Emanuele Filiberto Duca d'Aosta (incrociatore)

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Emanuele Filiberto Duca d'Aosta
Керчь (Kerč')
Incrociatore Duca d'Aosta
Descrizione generale
Tipoincrociatore leggero
ClasseCondottieri tipo Duca d'Aosta
Proprietà Regia Marina
Voenno-morskoj flot
CostruttoriOTO
CantiereOTO Livorno
Impostazione29 ottobre 1932
Varo22 aprile 1934
Completamento17 marzo 1935
Entrata in servizio: 13 luglio 1935
: 4 marzo 1949
Radiazione: 1949
: 20 febbraio 1959
Destino finaleceduto all'URSS il 2 marzo 1949 e smantellato nel 1961
Caratteristiche generali
Dislocamento10.057 t
10.540 t (pieno carico)
Lunghezza186,9 m
Larghezza17,5 m
Pescaggio6,5 m
Propulsionevapore:
Velocità36,5 nodi (67,6 km/h)
Autonomia3.900 miglia a 14 nodi
1.680t di nafta
Equipaggio27 ufficiali
551 sottufficiali e comuni
Armamento
Artiglieriaalla costruzione:
Siluri6 lanciasiluri da 533mm
(2 complessi tripli)
Altro2 lanciabombe di profondità
Corazzaturacintura: 100mm
orizzontale 30/35mm
verticale: 70mm
artiglierie: 90mm
torre comando: 100mm
Mezzi aerei2 × IMAM Ro.43
1catapulta brandeggiabile situata a centro nave
Note
MottoVictoria nobis vita
dati tratti da[1]
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L'Emanuele Filiberto Duca d'Aosta (detto anche semplicemente Duca d'Aosta) è stato un incrociatore leggero della Regia Marina, appartenente alla classe Condottieri tipo Duca d'Aosta.

Caratteristiche[modifica | modifica wikitesto]

La propulsione era a vapore con due gruppi turboriduttori tipo Belluzzo/Parsons alimentate dal vapore di sei caldaie a tubi d'acqua del tipo Yarrow/Regia Marina, con bruciatori a nafta, con surriscaldatori, in cui l'acqua fluiva attraverso tubi riscaldati esternamente dai gas di combustione, sfruttando così il calore sprigionato dai bruciatori, dalle pareti della caldaia e dei gas di scarico. Nel XX secolo questo tipo di caldaia diventò il modello standard per tutte le caldaie di grosse dimensioni, grazie anche all'impiego di acciai speciali in grado di sopportare temperature elevate e allo sviluppo di moderne tecniche di saldatura. L'apparato motore forniva una potenza massima di 100 000 CV e consentiva alla nave di raggiungere la velocità massima di quasi 37 nodi, con un'autonomia che ad una velocità media 14 nodi era di 3900 miglia.

Il profilo della nave

L'armamento principale[2] era costituito da otto cannoni da 152/53 A-1932 a culla singola e a caricamento semi-automatico[3] installati in quattro torrette binate sopraelevate, due a prora e due a poppavia del secondo fumaiolo.

L'armamento antiaereo principale era costituito da sei cannoni OTO da 100/47mm mod. 1927[4] in tre complessi binati, utili anche in compiti antinave, ma che con l'aumento della velocità dei velivoli e con le nuove forme di attacco in picchiata si mostrarono insufficienti alla difesa aerea e rivelavano una certa utilità solo nel tiro di sbarramento: per ovviare a tali inconvenienti venne approntato dalla Regia Marina il modello 90/50 mm A-1938[5] in un complesso singolo con affusto stabilizzato, che trovò impiego sulle Duilio ricostruite e sulle moderne classe Littorio ma non sulle Cavour ricostruite.

L'armamento antiaereo secondario era costituito da 8 mitragliere Hotchiss da 13,2/76 mm[6] in quattro impianti binati e otto mitragliere pesanti Breda 37/54 mm[7] montate in 4 impianti binati che si rivelarono particolarmente utili contro gli aerosiluranti e in generale contro i bersagli a bassa quota.

L'armamento silurante era di sei tubi lanciasiluri in 2 complessi tripli brandeggiabili che trovavano posto in coperta circa a metà distanza fra i due fumaioli; l'armamento antisommergibile era completato da due lanciabombe di profondità.

L'unità imbarcava due idrovolanti da ricognizione marittima IMAM Ro.43 biplani biposto capaci di raggiungere circa 300 km/h e con circa 1 000 km di autonomia,[8] che venivano lanciati da una catapulta, disposta a centro nave.

Nome[modifica | modifica wikitesto]

La nave fu battezzata con questo nome in onore di Emanuele Filiberto di Savoia Duca d'Aosta, generale del Regio Esercito, figlio del Re di Spagna Amedeo I e fratello del duca degli Abruzzi Luigi Amedeo di Savoia.

la cerimonia del varo dell'incrociatore a Livorno il 22 aprile 1934

Nel corso della prima guerra mondiale Emanuele Filiberto guidò la terza armata senza mai subire sconfitte guadagnandosi l'appellativo di Duca Invitto e al cui comando conquistò Gorizia nella sesta battaglia dell'Isonzo. Nel 1926 fu nominato Maresciallo d'Italia. Morì nel 1931 e per sua volontà venne sepolto tra i soldati nel Sacrario Militare di Redipuglia.

Il motto della nave era Victoria nobis vita (per noi vittoria è vita)[9] che era il motto del Duca Invitto, e nella Marina Militare sarebbe stato ereditato dall'incrociatore portaelicotteri Vittorio Veneto; nella nave erano presenti altre scritte, tra cui "ça costa lon ça costa! Viva l'Aosta!" (Costi quel che costi, Viva l'Aosta), motto del battaglione alpini Aosta.[10]

In precedenza nella Regia Marina a portare il nome Emanuele Filiberto era stata una nave da battaglia intitolata però ad Emanuele Filiberto di Savoia X Duca di Savoia e antenato di Emanuele Filiberto di Savoia-Aosta; la nave, in servizio dal giugno 1901 al febbraio 1920, ricevette la bandiera da combattimento a La Spezia il 10 aprile 1902 proprio dalle mani del Duca d'Aosta.[11]

Servizio[modifica | modifica wikitesto]

La nave venne impostata sugli scali il 29 ottobre 1932 nei cantieri OTO di Livorno, varata nel 1934 ed entrò in servizio nel 1935. Nel 1938 iniziò con la gemella Eugenio di Savoia una circumnavigazione del globo che venne interrotta dalla minaccia dello scoppio della seconda guerra mondiale mentre le due navi si trovavano in Sud America. La partenza prevista per il 1º settembre 1938 avvenne il 5 novembre dello stesso anno da Napoli, mentre il ritorno, che era previsto per il 25 luglio 1939, alla fine di gennaio del 1939 venne anticipato con il richiamo delle navi che il 3 marzo 1939 rientrarono alla Spezia.

I primi comandanti dell'unità furono i capitani di vascello Alberto Da Zara (dall'11 luglio 1935) e Carlo Balsamo di Specchia.

Attività bellica[modifica | modifica wikitesto]

Nel corso della seconda guerra mondiale svolse principalmente compiti di scorta a convogli e di deposizione di campi minati.

Il Duca d'Aosta in navigazione prima del conflitto

Allo scoppio del secondo conflitto mondiale l'unità era aggregata alla VII Divisione Incrociatori nell'ambito della II Squadra. La Divisione era completata dal Montecuccoli, dal Muzio Attendolo e dal gemello Eugenio di Savoia, nave insegna dell'ammiraglio Sansonetti.

Il 9 luglio 1940 prese parte alla battaglia di Punta Stilo, primo scontro durante il conflitto tra la Regia Marina e la Royal Navy.

Il 2 agosto 1941, dopo la conquista da parte dei tedeschi della Grecia e di Creta il Duca d'Aosta, con gli incrociatori Garibaldi e Duca degli Abruzzi ed i cacciatorpediniere Alpino, Bersagliere, Corazziere e Mitragliere venne dislocato a Navarino in Grecia per la protezione del traffico nel Mediterraneo Orientale da eventuali attacchi da parte di unità di superficie britanniche che potevano usufruire del porto di Haifa.

Il 17 dicembre 1941, prese parte alla scorta al convoglio M 42, costituito dalle motonavi Monginevro, Napoli e Vettor Pisani e dalla nave da carico tedesca Ankara; la missione di scorta culminò nella prima battaglia della Sirte.[12][13] La nave era tra le unità che costituivano la forza di copertura ravvicinata, insieme ai cacciatorpediniere Camicia Nera, Ascari e Aviere, alla nave da battaglia Duilio e alle unità della VII Divisione Incrociatori al completo, svolgendo il ruolo di nave insegna dell'ammiraglio De Courten.

Nel giugno 1942 prese parte alla battaglia di mezzo giugno[14] aggregato alla VIII Divisione Incrociatori, nell'occasione formata da Duca d'Aosta e Garibaldi. Le unità della VIII Divisione, al cui comando c'era l'ammiraglio De Courten, con insegna sul Duca d'Aosta, erano partite da Taranto con la I Squadra e bordo del Garibaldi e della corazzata Littorio erano presenti gruppi di intercettazione delle comunicazioni avversarie, mentre a bordo dell'incrociatore pesante Gorizia era presente personale tedesco per mantenere i contatti radio con la Luftwaffe. La formazione italiana era preceduta dal cacciatorpediniere Legionario, che era stato dotato di un radar Modello Fu.Mo 21/39 De.Te. di costruzione tedesca, divenendo così la prima unità italiana ad essere dotata di tale strumento.[15]

La nave in livrea mimetica durante il conflitto

Nell'agosto 1943 l'ammiraglio Fioravanzo che il precedente 14 marzo aveva assunto il comando della VIII Divisione ebbe il compito di bombardare Palermo, da qualche giorno in mano alle truppe alleate.

La missione iniziò la sera del 6 agosto 1943 quando l'ammiraglio, con la divisione formata dal Garibaldi e dal Duca d'Aosta, lasciò Genova per La Maddalena. La sera del giorno successivo la Divisione lasciò La Maddalena con obiettivo le navi alleate alla fonda dinanzi a Palermo. Il Garibaldi aveva però difficoltà con l'apparato motore per cui non poteva sviluppare più di 28 nodi di velocità ed inoltre nessuno dei due incrociatori aveva a disposizione il radar. Dopo l'avvistamento, da parte della ricognizione aerea, di navi sconosciute in rotta verso la Divisione, Fioravanzo, ritenendo che avrebbe dovuto scontrarsi con una forza navale avversaria in condizioni di netta inferiorità per non correre il rischio di perdere i due incrociatori, ma soprattutto la vita dei 1.500 uomini degli equipaggi, senza poter arrecare danni significativi all'avversario, rinunciò al compimento della missione rientrando a La Spezia alle 18:52 dell'8 agosto. Alle 17:00 del 9 agosto i due incrociatori lasciarono La Spezia diretti a Genova, scortati dai cacciatorpediniere Mitragliere, Carabiniere e Gioberti, al cui comando era, alla sua prima uscita in mare in tempo di guerra, il capitano di fregata Carlo Zampari e che nel corso di quella navigazione sarebbe stato l'ultimo cacciatorpediniere della Regia Marina ad essere affondato nel conflitto. La formazione, mentre procedeva nella navigazione con il Mitragliere in testa, i due incrociatori in linea di fila e Carabiniere e Gioberti , rispettivamente, a sinistra e a dritta degli incrociatori, a sud di Punta Mesco, tra Monterosso e Levanto, subì un agguato dal sommergibile inglese Simoon che lanciò sei siluri contro le unità italiane, due dei quali colpirono a poppa il Gioberti che, spezzato in due, affondò in breve tempo.[16]

Il Carabiniere rispose lanciando bombe di profondità che danneggiarono i tubi di lancio poppieri del battello inglese, dopodiché la formazione proseguì verso Genova, dove giunse in serata. Molti dei naufraghi del Gioberti furono recuperati da una squadriglia di MAS e da altri mezzi di soccorso usciti da La Spezia appena ricevuta la notizia della perdita dell'unità.

All'armistizio dell'8 settembre la nave si trovava a Genova, da dove partì insieme a Garibaldi e Duca degli Abruzzi e alla torpediniera Libra per ricongiungersi al gruppo navale proveniente da La Spezia guidato dall'ammiraglio Bergamini, per poi consegnarsi agli Alleati a Malta assieme alle altre unità navali italiane provenienti da Taranto. Il gruppo, dopo essersi riunito con le unità provenienti da La Spezia, per ottenere una omogeneità nelle caratteristiche degli incrociatori, il Duca d'Aosta passò dalla VIII alla VII Divisione, formata da Attilio Regolo, Montecuccoli ed Eugenio di Savoia, nave insegna dell'ammiraglio Oliva, sostituendo l’Attilio Regolo che entrò a far parte della VIII Divisione. Durante il trasferimento, la corazzata Roma, nave ammiraglia dell'ammiraglio Bergamini, affondò nel pomeriggio del 9 settembre al largo dell'Asinara centrata da una bomba Fritz X sganciata da un Dornier Do 217 della Luftwaffe. A prendere il comando della flotta diretta a Malta, dopo l'affondamento dalla Roma, fu l'ammiraglio Oliva, che adempì alla clausola armistiziale non rispettata dall'ammiraglio Bergamini, quella di innalzare il pennello nero del lutto sui pennoni ed i dischi neri disegnati sulle tolde[17]. Infatti Bergamini, quando era stato avvertito telefonicamente da De Courten dell'armistizio ormai imminente e delle relative clausole che riguardavano la flotta, era andato su tutte le furie[18] e solo successivamente aveva formalmente accettato gli ordini, con riluttanza e senza ottemperare a quella clausola: aveva lasciato gli ormeggi innalzando il gran pavese invece del pennello nero.

Durante questa parte del conflitto effettuò 24 missioni di guerra per un totale di 31.330 miglia.

Durante la cobelligeranza la nave, dopo avere effettuato ad ottobre 1943 piccoli lavori di manutenzione all'Arsenale di Taranto venne inviata in missioni di pattugliamento nell'Atlantico centrale, insieme al Garibaldi e al Duca degli Abruzzi, impiegata in azioni di pattugliamento contro le navi corsare tedesche dalla base di Freetown, svolgendo sette missioni tra novembre 1943 e febbraio 1944. Dopo ritorno in Italia nell'aprile 1944, venne impiegata solamente in missioni di trasporto. Dal settembre 1943 al maggio 1945 effettuò 55 missioni per un totale di 61.542 miglia.

Comandanti nel periodo bellico[modifica | modifica wikitesto]

  • Capitano di vascello Franco Rogadeo dal 6 settembre 1939 al 25 febbraio 1942;
  • Capitano di vascello Luciano Bigi dal 26 febbraio 1942 al 15 marzo 1943;
  • Capitano di vascello Temistocle D'Aloia dal 16 marzo 1943 al 17 aprile 1944;
  • Capitano di vascello Ludovico Sitta dal 18 aprile 1944 alla fine della guerra, nel 1945.

La cessione[modifica | modifica wikitesto]

Al termine del conflitto, in ottemperanza alle clausole del trattato di pace, il Duca d'Aosta venne ceduto all'Unione Sovietica come riparazione per i danni di guerra. Oltre al Duca d'Aosta i sovietici ottennero la nave da battaglia Giulio Cesare, la nave scuola Cristoforo Colombo, i cacciatorpediniere Artigliere e Fuciliere, le torpediniere classe Ciclone Animoso, Ardimentoso e Fortunale, e i sommergibili Nichelio e Marea, oltre al cacciatorpediniere Riboty, che non venne ritirato a causa della sua obsolescenza ed altro naviglio, quali MAS, motosiluranti, vedette, navi cisterna, motozattere da sbarco, una nave da trasporto e dodici rimorchiatori. Oltre al Riboty, una piccola parte della quota di naviglio destinata ai sovietici non venne ritirata a causa del pessimo stato di manutenzione e per queste unità i sovietici concordarono una compensazione economica.[19]

La nave nel 1948 a La Spezia durante i lavori di ripristino prima della consegna

Il trattato prevedeva che le navi destinate alla cessione fossero in condizione di operare e pertanto prima della cessione l'unità venne sottoposta ad alcuni lavori di ripristino, effettuati presso l'Arsenale di La Spezia.

La nave in attesa della cessione all'Unione Sovietica

La consegna delle navi ai sovietici sarebbe dovuto avvenire in tre fasi a partire da dicembre 1948 per concludersi nel giugno successivo. Le unità principali erano quelle del primo e del secondo gruppo. Del primo gruppo facevano parte il Cesare, l'Artigliere e i due sommergibili, mentre del secondo gruppo facevano parte il Duca d'Aosta, il Colombo e le torpediniere. Per tutte le navi la consegna sarebbe avvenuta nel porto di Odessa, ad eccezione della corazzata e dei due sommergibili la cui consegna era prevista nel porto albanese di Valona, in quanto la Convenzione di Montreux non consentiva il passaggio attraverso i Dardanelli di navi da battaglia e sommergibili appartenenti a stati privi di sbocchi sul Mar Nero.[19] Il trasferimento sarebbe dovuto avvenire con equipaggi civili italiani sotto il controllo di rappresentanti sovietici e con le navi battenti bandiera della Marina Mercantile, con le autorità governative italiane responsabili delle navi sino all'arrivo nei porti dove era prevista la consegna. Per prevenire possibili sabotaggi, le navi dei primi due gruppi sarebbero state condotte ai porti di destinazioni senza munizioni a bordo, che sarebbero state trasportate successivamente a destinazione con normali navi da carico, ad eccezione della corazzata, consegnata con 900 tonnellate di munizioni, che comprendevano anche 1100 colpi dei cannoni principali e l'intera dotazione di 32 siluri da 533mm dei due sommergibili.[19]

La nave, con la sigla 'Z 15',[20] fu consegnata alla Marina Sovietica, nel porto di Odessa, il 2 marzo 1949.

La bandiera di guerra dell'incrociatore conservata al sacrario delle bandiere del Vittoriano

Al comando dell'unità venne designato il capitano di 1º rango Semën Michailovič Lobov (cirillico: Семён Михайлович Лобов) che nel corso del secondo conflitto mondiale era stato prima comandante di cacciatorpediniere e poi di squadriglia in Estremo Oriente e successivamente, dopo aver lasciato il comando dell'incrociatore italiano, avrebbe comandato l'incrociatore Vorošilov e dal 1951 la nave da battaglia Sevastopol, per poi raggiungere nel 1970 il grado di ammiraglio di flotta, il secondo più alto grado della Marina Sovietica.[19]


L'Unione Sovietica, dopo la resa e l'uscita dall'Asse dell'Italia, già nel corso della Conferenza di Mosca, nell'incontro tra i ministri degli esteri delle tre principali potenze alleate, Eden, Hull e Molotov, aveva richiesto una consistente quota di naviglio militare e mercantile italiano in conto riparazione danni di guerra, ed aveva ribadito tale richiesta nell'incontro tra Stalin, Roosevelt e Churchill alla Conferenza di Teheran trovando l'appoggio del presidente statunitense. Ma in quel momento l'Italia era cobelligerante con gli Alleati, per cui non venne ritenuta opportuna la spartizione immediata della sua flotta, preferendo rimandare alla fine del conflitto la decisione sulla sua sorte[21]. In attesa di questo evento, i sovietici ricevettero alcune unità, a titolo di prestito, da statunitensi e britannici; tutte queste navi prestarono servizio nella Flotta del Nord e vennero restituite al termine del conflitto, tranne un cacciatorpediniere perso per cause belliche.[19][22] Tra le navi prestate dai britannici c'erano alcuni cacciatorpediniere della classe Town, tre battelli classe U e la vecchia corazzata Royal Sovereign, ribattezzata Archangel'sk durante il periodo trascorso sotto la bandiera sovietica. La nave più importante prestata dagli Stati Uniti fu l'incrociatore leggero Milwaukee, della classe Omaha, ribattezzato Murmansk dai sovietici e restituito il 16 marzo 1949 dopo la consegna del Duca d'Aosta.

Inizialmente, prima del trattato di pace era stato stabilito che l'incrociatore italiano avrebbe dovuto chiamarsi Stalingrad in ricordo della battaglia di Stalingrado, ma l'idea venne abbandonata per dare questo nome ad un futuro incrociatore da battaglia del Progetto 82 la cui realizzazione, andata molto a rilento, venne poi interrotta nella seconda metà degli anni cinquanta.

La bandiera di guerra dell'unità è conservata a Roma al Sacrario delle Bandiere del Vittoriano.

La nave, scartata l'ipotesi iniziale di essere ribattezzata Stalingrad, in attesa della consegna era stata prima ribattezzata Admiral Ušakov e poi Odessa, dopo essere entrata a far parte della Marina Sovietica ebbe il nome definitivo Kerč' (in russo: Керчь) ed inquadrata nella flotta del Mar Nero.[19] In nome della nave è dedicato alla città eroina di Kerč', un porto nella parte est della penisola di Crimea.

Il 7 febbraio 1956 la nave venne ritirata dal servizio attivo e impiegata come nave scuola fino all'11 maggio 1958, quando venne classificata unità sperimentale con la denominazione "OS 32".[19][23]

Il 20 febbraio 1959 la nave venne radiata ed avviata alla demolizione,[19] avvenuta nel 1961.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Emanuele Filiberto Duca d'Aosta, su marina.difesa.it. URL consultato il 28 giugno 2014.
  2. ^ Cannoni & Munizioni, su regiamarinaitaliana.it. URL consultato il 3-2-2008 (archiviato dall'url originale il 16 giugno 2014).
  3. ^ Italy 152 mm/53 (6") Models 1926 and 1929, su navweaps.com. URL consultato il 19 febbraio 2008.
  4. ^ Italy 100 mm/47 (3.9") Models 1924, 1927 and 1928
  5. ^ Italian 90 mm/50 (3.5") Model 1939, su navweaps.com. URL consultato il 19 febbraio 2008.
  6. ^ Italian 13.2 mm/75.7 (0.52") MG Model 1931, su navweaps.com. URL consultato il 19 febbraio 2008.
  7. ^ Italian 37 mm/54 (1.5") Models 1932, 1938 and 1939, su navweaps.com. URL consultato il 19 febbraio 2008.
  8. ^ L'aviazione Navale Italiana, su regiamarina.net. URL consultato il 24-10-2008 (archiviato dall'url originale il 24 marzo 2008). di Sebastiano Tringali
  9. ^ I motti delle navi italiane, Roma, Ufficio Storico della Marina Militare, 1962, p. 40.
  10. ^ Copia archiviata, su smalp.it. URL consultato il 20 settembre 2009 (archiviato dall'url originale il 23 marzo 2008). Il Battaglione Alpini "Aosta"
  11. ^ La Regia corazzata Emanuele Filiberto, su pietrocristini.com. URL consultato il 25-09-2009.
  12. ^ La I battaglia della Sirte, su regiamarinaitaliana.it. URL consultato il 19-03-2008 (archiviato dall'url originale il 12 settembre 2009).
  13. ^ La prima battaglia della Sirte, su regiamarina.net. URL consultato il 19-03-2008 (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2008).
  14. ^ La battaglia di mezzo giugno, su regiamarina.net. URL consultato il 15-12-2007 (archiviato dall'url originale il 21 settembre 2009).
  15. ^ La battaglia di mezzo giugno, su digilander.libero.it. URL consultato il 17-03-2008.
  16. ^ E. Bagnasco M. Brescia - Cacciatorpediniere classi “Freccia/Folgore”, “Maestrale” e “Oriani” - opera citata pagg. 126/127
  17. ^ Gianni Rocca - Fucilate gli ammiragli, pag. 309.
  18. ^ Gianni Rocca - Fucilate gli ammiragli, pag. 305.
  19. ^ a b c d e f g h Sergej Berežnoj, traduzione e annotazioni: Erminio Bagnasco, Navi italiane all'URSS, in Storia Militare, n. 23, agosto 1995, pp. 24-33, ISSN 1122-5289 (WC · ACNP).
  20. ^ Le navi che l'Italia dovette consegnare in base al trattato di pace nell'imminenza della consegna vennero contraddistinte da una sigla alfanumerica. Le navi destinate all'Unione Sovietica erano contraddistinte da due cifre decimali precedute dalla lettera 'Z': Cesare Z 11, Artigliere Z 12, Marea Z 13, Nichelio Z 14, Duca d'Aosta Z15, Animoso Z 16, Fortunale Z 17, Colombo Z 18, Ardimentoso Z 19, Fuciliere Z 20; le navi consegnate alla Francia erano contraddistinte dalla lettera iniziale del nome seguita da un numero: Eritrea E1, Oriani O3, Regolo R4, Scipione Africano S7; per le navi consegnate a Jugoslavia e Grecia, la sigla numerica era preceduta rispettivamente dalle lettere 'Y' e 'G': l'Eugenio di Savoia nell'imminenza della consegna alla Grecia ebbe la sigla G2. Stati Uniti e Gran Bretagna rinunciarono integralmente all'aliquota di naviglio loro assegnata, ma ne pretesero la demolizione - Erminio Bagnasco, La Marina Italiana. Quarant'anni in 250 immagini (1946-1987), in supplemento "Rivista Marittima", 1988, ISSN 0035-6984 (WC · ACNP).
  21. ^ Bertoldi Silvio, " e ora consegnate la flotta a Stalin ", in Corriere della Sera, 19 maggio 1994, p. 29. URL consultato il 4 maggio 2009 (archiviato dall'url originale il 13 settembre 2009).
  22. ^ La rivista Storia Militare n° 23 dell'agosto 1995, nell'articolo "Navi italiane all'URSS" (fonte citata), riporta che delle unità che i sovietici ricevettero in prestito andarono persi un cacciatorpediniere ed un sommergibile, ma in realtà tutti i sommergibili, i cui nomi originali erano Unbroken, Unison e Ursula, vennero restituiti agli inglesi, mentre ad andare perduto fu il solo cacciatorpediniere Dejatel'nyj, ex Churchill, affondato da un U-Boot tedesco il 16 gennaio 1945 mentre scortava un convoglio tra la penisola di Kola e il Mar Bianco
  23. ^ OS= Opytnoye Sudo

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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  • Robert Gardiner, Stephen Chumbley, All the World Fighting's Ships 1947-1995, a cura di by Naval Institute Press, Londra, Conway's Maritime Press Ltd., 1996, ISBN 1-55750-132-7.
  • James Joseph Colledge, Ben Warlow, Ships of the Royal Navy: the complete record of all fighting ships of the Royal Navy, Londra, Chatham, 2006, ISBN 978-1-86176-281-8.
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  • Giuseppe Fioravanzo, La Marina Italiana nella Seconda Guerra Mondiale. Vol. V: La Guerra nel Mediterraneo – Le azioni navali: dal 1º aprile 1941 all'8 settembre 1943, Roma, Ufficio Storico della Marina Militare, 1960.
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  • Raffaele De Courten, Le Memorie dell'Ammiraglio de Courten (1943-1946), Roma, Ufficio Storico della Marina Militare, 1993.
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  • Pier Paolo Bergamini, Le forze navali da battaglia e l'armistizio, in supplemento "Rivista Marittima", n. 1, gennaio 2002, ISSN 0035-6984 (WC · ACNP).
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  • Erminio Bagnasco, M. Brescia, Cacciatorpediniere classi “Freccia/Folgore”, “Maestrale” e “Oriani”, Parma, Albertelli, 1997.

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