), che descrivevano il Minghetti come uomo di scarse capacità amatorie. Scrisse il Prati:

«Andò Marco alla caccia e con le fisse
pupille un augellin prese di mira;
ma Laura impietosita a Marco disse:
Perché tiri all'uccel che a te non tira?»

Quest'audacia costò al Prati un ritardo di qualche anno nella nomina regia a Senatore del Regno.[5]

Opere[modifica | modifica wikitesto]

in italiano
  • Della restaurazione del governo pontificio, Firenze, Le Monnier, 1849;
  • Della economia pubblica: e delle sue attinenze colla morale e col diritto, Firenze, Le Monnier, 1859, versione digitalizzata;
  • Stato e chiesa, Milano, U. Hoepli, 1878, versione digitalizzata;
  • I partiti politici e la ingerenza loro nella giustizia e nell'amministrazione, Bologna, Zanichelli, 1881, versione digitalizzata;
  • Raffaello, Bologna, Zanichelli, 1885;
  • La convenzione di settembre: un capitolo dei miei ricordi, Torino, L. Roux, 1888, versione digitalizzata;
  • Scritti vari, versione digitalizzata;
in francese

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b La Destra Storica e i problemi postunitari, su slideboom.com. URL consultato il 2 maggio 2012 (archiviato dall'url originale il 2 febbraio 2017).
  2. ^ Camera dei Deputati, portale storico - XII Legislatura del Regno d'Italia
  3. ^ - Anni 1872-1876 - La caduta della Destra (leonardo.it)
  4. ^ Marco Minghetti è inumato nella tomba di famiglia, nel portico sud del Chiostro V del Cimitero monumentale della Certosa di Bologna. Il monumento, opera di Cincinnato Baruzzi del 1835-1837, ispirato al canoviano monumento agli Stuart della basilica di San Pietro a Roma, presenta una porta scolpita a cui si affiancano due geni funerari. Cfr. Monumento di Giuseppe Minghetti, su Storia e memoria di Bologna. URL consultato il 2 aprile 2023.
  5. ^ a b Citato in: Romano Bracalini, La Regina Margherita, Milano, Biblioteca Universale Rizzoli, 1985, ISBN 88-17-16555-7. p. 49

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Predecessore Ministro delle finanze del Regno d'Italia Successore
Quintino Sella 8 dicembre 1862 - 28 settembre 1864 Quintino Sella I
Quintino Sella 10 luglio 1873 - 25 marzo 1876 Agostino Depretis II
Predecessore Ambasciatore italiano per l'Austria-Ungheria Successore
Gioacchino Napoleone Pepoli 1870 - 1876 Carlo Felice Nicolis, conte di Robilant
Predecessore Ministro dell'interno del Regno d'Italia Successore
17 marzo 1861 - 1º settembre 1861 Bettino Ricasoli
Predecessore Presidente del Consiglio dei ministri del Regno d'Italia Successore
Luigi Carlo Farini marzo 1863 - settembre 1864 Alfonso La Marmora I
Giovanni Lanza luglio 1873 - marzo 1876 Agostino Depretis II
Controllo di autoritàVIAF (EN22184052 · ISNI (EN0000 0000 8342 2225 · SBN CFIV034086 · BAV 495/81653 · CERL cnp00401451 · LCCN (ENn88003747 · GND (DE118855638 · BNF (FRcb12177531d (data) · J9U (ENHE987007276470905171 · CONOR.SI (SL297657187 · WorldCat Identities (ENlccn-n88003747