Massimo (praefectus urbi)

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Massimo (in latino Maximus; ... – ...; fl. 361-363) è stato un funzionario romano, praefectus urbi tra il 361 e il 363.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Massimo era un membro dell'aristocrazia senatoriale romana.

Fu forse lui il Massimo che fu inviato dall'usurpatore Magnenzio presso l'imperatore Costanzo II e Vetranione nel 350.[1]

Nel tardo 361, Massimo e Lucio Aurelio Aviano Simmaco, che erano stati inviati dal Senato romano presso l'imperatore Costanzo II (figlio e successore di Costantino I), incontrarono a Naisso Giuliano, cesare d'Occidente che si era ribellato al cugino Costanzo (Giuliano era anche figlio di Giulio Costanzo, avuto da seconde nozze). Giuliano accolse i due ambasciatori con tutti gli onori[2], poi nominò Massimo praefectus urbi di Roma al posto di Tertullo; la sua scelta era motivata dal voler favorire Vulcacio Rufino.[3] Massimo era in carica ancora il 28 gennaio 362, come attestato da un'iscrizione,[4] Durante il suo mandato, vi fu abbondanza di generi alimentari e cessarono le lamentele della plebe.[3]

Il senatore Massimo è identificato con il praefectus urbi di Roma dal dicembre 361 al febbraio 363[5]. Ammianus Marcellinus lo cita semplicemente come Maximus[3] , mentre Quintus Aurelius Symmachus gli attribuisce anche il nome Clytholias[6] ed ancora lo ritroviamo come Artorius Clytholias Maximus[7].

Clytholias Maximus[2] era il nipote di Vulcacio Rufino (console nel 347)[8] e Nerazio Cereale (console nel 358). Sua zia era Nerazia Galla, la moglie di Giulio Costanzo ( fratellastro di Costantino I), e quindi Massimo era primo cugino di Costanzo Gallo.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ «Maximus 12», PLRE I, p. 581.
  2. ^ a b Edoardo Corsini, Series praefectorum urbis ab urbe condita ad annum mcccliii.
  3. ^ a b c Ammiano Marcellino, XXI.13.25.
  4. ^ AE 1904, 33.
  5. ^ Symmachus X ep. 54
  6. ^ Symmachus X ep. 47
  7. ^ Louis Sébastien Le Nain de Tillemont, Histoire des empereurs et des autres princes qui ont régné durant les six premiers siecles de l'Eglise, p. 741.
  8. ^ Ammianus Marcellinus, XI.12.24.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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