La paura fa 90

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La paura fa 90
Ugo Tognazzi in una scena del film
Lingua originaleitaliano
Paese di produzioneItalia
Anno1951
Durata90 min
Dati tecniciB/N
Generecomico
RegiaGiorgio Simonelli
SoggettoVittorio Metz, Marcello Marchesi
SceneggiaturaVittorio Metz, Marcello Marchesi, Mario Amendola, Alberto Vecchietti
ProduttoreAleandro Di Paolo
Casa di produzioneE.D.I.C.
Distribuzione in italianoE.D.I.C.
FotografiaTino Santoni
MontaggioNino Baragli
MusicheArmando Fragna
ScenografiaFlavio Mogherini
CostumiElio Costanzi
TruccoGiuseppe Annunziata
Interpreti e personaggi
Doppiatori italiani

La paura fa 90 è un film del 1951 diretto da Giorgio Simonelli.

L'idea del castello (abitato da un fantasma, o un vampiro o un mostro) invaso da una compagnia di attori o di ballerine (o da una troupe cinematografica, come accadeva nel fantasy-romantico Incanto di mezzanotte del 1940) non è certo originale e verrà ripresa successivamente da pellicole horror "serie", quali L'amante del vampiro, L'ultima preda del vampiro o Il boia scarlatto.

Trama[modifica | modifica wikitesto]

Un capitano dei moschettieri del re, un po' dongiovanni, il duca di Boffignac, è stato ucciso da un marito tradito, tale Champignon, e il suo fantasma vaga nel castello di colui che lo ha ucciso, condannato a restarvi fintanto non abbia vendicato la sua morte violenta, eliminando parimenti tutti i discendenti del suo carnefice. Albori anni '50: i componenti di una compagnia di rivista, attori, stelline e soubrettes, sono costretti a pernottare una notte, proprio in quel castello, ormai abbandonato, se si escludono i custodi Pinotto e Bargilio.

Fra di essi c'è Carlo Champignon, che non è altri che un discendente di colui che uccise Boffignac. L'attor comico della compagnia, Anastasio Lapin, avendo appreso la storia dello spettro di Boffignac, si traveste da moschettiere-fantasma e a mezzanotte compare, ma, casualmente, s'incontra proprio con l'autentico fantasma, e così, per lo spavento, sviene. Il fantasma viene accolto a cuscinate dalle attrici, giacché esse credono si tratti di Anastasio. Allora lo spettro si nasconde in un vecchio baule, suo abituale rifugio diurno. Quando la compagnia ritorna a casa, porta con sé per errore anche il baule.

Il fantasma compie alcuni prodigi in scena e viene persino scritturato dall'impresario. Alla fine, quando la soubrette - dopo aver tentato di uccidere, per gelosia, l'impresario - accusa ingiustamente Carletto, il fantasma ne prende generosamente le difese, dichiarando che la miglior vendetta è il perdono. Il gesto lo redime, e può finalmente salire al Cielo, con i suoi compagni moschettieri, che sono stati finora ad attenderlo.

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