La Fornarina

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Disambiguazione – Se stai cercando altri significati, vedi Fornarina.
La Fornarina
AutoreRaffaello Sanzio
Data1520 circa
Tecnicaolio su tavola
Dimensioni87×63 cm
UbicazioneGalleria nazionale d'arte antica, Roma

La Fornarina è un dipinto a olio su tavola (87x63 cm) di Raffaello Sanzio, databile al 1520 circa e conservato nella Galleria Nazionale d'Arte Antica di Palazzo Barberini a Roma. È firmato sul bracciale della donna: RAPHAEL VRBINAS.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Il dipinto con la sua cornice

Il dipinto, forse modificato da Giulio Romano, fu conservato da Raffaello nel proprio studio fino alla morte, giunta poco dopo il completamento dell'opera. Menzionato per la prima volta nella collezione di Caterina Nobili Sforza di Santa Fiora in una lettera del vice cancelliere Corasduz all'imperatore Rodolfo II del 1595, viene descritto come "una donna nuda ritratta dal vivo, mezza figura di Raffaele". Alla morte della contessa, nel 1605, raggiunge la collezione del genero Giovanni Buoncompagni, duca di Sora, dove è notato da Fabio Chigi che la definisce "non admodum speciosa". Fu acquistato poi dai Barberini ed è citato nei loro inventari a partire dal 1642. Negli anni sessanta-settanta del Novecento venne trasferito per alcuni anni alla Galleria Borghese[1].

L'identità della modella è controversa. Prevale tuttora l'identificazione con Margherita Luti, figlia di un fornaio di Trastevere in contrada Santa Dorotea, che sarebbe stata in quel periodo la donna amata da Raffaello e passata quindi alla storia col nome di "Fornarina".[2] È bene notare, tuttavia, che

«[i]l nome di fortuna con cui [il quadro] è stato battezzato non è attestato prima del diciottesimo secolo e deriva dalla didascalia aggiunta in calce a un'incisione degli anni settanta del Settecento»

Inoltre a inizio Ottocento quattro diversi ritratti erano noti come Fornarina: questo di Raffaello, la cosiddetta Fornarina della Tribuna degli Uffizi (oggi attribuita a Sebastiano del Piombo), la Dorotea dello stesso Sebastiano e una copia di quest'ultima sita in Verona[3].

Non è sicuramente documentabile, ma somiglianze nei lineamenti del volto (fisiognomica) hanno accreditato l'ipotesi che Raffaello abbia usato la stessa modella in varie opere, come il Trionfo di Galatea, La Velata o la Madonna Sistina[4]. La critica rimane oggi divisa, specie nel raffronto con La Velata e la Madonna Sistina. Ad esempio l'Acidini Luchinat parla in proposito di "gentile leggenda", affermando che "L'immagine si collega in realtà a una serie di bellezze muliebri ideali, raffigurate da Raffaello nell'arco della sua attività artistica"[5]. Tom Henry e Paul Joannides[6] ritengono che i due quadri - La Velata e La Fornarina - non possano essere dello stesso artista, foss'anche in momenti distinti del suo sviluppo stilistico.

(FR)

«Il y a des similitudes - petit menton, yeux bruns et nez assez long -, mais les yeux paraissent plus grands et les oreilles ont une autre forme. S'il s'agit de la même femme, sa nudité et son bracelet la rattachent directement à Vénus, incarnation de l'amour, et à Raphaël, mais les deux oeuvres sont si différentes qu'il nous paraît impossible d'y voir la main du même artiste, même à des dates différentes".»

(IT)

«"Ci sono delle somiglianze - mento piccolo, occhi castani e naso piuttosto lungo - ma gli occhi appaiono più grandi e le orecchie hanno una forma diversa. Se questa è la stessa donna, la nudità e il braccialetto la riportano direttamente a Venere, incarnazione dell'amore, e a Raffaello, ma le due opere sono così diverse che ci sembra impossibile vedervi la mano dello stesso artista, anche se in tempi diversi"»

Occorre, tuttavia, distinguere le due tesi: la prima, concerne la diversa identità del modello della Velata e della Fornarina; la seconda, concerne la diversa identità del pittore, Raffaello per la Velata e Giulio Romano per la Fornarina[7]. Sulle orme di Giovanni Morelli e, più tardi, di Konrad Oberhuber, la prima tesi sembra vincere l'adesione anche di chi propende per l'autografia della Fornarina. Sulla seconda tesi, invece, il dibattito rimane ancora molto aperto. Infatti, l'attribuzione del dipinto a Raffaello è oggetto di discussione sin dal 1799[8]. Sembra prevalere sin qui l'ipotesi che si tratti di un lavoro a più mani secondo la prassi della bottega romana di Raffaello[9]. In proposito, la critica è divisa sulla presenza di un intervento di Giulio Romano: alcuni critici enfatizzano il ruolo dell'allievo di Raffaello, mentre altri lo considerano marginale[10].

Un accurato studio di Giuliano Pisani ha mostrato come il termine “Fornarina” (usato nel 1772 dall’incisore Domenico Cunego) rimandi a una tradizione linguistica consolidata, attestata già in Anacreonte (VI a.C.) e in numerosi documenti letterari di età antica, medievale, rinascimentale e moderna, in cui “forno” e derivati (“fornaio”, “fornaia”, “infornare”, ecc.) indicano metaforicamente l’organo sessuale femminile e le pratiche connesse all'accoppiamento. La domanda corretta che ci si deve porre, secondo lo studioso, non è “chi sia” la Fornarina (domanda alla quale dovremmo rispondere semplicemente che è una modella, e non la figlia di un fornaio - in tal senso tutta la ricostruzione che porta a Margherita Luti è pura leggenda), ma quale sia il soggetto del dipinto, che cosa rappresenti. Pisani, attraverso opportuni confronti (in particolare con Tiziano, Amor sacro e Amor profano) ipotizza che Raffaello, sulla scorta di Marsilio Ficino e di Pietro Bembo, ritragga nella Fornarina la Venere celeste, l’amore che eleva gli spiriti alla ricerca della verità attraverso l’idea sublimata della bellezza, e che si distingue dall’altra Venere, quella terrestre, forza generatrice della natura, che guarda alla bellezza terrena e ha come fine la procreazione. Alla Fornarina corrisponderebbe in tal senso la Velata, identificata come Venere terrestre, sposa e madre[11].

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Dettaglio

Il ritratto, di discinta seminudità, doveva essere destinato a una collocazione privata, lontana da sguardi indiscreti. La donna è infatti ritratta a seno scoperto, coperta appena da un velo che regge al petto con la mano destra e da un manto rosso che copre le gambe. Ritratta di tre quarti verso sinistra, la donna guarda a destra, oltre lo spettatore, e il bracciale con la firma dell'artista che porta sul braccio sembra un suggello d'amore[4].

In testa porta un turbante fatto di una seta dorata a righe verdi e azzurre annodata tra i capelli, con una spilla composta di due pietre incastonate con perla pendente, non insolito nella moda dell'epoca. Il gioiello è già documentato nell'opera di Raffaello nel Ritratto di Maddalena Strozzi (1506 circa) e ne La Velata (1512-1518 circa). Il turbante si ritrova nella Sacra Famiglia di Francesco I (1518). Lo sfondo è costituito da un folto cespuglio di mirto, pianta dedicata a Venere.

L'effigie è di fresca immediatezza, con una sensualità dolce e rotonda, amplificata dalla luce diretta e fredda che proviene da sinistra, inondandola, e risaltata dallo sfondo scuro[4].

Analisi stilistica[modifica | modifica wikitesto]

Il dipinto, come hanno testimoniato gli esami radiografici, fu realizzato in due riprese: in un primo momento sullo sfondo, al posto del cespuglio di mirto sacro a Venere, appariva un paesaggio di ispirazione leonardesca. Pare infatti che il dipinto si rifacesse al modello perduto della Monna Vanna del pittore di Vinci[4]. La posa della mano destra sul seno richiama il gesto della Velata, tuttavia il disegno dell'orecchio differisce da quest'ultima mentre è piuttosto simile a quello della Maddalena che compare nella Estasi di Santa Cecilia (1515-1516 circa). Il diverso disegno dell'orecchio, messo in luce da Cecil Gould[12], pende a favore di chi refuta la tesi dell'identità tra il modello della Velata e quello della Fornarina. Il dibattito sull'autografia raffaellesca della Fornarina si incentra invece sulla disparità stilistica che si riscontra a prima vista tra il trattamento pittorico del capo della donna e quello del resto del suo corpo.

Retaggio[modifica | modifica wikitesto]

L'intrigante personaggio ha ispirato numerosi autori anche nel campo letterario e teatrale.

L'opera musicale contemporanea Raffaello e la leggenda della Fornarina scritta e composta da Giancarlo Acquisti è andata in scena nel 2011 con orchestra dal vivo al Teatro Argentina di Roma per la regia e le coreografie di Marcello Sindici; nel 2012 è stata eseguita in versione concerto ai Musei Capitolini in Campidoglio, e a maggio 2014, per due settimane, al Salone Margherita di Roma con un cast composto da Brunella Platania nel ruolo di Fornarina, Enrico D'Amore nel ruolo di Raffaello, e Mino Caprio nel ruolo del giornalista scrittore Shoping.

Nel 2017 Giovanni Montanaro si ispirò nel suo romanzo Guardami negli occhi edito da Feltrinelli allo storia tra l'artista e Margherita Luti, detta Ghita[13]. Nel 2020, in occasione del quinto anniversario dalla morte dell'artista è uscito il romanzo di Pierluigi Panza Un amore di Raffaello dedicato alla storia della Fornarina e alla Roma di Leone X.[1]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ De Vecchi, cit., pagg. 198-199. Brown; Oberhauser (cit.), pag.39
  2. ^ L'appellativo deriva dal romanesco "fornaro" corrispondente all'italiano "fornaio"
  3. ^ David Alan Brown; Konrad Oberhuber, cit., pag. 41 con rinvio alla traduzione italiana della monografia di Quatremère de Quincy curata da Francesco Longhena, Istoria della vita e delle opere di Raffaello Sanzio da Urbino, Milano, Sonzogno, 1829, pagg. 190-193 osservazioni del Longhena nella lunga nota a piè di pagina che comincia a pag. 191
  4. ^ a b c d Franzese, cit., pag. 134.
  5. ^ Acidini Luchinat, cit., pag. 28
  6. ^ Accademici britannici e commissari della mostra dedicata alla pittura degli ultimi anni del Raffaello, svoltasi presso il Prado (12 giugno - 16 settembre 2012) e il Louvre (11 ottobre 2012 - 14 gennaio 2013)
  7. ^ Tom Henry; Paul Joannides, cit., pag. 282
  8. ^ La Fornarina. Analisi di un dipinto/Attribuzione, su beniculturali.it. URL consultato il 20 febbraio 2013 (archiviato dall'url originale l'11 luglio 2013).
  9. ^ Campbell;Cole, cit., pagg. 393 e 656
  10. ^ Per un chiarimento dei termini della disputa è utile riferirsi a: Cecil Gould, Raphael versus Giulio Romano: the swing back, The Burlington Magazine, vol. CXXIV, n°953, August 1982, pagg. 479-487
  11. ^ https://www.academia.edu/27203961/Le_Veneri_di_Raffaello_Tra_Anacreonte_e_il_Magnifico_il_Sodoma_e_Tiziano_
  12. ^ Cecil Gould, cit., pag. 484
  13. ^ “Guardami negli occhi” di Giovanni Montanaro, su letture.org. URL consultato il 29 maggio 2019.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Cristina Acidini Luchinat, Raffaello, Sillabe, Livorno, 1999 ISBN 88-86392-99-0
  • Rosanna Barbiellini Amidei, Alia Englen, Lorenza Mochi Onori, Raphael Urbinas: il mito della Fornarina, Electa, Milano 1983
  • David Alan Brown; Konrad Oberhuber, Leonardo and Raphael in Rome, in: Sergio Bertelli; Gloria Ramakus (a cura di), Essays presented to Myron P. Gilmore. Volume II:History of Art.History of Music, Firenze, La Nuova Italia, 1978, pagg. 25-86.
  • Stephen J. Campbell; Michael W. Cole, A New History of Italian Renaissance Art, London, Thames & Hudson, 2012. ISBN 978-0-500-23886-8
  • Cecil Gould, Raphael versus Giulio Romano: the swing back, The Burlington Magazine, vol. CXXIV, n°953, August 1982, pagg. 479-487
  • Pierluigi De Vecchi, Raffaello, Rizzoli, Milano 1975.
  • Paolo Franzese, Raffaello, Mondadori Arte, Milano 2008. ISBN 978-88-370-6437-2
  • Tom Henry; Paul Joannides (dir.), Raphaël. Les dernières années, Musée du Louvre (11.10.2012-14.01.2013), Paris, Hazan, 2012 ISBN 978-88-89854-501
  • Lorenza Mochi Onori, La Fornarina di Raffaello, Skira, Milano 2002
  • Giuliano Pisani, Le Veneri di Raffaello (Tra Anacreonte e il Magnifico, il Sodoma e Tiziano), Studi di Storia dell'Arte 26, Ediart 2015, pp. 97-122.

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN182379281 · GND (DE4630533-6 · BNF (FRcb145266332 (data) · J9U (ENHE987007322048305171