Liudolfo di Svevia

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Liudolfo di Svevia
Duca di Svevia
In carica950 –
954
PredecessoreErmanno I
SuccessoreBurcardo III
Nascita930
MortePombia, 6 settembre 957
SepolturaAbbazia di Sant'Albano
DinastiaOttoniana
PadreOttone I
MadreEdith del Wessex
ConsorteIda
FigliOttone di Svevia
Matilde
Richlinde (forse)

Liudolfo di Svevia (930Pombia, 6 settembre 957) era figlio di Ottone I di Sassonia, detto Ottone il Grande, e di Editha, figlia di Edoardo il Vecchio, re d'Inghilterra.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Liudolfo nel 947 si unì in matrimonio con Ida, figlia del corradinide Ermanno di Svevia e di Regelinda. Attorno al 950 fondò Stoccarda. Il 16 ottobre 948 visitò l'abbazia di San Gallo assieme al duca e suocero Ermanno I[1]: ivi era presente una disputa tra l'abate Cralone (fuggito alla corte di Ottone I non appena seppe dell'arrivo di Liudolfo) e alcuni suoi monaci e nominò come "anti-abate" Annone, fratello di Cralone, il quale morì un anno e mezzo dopo[2]. Nel 950 divenne duca di Svevia, succedendo al suocero.

Liudolfo si indispettì per le mosse del padre: egli non solo aveva invaso l'Italia, regno vicino al suo ducato, ma aveva anche sposato Adelaide; quest'ultimo matrimonio rischiava, se avesse fruttato un erede maschio, di metterlo in secondo piano. Un primo segnale di disubbidienza venne dato in occasione della Pasqua del 952, anno in cui Liudolfo non partecipò assieme alla famiglia alle celebrazioni, fatto che mirava a indebolire Ottone di fronte ai maggiorenti dell'impero; nonostante ciò la maggior parte di questi si presentò comunque alle celebrazioni, dimostrando in tal modo la loro lealtà dei confronti di Ottone[3].

La ribellione[modifica | modifica wikitesto]

La ribellione si inserisce nel contesto delle dispute tra aristocratici e nelle sue risoluzioni e non erano tentativi dei nobili di fermare con le armi la creazione di una centralizzazione monarchica[3]. Le scaramucce e i combattimenti tra le due parti servivano ad acquisire maggior potere contrattuale negli accordi che gli arcivescovi di Magonza Federico (dalla parte dei ribelli) e l'arcivescovo di Colonia Brunone stavano segretamente portando avanti[3].

Assieme al duca e cognato Corrado di Lotaringia[4] e all'arcivescovo di Magonza Federico prese parte, nel corso dell'autunno 952, a una ribellione contro il proprio padre. Egli si trovava in Franconia quando seppe delle «insidie segrete» del figlio, del genero e dell'arcivescovo di Magonza. Il sovrano inviò dei delegati chiedendo la resa del figlio e la sua apparizione davanti al tribunale reale[3]. Egli non si presentò, così come Corrado; Ottone quindi privò quest'ultimo del ducato di Lotaringia (assegnato poi all'arcivescovo di Colonia e fratello Brunone), senza però emanare una sentenza direttamente contro Liudolfo[3]. Ottone quindi radunò un esercito e marciò verso Magonza, conquistando o costringendo alla resa ogni città dalla parte dei ribelli. Dopo aver fatto uno scambio di ostaggi, Ottone chiese al figlio di rilevare i nomi do coloro che lo avevano aiutato nella ribellione e di consegnarli, offrendogli poi il perdono. Liudolfo rifiutò di violare i giuramenti che aveva stretto. Lo zio Enrico di Baviera lo esortò a continuare la ribellione e rientrò a Magonza. La decisione di continuare la lotta fece sì che si unisse a lui Ecberto il Guercio[5][6].

Una notte scappò di nascosto da Magonza assieme ai suoi uomini e catturò la città di Ratisbona oltre ad altre città attorno, scacciando al zia Giuditta, che partì assieme ai figli. Liudolfo tentò quindi di corrompere Teodorico, futuro margravio della Nordmark, e Wichmann il Giovane, fratello di Ecberto il Guercio, che stavano assediando Magonza. Teodorico rifiutò, invece Wichamann passò dalla parte di Liudolfo e del fratello. Il sovrano marciò verso la Baviera, ma «trovò tutte le porte chiuse»; egli quindi devastò la regione e tornò indietro[5][6].

Liudolfo «senza più speranze di opporre resistenza al suo re», decise quindi di allearsi con gli ungari, ma questi decisero autonomente di saccheggiare la Franconia. Ottone li scacciò e invase nuovamente la Baviera ribelle. Gli ungari si arresero. mentre Ottone assediò per un mese e mezzo i ribelli a Ratisbona, i quali si arresero per carenza di viveri nel 954[5][6]. Ottone restituì quindi il ducato di Baviera al fratello e duca di questa Enrico. Liudolfo, sempre più isolato (Corrado ormai si era arreso) si riconciliò con il padre con un atto di deditio in cui si presento scalzo davanti al padre durante una battuta di caccia autunnale nei pressi di Weimar[7], ma venne dallo stesso privato del ducato in maniera definitiva. L'atto sancì la coesione della famiglia reale nel momento in cui gli ungari stavano invadendo il regno[3], invasione che culminò con la loro sconfitta nella battaglia di Lechfeld l'anno successivo. Corrado il Rosso, che si era arreso prima di Liudolfo, vide già all'inizio della ribellione il suo ducato, come già detto, assegnato a Brunone, arcivescovo di Colonia e fratello del sovrano; egli accettò questa sottrazione per avere il perdono reale[3].

La sottomissione di Liudolfo al padre Ottone I

La seconda ribellione e la morte[modifica | modifica wikitesto]

Nel 956 «guastato dai consigli di nobili perversi», si ribellò nuovamente al padre e si recò in Italia[8][9]; la ribellione non ebbe conseguenze, in quanto morì inaspettatamente l'anno seguente, il 6 settembre 957 a causa di febbri a Pombia, vicino a Novara, mentre stava ritornando in Germania[10]. Il padre seppe della sua morte mentre era impegnato in una campagna contro i redari, e lo «pianse il figlio proprio come Davide aveva pianto Assalonne»[11][12][9]. Il suo corpo fu trasportato dal fratellastro Guglielmo (che dal 954 fu arcivescovo di Magonza)[7] oltre le Alpi e fu sepolto nell'abbazia di Sant'Albano a Magonza[7], stesso luogo in cui venne sepolta Liutgarda pochi anni prima[7].

Famiglia e figli[modifica | modifica wikitesto]

Liudolfo sposò Ida nel 947 ed ebbero due figli:

Gli storici dibattono tutt'ora sulle'esistenza di un'altra figlia, che si chiamava Richlinde (secondo lo storico Armin Wolf) che sposò Cuno di Öhningen, il cui figlio, Corrado I, divenne il successore di Ottone I in Svevia nel 982; questa unione rappresenterebbe la connessione genealogica tra i Liudolfingi e i Corradinidi[13].

Ida sopravvisse al marito per 30 anni e morì il 17 maggio 986.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Gian Carlo Alessio (a cura di), Cronache di San Gallo, traduzione di Gian Carlo Alessio, Torino, Giulio Einaudi Editore, 2004, p. 471, nota 287, ISBN 88-06-17085-6.
  2. ^ Gian Carlo Alessio (a cura di), Eccardo IV di San Gallo, 71, in Cronache di San Gallo, traduzione di Gian Carlo Alessio, Torino, Giulio Einaudi Editore, 2004, pp. 181-183, ISBN 88-06-17085-6.
  3. ^ a b c d e f g Peter H. Wilson, Il Sacro Romano Impero, Storia di un millennio europeo, traduzione di Giulia Poerio, Il Saggiatore, pp. 678-679, ISBN 978-884282404-6.
  4. ^ Corrado aveva sposato la sorella di Liudolfo, Liutgarda.
  5. ^ a b c Tietmaro di Merseburgo, Libro II, 6-8, in Piero Bugiani (a cura di), Chronicon. L'anno mille e l'impero degli Ottoni, Bifröst, traduzione di Piero Bugiani, Viterbo, Vocifuoriscena, 2020, pp. 133-137, ISBN 978-88-99959-29-6.
  6. ^ a b c Tietmaro, Libro II, 6-8, in Cronaca di Tietmaro, Fonti tradotte per la storia dell'Alto Medioevo, traduzione di Matteo Taddei, Pisa University Press, pp. 52-53, ISBN 978-8833390857.
  7. ^ a b c d e f Hagen Keller, 2. Una nuova dinastia regia, in Giovanni Isabella (a cura di), Gli Ottoni. Una dinastia imperiale fra Europa e Italia (secc. X e XI), Roma, Carocci Editore, 2012, p. 54-56, ISBN 978-88-430-5714-6.
  8. ^ Tietmaro di Merseburgo, Libro II, 12, in Piero Bugiani (a cura di), Chronicon. L'anno mille e l'impero degli Ottoni, Bifröst, traduzione di Piero Bugiani, Viterbo, Vocifuoriscena, 2020, p. 141, ISBN 978-88-99959-29-6.
  9. ^ a b Tietmaro, Libro II, 12, in Cronaca di Tietmaro, Fonti tradotte per la storia dell'Alto Medioevo, traduzione di Matteo Taddei, Pisa University Press, p. 54, ISBN 978-8833390857.
  10. ^ Vitichindo di Corvey, Res Gestae Saxonicae, III, 57.
  11. ^ Tietmaro di Merseburgo, Saggio introduttivo, in Piero Bugiani (a cura di), Chronicon. L'anno mille e l'impero degli Ottoni, Bifröst, traduzione di Piero Bugiani, Viterbo, Vocifuoriscena, 2020, p. 44, ISBN 978-88-99959-29-6.
  12. ^ Tietmaro di Merseburgo, Libro II, 12, in Piero Bugiani (a cura di), Chronicon. L'anno mille e l'impero degli Ottoni, Bifröst, traduzione di Piero Bugiani, Viterbo, Vocifuoriscena, 2020, p. 143, ISBN 978-88-99959-29-6.
  13. ^ Armin Wolf: Wer war Kuno „von Öhningen“? Überlegungen zum Herzogtum Konrad von Schwaben († 997) und zur Königswahl im Jahr 1002. In: Deutsches Archiv 36 (1980), S. 25–83; Armin Wolf: Ahnen deutscher Könige und Königinnen. In: Herold-Jahrbuch. Neue Folge, 15. Band (2010), S. 77ff. Zur Gegenposition: Eduard Hlawitschka: Wer waren Kuno und Richlind von Öhningen. Kritische Überlegungen zu einem neuen Identifizierungsvorschlag. In: Zeitschrift für Geschichte des Oberrheins 128 (1980) Seite 1–49; Eduard Hlawitschka: Die Ahnen der hochmittelalterlichen deutschen Könige, Kaiser und ihrer Gemahlinnen (2006)

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Predecessore Duca di Svevia Successore
Ermanno I 950954 Burcardo III
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