L'ebreo

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L'ebreo
Lingua originaleitaliano
GenereMelodramma tragico
MusicaGiuseppe Apolloni
LibrettoAntonio Boni
(libretto online)
Fonti letterarieLeila o l'Assedio di Granata
di Edward Bulwer-Lytton
Attiun prologo, tre atti
Prima rappr.25 gennaio 1855 e 23 gennaio 1855
TeatroTeatro La Fenice, Venezia
Personaggi
  • Issàchar, ultimo della tribù di tal nome, ebreo (baritono)
  • Leila, figlia di Issàchar (soprano)
  • Boabdil-el-Chic re di Granata, moro (tenore)
  • Adèl-Muza, principe comandante dei mori (tenore)
  • Ferdinando, re di Aragona (basso)
  • Isabella, regina di Castiglia (soprano)
  • Gran Giudice del Tribunale Supremo spagnolo (tenore)
  • La real corte di Spagna, Giudici, Arcieri del supremo tribunale, Eremiti, Matrone velate, Guerrieri, Mori, Odalische, Schiavi, Ebrei, Famigliari di Issàchar.

L'ebreo è un'opera in un prologo e tre atti atti di Giuseppe Apolloni su libretto di Antonio Boni.

L'opera fu molto apprezzata per la musica di facile ascolto e venne rappresentata, nell'anno della prima a Venezia, anche a Roma e Napoli. Negli anni successivi ebbe rappresentazioni anche all'estero (Odessa, Costantinopoli e New York).[1] In tempi moderni, l'opera è stata riproposta, in occasione del centenario della morte dell'autore, al Teatro Chiabrera di Savona, il 29 e il 31 ottobre 1989.[2][3]

Trama[modifica | modifica wikitesto]

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Nel 1492, la città di Granata, su cui regna il moro Boabdil, è assediata da Ferdinando d'Aragona e Isabella di Castiglia. Boabdil si fida ciecamente di Issàchar, un ebreo che viene ritenuto mago e profeta ma di cui non è nota la vera origine. Issàchar, che nutre un profondo odio verso i mori, vuole far entrare in città gli assedianti, e per questo convince Boabdil che il capo dell'esercito, Adèl-Muza, lo vuole detronizzare. Boabdil, pur pensando che Adèl-Muza è innocente, dà ordine che venga incarcerato.

Atto I[modifica | modifica wikitesto]

Adèl-Muza è innamorato di Leila, senza sapere che questa è la figlia dello stesso Issàchar. Leila stessa ignora tutto del proprio passato. Adèl-Muza e Leila vengono sorpresi da Issàchar durante un colloquio amoroso: Adèl-Muza, non ancora incarcerato, fugge, ma viene riconosciuto da Issàchar, che si consola pensando che presto il moro sarà prigioniero nell'Alhambra. Issàchar chiede alla figlia di maledire i mori, ma la giovane esita e Issàchar si infuria.

Issàchar si reca all'accampamento spagnolo: intende consegnare Leila al re Ferdinando, come pegno che li aiuterà a conquistare Granata in cambio di impunità per gli ebrei. Ma Ferdinando non sta ai patti, e consegna Issàchar ai giudici dell'Inquisizione. Mentre Ferdinando e Isabella si dicono certi che Leila si convertirà alla fede cristiana, Issàchar riesce a fuggire e mette a fuoco le tende spagnole proclamandosi angelo sterminatore.

Atto II[modifica | modifica wikitesto]

Issàchar riesce a rientrare in Granata, dove Adèl-Muza è stato liberato e comanda nuovamente i mori, a fianco dei quali lo stesso Issàchar si accinge ora a combattere per difendere la città dagli spagnoli. Issàchar giura a Jehova di sacrificare la figlia Leila se gli sarà concessa la vittoria, e i mori si ripromettono di catturarla.

La vittoria però arride agli spagnoli, e Boabdil e i suoi sono costretti ad asserragliarsi nell'Alhambra. Adèl-Muza giunge in ambasciata da Ferdinando proponendogli una tregua, che viene rifiutata. Adèl-Muza sta per andarsene quando incontra Leila: le ricorda il loro amore, ma Leila, ormai quasi convertita, lo respinge. Adèl-Muza se ne va maledicendola.

Atto III[modifica | modifica wikitesto]

Si prepara il battesimo di Leila, che è trattenuta per un attimo dal ricordo di Adèl-Muza. Giungono sul luogo Issàchar, in veste lacera, e Adèl-Muza travestito da spagnolo, il primo per sottrarre la figlia alla fede cristiana, il secondo nella speranza di rivederla. I due si riconoscono e stanno per battersi, quando canti religiosi provengono dal tempio. Entrambi vi si precipitano, ma Issàchar è il più veloce e pugnala a morte Leila pur di non farle cambiare fede. Leila muore lanciando un ultimo dolce sguardo a Adèl-Muza. Issàchar viene catturato e condotto al rogo con Adèl-Muza, che è stato riconosciuto.

Struttura musicale[modifica | modifica wikitesto]

Prologo[modifica | modifica wikitesto]

  • N. 1 - Cavatina di Issàchar Salve, o luce dei credenti (Issàchar, Boabdil, Coro)

Atto I[modifica | modifica wikitesto]

  • N. 2 - Cavatina di Adèl-Muza Del Corano il sacro carme (Adèl-Muza, Leila)
  • N. 3 - Duetto fra Issàchar ed Leila Romito fior nel tramite
  • N. 4 - Finale I Dovrà per tale infamia (Coro, Issàchar, Leila, Ferdinando, Gran Giudice, Isabella)

Atto II[modifica | modifica wikitesto]

  • N. 5 - Aria di Issàchar Al tuo cenno m'inchino devoto (Issàchar, Coro)
  • N. 6 - Coro e Cavatina di Ferdinando Ogni lido, ogni spera, o Fernando - Fu iddio, che disse (Ferdinando, Isabella, Coro)
  • N. 7 - Finale II Ella è mia!! solo un accento (Adèl-Muza, Leila, Ferdinando, Isabella, Gran Giudice, Coro)

Atto III[modifica | modifica wikitesto]

  • N. 8 - Coro ed Aria di Leila Era travolta un'anima - Da quell'augusta soglia (Leila, Ferdinando, Isabella, Gran Giudice)
  • N. 9 - Aria di Adèl-Muza Meste d'incerto raggio
  • N. 10 - Finale III Vergin, che l'alma hai candida (Coro, Issàchar, Adèl-Muza, Leila, Ferdinando, Gran Giudice, Coro, Isabella)

Prima rappresentazione[modifica | modifica wikitesto]

Gli interpreti della prima rappresentazione furono:[4]

  • Issàchar: Giovanni Corsi
  • Leila: Marianna Barbieri-Nini
  • Boabdil-el-Chic: Felice Peranzoni
  • Adèl-Muza: Carlo Negrini
  • Ferdinando: Cesare Nanni
  • Isabella: Maria Luigia Morselli
  • Gran Giudice: Carlo Salvatore Poggiali
  • Direttore: Carlo Ercole Bosoni
  • Direttore della messa in scena: Francesco Maria Piave.

Discografia[modifica | modifica wikitesto]

Anno Cast (Issàchar, Leila, Adèl-Muza, Ferdinando, Isabella, Gran Giudice, Boabdil-el-chic) Direttore Etichetta
1989 Simone Alaimo, Fernanda Costa, Dino Di Domenico, Armando Caforio, Paola Bidinelli, Francesco Piccoli Massimo De Bernart Bongiovanni

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Piero Gelli (curatore), Dizionario dell'opera, Baldini & Castoldi, 1972, ISBN 88-8089-177-4. (accessibile online in myword.it[collegamento interrotto]).
  2. ^ Dopo 100 anni ecco l'«Ebreo», La Stampa, 29 ottobre 1989, pagina 10
  3. ^ Roberto Iovino, Apolloni, Verdi senza genio, La Stampa, 12 novembre 1989, pagina 8
  4. ^ almanacco di amadeusonline Archiviato il 15 marzo 2016 in Internet Archive. (consultato il 10 marzo 2012)

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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