Irredentismo italiano

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Mappa delle regioni considerate italiane dagli irredentisti italiani nel 1918. Nella mappa non sono segnate la Savoia e Corfù, considerate terre irredente dal Fascismo

L'irredentismo italiano fu un movimento d'opinione, propugnato da diversi gruppi ed associazioni, a favore dell'integrazione nel Regno d'Italia di tutti i territori compresi nella regione geografica italiana o abitati da italiani, attivo principalmente in Italia tra la seconda metà del diciannovesimo secolo e la prima del secolo successivo.

Storia

Il movimento predicava l'irredentismo presso la popolazione italiana. Lo scopo principale era quello di portare i confini politici d'Italia a coincidere con quelli "naturali", dovunque vi fossero comunità italofone.

Secondo alcuni autori, le radici dell'irridentismo posso essere trovate già nella seconda metà del XVIII secolo, come conseguenza del tentativo francese di annettere -oltre alla Corsica- anche regioni italiane come il Piemonte e la Toscana durante l'Impero napoleonico[1].

Tuttavia è nella seconda metà del XIX secolo, sul finire del Risorgimento, che il fenomeno diventa rilevante; proprio in quel periodo nacquero infatti diversi movimenti che facevano propri gli ideali irredentisti: nel 1877 Matteo Renato Imbriani coniò il nuovo termine "terre irredente", e proprio nello stesso anne nacque l'Associazione in pro dell'Italia Irredenta; nel 1885 fu fondata la Pro Patria e nel 1891 nacque, nei territori ancora dell'Impero Austro-Ungarico la "Lega Nazionale Italiana". Le diverse associazioni vennero (in momenti diversi) prima tollerate, quindi avversate o addirittura chiuse dallo stato italiano (prima da Depretis e poi da Crispi), per motivi di opportunità di politica estera.

Nel 1882 Guglielmo Oberdan progettava un attentato a Francesco Giuseppe I d'Austria nel tentativo di far crollare il progetto della Triplice alleanza.

I vari movimenti irredentisti proponevano (pur se con diverse sfumature) l'annessione delle terre, considerate italiane, che dopo la terza guerra di indipendenza italiana del 1866 si trovavano ancora in mano straniera, quali in particolare il Trentino e Trieste, ma in seguito anche territori quali la Venezia Giulia, la Dalmazia, la Contea di Nizza, la Corsica e Malta o parte di altre realtà politiche come il Canton Ticino e le valli italofone del Canton Grigioni.

Storicamente vi sono stati due irredentismi italiani: uno risorgimentale ed uno fascista. Il primo era relativamente moderato e voleva l'unione al Regno d'Italia di tutti i territori con popolazione a maggioranza italiana rimasti fuori dall'unificazione nel 1870 (come ad esempio Trento ed il Trentino). Il secondo era aggressivo e portò -in parte- al disastro della seconda guerra mondiale.

Infatti dopo la prima guerra mondiale il movimento fu egemonizzato dal Fascismo, che ne fece uno strumento di propaganda nazionalista. Il Fascismo considerò irredente anche la Savoia e Corfù, anche se quasi prive di abitanti italofoni.

Il Monumento a Dante di Trento fu eretto come simbolo della cultura italiana quando il Trentino faceva ancora parte dell'Impero Austro-Ungarico

I territori considerati irredenti erano definiti tali secondo criteri variabili: a volte si considerava il criterio linguistico-culturale, ossia la presenza di italofoni, altre volte quello geografico, cioè l'appartenenza ai confini naturali, altre ancora quello storico, ossia l'appartenenza del territorio, in passato, a uno degli antichi stati italiani, ma non il criterio di tipo coloniale.

L'irredentismo, portato a livelli nazionalistici estremi, fu al centro della politica imperiale di Mussolini, concretizzandosi nelle aspirazioni fasciste per una Grande Italia col suo Impero; l'irredentismo risorgimentale, con l'avvento del Fascismo iniziò a diventare irredentismo nazionalista. Questo secondo irredentismo mirava ad annettere al Regno d'Italia ed italianizzare popolazioni con minoranze italiane talora anche esigue (come in Dalmazia) e si dimostrò fallimentare.

A tutt'oggi, in seguito alla cessione di quasi tutta la Venezia Giulia all'ex Jugoslavia, l'irredentismo italiano non ha, per alcuni, ancora completato il suo programma. In generale il governo italiano dal secondo dopoguerra ha cessato del tutto la politica irredentistica, considerando come sacri ed inviolabili i propri confini nazionali dopo il Trattato di Parigi del 1947.

Attualmente quasi solo i movimenti di estrema destra propugnano l'irredentismo come rivendicazione territoriale, però si sta facendo gradualmente strada una scoperta culturale dei territori una volta irredenti, in particolare della Venezia Giulia e della Dalmazia. Alcuni ambiti culturali pertanto sostengono un irredentismo "culturale", cioè di difesa della lingua e della cultura italiana oltre i confini politici attuali[senza fonte], pensiero certamente più accettato di quello territoriale.

Una politica di questo genere è seguita ad esempio dalla Francia che tende a salvaguardare la lingua e la cultura francesi in Canada, Valle d'Aosta e nelle ex colonie francesi e belghe. Anche la Spagna opera per valorizzare la Hispanidad nelle ex colonie.

Le popolazioni italiane dell'Italia irredenta

Vennero portate, come argomentazioni a supporto delle tesi irredentiste di rivendicazione, diversi punti, come l'appartenenza geografica di quelle terre alla Penisola italiana o la presenza di più o meno numerose comunità di Italiani o italofoni.

Agli inizi del Novecento la situazione delle terre irredente era la seguente:[2]

Attualmente, gli italofoni sono aumentati nella Contea di Nizza (principalmente per immigrazione), sono rimasti invariati nel Canton Ticino, hanno conosciuto una leggera flessione nei Grigioni, mentre sono diminuiti a Malta (per effetto dell'assorbimento della cultura italiana a quella più propriamente maltese) e in Venezia Giulia e Dalmazia (per effetto dell'esodo istriano).

Riguardo alla Corsica, la lingua italiana è compresa dalla quasi totalità della popolazione, ma viene usata molto marginalmente, di contro vi è una più larga concessione sull'utilizzo ufficiale del corso, che si considera a tutti gli effetti un dialetto italiano.

Infine, riguardo alle isole Ionie, le ultime tracce del dialetto veneziano locale -specialmente a Corfu- sono scomparse negli anni Sessanta (comunque vi resta marginalmente l'uso dell'Italkian, un linguaggio ebreo con molti termini veneti e pugliesi).

Note

  1. ^ Vivante, Angelo. Irredentismo adriatico Capitolo primo
  2. ^ Vignoli, Giulio. Gli Italiani dimenticati. Minoranze italiane in Europa

Bibliografia

  • Banti, Alberto. Il Risorgimento italiano. Laterza. Roma, 2004
  • Bartoli, Matteo. Le parlate italiane della Venezia Giulia e della Dalmazia. Tipografia italo-orientale. Grottaferrata, 1919.
  • Colonel von Haymerle, Italicae res, Vienna, 1879 - The early history of Irredentists.
  • Lovrovici, don Giovanni Eleuterio. Zara dai bombardamenti all'esodo (1943-1947). Tipografia Santa Lucia - Marino. Roma, 1974.
  • Lunzer Renate, Irredenti redenti, intellettuali giuliani del '900, Lint Editoriale Trieste 2009, ISBN 978-88-8190-250-7
  • Vivante, Angelo. Irredentismo adriatico (The Adriatic Irredentism), 1984
  • Vignoli, Giulio. I territori italofoni non appartenenti alla Repubblica Italiana, Giuffrè, Milano, 1995
  • Vignoli, Giulio. Gli Italiani dimenticati. Minoranze italiane in Europa, Giuffrè, Milano, 2000
  • Zaffiri, Gabriele. L'Impero che Mussolini sognava per l'Italia, The Boopen editore, Pozzuoli (Napoli), ottobre 2008

Voci correlate

Collegamenti esterni