Coryphaena hippurus

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Corifena o Lampuga

Stato di conservazione
Rischio minimo[1]
Classificazione scientifica
Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Sottoregno Eumetazoa
Ramo Bilateria
Phylum Chordata
Subphylum Vertebrata
Superclasse Gnathostomata
Classe Actinopterygii
Sottoclasse Osteichthyes
Superordine Acanthopterygii
Ordine Perciformes
Sottordine Percoidei
Famiglia Coryphaenidae
Sottofamiglia Coryphaeninae
Genere Coryphaena
Specie C. hippurus
Nomenclatura binomiale
Coryphaena hippurus
Linnaeus, 1758
Sinonimi

Scomber pelagicus
(Linnaeus, 1758)
Corypaena hippurua
Coryphaena hipporus
Coryphaena hyppurus
Coryphaena argyrurus
Valenciennes, 1833
Coryphaena chrysurus
(Lacepède, 1801)
Coryphaena dolfyn
Valenciennes, 1833
Coryphaena dorado
Valenciennes, 1833
Coryphaena fasciolata
(Pallas, 1770)
Coryphaena immaculata
Agassiz, 1831
Coryphaena imperialis
(Rafinesque, 1810)
Coryphaena japonica
Temminck & Schlegel, 1845
Coryphaena margravii
Valenciennes, 1833
Coryphaena nortoniana
Lowe, 1839
Coryphaena scomberoides
Valenciennes, 1833
Coryphaena suerii
Valenciennes, 1833
Coryphaena virgata
Valenciennes, 1833
Coryphaena vlamingii
Valenciennes, 1833
Lampugus siculus
Valenciennes, 1833
Lepimphis hippuroides(Rafinesque, 1810)

Nomi comuni

Capuni (Sicilia, Calabria), Capone (Puglia), Cavaglia (Sardegna), Cantaluzzo (Lazio)

La corifena[2] o lampuga[3] (Coryphaena hippurus (Linnaeus, 1758)) conosciuta anche come corifena cavallina, pesce capone o pesce settembrino è un pesce osseo pelagico appartenente alla famiglia dei Coryphaenidae. Nel mondo è conosciuta anche con il nome di Dorado o Mahi-Mahi.

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

La lampuga è una specie migratoria diffusa nelle acque tropicali e subtropicali di Atlantico, Pacifico e Indiano. È presente anche nel Mar Mediterraneo. Appare sulle coste soltanto al tempo della deposizione delle uova (in estate), per poi andare in acque più calde all'inizio dell'autunno. Si trova in grandi popolazioni soprattutto in alcune località come le Azzorre, Madagascar e Galapagos.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Presenta un corpo lungo, compresso ai fianchi, con profilo frontale arrotondato e sporgente. Il corpo si riduce al peduncolo caudale. La pinna dorsale è lunga, alta all'inizio, diminuisce in altezza verso la fine. Le pettorali sono lunghe e appuntite, così come le ventrali. La pinna anale è poco sviluppata in altezza, ma copre 1/3 del ventre del pesce. La coda è fortemente forcuta.
La livrea è grigio azzurra, tendente al blu sul dorso e al giallo su fianchi e ventre. Il suo colore varia a seconda della luce: magnifico azzurro o porporino, con riflessi metallici di ogni sorta, o giallo-oro.
Raggiunge una lunghezza massima di circa 2 metri ed un peso di circa 20 chilogrammi. Nei mari italiani il peso medio delle catture varia da 3-4 etti a 8 chilogrammi, ma sono stati pescati anche esemplari più grandi soprattutto nel mar Ligure.

Biologia[modifica | modifica wikitesto]

Si ciba di piccoli pesci, specialmente di quelli che abitano gli strati superiori dell'acqua, e principalmente delle diverse specie di pesci volanti. È nota ai pescatori per la sua voracità.

La lampuga presenta un accrescimento molto rapido nel primo anno di età. La maturità sessuale è raggiunta entro il primo anno di vita.

Pesca[modifica | modifica wikitesto]

Lampughe in un affresco d'epoca minoica (Akrotiri)
Lampuga, Levanto (SP)

La sua carne è molto apprezzata e ben pagata: questo pesce è oggetto di pesca commerciale e ambita preda di pesca sportiva.
È uno dei pesci da traina costiera per eccellenza, apprezzato soprattutto a causa della forte reazione che oppone alla cattura, effettuando numerosi salti fuor d'acqua. Al contrario di tonnetti e palamite, raramente si manifesta. In Sicilia, specialmente nella zona di Porto Palo di Capo Passero, e sull'isola d'Ischia ( A pesca di lampughe sull'isola d'Ischia, su prontoischia.it. URL consultato il 27 settembre 2023.) i pescatori usano piazzare al largo delle coste, gruppi di foglie di palma legate tra loro in modo da creare una zona d'ombra in superficie; una zavorra a fondo fa sì che le suddette foglie non vengano trasportate dalla corrente, le lampughe si radunano sotto la zona d'ombra, dove poi vengono catturate con reti da circuizione. Si può insidiare con la canna da pesca effettuando traina costiera con piccoli octopus oppure da riva utilizzando l'aguglia viva, piccoli cefali o pezzi di salame flotterati.[senza fonte]

Curiosità[modifica | modifica wikitesto]

Nell'inglese americano, un nome comune per questa specie è dolphinfish, spesso abbreviato dai pescatori semplicemente in dolphin, termine che genera facilmente confusione con i delfini, i noti mammiferi marini, anch'essi chiamati appunto dolphins. Inganno in cui è stata tratta anche la pur eccellente traduttrice Fernanda Pivano, che nella versione italiana de Il vecchio e il mare descrive appunto il protagonista che, in breve tempo, issa a bordo un "delfino" e lo mangia completamente, impresa in cui assai difficilmente un solo uomo anziano riuscirebbe con un vero delfino.
In Sicilia, anticamente, il pesce Capone si preparava in cucina con cipolla, sedano, olive, capperi e aceto: il piatto prendeva il nome di “Caponatina”; oggigiorno al posto del pesce si usano le melanzane, ma il nome è rimasto immutato.

Il pesce è il simbolo del Club Social y Deportivo Dorados de Sinaloa.

Il pesce è simbolo della costellazione del Dorado, nel cielo australe.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) Coryphaena hippurus, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
  2. ^ corifèna, in Treccani.it – Vocabolario Treccani on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 26 gennaio 2016.
  3. ^ Mipaaf - Decreto Ministeriale n°19105 del 22 settembre 2017 - Denominazioni in lingua italiana delle specie ittiche di interesse commerciale, su politicheagricole.it. URL consultato il 16 marzo 2018.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Enrico Tortonese, Osteichthyes, Bologna, Calderini, 1975.
  • Francesco Costa, Atlante dei pesci dei mari italiani, Milano, Mursia, ISBN 88-425-1003-3.

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