Le rane

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Le rane
Commedia
Un giovane mesce il vino a Dioniso
(Museo del Louvre, Parigi)
AutoreAristofane
Titolo originaleΒάτραχοι
Lingua originaleGreco antico
AmbientazioneL'Ade
Composto nel406-405 a.C.
Prima assoluta405 a.C.
Teatro di Dioniso, Atene
PremiVittoria alle Lenee del 405 a.C.
Personaggi
 

Le rane (in greco antico: Βάτραχοι?, Bátrachoi) è una commedia teatrale di Aristofane, messa in scena per la prima volta ad Atene, alle Lenee[Nota 1] del 405 a.C., dove risultò vincitrice. Fu in seguito replicata, forse l'anno successivo (fatto alquanto atipico per quei tempi), per il suo valore artistico e sociale.[1][2]

Trama[modifica | modifica wikitesto]

Dioniso, dio del teatro, decide di raggiungere l'Ade per riportare in vita Euripide. Tanto Sofocle quanto Euripide, infatti, sono ormai morti (entrambi erano deceduti nel 406 a.C., pochi mesi prima che la commedia di Aristofane fosse rappresentata), e i tragediografi più giovani non hanno la stessa creatività e lo stesso genio. Di conseguenza, riportare Euripide in vita è l'unico modo per salvare la tragedia dal declino.[3]

All'inizio della commedia, Dioniso e il suo servo Xantia chiedono ad Eracle quale sia la strada più rapida per giungere all'Ade; quest'ultimo, dopo qualche presa in giro, risponde che è necessario attraversare una palude, l'Acheronte. Quando i due giungono laggiù, il traghettatore Caronte fa salire Dioniso sulla sua barca per portarlo sull'altra riva, mentre Xantia è costretto a girare intorno alla palude a piedi. Durante la traversata, Dioniso e Caronte incontrano le rane (Caronte le chiama rane-cigni), col loro gracidare: brekekekex koax koax. Esse intonano un canto in onore di Dioniso, ma senza accorgersi che il dio è proprio lì con loro. Dioniso è presto infastidito dal loro canto e protesta, ma le rane continuano, non riconoscendolo nemmeno. Tuttavia, quando il dio imita il loro verso, esse si zittiscono.[3]

Alla fine Dioniso e Xantia si rivedono alle soglie dell'Ade, dove incontrano un gruppo di anime, gli iniziati ai culti misterici, che cantano in onore di Iacco. Poco dopo i due incontrano Eaco, che scambia Dioniso per Eracle (il primo infatti si era vestito a imitazione del secondo) e comincia a insultarlo e minacciarlo. Eaco era infatti furioso nei confronti di Eracle, che aveva rubato il suo cane Cerbero. Spaventato, il dio scambia i suoi abiti con Xantia, che è meno impaurito del suo padrone. I due vengono entrambi frustati, ma alla fine l'equivoco è chiarito.[3]

Euripide viene finalmente trovato, mentre è nel mezzo di un litigio con Eschilo a proposito di chi meriti di sedere sul trono di miglior tragediografo di tutti i tempi: ognuno dei due si ritiene il migliore. Comincia allora una gara, con Dioniso come giudice: i due autori citano a turno versi delle loro tragedie, e tentano di sminuire quelli del contendente. Alla fine viene portata in scena una bilancia e ognuno dei due autori viene invitato a recitare alcuni suoi versi; la citazione che "pesa" di più (ed è dunque migliore) farà pendere la bilancia in favore del proprio autore. Eschilo esce vincitore da questa gara, ma a quel punto Dioniso, che inizialmente intendeva riportare in vita Euripide, non sa più a chi sia meglio concedere questo onore. Decide che sceglierà l'autore che darà il miglior consiglio su come salvare Atene dal declino. Euripide dà una risposta generica e poco comprensibile ("Se adesso va tutto male, forse facendo tutto il contrario ce la caveremo"),[Nota 2][4] mentre Eschilo dà un consiglio più pratico ("Le navi sono le vere risorse").[Nota 3][5] Infine Dioniso decide di riportare in vita Eschilo, che, prima di andare, affida al dio Plutone il compito di riservare il trono di miglior tragediografo a Sofocle, raccomandandogli di non lasciarlo mai ad Euripide.[3][6]

Commento[modifica | modifica wikitesto]

Atene in quegli anni[modifica | modifica wikitesto]

Nel 405 a.C. Atene stava attraversando uno dei periodi più difficili della sua storia: la guerra del Peloponneso stava per finire, e la polis era sul punto di perdere la sua supremazia sul mondo greco (soltanto un anno dopo, infatti, Atene si sarebbe arresa a Sparta). Per questo motivo, la città viveva una situazione di forti tensioni interne, poiché varie fazioni si combattevano per ottenere il potere: nel 411 a.C. la forma di governo democratica venne abbandonata e sostituita da un'oligarchia, ma appena un paio d'anni dopo gli oligarchi persero l'autorità e venne restaurata la democrazia. Era un periodo molto incerto e difficile, anche perché nessuno poteva prevedere quale sarebbe stato il destino di Atene se la città fosse uscita sconfitta dalla guerra.[Nota 4][1][8]

Inoltre, i due più grandi tragediografi ancora in vita, Sofocle ed Euripide, erano entrambi morti nel 406 a.C.,[Nota 5] sicché sembrava che per Atene il futuro non sarebbe più stato luminoso come il passato, in campo sia militare sia teatrale. In quest'atmosfera Aristofane scrive una commedia profondamente nostalgica, in cui riportare in vita i morti è l'unico modo per ridare ad Atene gli splendori del passato.[1][8]

La salvezza di Atene[modifica | modifica wikitesto]

Le rane è piena di riferimenti a questa difficile situazione, tanto che il viaggio di Dioniso, che inizialmente è descritto come un tentativo di salvare la tragedia, con il progredire della vicenda diventa anche un tentativo di salvare Atene. Al suo apparire, il coro degli iniziati ai culti misterici canta:

«Taccia e si ritiri […] chi non avversa la guerra civile e non è benigno verso i suoi concittadini e attizza il fuoco per interessi privati, chi guidando la città nella tempesta si fa corrompere.»

La decadenza di Atene è così evidente che gli iniziati chiamano gli ateniesi "i morti di lassù",[9] sperano che nessuno sarà privato dei diritti civili[10] e affermano che la città è caduta nelle mani di persone malvagie e poco affidabili:

«Così anche tra i cittadini, quelli che conosciamo per nobili, saggi, giusti, educati nelle palestre, alla danza, alla musica, questi li scartiamo, e ci avvaliamo invece delle facce di bronzo, forestieri, furfanti e figli di furfanti, gli ultimi venuti, che un tempo la città non avrebbe usato nemmeno come capri espiatori.»

Il viaggio di Dioniso assume dunque questa doppia valenza di possibilità di salvezza per il teatro e per Atene, ed è lo stesso Dioniso a dirlo:

«Statemi dunque a sentire: io sono sceso quaggiù a cercare un poeta. Per farne che, direte voi? Perché la nostra città possa salvarsi e mantenere il suo teatro.»

Ma perché un poeta dovrebbe essere preferito ad altre persone, nell'ottica della salvezza della città? Risponde Euripide:

«Per la sua capacità e i suoi ammonimenti, e perché rendiamo migliori i cittadini nelle loro comunità.»

In altre parole, Aristofane vuole affermare che la città per salvarsi deve essere gestita da persone oneste e corrette, e la tragedia concorre proprio a creare questo tipo di persone.[11]

La sfida tra Eschilo ed Euripide[modifica | modifica wikitesto]

Edizione in italiano dell'opera (Venezia, 1545), la prima in una lingua diversa dal greco.

Una volta che Euripide è stato rintracciato, la parte restante della commedia è una sfida tra questi ed Eschilo per decidere chi sia il miglior tragediografo di tutti i tempi, con Dioniso nei panni di giudice. I due autori cominciano allora a canzonarsi l'un l'altro, mettendo in luce i propri meriti e i difetti dell'avversario. Il risultato è una sorta di critica letteraria in chiave comica, dove molte delle caratteristiche principali dei due autori sono analizzate con attenzione. È tuttavia evidente la preferenza di Aristofane per Eschilo: l'innovatore Euripide è senz'altro più bersagliato.[1]

La prima parte della sfida ha ancora una volta come oggetto la pericolosa situazione di Atene. Quando Euripide critica lo stile complesso e talvolta oscuro di Eschilo, quest'ultimo risponde che attraverso le sue tragedie, per esempio I sette contro Tebe o I Persiani, ha dato il suo contributo a formare dei buoni cittadini, mentre Euripide, mettendo in scena personaggi che erano non modelli di virtù, ma figure dotate sì di pregi, ma anche di grandi difetti,[Nota 6] ha contribuito alla decadenza della città.[1]

«Eschilo: Il poeta deve nascondere il male, non rappresentarlo e insegnarlo. Come c'è il maestro per i ragazzi, così c'è il poeta per gli adulti. È del bene che bisogna parlare.»

Questo, d'altro canto, è un problema ancora molto sentito al giorno d'oggi: descrivere il male è un modo per insegnarlo, o è un modo per indurre gli spettatori a riflettere?[1]

Finita la parte dedicata ad Atene, comincia un'analisi dei prologhi dei due autori, ed Euripide prende in giro Eschilo per il suo stile retorico e pieno di ripetizioni:

«Eschilo: Sii mio salvatore e alleato, ti supplico, giacché torno e rientro in questa terra...[Nota 7]
Euripide: Il nostro sapientissimo Eschilo dice le cose due volte
Dioniso: Come due volte?
Euripide: Fa' attenzione: Torno in questa terra, dice, e rientro. Tornare e rientrare non è lo stesso?»

Locandina di una messa in scena delle Rane (Toronto, 1902).

Quando è il turno di Eschilo di criticare i prologhi di Euripide, il primo mostra che i versi del secondo sono prevedibili e la loro metrica è spesso identica. Infatti tali versi possono sempre concludersi con la strana espressione "perse la boccetta".

«Euripide: Cadmo, figlio d'Agenore, lasciata Sidone un tempo...[Nota 8]
Eschilo: ...perse la boccetta. [...]
Euripide: Pelope, con le sue belle cavalle, giunto ad Olimpia...[Nota 9]
Eschilo: ...perse la boccetta. [...]
Euripide: Eneo nei campi, offrendo le primizie d'un gran raccolto...[Nota 10]
Eschilo: ...perse la boccetta.»

I due autori citano numerose altre tragedie, finché alla fine Dioniso fa la sua scelta, decidendo di riportare in vita Eschilo. La scelta del dio è in effetti anche quella di Aristofane, che preferiva le opere tradizionali di Eschilo e Frinico a quelle dell'innovatore Euripide.[1] Tale preferenza è peraltro evidente nelle Rane già prima della gara tra i due tragediografi. Infatti, all'inizio della commedia, quando Dioniso dice ad Eracle di voler riportare in vita Euripide, ecco cosa ribatte il secondo:

«Eracle: Ti piace questa roba? [le tragedie di Euripide]
Dioniso: Da impazzire.
Eracle: Ma sono buffonate e lo sai anche tu.»

Quando poi Dioniso e Caronte incontrano le rane, succede qualcosa di strano: gli anfibi cantano in onore di Dioniso, ma quando lo vedono non lo riconoscono neanche e lo considerano solo un seccatore. È probabile che ciò avvenga perché, amando Euripide, Dioniso sta tradendo il suo ruolo di dio del teatro, sicché anche le creature che lo amano non lo riconoscono.[12]

Rappresentazione delle Rane. In scena, il coro degli iniziati (Trinity College, Toronto, 1902).

Il potere della poesia[modifica | modifica wikitesto]

Il titolo della commedia, Le rane, è sempre stato considerato alquanto atipico. L'incontro di Dioniso con le rane, coro secondario della commedia, che cantano il loro amore per la poesia, è un singolo episodio che non lascia tracce nel prosieguo della storia, perché dunque dare l'onore del titolo ai simpatici anfibi? Sono state date molte spiegazioni, spesso in contraddizione le une con le altre. Un punto di vista interessante e prudente è che capita spesso, nelle opere teatrali ma anche nei romanzi e in ogni scritto in cui si racconti una storia, che un episodio, per quanto poco importante, diventi un simbolo dell'intera storia. Il significato degli eventi si cristallizza su questo simbolo, che acquista così importanza a prescindere da quanto spazio abbia nella vicenda. Se questo è successo, almeno parzialmente, nelle Rane, allora gli anfibi (che sono in effetti rane-cigni dalla voce meravigliosa) appaiono simboleggiare il valore ed il potere della poesia, poiché proprio su questo è incentrato il loro canto e il loro breve dialogo con Dioniso. E come abbiamo visto poc'anzi questo potere può, secondo la visione ideale di Aristofane, persino portare la salvezza alla città di Atene.[13]

Il coro e i Misteri eleusini[modifica | modifica wikitesto]

Manoscritto delle Rane con scolii (Biblioteca apostolica vaticana, 1362)
Lo stesso argomento in dettaglio: Misteri eleusini.

Il coro principale della commedia è composto di iniziati ai culti misterici, e anche se non viene detto esplicitamente quali siano tali culti, è evidente che il riferimento è ai Misteri eleusini, la religione misterica più diffusa e rinomata della Grecia classica. Tali Misteri erano legati alle dee Demetra e Kore; la loro origine risale al 1600 a.C. circa, e il loro obiettivo era di elevare l'uomo sopra la sfera umana verso quella divina, e di assicurare la sua redenzione, promettendo poteri divini e ricompense nell'aldilà, oltre che felicità e benessere durante la vita.[14][15]

«Mi sembra che la tua Atene abbia originato e introdotto nella vita umana molti egregi principi umani e religiosi, e nessuno di essi è migliore di quei misteri, dai quali, venuti fuori da una vita rozza ed inumana, siamo stati educati e addolciti alla civiltà. […] Abbiamo conosciuto i principi della vita nella loro vera essenza; e abbiamo appreso non soltanto il modo di vivere con gioia, ma anche quello di morire con una speranza migliore.»

Questo scritto di Marco Tullio Cicerone riassume bene la reputazione e la fama che i Misteri eleusini acquisirono all'interno e all'esterno del mondo greco. Nelle Rane, è il coro degli iniziati a cantare i testi più strettamente connessi all'attualità, nonché a stigmatizzare la situazione sociale ed i problemi di Atene, auspicando una rapida soluzione; questo poiché, proprio in quanto iniziati, essi hanno un buon trattamento nell'Ade, una relazione più stretta con gli dei e una maggiore saggezza nel vedere i problemi dei vivi.[16]

Rappresentazioni significative[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Le rane (Ficarra e Picone).
  • Nel 2017 e nel 2018 la commedia è stata rappresentata al teatro greco di Siracusa con la regia di Giorgio Barberio Corsetti; nel cast spicca una coppia comica molto popolare, Ficarra e Picone, rispettivamente nei panni di Dioniso e Xantia. Il 1º settembre 2018 una rappresentazione è stata trasmessa in prima serata su Rai1, ottenendo quasi due milioni di telespettatori.[17]

Note[modifica | modifica wikitesto]

Note esplicative[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Nella Atene del V secolo a.C. erano tre le feste in cui venivano fatte rappresentazioni teatrali: le Grandi Dionisie (o Dionisie cittadine) all'inizio della primavera, le Dionisie rurali e le Lenee in inverno.
  2. ^ Questi versi hanno peraltro una strana musicalità e contengono dei giochi di parole, da cui deriva la loro scarsa comprensibilità (cfr. Albini, p. 31).
  3. ^ Il passo, tuttavia, presenta gravi problemi testuali, sicché in altre edizioni critiche è Eschilo a suggerire di fare scelte opposte alle attuali, mentre Euripide dà consigli pratici su come affrontare una battaglia navale (cfr. Paduano (a cura di), pp. 190-193, e Rossi-Nicolai, Lezioni di letteratura greca, Le Monnier, vol. 2, pp. 375-376).
  4. ^ Dopo la resa di Atene, alcune poleis proposero di radere al suolo la città e vendere schiava la popolazione, ma gli spartani furono clementi, imponendo soltanto la distruzione delle mura cittadine.
  5. ^ Sofocle morì ad Atene, mentre Euripide si era da un paio d'anni trasferito a Pella, capitale del regno di Macedonia.
  6. ^ Vedi, solo a titolo di esempio, la Medea, dove la protagonista uccide i propri figli come vendetta nei confronti del marito, oppure Le troiane, in cui i più grandi eroi dell'Iliade si comportano come insensati aguzzini.
  7. ^ È il prologo delle Coefore di Eschilo (vv. 2-3).
  8. ^ È l'incipit del Frisso di Euripide, oggi perduto.
  9. ^ È l'incipit dell'Ifigenia in Tauride di Euripide (vv. 1-2).
  10. ^ È il Meleagro di Euripide, oggi perduto.

Note bibliografiche[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g h Guidorizzi, p. 218.
  2. ^ Albini, p. 140.
  3. ^ a b c d Guidorizzi, pp. 217-218; Albini, pp. 330-332.
  4. ^ Le rane, vv. 1449-1450.
  5. ^ Le rane, v. 1464.
  6. ^ Zimmermann, p. 125.
  7. ^ Atene 406 a.C. Il processo delle Arginuse (PDF), su enricopantalone.com. URL consultato il 12 dicembre 2020.
  8. ^ a b Zimmermann, p. 126.
  9. ^ Le rane, v. 418.
  10. ^ Le rane, v. 692.
  11. ^ Zimmermann, pp. 126-128.
  12. ^ Paduano (a cura di), p. 77.
  13. ^ Paduano (a cura di), pp. 13-14.
  14. ^ Tonelli, pp. 15, 33-34.
  15. ^ (EN) Martin P. Nilsson, Greek Popular Religion - The Religion of Eleusis, New York, Columbia University Press, 1947, pp. 42-64.
  16. ^ Tonelli, pp. 34-35, 259.
  17. ^ Le rane. Ficarra e Picone protagonisti della commedia di Aristofane, su ufficiostampa.rai.it.; Le rane con Ficarra & Picone, su raiplay.it. URL consultato il 3 settembre 2018 (archiviato dall'url originale il 4 settembre 2018).; Con Ficarra e Picone Aristofane spopola in tv (e su Twitter): "Premiata una follia", su repubblica.it.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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