Leonardo Donà

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Leonardo Donà, o Donato (Venezia, 12 febbraio 1536Venezia, 16 luglio 1612), fu il novantesimo doge della Repubblica di Venezia dal 10 gennaio 1606 sino alla morte.

Intransigente "anti–papista", affrontò la minaccia dell'interdetto di papa Paolo V e, dopo averlo subito, riuscì ad annullarne gli effetti dopo una dura battaglia teologica.

Vita

Figlio di Giovanni Battista e Giovanna Corner, proveniente da una famiglia di tradizione mercantile, il Donato aveva a disposizione una media ricchezza che riuscì ad incrementare grazie ad un ricco lascito testamentario. Si dice che, per ottenerlo, abbia studiato antiche pergamene e leggi testamentarie in modo da vedersene riconosciuto il diritto. Grazie a questo benessere gli riuscì di svolgere una rapida carriera, che lo vide ambasciatore a Costantinopoli, podestà, savio, governatore e procuratore di San Marco nel 1591.

A lungo ambasciatore a Roma, gli storici riportano leggende secondo le quali il cardinale Borghese, futuro Papa Paolo V, parlandogli dell'arroganza dei veneziani verso il papato, avrebbe detto: "Se fossi Papa scomunicherei tutti i veneziani!" talché la sua risposta fu: "Se fossi Doge riderei della scomunica!".

A prescindere dall'assoluta irrealtà dell'episodio, l'evento narrato è sintomatico della sua intransigenza riguardo al tentativo romano di influenzare il potere temporale laico con quello spirituale. Secondo alcuni egli era più protestante che cattolico, ma questi paragoni vengono considerati da molti storici, quali il Rendina, solo calunniosi.

Dogato

Candidatosi alla morte di Marino Grimani, l'elezione andò per le lunghe; vi erano altri due avversari (tra cui il suo successore Marcantonio Memmo) e nessuno riusciva a raggiungere i voti necessari. Finalmente gli avversari cedettero, e lui venne eletto quasi all'unanimità il 10 gennaio 1606.

Uomo severo e serio, non fece alcuna festa per la sua elezione ed il suo rapporto col popolo fu sempre freddo e difficile. Senza perdere tempo affrontò subito le pretese pontificie rispetto ai due ecclesiastici arrestati dal suo predecessore, reagendo come tutti si potevano attendere: rigettandolo in toto. Paolo V rispose gettando l'interdetto sulla Repubblica. A questo punto, invece che piegarsi all'ultimatum, il doge, aiutato dalla sapienza in dottrina teologica del frate Paolo Sarpi, rispose a sua volta con un Protesto e ritenne nulla l'atto papale, ordinando al clero della Repubblica di non curarsene e proseguire nelle sue funzioni, pena l'espulsione immediata.

I Gesuiti, che non si vollero piegare al diktat, vennero scacciati e non poterono tornare sino al 1655. Nonostante successive scomuniche “ad personam” verso il Sarpi ed il doge, la situazione non mutò ed il 21 aprile 1607, tramite una mediazione francese, si giunse ad un accordo: la consegna dei due ecclesiastici (alla Francia) in cambio della revoca dell'interdetto. La vittoria veneziana fu totale, ed anche il tentato assassinio del Sarpi da parte di sicari papali (5 ottobre 1607) non andò a buon fine, inasprendo la contesa.

Curiosamente, dopo il primo anno, il dogato trascorse pacifico e tranquillo anche se il rapporto già freddo tra doge e popolo si raffreddò a tal punto che il Donato dovette limitare le sue comparizioni per evitare insulti da parte della folla. Si diffusero numerose calunnie sul suo conto, ma esse non furono mai dimostrate. Senza che succedesse altro di notevole il doge si spense il 16 luglio 1612, senza esser troppo rimpianto dal popolo nonostante la sua abilità politica ed il suo rigore morale che, forse, avrebbero meritato maggior rispetto.

Predecessore Doge di Venezia Successore
Marino Grimani 1606-1612 Marcantonio Memmo
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