Jacques Villon

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Jacques Villon (Blainville-Crevon, 18751963) è stato un pittore francese.

Marcel Duchamp, Jacques Villon, Raymond Duchamp-Villon nel giardino del Villon's studio, Puteaux, France, c.1913

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Fratello di Raymond Duchamp-Villon. Fu legato al movimento cubista. Vi aderì relativamente tardi, nel 1911 attraverso il fratello Raymond, a trentasei anni. «Prima si era dedicato all'incisione, aveva eseguito degli schizzi, ma la sua attività fondamentale era costituita dall'illustrazione di riviste, tra le quali L'Assiette au Beurre».[1]

Contestualizzazione internazionale[modifica | modifica wikitesto]

Questo rapporto tra arte e humour, arte e vignette di giornali, che nella stessa rivista francese vedeva coinvolti, tra altri, Kupka, Kees van Dongen o Caran d'Ache,[2] era lo stesso che ritroviamo nel Modernismo in Portogallo, dove c'erano artisti come Amadeo de Souza-Cardoso o Almada Negreiros che pubblicavano vignette su giornali e dove nel 1912 a Lisbona con la 1ª esposizione degli Umoristi Portoghesi «il pensiero moderno si afferma, non attraverso la pittura e la scultura in quanto arti di maggior statuto, ma attraverso il disegno che ancora si limita alle convenzioni proprie della caricatura e dell'umorismo».[3] Villon, come altri, «aderì al Cubismo senza conoscere direttamente né PicassoBraque e questo spiega forse il carattere particolare della sua opera».[1] Ancora la Pop art che contrasta con la visione egemone nell'arte degli anni Trenta e Quaranta del Novecento inaugurata nel Rinascimento, sarà ispirata alla grafica pubblicitaria e ai fumetti. In Francia Villon, insieme ad artisti quali Pierre Bonnard, Matisse, Picasso, Braque, si erano affermati come pittori moderni per il loro modo di interpretare gli oggetti, di variarli, deformarli in libertà, di situarli in spazi che la prospettiva tradizionale non prevedeva.[4]

L'opera di Villon si trova in importanti musei: Fine Arts Museums of San Francisco; Minneapolis Institute of Arts, Museum of Fine Arts, Boston; MOMA, New York City;, The University of Michigan Collection; The National Gallery of Art, Washington D.C.; The Art Gallery of New South Wales, Sydney, Australia; La Bibliothèque Nationale in Paris; and Musee Jenisch, Vevey, Switzerland. Si trova anche in importanti collezioni private: Joachim Collection of Chicago, the Vess Collection of Detroit, e la Ginestet Collection di Parigi.

Pittura in equilibrio tra natura e astrazione[modifica | modifica wikitesto]

Franco Russoli, sintetizzando lo stile di Jacques Villon in occasione della sua mostra che la Francia realizzò alla XXVIII Biennale di Venezia, corredando l'articolo con Il ponte di Beaugency, parlò di immagini realizzate seguendo un rigido schema cubista ed ebbe modo di scrivere: «Le sue immagini, figurate secondo un raffinatissimo schema cubista, vibrano e si stagliano in spazi cristallini, trasparenti di luci fredde, di nitidi, chiari, acidi colori. La sua pittura è un equilibrio».[5]

Mario De Micheli individuò una regola di base valevole per i pittori cubisti, tra i quali fa il nome di Villon, oltre le personali sfumature: «Il quadro sarà un fatto concreto. Avrà la sua indipendenza legittima come ogni creazione naturale o altro (...) non risvegliando più l'idea del paragone secondo la verosimiglianza».[6]

Riconoscimenti[modifica | modifica wikitesto]

Gran Premio alla XXVIII Biennale di Venezia del 1956.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Francesca R. Fratini, Il cubismo, Universale Cappelli, Bologna 1969, pp. 60 - 69.
  2. ^ Michel Melot, L'oeil qui rit. Le pouvoir comique des images, Fribourg (Suisse), Office du livre, 1975, p. 173.
  3. ^ Stefano De Rosa (curatore), Il modernismo in Portogallo 1910 - 1940. Arte e società nel tempo di Fernando Pessoa, Firenze, Leo S. Olschki, 1977, p. 83.
  4. ^ (FR) Joseph-Émile Muller, La fin de la peinture, in Collection Idéee, n. 455, Paris, Éditions Gallimard, 1982, pp. 9 - 53.
  5. ^ Franco Russoli, Mediocre la XXVIII Biennale di Venezia, in Le vie d'Italia, Anno LXII, n. 7, Milano, Touring Club Italiano, Luglio 1956, pp. 835 - 842.
  6. ^ Mario De Micheli, Le avanguardie artistiche del Novecento, in Universale Economica, n. 1029, Milano, Feltrinelli, 2002 © 1986, p. 219.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • George Heard Hamilton e William C. Agee, Raymond Duchamp-Villon, Walker and Company, New York, 1967.

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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