Le miserie 'd Monsù Travet

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Le miserie 'd Monsù Travet
Commedia in cinque atti
AutoreVittorio Bersezio
Lingua originalePiemontese
Composto nel1863
Prima assoluta4 aprile 1863,
Teatro Alfieri di Torino
Personaggi
  • Monsù Travet, impiegato
  • Madama Travet, sua seconda moglie
  • Marianin, figlia di primo letto
  • Carlin, bambino dai 7 ai 10 anni, figlio di secondo letto
  • Monsù Giachëtta, panettiere
  • Paolin, suo socio
  • Barbarot
  • Moton e Rusca, impiegati
  • Brigida, serva di Travet
  • Il capo divisione, il capo sezione, un usciere
Riduzioni cinematograficheLe miserie del signor Travet di Mario Soldati (1945)
 

Le miserie 'd Monsù Travet è una commedia in cinque atti in piemontese composta da Vittorio Bersezio e rappresentata per la prima volta il 4 aprile 1863 all'Alfieri di Torino dalla compagnia Toselli.

L'opera, edita dallo stesso autore in italiano nel 1871 e nel 1876 con il titolo Le miserie del signor Travetti a Milano presso la "Libreria Editrice", venne poi pubblicata nel 1887 a Torino per conto della casa editrice "La Letteratura".

Ignazio Travet, il protagonista, è un impiegato pubblico che ritiene appunto di avere trovato "il posto sicuro" e soprattutto decoroso, ma in realtà non è altro che un umile impiegato che, per quanto laborioso sia, è sempre maltrattato. Tale raffigurazione non piacque al folto numero di impiegati statali che fischiò l'opera durante la prima; ma in seguito essa ebbe un grande successo, e il nome del protagonista (letteralmente Travicello) entrò nella lingua italiana ad indicare un impiegatuccio vessato.

Dall'opera è stato tratto un film, Le miserie del signor Travet, diretto nel 1945 da Mario Soldati, dove il ruolo del protagonista era affidato a Carlo Campanini. Fu il primo film trasmesso dalla RAI.

L'opera è anche diventata una produzione televisiva con Gipo Farassino e Ileana Ghione, trasmessa dalla Rai nel 1982.

Trama[modifica | modifica wikitesto]

La vicenda è ambientata a Torino dove Ignazio Travet, speranzoso in una promozione che tarda ad arrivare, svolge in modo coscienzioso il suo lavoro di impiegato governativo. Subissato dai soprusi subìti al ministero e dalle lamentele della seconda moglie, dei figli Marianin e Carlin e anche della serva, Ignazio sopporta tutto stoicamente fintanto che, a causa di un avvenimento accaduto in ufficio e che potrebbe disonorarlo, reagisce in modo deciso alle prepotenze del suo capo-sezione.

(PMS)

«Sì, sì, chiel a l'é stait ben fortunà. Mi 'nvece j'heu avù tuti ij maleur. Pi m'afano a travajé, e meno i vad anans, e i vëddo a passeme sij barbis tanti ch'a fan niente. Adess j'heu ancora un cap ëd session ch'a l'é na bëstiassa ùnica e ch'i seu pa 'l përchè a peul nen s-ciaireme e am perséguita...»

(IT)

«Sì, sì, quello lì è stato ben fortunato. Io invece ho avuto tutte le sfortune. Più m'affanno a lavorare, e meno vado avanti, e mi vedo passare sui baffi tanti che non fanno niente. Adesso ho un capo sezione che è una bestiaccia unica e che non so il perché non mi può vedere e mi perseguita...»

Alla fine, pur avendo ottenuto la tanto attesa promozione, Ignazio lascerà l'impiego e seguirà l'esempio del fornaio Giachëtta che nel commercio ha scelto di essere libero e senza superiori. Liberatosi così anche dai pregiudizi sociali permetterà alla figlia Marianin di sposare il giovane socio dello stesso fornaio.

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]