Marco Valerio Lactucino Massimo

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Marco Valerio Lactucino Massimo
Tribuno consolare della Repubblica romana
Nome originaleMarcus Valerius Lactucinus Maximus
GensValeria
Tribunato consolare398 a.C., 395 a.C.

Marco Valerio Lactucino Massimo (... – ...; fl. IV secolo a.C.) è stato un politico romano.

Primo tribunato consolare[modifica | modifica wikitesto]

Nel 398 a.C. fu eletto tribuno consolare con Lucio Valerio Potito, Marco Furio Camillo, Lucio Furio Medullino, Quinto Servilio Fidenate Quinto Sulpicio Camerino Cornuto[1].

I romani continuarono nell'assedio di Veio e, sotto il comando di Valerio Potito e Furio Camillo, saccheggiarono Falerii e Capena, città alleate degli etruschi.

Durante l'anno si verificò anche l'inusuale innalzamento delle acque del lago Albano[2], e per interpretarne il significato furono inviati degli ambasciatori ad interrogare l'oracolo di Delfi, anche se un vecchio vate di Veio, si era lasciato scappare il seguente vaticinio:

«i Romani non si sarebbero mai impadroniti di Veio prima che le acque del lago Albano fossero tornate al livello di sempre.»

Secondo tribunato consolare[modifica | modifica wikitesto]

Nel 395 a.C. fu eletto tribuno consolare con Publio Cornelio Scipione, Cesone Fabio Ambusto, Lucio Furio Medullino, Quinto Servilio Fidenate e Publio Cornelio Maluginense Cosso[3].

Ai due fratelli, Cornelio Maluginese e Cornelio Scipione, fu affidata la campagna contro i Falisci, che però non portò ad alcun risultato concreto, mentre a Valerio Lactuciono e Quinto Servilio toccò in sorte quella contro i Capenati, che alla fine furono costretti a chiedere la pace a Roma[3].

In città, dove infuriavano le polemiche legate alla suddivisione del bottino ricavato dalla caduta di Veio dell'anno prima, si accese un'altra polemica, originata dalla proposta del tribuno della plebe Veio Tito Sicinio di trasferire parte della popolazione romana a Veio, proposta a cui i Senatori si opposero strenuamente[4].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Tito Livio, "Ab Urbe Condita", V, 2, 14.
  2. ^ Tito Livio, "Ab Urbe Condita", V, 2, 15.
  3. ^ a b Tito Livio, "Ab Urbe Condita", V, 2, 24.
  4. ^ Tito Livio, "Ab Urbe Condita", V, 2, 24-25.
Predecessore Fasti consulares Successore
Gneo Genucio Augurino, Lucio Atilio Prisco,
Marco Pomponio Rufo, Gaio Duilio Longo,
Marco Veturio Crasso Cicurino e Volero Publilio Filone
398 a.C.
con Lucio Valerio Potito V,
Marco Furio Camillo II, Lucio Furio Medullino III,
Quinto Servilio Fidenate II e Quinto Sulpicio Camerino Cornuto II
Lucio Giulio Iullo II, Lucio Furio Medullino IV,
Lucio Sergio Fidenate, Aulo Postumio Albino Regillense,
Publio Cornelio Maluginense e Aulo Manlio Vulsone Capitolino III
I
Quinto Manlio Vulsone Capitolino, Publio Licinio Calvo Esquilino,
Publio Melio Capitolino II, Lucio Titinio Pansa Sacco,
Gneo Genucio Augurino II e Lucio Atilio Prisco II
395 a.C.
con Publio Cornelio Scipione,
Cesone Fabio Ambusto III, Lucio Furio Medullino V,
Quinto Servilio Fidenate III, Publio Cornelio Maluginense Cosso
Marco Furio Camillo III, Lucio Furio Medullino VI,
Gaio Emilio Mamercino, Lucio Valerio Publicola,
Spurio Postumio Albino Regillense, Publio Cornelio Scipione II
II