Medice, cura te ipsum

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La locuzione latina medice, cura te ipsum, tradotta letteralmente, significa medico, cura te stesso e si legge nel Vangelo secondo Luca (4, 23); deriva da un midrash ebraico.[1]

Usata per deplorare il comportamento di coloro che biasimano i difetti altrui senza guardare ai propri,[2] trova un suo corrispettivo nella metafora, di nuovo evangelica, della pagliuzza che è nell'occhio del vicino più facile a vedersi della trave che è nel nostro (Luca, 6, 41).

Il concetto è però di natura universale. Basti pensare al favolista greco Esopo, che spiegava nel seguente modo questo atteggiamento. Gli uomini portano due bisacce, una davanti a loro, l'altra alle loro spalle: quella davanti è piena dei difetti altrui, che quindi sono sempre sotto i nostri occhi, mentre l'altra è ricolma dei nostri difetti, quindi invisibili ai nostri occhi (la stessa fiaba fu ripresa anche dal romano Fedro).

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) H. Freedman e Maurice Simon, cap. XXIII, v. 4, in Midrash Rabba, Londra, The Soncino Press.
    «Physician, physician, heal thine own limp!»
  2. ^ medice, cura te ipsum, in Vocabolario Treccani.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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