Leptoptilos crumenifer

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Marabù africano
Leptoptilos crumenifer
Stato di conservazione
Rischio minimo[1]
Classificazione scientifica
Dominio Eukarya
Regno Animalia
Sottoregno Eumetazoa
Superphylum Deuterostomia
Phylum Chordata
Subphylum Vertebrata
Superclasse Tetrapoda
Classe Aves
Sottoclasse Neornithes
Ordine Ciconiiformes
Famiglia Ciconiidae
Genere Leptoptilos
Specie L. crumenifer
Nomenclatura binomiale
Leptoptilos crumenifer
(Lesson, 1831)
Sinonimi

Leptoptilos crumeniferus

Areale

Il marabù africano (Leptoptilos crumenifer (Lesson, 1831)) è un uccello della famiglia Ciconiidae.[2]

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Il marabù africano è un uccello di grandi dimensioni. Raggiunge circa il metro e mezzo di altezza e un peso che varia dai cinque ai nove chili. L'apertura alare è una delle più grandi tra gli uccelli terrestri raggiungendo quasi i tre metri. Il marabù ha le ali e la parte superiore del corpo color grigio-ardesia, a volte nero, mentre petto e ventre sono bianchi. Il collo e il capo sono privi di piume. Il becco è un grosso cuneo, tipico delle cicogne. Alla base del becco pende una sacca rossa che può arrivare anche ai 35 centimetri. I due sessi sono simili. Il marabù possiede un volo planato molto elegante e leggero che contrasta notevolmente con la sua camminata goffa e sgraziata.

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

L'areale di questo uccello è molto vasto e comprende tutta l'Africa subsahariana. Raramente lo si osserva anche in Spagna e in Palestina.

Il marabù africano vive sia nei luoghi aridi sia in ambienti acquatici. Lo si osserva frequentemente nei dintorni dei villaggi di pescatori, o vicino a porti e discariche di rifiuti.

Biologia[modifica | modifica wikitesto]

Alimentazione[modifica | modifica wikitesto]

Il marabù africano è principalmente un animale saprofago e, come gli avvoltoi, le iene e gli sciacalli viene attirato dalle carcasse di animali morti e dalle discariche. Il becco voluminoso serve per lacerare la carne putrefatta e la mancanza di piume su collo e capo gli evita il raggrumarsi del sangue e della carne. Benché abbia un ottimo olfatto, il marabù preferisce trovare le carcasse seguendo il volo degli avvoltoi con cui condivide i banchetti. Non è raro che si cibi anche di prede vive come rettili, pesci (che arriva a rubare ai pescatori) e grossi insetti. Compie anche razzie nelle colonie di fenicotteri in cerca di uova o pulcini.

Riproduzione[modifica | modifica wikitesto]

Il marabù è un uccello coloniale che raggiunge la maturità sessuale verso i quattro anni. Il corteggiamento consiste nel mostrare la sacca rossa sul collo e con questa produrre tipici suoni simili a grugniti e gracchiamenti, e nel sbattere il becco. Quando trova una compagna, le rimane fedele per la vita.

Il nido è un piccolo cesto di ramoscelli sotto cui vengono nascoste due o tre uova. Queste sono deposte durante la stagione secca, nei pressi dei corsi d'acqua o dei laghi, in modo che il basso livello delle acque faciliti la caccia delle piccole prede con cui verranno nutriti i piccoli.[3]

Il marabù nella letteratura[modifica | modifica wikitesto]

  • Nel romanzo Tolleranza zero di Irvine Welsh il protagonista Roy Strang, all'interno del suo sogno comatoso, identifica nel marabù il male insensato che ha causato, e per questo gli dà la caccia.
  • Nella novella Ferragus di Honoré de Balzac (contenuta in Storia dei tredici), nel primo capitolo, Madame Clemence Jules acquista presso una fioraia alcune piume di marabù per ornarsi i capelli.
  • Nel memoir La mia Africa di Karen Blixen vengono citate le piume di questo splendido uccello, spesso regalate alla scrittrice dagli indigeni africani, insieme a pelli di leopardo, ghepardo, lucertola e serpente.

Curiosità[modifica | modifica wikitesto]

Le piume della coda, dette appunto marabù, venivano usate nell'Ottocento per abbellire abiti da sera femminili e cappelli.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) BirdLife International 2016, Leptoptilos crumenifer, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
  2. ^ (EN) F. Gill e D. Donsker (a cura di), Family Ciconiidae, in IOC World Bird Names (ver 9.2), International Ornithologists’ Union, 2019. URL consultato il 6 maggio 2014.
  3. ^ "Marabù." Microsoft Encarta 2006 [DVD]. Microsoft Corporation, 2005.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • AA. VV, Grande enciclopedia per ragazzi, Animali, Vol. 2 Uccelli e Mammiferi, Edizione Speciale per la Repubblica su licenza Mondadori, 2005, p. 39, SBN IT\ICCU\IEI\0496892.

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