Metello (film)

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Metello
Pino Colizzi e Massimo Ranieri in una scena del film
Paese di produzioneItalia
Anno1970
Durata107 min
Rapporto1,85:1
Generedrammatico
RegiaMauro Bolognini
SoggettoVasco Pratolini (romanzo)
SceneggiaturaLuigi Bazzoni, Mauro Bolognini, Suso Cecchi d'Amico, Ugo Pirro
ProduttoreGianni Hecht Lucari
Casa di produzioneDocumento Film
Distribuzione in italianoTitanus
FotografiaEnnio Guarnieri
MontaggioNino Baragli
MusicheEnnio Morricone (dirette da Bruno Nicolai)
Interpreti e personaggi
Doppiatori originali

Metello è un film del 1970 diretto da Mauro Bolognini, tratto dall'omonimo romanzo di Vasco Pratolini.

Presentato in concorso al 23º Festival di Cannes, valse a Ottavia Piccolo il premio per la migliore interpretazione femminile.[1]

Massimo Ranieri, essendo napoletano, venne doppiato con cadenza fiorentina da Rodolfo Baldini. Massimo Ranieri si ruppe il braccio destro durante le riprese e, invitato al programma Canzonissima, condotto da Johnny Dorelli dove cantò 'O sole mio, si presentò con un’ingessatura.

Trama[modifica | modifica wikitesto]

Rimasto orfano, Metello è cresciuto in campagna, ma sceglie di non seguire la famiglia adottiva, quando questa perduta la concessione dei campi decide di andare a lavorare nelle miniere in Belgio. Decide di andare a Firenze, città dove è nato, e trova lavoro come muratore nel cantiere di un ingegnere, un padrone "buono" che ben conosce e apprezza il valore dei suoi operai, adeguandosi tuttavia alla regola generale di sfruttamento del lavoro. Arrestato per essersi scontrato con la forza pubblica, inviata a proibire le bandiere ai funerali di un muratore anarchico caduto da una impalcatura, all'uscita dal carcere ne sposa la figliola Ersilia.

Intanto, fra gli operai di Firenze l'ideale socialista ha preso piede; Metello, che ha conosciuto l'anarchismo grazie a Betto, anarchico e amico del padre che gli insegna a leggere, segue la strada della coscienza e dell'unità di classe e partecipa a un grande sciopero proclamato per ottenere migliori salari.

Durante la lotta, che si prolunga per giorni senza alcun risultato, Metello intreccia una relazione con Idina, una borghese vicina di casa, ma la stessa Ersilia interviene energicamente a stroncarla. Come gli industriali avevano previsto, tra gli operai, in sciopero da più di un mese, si fa strada lo scoraggiamento, tanto che, il quarantesimo giorno, un gruppo di loro decide di ripresentarsi al lavoro, e tra di essi Olindo, fratello adottivo di Metello, tornato dal Belgio poiché in miniera si è ammalato e al contrario dei suoi fratelli non è riuscito ad inserirsi nella società straniera. Per impedirglielo, Metello e altri si gettano contro i gendarmi, chiamati a difendere i crumiri; un muratore viene colpito a morte da una guardia, ma in quel momento giunge la notizia che i lavoratori hanno vinto la loro battaglia sindacale. Finito, per quel suo gesto, in carcere una seconda volta, Metello promette a Ersilia di non tornare più in galera per le sue lotte politiche, sapendo entrambi che non sarà così.

Critica[modifica | modifica wikitesto]

Secondo Mira Liehm, uno dei sintomi della crisi del cinema italiano degli Anni Settanta è stata la mancanza di soggetti originali, ritenuti troppo rischiosi dai produttori. L'uso dell'Adattamento cinematografico da opere letterarie è molto esteso. Considerando il solo Bolognini, il regista più notevole, si ricordano, oltre a Metello, L'assoluto naturale da Goffredo Parise e Bubù da Charles-Louis Philippe. «Metello è il miglior film di Bolognini, permeato da un caldo e personale coinvolgimento, atipico alla luce dell'approccio distaccato» del regista.[2]

«Metello segna per il regista un riappaesamento nella Toscana, un ritorno ad ambienti perfettamente noti e un passo avanti verso una maggiore definizione del linguaggio politico dei personaggi».[3]

Riconoscimenti[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) Awards 1970, su festival-cannes.fr. URL consultato il 15 giugno 2011 (archiviato dall'url originale il 14 ottobre 2013).
  2. ^ Mira Liehm, Passion and defiance. Film in Italy from 1942 to the present, University of California Press, Ltd , U.S. 1984
  3. ^ Gian Piero Brunetta, Storia del cinema italiano. Volume quarto, Editori Riuniti, Roma, II edizione, 1993, p. 324

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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