Proserpina

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Dante Gabriel Rossetti, Proserpina (1874); olio su tela, 125,1×61 cm, Tate Britain, Londra

Prosèrpina (lat. Proserpĭna) è la versione romana della dea greca Persefone o Kore (gr. κόρη, fanciulla). Il nome potrebbe derivare dalla parola latina proserpere ("emergere") a significare la crescita e l'emergere delle forme naturali e in particolare della coltivazione del grano. Infatti, in origine, fu senza dubbio una dea agreste. Viene anche identificata con la dea Libera.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Proserpina era figlia di Cerere. Fu rapita da Plutone mentre raccoglieva fiori sulle rive del lago Pergusa a Enna e trascinata sulla sua biga; lì divenne la sposa di Plutone e regina degli Inferi. Secondo Proclo (Epitome Oraculorum, riportata da Marafiotus) e Strabone (lib. 6), invece l'episodio del mito si verificò a Hipponion (oggi Vibo Valentia). Dopo che la madre ebbe chiesto a Giove di farla liberare, poté ritornare in superficie, a patto che trascorresse sei mesi all'anno con Plutone. Cerere fece calare il freddo ed il gelo durante i mesi in cui la figlia era assente come segno di dolore, per poi far risvegliare la natura per il ritorno di Proserpina sulla terra.

Il suo culto a Roma fu introdotto accanto a quello di Dis Pater (assimilato a Ade), nel 249 a.C. Si celebrarono allora in loro onore i Giochi Tarantini, così chiamati da una località nel campo di Marte, il Tarentum. Oggi è a lei intitolata l'Università Kore di Enna, città alla quale Proserpina era profondamente legata, e a Proserpina erano dedicate le Cotizie, antiche feste erotiche nate in Tracia e poi diffusesi nel resto della Grecia.

Il mito[modifica | modifica wikitesto]

Il Ratto di Proserpina, di Luca Giordano

Il ratto di Proserpina è un mito tra i più celebri, ritratto pertanto in diverse e pregevoli opere d'arte come il gruppo scultoreo del Bernini.

Il ratto si realizzò sul lago di Pergusa, nelle vicinanze di Enna. Secondo Proclo (Epitome Oraculorum, riportata da Marafiotus) e Strabone (lib. 6), invece l'episodio del mito si verificò a Hipponion (oggi Vibo Valentia).

«Plutone, dio degli inferi, stanco delle tenebre del suo regno, decise un giorno di affiorare alla luce e vedere un po' di questo mondo... Dopo un lungo e faticoso cammino emerse infine su una pianura bellissima, posta a mezza costa del monte Enna. Era Pergusa, dal lago ceruleo, alimentato da ruscelli armoniosi e illeggiadriti da fiori di tante varietà che mischiando i profumi creavano soavi odori e così intensi da inebriare... Ad un tratto, volgendo lo sguardo, scorse in un prato un gruppo di fanciulle che coglievano fiori con movenze leggere, fiori tra i fiori»

Dal racconto del celebre poeta Claudiano, Plutone, re degli inferi, deciso a visitare la terra, emerse nei pressi di Enna, sui Monti Erei nel centro della Sicilia, e scorse Proserpina, figlia della dea Cerere, tra le tante fanciulle intente a cogliere fiori sulle rive del lago di Pergusa. Dal racconto che ne fa Strabone, che riporta Proclo, l'episodio del ratto si realizzò sul lido di Hipponion, sul mare Tirreno, dove il pirata Plutone arrivò dalla Sicilia e rapì Proserpina.

«[Plutone] si precipitò verso di lei [Proserpina], che, scortolo, così nero e gigantesco, con quegli occhi di fuoco e le mani protese ad artigliarla, fu colta dal terrore e fuggì leggera assieme alle compagne... Il dio dell'Ade, in due falcate le fu addosso e l'abbracciò voracemente e via col dolce peso; la pose sul cocchio, invano ostacolato da una giovinetta, Ciane, compagna di Proserpina, che tentò di fermare i cavalli, ché il dio infuriato la trasformò in fonte. Ancora oggi Ciane, con i suoi papiri, porta le sue limpide acque a Siracusa»

Cerere, madre di Proserpina e dea dell'Olimpo, fu disperata alla notizia della scomparsa della figlia, e invocò l'aiuto di Giove, re di tutti gli dei, per aiutarla a ritrovare la bella Proserpina.

«Dopo nove giorni e nove notti insonni di dolore, decise di rivolgersi a Giove per implorarlo di farle riavere la figlia; ma Giove nicchiava (come poteva tradire suo fratello Plutone?).

Allora Cerere, folle di dolore, decise di provocare una grande siccità in tutta la terra. E dopo la siccità venne la carestia e gli uomini e le bestie morivano in grande quantità. Non valevano invocazioni e scongiuri alla dea, che era irremovibile.
Giove inviò Mercurio da Plutone per imporgli di restituire Proserpina alla madre. A Plutone non restò che obbedire. Però, prima di farla partire, fece mangiare alla sua amata dei chicchi di melograno»

Denario romano del 78 a.C., con raffigurati Libera e Bacco.

I succosi chicchi di melagrana legarono Proserpina all'Ade per sempre. Zeus, tuttavia, mosso a compassione, fece sì che Proserpina potesse trascorrere sei mesi ogni anno insieme alla madre (sarebbero l'estate e la primavera), e che i sei mesi restanti vivesse insieme a Plutone (ovvero autunno e inverno): è proprio al mito di Proserpina e all'ira di Cerere, infatti, che si fa risalire l'alternanza delle stagioni.

«…A Dis Pater si ricollega Proserpina (il nome è di origine greca, trattandosi di quella dea che i Greci chiamano Persefone) che simboleggerebbe il seme del frumento e che la madre avrebbe cercata dopo la sua scomparsa…»

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