Limodorum trabutianum

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Limodorum trabutianum
Immagine di Limodorum trabutianum mancante
Classificazione APG IV
Dominio Eukaryota
Regno Plantae
(clade) Angiosperme
(clade) Mesangiosperme
(clade) Monocotiledoni
Ordine Asparagales
Famiglia Orchidaceae
Sottofamiglia Epidendroideae
Tribù Neottieae
Genere Limodorum
Specie L. trabutianum
Classificazione Cronquist
Dominio Eukaryota
Regno Plantae
Divisione Magnoliophyta
Classe Liliopsida
Ordine Orchidales
Famiglia Orchidaceae
Sottofamiglia Epidendroideae
Tribù Neottieae
Genere Limodorum
Specie L. trabutianum
Nomenclatura binomiale
Limodorum trabutianum
Batt., 1886
Sinonimi

L. abortivum subsp. trabutianum
(Batt.) Rouy

Limodorum trabutianum Batt., 1886 è una pianta appartenente alla famiglia delle Orchidacee.[1]

L'epiteto specifico è dedicato al botanico francese Lous-Charles Trabut (1853-1928).

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

È una pianta del tutto simile a Limodorum abortivum, dalla quale si distingue per i seguenti caratteri morfologici:
infiorescenza a spiga più densa con 10-20 fiori parzialmente aperti e leggermente profumati;
petali e sepali più rivolti verso l'alto;
sperone breve, sacciforme, lungo 2–3 mm o appena abbozzato o del tutto assente;
labello nastriforme invece che triangolare;
Ginostemio più grosso.

Fioritura da inizio maggio a inizio giugno.

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

Ha una distribuzione stenomediterraneea, centro -occidentale.
In Italia è presente in Sardegna, in Sicilia e isola di Pantelleria.

Cresce su suolo preferibilmente calcare, in boschi aperti di latifoglie e conifere, radure, cespuglieti, da 100 a 900 m di altitudine.

Riproduzione[modifica | modifica wikitesto]

È una specie con produzione di semi esclusivamente per autogamia. Anche in questa entità, l'autoimpollinazione può avvenire anche senza l'apertura dei fiori (cleistogamia)[2].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) Limodorum trabutianum, su Plants of the World Online, Royal Botanic Gardens, Kew. URL consultato il 5 febbraio 2021.
  2. ^ GIROS, p. 261.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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