Industria e letteratura

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

Tra industria e letteratura italiana nacque un nuovo rapporto tra gli anni cinquanta e sessanta del Novecento, durante il cosiddetto boom economico italiano. La nuova rivoluzione industriale, con tutte le problematiche che essa implicava in termini di vita sociale e personale (rapporto uomo-macchina), non poteva che influire anche sulla vita culturale e sulla produzione letteraria. Ne derivò una crisi che, da un lato colpiva il ruolo sociale dell'intellettuale (impegnato, come allora si diceva), dall'altro veniva a intrecciarsi con la situazione del sud, arretrata e ricca di delicati risvolti umani. Risultavano così alterati e complicati, tra l'altro, anche i termini della secolare questione meridionale.[1] Fiorì dunque in quegli anni un filone letterario chiaramente riconducibile alla complessa realtà industriale italiana.

Letteratura "industriale"[modifica | modifica wikitesto]

Il motivo della fabbrica stimolò numerosi scrittori italiani, anche di spicco nel panorama letterario del Novecento, ma solo per alcuni di essi quel motivo fu dominante nella loro produzione e sfociò in una vera ricerca interpretativa e di linguaggio.

Elio Vittorini, fondatore con Italo Calvino del Menabò di letteratura, fu uno dei primi a cogliere la complessità del rapporto tra industria e letteratura.[2] Nella rappresentazione narrativa la fabbrica fu vista all'inizio come un mondo alienante che generava operai-automi in preda alla nevrosi.[3] Fu lo stesso Vittorini ad auspicare la nascita di un nuovo linguaggio che fosse in grado di rappresentare la società industriale e il mondo della fabbrica in modo adeguato, partecipe e solidale.

Non pochi intellettuali furono chiamati a collaborare nell'azienda di macchine per scrivere presieduta da Adriano Olivetti. Questo imprenditore sostenne con passione una nuova idea di fabbrica moderna, sensibile ai bisogni dell'uomo e aperta a un concreto impegno sociale e culturale.[4] Ottiero Ottieri e Paolo Volponi, con la loro scrittura sospesa tra narrativa e saggistica, tra documento asettico e coinvolgimento umano, furono tra i principali interpreti di quelle nuove istanze letterarie.[5]

L'esperienza di Ottieri[modifica | modifica wikitesto]

Ottiero Ottieri si occupò del personale della Olivetti dal 1952 al 1965. Il suo primo contributo alla letteratura industriale fu il romanzo Tempi stretti (1957), nel quale diede veste narrativa alla trasformazione della realtà industriale a Milano. Fu poi trasferito a Pozzuoli presso il nuovo stabilimento dell'azienda, «una delle più belle fabbriche d'Europa», come l'autore annotò nella Premessa al nuovo libro che già stava scrivendo.[6] Qui Ottieri si lasciò coinvolgere - dapprima suo malgrado, poi sempre più consapevolmente - da una realtà socio-economica e soprattutto umana, che mise in crisi le sue precedenti convinzioni. Scrisse allora la sua opera più nota e significativa: Donnarumma all'assalto (1959). È un sofferto diario scritto da chi ha l'incarico di selezionare i pochi operai che entreranno in quella fabbrica. Matura così la consapevolezza che la condizione operaia nel nostro Mezzogiorno è quanto mai complessa e difficile da rappresentare con i canoni della letteratura industriale. Perciò la conclusione del libro è apertamente nostalgica e commossa.

Memoriale di Volponi[modifica | modifica wikitesto]

Su un altro versante dello stesso filone letterario si colloca Paolo Volponi, il quale «ha saputo obiettivare la condizione tipica dell'uomo nell'età industriale».[7] Fu assunto anche lui dalla Olivetti come direttore dei servizi sociali nel 1956. Nel 1962 pubblicherà il Memoriale incentrato sulla contrapposizione operai-imprenditori negli anni sessanta. Il protagonista dell'opera è Albino Saluggia, contadino assunto in una grande fabbrica di Ivrea. Il personaggio paranoico riesce a cogliere l'essenza della realtà della fabbrica che dietro una facciata razionale e democratica sembra nascondere un sistema di produzione alienante che trasforma gli operai in appendici della macchina. Questo romanzo è stato definito «una delle opere narrative più significative di questi anni: attraverso la descrizione della nevrosi di un operaio (...) ha saputo obiettivare la condizione tipica dell'uomo nell'età industriale».[8]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Giuseppe Iadanza, L'esperienza meridionalistica di Ottieri con Appendice sulla questione meridionale, Bulzoni, Roma 1976.
  2. ^ Il primo numero di questa rivista edita da Einaudi uscì nel giugno del 1959.. Fu però il numero 4, del settembre 1961, a raccogliere le riflessioni più significative sulla incidenza della vita di fabbrica nei confronti della letteratura, e non solo come tematica emergente.
  3. ^ Cfr. ad esempio Ottieri di Tempi stretti (1957).
  4. ^ Per testimonianze su Adriano Olivetti e sul movimento "Comunità" si rinvia alla sezione Bibliografia.
  5. ^ Per un completo profilo critico di questi due autori (segnalati qui a titolo esemplificativo, per la particolare attenzione rivolta alla tematica industriale), Cfr., per Ottieri: Giacinto Spagnoletti, in Letteratura italiana - I Contemporanei, volume sesto, Milano, Marzorati, 1974, pp. 1603-1624; per Volponi: Enzo Siciliano, Op. cit., pp1589-1601.
  6. ^ Donnarumma all'assalto, dopo critiche e riserve, fu pubblicato da Bompiani nel 1959 col pieno benestare di Adriano Olivetti.
  7. ^ Giorgio Bàrberi Squarotti, Volponi, Paolo, in Grande dizionario enciclopedico, prima Appendice (1964), Torino, UTET, 1965,, p. 1028.
  8. ^ Giorgio Bàrberi Squarotti, op. cit., ivi.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Ottiero Ottieri, Tempi stretti, Einaudi, Torino 1957.
  • Luigi Davì, Gymkhana-cross, Torino, Einaudi, 1957.
  • Ottiero Ottieri, Donnarumma all'assalto, Bompiani, Milano 1959.
  • Luciano Bianciardi, La vita agra, Rizzoli, Milano 1962.
  • Paolo Volponi, Memoriale, Einaudi, Torino 1962.
  • Ottiero Ottieri, La linea gotica - Taccuino industriale, Bompiani, Milano 1963.
  • Paolo Volponi, La macchina mondiale, Einaudi, Torino 1965.
  • Italo Calvino, Vittorini - Progettazione e letteratura, Milano, All'insegna del pesce d'oro, 1964.
  • Romano Bilenchi, Il capofabbrica, Vallecchi, Firenze 1972.
  • Roberto Tessari, Il mito della macchina, Mursia, Milano 1973.
  • Paolo Volponi, Corporale, Einaudi, Torino 1974.
  • Giacinto Spagnoletti, Ottiero Ottieri, in Letteratura italiana - I Contemporanei, volume sesto, Milano, Marzorati, 1974.
  • Enzo Siciliano, Paolo Volponi, in Letteratura italiana - I Contemporanei, volume sesto, Milano, Marzorati, 1974.
  • Giuseppe Iadanza, L'esperienza meridionalistica di Ottieri, Bulzoni, Roma 1976.
  • Primo Levi, La chiave a stella, Einaudi, Torino 1979.
  • Geno Pampaloni, Adriano Olivetti: un'idea di democrazia, Milano, All'insegna del pesce d'oro, 1968
  • Elisabetta Chicco Vitzizzai (a cura di), Scrittori e industria, Paravia, Torino 1982.
  • Francesca Giuntella e Angelo Zucconi (a cura di), Fabbrica, comunità, democrazia: testimonianze su Adriano Olivetti e il movimento Comunità, Fondazione Olivetti, Roma 1984.
  • Umberto Casari, Letteratura e società industriale italiana negli anni Sessanta del Novecento, Giuffrè, Milano 2001.
  • Giorgio Bigetti e Giuseppe Lupo (a cura di), Fabbrica di carta. I libri che raccontano l'Italia industriale, Laterza, Bari 2013.
  • Lucio Mastronardi con la trilogia di vigevano (il calzolaio,il meridionale e il maestro di vigevano)

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

  • Raoul Bruni, Letteratura industriale, su minimaetmoralia.it, minima&moralia, un blog di approfondimento culturale, 18 luglio 2013. URL consultato il 24 luglio 2014 (archiviato dall'url originale il 24 settembre 2014).