La regola del gioco (film 1939)

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La regola del gioco
Roland Toutain e Nora Gregor in una scena del film
Titolo originaleLa Règle du jeu
Lingua originalefrancese
Paese di produzioneFrancia
Anno1939
Durata110 min
Dati tecniciB/N
rapporto: 1,37:1
Generecommedia, drammatico
RegiaJean Renoir
SceneggiaturaJean Renoir (collaborazione di Carl Koch)
ProduttoreJean Renoir
Casa di produzioneNouvelles Éditions de Films (NEF)
FotografiaJean Bachelet, Jacques Lemare, Jean-Paul Alphen e Alain Renoir
MontaggioMarguerite Renoir e Marthe Huguet
MusicheMozart, Monsigny, Johann Strauss, Camille Saint-Saëns, Fryderyk Chopin, Vincent Scotto (direzione di Roger Desormières e Joseph Kosma)
ScenografiaEugène Lourié e Max Douy
CostumiCoco Chanel
Interpreti e personaggi

e inoltre, anche se non citati nei titoli di testa,:

Doppiatori italiani

La regola del gioco (La Règle du jeu) è un film del 1939 diretto da Jean Renoir.

È considerato dai critici cinematografici non solo uno dei migliori del regista, ma anche uno dei più grandi film mai realizzati.[1][2]

Trama[modifica | modifica wikitesto]

L'aviatore André Jurieux è di ritorno da un'impresa senza precedenti: la traversata dell'Atlantico in sole ventitré ore. Quando atterra a Le Bourget, appena fuori Parigi, viene accolto dal suo amico Octave anziché da Christine, una nobile austro-francese di cui André è innamorato. L'assenza di Christine lo ferisce tanto da fare una struggente dichiarazione a una delle giornaliste giunte per intervistarlo, chiamando Christine una traditrice. La nobildonna intanto ascolta la trasmissione nel suo appartamento di Parigi. Christine è sposata con Robert, marchese de La Chesnaye, tuttavia la relazione passata di Christine con André è di dominio pubblico.

Dei membri dell'aristocrazia e dell'alta borghesia si ritrovano nel castello del marchese de La Chesnaye per trascorrere il fine settimana. Gli amori dei potenti si intrecciano con quelli dei loro domestici finché viene commesso un omicidio.

Personaggi[modifica | modifica wikitesto]

«Ero così ambizioso da voler dipingere una società, un gruppo di persone, quasi un'intera classe.»

Il film non ha un protagonista, è un film corale nel quale possiamo individuare otto personaggi principali[3].

I signori
  • Roland Toutain (1905-1977): specializzato in film d'avventura, aveva interpretato ruoli importanti in Les Mystères de la chambre jaune (1930) e Parfum de la dame en noir (1930) di Marcel L'Herbier. Interpreta il personaggio dell'aviatore, André Jurieu, il corrispondente di Coelio di I capricci di Marianna: eroico pilota e innamorato deluso.
  • Marcel Dalio, che aveva recitato in Le Golem (1935) e Il bandito della Casbah (Pépé le Moko, (1936) di Julien Duvivier, ne La grande illusione (1937) di Renoir, interpreta il personaggio del marchese, Robert de la Chesnaye: aristocratico di origini ebraiche, collezionista di automi, elegante e liberale.

«Un personaggio instabile, un personaggio che non sa bene lui stesso cosa vuole. Un personaggio che non sa se ciò che c’è d’importante nella vita sono i giocattoli, le piccole bambole animate o il bell’organetto o ancora se è sua moglie o la sua amicizia, o se è Octave. Così gli spettatori se lo chiedono, questo li impegna, collaborano, diventano autori, completano il personaggio. E così questo ci evita di mostrare quei personaggi intagliati nella roccia e tutti di un pezzo, che sanno ciò che vogliono, che hanno una direzione fissa, che hanno uno scopo nella vita.»

  • Jean Renoir, il regista stesso, si riserva di recitare la parte di Octave, musicista fallito, amico squattrinato di Christine e di André. Innamorato anch'egli di Christine, svolge un ruolo di mediatore, molto simile a quello del regista stesso.
  • Nora Gregor, attrice austriaca che aveva sposato il principe de Stahremberg. La coppia si trovava in esilio a Parigi dal 1938, quando l'Austria era stata annessa alla Germania. Interpreta il personaggio di Christine de la Chesnaye, figlia di un famoso direttore d'orchestra austriaco, amata e contesa dagli uomini.
  • Mila Parély (Parigi, 7 ottobre 1917 – Vichy, 14 gennaio 2012), attrice francese di origini polacche, il cui vero nome era Olga Colette Perzynski, aveva recitato in La leggenda di Liliom (1933) di Fritz Lang, Remontons les Champs-Elysées (1938) di Sacha Guitry, successivamente avrebbe lavorato in La conversa di Belfort (les Anges du péché, 1943) di Robert Bresson, Il piacere (Le plaisir, 1951) di Max Ophüls. Interpreta il personaggio dell'amante del marchese, Geneviéve de Marras, una donna dell'alta società, vissuta e disincantata.
I servi
  • Paulette Dubost, attrice anche di televisione e di teatro, attiva dal 1926, interpreta Lisette, la cameriera personale della marchesa, più legata alla padrona che al geloso marito guardiacaccia, lusingata dalla corte del nuovo domestico Marceau.
  • Gaston Victor Modot interpreta Schumacher, il guardiacaccia, geloso marito di Lisette che lo tradisce allegramente. La facilità con cui ricorre alle armi lo porterà ad uccidere Jurieu.
  • Julien Carette, che aveva recitato con Renoir già due volte, ne La grande illusione (1937) e ne L'angelo del male (La bête humaine, 1938), interpreta Marceau, il bracconiere beffardo e simpatico.

Sequenze[modifica | modifica wikitesto]

Francis Vanoye[4] individua nel film 16 sequenze:

  1. Aerodromo di Le Bourget. Ore ventidue. Una folla entusiasta accoglie l'aviatore André Jurieu che, a bordo del suo Caudron, sta atterrando: ha appena superato il record di traversata dell'Atlantico in 23 ore. Una giornalista della radio lo intervista. André non trova ad accoglierlo la donna amata, Christine. Ha compiuto l'impresa per amor suo e pubblicamente dichiara la sua delusione, incurante del fatto che i microfoni diffondano ovunque le sue parole. Nel suo appartamento, la donna, moglie del marchese Robert de La Chesnaye, sta ascoltando la trasmissione radiofonica. Contrariata di essere trascinata in uno scandalo, spegne l'apparecchio. Sta vestendosi per recarsi a teatro e con Lisette, la giovane cameriera, scambia riflessioni sui difficili rapporti fra uomini e donne. Octave, l'amico dell'aviatore, lo rimprovera per il comportamento irresponsabile. Robert de La Chesnaye, appassionato collezionista di carillon e di automi, mentre si compiace del suo ultimo acquisto, una piccola negretta dal meccanismo intatto, ha ascoltato anche lui la trasmissione alla radio e tranquillizza la moglie dichiarando di comprendere la natura dei suoi rapporti con l'aviatore: un'affettuosa amicizia erroneamente interpretata come amore. Intanto telefona a Geneviève de Marras, la sua amante. Fissa un appuntamento con lei per il giorno successivo. Nel salotto di Geneviève alcuni ospiti che giocano a bridge, commentano le dichiarazioni di Jurieu.
  2. Il giorno dopo La Chesnaye annuncia a Geneviève di voler porre fine alla loro relazione ma lei lo distoglie dal suo proposito.
  3. Jurieu, depresso, guida imprudentemente la sua auto che va a schiantarsi fuori strada, coinvolgendo nell'incidente anche l'amico Octave che viaggia con lui. Costui lo rimprovera aspramente ma si offre di ottenergli un nuovo incontro con Christine.
  4. Palazzo dei marchesi. Octave fa visita ai La Cesnaye. Amico d'infanzia, considera Christine come una sorella e la convince ad invitare Jurieu alla prossima battuta di caccia a La Colinière, la residenza di campagna dei marchesi in Sologne. Robert liberalmente acconsente ad ospitare anche l'aviatore. Rimette in funzione un automa, una capinera che canta ogni venti secondi.
  5. Robert e Christine arrivano a La Colinière accolti dal capocameriere Corneille. Lisette ritrova il marito, il guardiacaccia, Edouard Schumacher, che vorrebbe restasse a La Colinière accanto a lui.
  6. Schumacher accompagna il marchese in un sopralluogo sulle terre della proprietà infestata da lepri e conigli selvatici. Sorprende in flagrante il bracconiere Marceau che ha teso trappole e lo vorrebbe arrestare, ma La Chesnaye, anziché punirlo, ammira la sua abilità e lo assume come domestico.
  7. Nel pomeriggio il tempo si guasta e sotto una pioggia torrenziale arrivano gli invitati: per prima Geneviève, poi un generale a riposo, un sudamericano, la coppia La Bruyère, industriali del Nord della Francia, Monsieur de Saint-Aubin, Berthelin, un dandy, Charlotte de la Plante, Jacqueline, nipote di Christine. Per ultimi Jurieu e Octave. Christine, prevenendo i pettegolezzi, parla apertamente della relazione d'amicizia che la lega all'aviatore. Il marchese propone una festa mascherata da organizzare in onore del pilota, dopo la caccia.
  8. Cucine del castello. Christine dà istruzioni sulle preferenze degli ospiti. Durante la cena i domestici chiacchierano dei padroni: si mormora delle origini ebraiche della famiglia del marchese. Schumacher è geloso della simpatia che Lisette dimostra a Marceau.
  9. Gli invitati salgono nelle loro stanze per andare a dormire.
  10. La partita di caccia. I cacciatori uccidono numerosi conigli selvatici, lepri e fagiani. Christine col binocolo intravede Robert dare un bacio a Geneviève: per il marito un bacio d'addio all'amante, per la moglie la prova di un tradimento insospettato.
  11. Christine fa visita a Geneviève: le parla apertamente della relazione con il marito e la convince a rimanere.
  12. Schumacher regala alla moglie Lisette una mantella foderata di pelliccia.
  13. Marceau corteggia Lisette e il marito li sorprende. Il maggiordomo interviene per placare l'ira che Schumacher sfoga sul rivale.
  14. La festa mascherata. Ogni personaggio si presenta nel suo travestimento. Danza macabra: gli attori vestiti da spettri ballano su musica di Saint-Saens.[5] Il marchese mostra orgoglioso il suo ultimo acquisto: un'antica e preziosa pianola meccanica azionata da pupazzi. Fuori scena si inseguono padroni e servi, formando e disfando le coppie: Christine -Saint-Aubin- Jurieu, Jacqueline e Jurieu, Geneviève-La Chesnaye, Schumacher, Lisette e Marceau. Robert aiuta Marceau a sfuggire a Schumacher. Si alternano dichiarazioni d'amore, svenimenti e delusioni da parte delle donne, scontri e duelli fra gli uomini. Prima c'è un confronto fra Jurieu e Saint Aubin, poi uno fra Jurieu e La Chesnaye. Una detonazione esplosa da Schumacher interrompe il duello fra i due. Jurieu e La Chesnaye si riconciliano. Ritorna la calma. Schumacher e Marceau sono licenziati. Robert è disposto a cedere Christine a Jurieu, ma ormai lei è troppo delusa dall'eccessiva prudenza manifestata dall'aviatore. Octave resta solo con Christine e rievocano la loro giovinezza in Austria e il padre di lei, un famoso direttore d'orchestra. Lisette presta il suo mantello a Christine che si dirige con Octave verso la serra.
  15. Marceau lascia il castello e incontra Schumacher che piange, distrutto per il licenziamento ma soprattutto per il rifiuto della moglie di seguirlo. Si attardano in giardino e Schumacher scambia Christine per Lisette. Christine e Octave si dichiarano amore reciproco e si abbracciano. Octave va a prendere i cappotti per partire insieme a lei. Ma Lisette lo fa riflettere sulla scarsezza dei suoi mezzi economici e l'impossibilità di garantire a Christine il tenore di vita a cui è abituata. Octave rinuncia al progetto. Sarà Jurieu a raggiungere Christine nella serra. Furioso di gelosia, Schumacher spara dal suo nascondiglio a colui che crede l'amante di sua moglie e uccide Jurieu. Octave e Marceau lasciano La Colinière.
  16. Davanti agli invitati, La Chesnaye e Christine dichiarano che si è trattato di un incidente e predispongono per l'indomani una cerimonia in omaggio alla vittima. Schumacher è riassunto.

Produzione[modifica | modifica wikitesto]

Senza attendere il successo de L'angelo del male, Renoir forma una cooperativa di produzione con l'intento di produrre due film l'anno, la NEF (Nouvelle Edition Française) con altri quattro soci: suo fratello Claude, André Zwobada, Olivier Billiou, già socio dei fratelli Hakim, produttori de L'angelo del male, Camille François.

Soggetto[modifica | modifica wikitesto]

Dopo le riprese del film L'angelo del male, Renoir abbandona il naturalismo per ritornare ad una trama più classica e apparentemente semplice. Come punto di partenza, sceglie l'opera teatrale I capricci di Marianna di Alfred de Musset. Si ispira anche a Il gioco dell'amore e del caso di Marivaux, e trae altri spunti da Beaumarchais (una citazione dalla scena X atto IV del suo Le nozze di Figaro apre il film) e di Molière.

«Lavorare a questa sceneggiatura mi ha ispirato il desiderio di dare un colpo di timone, di allontanarmi, forse del tutto, dal naturalismo, per abbordare un genere più classico e poetico.»

«Fu la Sologne a fornirmi l'ambientazione in cui gli attori avrebbero trovato la verità del loro personaggio. Le sue nebbie mi riportavano ai bei giorni dell'infanzia quando con Gabrielle andavamo al teatro Montmartre..[...] Niente era più misterioso di quel paesaggio.»

Sceneggiatura[modifica | modifica wikitesto]

Renoir scrive diverse versioni della sceneggiatura, trasformandone i personaggi via via che il cast va definendosi. Il suo metodo di lavoro è un work in progress.[6]

Riprese[modifica | modifica wikitesto]

Le riprese iniziano il 22 febbraio 1939, in Sologne, per gli esterni, presso il castello La Ferté Saint-Aubin del XVII secolo (Loiret), Lamotte-Beuvron, Aubigny-sur-Nère, i dintorni di Brinon-sur-Sauldre (Cher), per le riprese della battuta di caccia. La seconda parte fu girata negli studi Pathé-Cinéma di Joinville-le-Pont e in un appartamento in Place du Trocadéro.[7]

«Quest'opera da moralista va ancora, e forse soprattutto, ricordata per un virtuosismo tecnico tanto più considerevole in quanto nascosto dietro un’apparente noncuranza e facilità; la cinepresa sembra esser dovunque allo stesso tempo, a giocare briosamente con la profondità di campo, e intanto ad agire come una lente d’ingrandimento pronta a cogliere la vita intima di ogni personaggio. Il dialogo è molto elaborato anche se sembra improvvisato, l’incastro di situazioni, i raccordi nel movimento delle scene, l'uso di filtri, il dosaggio di musica classica e arie popolari – tutto finisce per contribuire a una sorta di specificità tutta cinematografica.»

Renoir filmava con lunghe inquadrature, senza stacchi di montaggio, e usava vecchi obiettivi come quelli dei fratelli Lumière con una grande profondità di campo che permetteva avere a fuoco contemporaneamente le cose vicine e quelle lontane.[8]

«Con Renoir nasce ufficialmente nel cinema la forma, fino allora sconosciuta o praticata inconsapevolmente, del piano sequenza, parola che deriva appunto dal francese e che significa identità fra inquadratura e sequenza. La durata dell'inquadratura senza stacchi e senza raccordi di montaggio permette di rappresentare l’intera durata temporale di una scena come se accadesse davanti a noi; mentre il movimento della cinepresa rappresenta meglio l’unità dello spazio in cui ci sembra di entrare».[9]

«Significativa nel piano sequenza di Renoir è anche l'importanza del fuori campo. I personaggi si muovono molto liberamente senza tener conto della cinepresa, vanno e vengono, entrano e escono dal quadro continuamente, col risultato che spesso non vediamo chi parla. Ne deriva un «effetto finestra», come se neppure il regista sapesse precisamente cosa sta accadendo».[10]

Scenografia[modifica | modifica wikitesto]

Negli studi Pathé di Joinville, Eugène Lourié e Max Douy predisposero ambienti molto accurati, con autentici parquet, porte, mobili, argenteria, automi.[11]

Cast[modifica | modifica wikitesto]

Alcuni attori con cui Renoir era solito lavorare e a cui aveva pensato per i personaggi principali, Simone Simon e Jean Gabin, Pierre Renoir, erano già impegnati e non disponibili; perciò Renoir riscrive le parti per adattarle ai nuovi attori. Il suo metodo di lavoro prevedeva un rapporto diretto con l'attore per delineare e precisare le caratteristiche del personaggio. "Si parte da ciò che ci circonda per arrivare all'io."[12]

Colonna sonora[modifica | modifica wikitesto]

«Passi una serata ad ascoltare dischi e finisci per fare un film. Non posso dire che sia stata la musica barocca francese ad ispirarmi La Règle du jeu, ma ha senz'altro contribuito a far nascere in me il desiderio di lavorare su personaggi le cui movenze seguissero lo spirito di quella musica. Mi sono basato su di essa solo per l'inizio e i titoli di testa. Stava cominciando allora un periodo della mia vita in cui ebbi compagni abituali Couperin, Rameau, tutta la musica compresa tra Lulli e Grétry. A poco a poco la mia idea prendeva corpo e il soggetto si precisava».»

La scelta delle musiche principali è di ispirazione classica:

Sono presenti alcune eccezioni come la canzone militare En revenant de la revue cantata durante la festa e altre canzoni suonate dal grammofono.[13]

Accoglienza[modifica | modifica wikitesto]

La prima ebbe luogo il 7 luglio 1939 all'Aubert-Palace e Colisée di Parigi.[14] Alla sua prima uscita il film fu un insuccesso. Al Colisée di Parigi, dove fu proiettato per la prima volta, scatenò un finimondo. Amputato di un quarto d'ora su richiesta degli esercenti, fu proibito e ritirato dalla distribuzione nel settembre 1939 dalle autorità, incolpandolo di demoralizzare i francesi, alla vigilia della dichiarazione di guerra. Nel 1942 il negativo del film è distrutto durante un bombardamento.[15]

Jean Renoir, dichiara che "l'insuccesso de La Règle du jeu mi depresse così tanto che decisi sia di rinunciare al cinema, sia di abbandonare la Francia"[16]. Si reca quindi in Italia per girare Tosca. Allo scoppio della seconda guerra mondiale, lascia l'Europa e si trasferisce negli Stati Uniti, ad Hollywood.

Rinascita[modifica | modifica wikitesto]

Il film viene successivamente riscoperto dalla generazione dei cinefili che gravita attorno ai Cahiers du cinéma.

Nel 1958-59, i fondatori dei Grands Films Classiques, Jean Gaborit e Jacques Maréchal, ricostruiscono, a partire da documenti e copie sopravvissute, il montaggio originale di 113 minuti.

La nuova versione è presentata al Festival di Venezia del 1959.

Nel 1965, data della sua nuova presentazione a Parigi, il film conosce un vero trionfo di critica e di pubblico. Da quel momento, La Règle du jeu diviene un film di culto.[17]

Critica[modifica | modifica wikitesto]

André Bazin:

«Né il pubblico, né la maggioranza della critica seppero nel 1939 riconoscere ne La regola del gioco la più ampia e la più lucida espressione di un'epoca condannata. Probabilmente però non fu questa la causa principale del fallimento del film. La storia d'amore valeva quanto un'altra e sarebbe stata sufficiente per decretare il successo dell'impresa se la sceneggiatura avesse rispettato la regola del gioco cinematografico. Renoir aveva voluto realizzare secondo la sua stessa espressione un dramma gaio e questa mescolanza insolita disorientò. D'altra parte, la sua regia prodigiosamente mobile, la sottile ironia delle inquadrature e dei movimenti di macchina, lo stile della fotografia che annunciava in maniera generale la celebre profondità di campo che abbiamo ritrovato in America attraverso Quarto potere (1941) e I migliori anni della nostra vita (1946), sembravano allora delle fantasie buffe ma discutibili.»

Paolo Mereghetti:

«...questo film mescola humour e crudeltà nel descrivere con lucido pessimismo il crepuscolo di un mondo. Con coraggiosa originalità Renoir elimina ogni traccia di cinismo (grazie soprattutto alla presenza di personaggi vulnerabili e sinceri come l’aviatore e il suo amico Octave) costringendo lo spettatore a confrontarsi con il ritratto dei propri limiti senza gli schermi e il distanziamento offerti dall'ironia.»

Claude Beylie:

«Pietra angolare dell’opera di Jean Renoir, punto d'arrivo e canto del cigno del cinema francese degli anni Trenta, film dalle risonanze profonde, dalla regia affascinante, La regola del gioco è una rara alleanza di satira, di vaudeville e di tragedia.»

François Truffaut:

«La Regola del gioco è il credo dei cinefili, il film dei film, il più odiato alla sua uscita, il più apprezzato in seguito fino a diventare un vero successo commerciale dopo la sua terza ripresa in circuito normale e in versione integrale. All’interno di questo "dramma giocoso", Renoir agita senza averne l’aria una messe di idee generali, di idee particolari e esprime soprattutto un grande amore per le donne.»

Temi[modifica | modifica wikitesto]

L'amore[modifica | modifica wikitesto]

«Quella famosa questione dei rapporti fra le donne e gli uomini»

E Geneviève, all'inizio del film, cita una definizione che Sébastien-Roch Nicolas de Chamfort ha dato sull'amore[18]:

(FR)

«Lo scambio di due fantasie e il contatto di due epidermidi.»

(IT)

«L'échange de deux fantaisies et le contact de deux épidermes.»

«I personaggi portano con sé un desiderio di amore e di piacere senza cessare di confrontarsi con l'impossibilità di vivere l'uno o l'altro. Nessun tipo d'amore vi sfugge, sia esso coniugale, illegittimo, nascente o fondato su antichi legami. La regola del gioco ci mostra i disperati tentativi di un pugno di personaggi di liberarsi dal peso dell'epoca, che impedisce all'amore di "volteggiare".»

Il problema è quello della sincerità in amore.

"La menzogna è un abito troppo pesante da portare" esclama Christine al marito che ha dichiarato di comprendere il carattere dei suoi rapporti con Jurieu.

«I nove personaggi principali de La regola del gioco hanno un problema sentimentale da risolvere e, siccome il film li scopre alla vigilia di una "crisi", vedremo ognuno di loro comportarsi nel modo più inadeguato. L'unico personaggio sincero, André, provocherà un dramma gaio di cui sarà l'unica vittima per non aver rispettato la "regola del gioco".»

La regola[modifica | modifica wikitesto]

Octave ricorda a Jurieu, rimproverandolo delle dichiarazioni imprudenti rilasciate ai microfoni della trasmissione radiofonica:

(FR)

«Tu dimentichi che Christine è una donna di mondo, e quel mondo ha delle regole, regole molto rigorose.»

(IT)

«Tu oublies qu'c'est une femme du monde, et c'monde-là, ça a des règles, des règles très rigoureuses.»

E altrove Renoir scrive:

«La "regola del gioco" è quella che bisogna osservare nella vita in società se si vuole evitare di essere stritolati.»

Ciò che cementa il gruppo sociale rappresentato nel film sono le regole:

  • giochi di carte
  • partita di caccia, con la sua organizzazione minuziosa, la distribuzione gerarchizzata dei posti, il codice interno
  • il rapporto guardiacaccia e bracconiere, il diritto di sparare invocato dal marchese nel finale
  • le maniere a tavola discusse dai domestici
  • l'etichetta che regola i movimenti dei personaggi, gli spazi sociali, l'abbigliamento
  • i rituali dell'ospitalità

Il gioco[modifica | modifica wikitesto]

«La festa al castello è un gioco, ma un gioco la cui regola assurda consiste comunque nel morire d'amore. Roland Toutain, colpito in pieno da una scarica di pallettoni, rotola come il piccolo coniglio che abbiamo visto poco prima agonizzare di fronte agli agguati delle persone di società che giocavano ad uccidere senza correre alcun pericolo.»

Il teatro[modifica | modifica wikitesto]

Il teatro è un riferimento costante nel film. Molte battute alludono allo scambio vita-teatro.

Robert ad un certo punto esclama: "Corneille, basta con questa commedia!"

E Christine risponde ad Octave: "Ne ho abbastanza di questa farsa!"

Paradossalmente è nel corso della mascherata che la verità dei personaggi viene a galla. La società appare più finta del teatro, mentre il teatro rappresenta il sogno, il luogo dell'immaginario.[19]

La guerra[modifica | modifica wikitesto]

«È un film di guerra, eppure non viene fatta nemmeno un'allusione alla guerra.»

«Nel mondo chiuso ma tutt'altro che armonico de La regola del gioco, il rumore dei cannoni e degli spari costituisce una sorta di flusso quasi continuo, un Grund sonoro, l'immagine fuori campo di un evento in fieri (la guerra), non immediatamente visibile, ma che costituisce il terreno di gioco, per così dire, della messa in scena filmica di Renoir»

La partita di caccia costituisce l'immagine più chiara del pericolo sentito da tutti nel 1939. Scrive Francis Vanoye:

«Questa sequenza è una sorta di metonimia psicosociale, in quanto permette in effetti ai personaggi, nella finzione, di trasferire le loro pulsioni violente sulla selvaggina, ma essa diventa progressivamente, per la sua lunghezza e costruzione (si vedono sempre meno i cacciatori e sempre più le vittime), metafora degli effetti del desiderio di distruzione.»

Riferimenti all'attualità[modifica | modifica wikitesto]

  • Il diffondersi dell'antisemitismo: allusioni dei servi alle origini ebraiche del padrone di casa;
  • L'ascesa del nazismo in Germania: l'origine austriaca di Christine e dell'attrice che ne interpreta il personaggio, il suo trasferimento in Francia e l'occupazione tedesca dell'Austria; parlando dell'Alsazia Schumacher dice:

«Laggiù i bracconieri, i farabutti, i Marceau li sanno raddrizzare, un colpo di fucile, di notte, nel bosco e non se ne parla più.»

  • Il patto di Monaco siglato nel settembre 1938. Le parole dei testi cantati nella festa sembrano alludervi ironicamente.[20]

La morte[modifica | modifica wikitesto]

Il film si svolge sotto la minaccia della morte o della scomparsa:

  • l'incidente in automobile,
  • la partita di caccia e la morte dei conigli su cui la macchina da presa indugia a lungo,
  • il ricordo della scomparsa del padre di Christine,
  • le minacce di Schumacher,
  • la Danse macabre
  • gli attori mascherati da spettri.

Tutti però fanno finta di pensare ad altro.

In questa prospettiva le maschere, i travestimenti, gli automi, i Buddha, accostati ai personaggi, suggeriscono la loro incapacità di essere sinceri, il loro rifugiarsi nell'insensibilità, il loro progressivo assimilarsi all'oggetto.[21]

Influenza culturale[modifica | modifica wikitesto]

L'idea della festa, spesso notturna, durante la quale i personaggi si confrontano con la verità dei loro desideri e di quelli degli altri viene ripresa in[22]:

La partita di caccia invece in:

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Claude Beylie, I capolavori del cinema, pp. 124-125.
  2. ^ François Truffaut, I film della mia vita, p. 48
  3. ^ Un'analisi approfondita dei personaggi è presente nel saggio di Francis Vanoye (pp. 51-68) e in quello di Giorgio De Vincenti (pp. 95-98).
  4. ^ Francis Vanoye, La regola del gioco, pp. 27-33.
  5. ^ Analisi della sequenza di Arnaud Didelot
  6. ^ Giorgio De Vincenti, Il gioco della rimozione e l'immanenza del senso nel work in progress cinematografico di Jean Renoir, in AA.VV, L'interpretazione dei film (Dieci capolavori della storia del cinema), pp. 83-87.
  7. ^ Giorgio De Vincenti, Il gioco della rimozione e l'immanenza del senso nel work in progress cinematografico di Jean Renoir, p. 252-253.
  8. ^ Sandro Bernardi, L'avventura del cinematografo, p. 116.
  9. ^ Sandro Bernardi, L'avventura del cinematografo, p. 117.
  10. ^ Sandro Bernardi, L'avventura del cinematografo, Marsilio, Venezia 2007, pp. 116-118.
  11. ^ Claude Beylie, Jean Renoir: le Spectacle, la Vie, Paris, Filméditions "Cinéma d'Aujourd'hui", 1975, p.45.
  12. ^ Jean Renoir, La mia vita, i miei film, Marsilio, Venezia, 1992. P.144-147
  13. ^ Armand-Jean Cauliez, Jean Renoir, pp. 106 e ss.
  14. ^ Giorgio De Vincenti, Il gioco della rimozione e l'immanenza del senso nel work in progress cinematografico di Jean Renoir, p. 252.
  15. ^ Francis Vanoye, La regola del gioco, pp. 18-19.
  16. ^ Ma vie et mes films
  17. ^ François Truffaut, in André Bazin, Jean Renoir, p. 217.
  18. ^ Citazione di Chamfort
  19. ^ Francis Vanoye, La regola del gioco, pp. 73-77.
  20. ^ Francis Vanoye, La regola del gioco, pp. 69-73.
  21. ^ Francis Vanoye, La regola del gioco, pp. 81-84
  22. ^ Francis Vanoye, La regola del gioco, p. 47.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Scritti autobiografici di Jean Renoir[modifica | modifica wikitesto]

  • Jean Renoir, La mia vita, i miei film, Marsilio, Venezia 1992. ISBN 88-317-5419-X
  • (FR) Jean Renoir, Entretiens et propos, a cura di Jean Narboni, Janine Bazin e Claude Gauteur, Editions de l'Etoile/Cahiers du cinema, Paris 1979, riedizione Ramsay, Paris 1986.

Sceneggiatura del film[modifica | modifica wikitesto]

  • La règle du jeu, in L'Avant-Scène Cinéma, n. 52, ottobre 1965.
  • Olivier Curchod, Christopher Faulkner, Sceneggiatura di La règle du jeu, Paris 1999.

Opere italiane[modifica | modifica wikitesto]

  • Giorgio De Vincenti, Jean Renoir, la vita, i film, Marsilio, Venezia 1996. ISBN 88-317-5912-4
  • Giorgio De Vincenti, Il gioco della rimozione e l'immanenza del senso nel work in progress cinematografico di Jean Renoir, in AA. VV, L'interpretazione dei film (Dieci capolavori della storia del cinema), Marsilio, Venezia 2003. ISBN 88-317-8243-6
  • Daniele Dottorini, Jean Renoir. L'inquietudine del reale, Edizioni Fondazione Ente dello Spettacolo, novembre 2007. ISBN 978-88-85095-39-7
  • Guido Bezzola, Renoir, Visconti, Antonioni, “Cinema Nuovo”, n.18, 1º settembre 1953.
  • Paolo Mereghetti, Dizionario dei Film, Baldini-Castoldi, Milano 1993. ISBN 88-8598-897-0
  • Sandro Bernardi, L'avventura del cinematografo, Marsilio, Venezia 2007. ISBN 978-88-317-9297-4

Opere tradotte in italiano[modifica | modifica wikitesto]

  • Francis Vanoye, La regola del gioco, Lindau , Torino 1996, traduzione di Maria Biano de La règle du jeu, film de Jean Renoir, Etude critique de Francis Vanoye, Paris 1989. ISBN 978-88-7180-623-5
  • André Bazin, Jean Renoir, Paris, Champ Libre, 1971, curato e tradotto da Michele Bertolini, Mimesis Cinema, Milano-Udine 2012 ISBN 978-88-5750-736-1
  • François Truffaut, I film della mia vita, Marsilio, Venezia 1978 ISBN 88-317-8164-2
  • Claude Beylie, I capolavori del cinema, Vallardi, Milano 1990 ISBN 88-11-92332-8

Opere e saggi critici in francese[modifica | modifica wikitesto]

  • Armand-Jean Cauliez, Jean Renoir, Paris, Editions Universitaires, 1962
  • Pierre Leprohon, Jean Renoir, Seghers, Paris 1967 (riedizione 1981).
  • Claude Gauteur, Autour de 'La règle du jeu'. La 'règle du jeu' et la critique, in "La revue du cinéma", n. 282, mars 1974.
  • Claude Beylie, Jean Renoir: le Spectacle, la Vie, Paris, Filméditions “Cinéma d'Aujourd'hui”, 1975
  • Jacques Aumont e Jean-Louis Leutrat, L'espace et la matière, in "Théorie du film", Paris, Editions de l'Albatros, 1980, coll. "Ça/Cinéma", 9-20.
  • Daniel Serceau, Jean Renoir, le Jeu et la Règle, Denoel, Parigi, 1986
  • Roger Viry-Babel, Jean Renoir: Le Jeu et la règle, Paris, 1986.
  • Pierre Guislain, préfation de Jean Douchet, La règle du jeu. Jean Renoir, Paris, Hatier, 1990.

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