Indulgenza

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L'indulgenza, secondo la dottrina cattolica, è la cancellazione della pena temporale (o di parte di essa) che scaturisce dal peccato commesso dal fedele ma già perdonato davanti a Dio per quanto riguarda la colpa. L'indulgenza viene concessa dalla Chiesa, in quanto custode della redenzione, al fedele sinceramente pentito ed a determinate condizioni.

Evoluzione del concetto di indulgenza[modifica | modifica wikitesto]

Fondamenti biblici[modifica | modifica wikitesto]

Gli insegnamenti sulla pratica dell'indulgenza hanno radici nella teologia cattolica e nella tradizione della Chiesa. Tuttavia, mentre il concetto di indulgenza non è specificamente menzionato nella Bibbia in modo esplicito, ci sono alcuni passaggi che hanno contribuito a sviluppare questa pratica. Ecco alcuni fondamenti biblici spesso citati:

  • Matteo racconta che Gesù dà a Pietro le "chiavi del regno dei cieli" e il potere di "legare e sciogliere" sia in cielo che sulla terra. Questo è interpretato come un riferimento all'autorità della Chiesa di dispensare il perdono e la remissione dei peccati.
« A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli". »   (Matteo 16,19[1])
  • Secondo Giovanni, Gesù conferisce ai suoi discepoli il potere di perdonare i peccati. Anche questo può essere interpretato come un'indicazione del ruolo della Chiesa nell'amministrare il perdono e la remissione dei peccati.
« Gesù disse loro di nuovo: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi". Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: "Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi". »   (Giovanni 20,19:23[2])

L'indulgenza nelle prime comunità cristiane[modifica | modifica wikitesto]

Nelle prime comunità cristiane, il concetto di indulgenza come è inteso oggi dalla Chiesa cattolica non era ancora sviluppato. Vi erano insegnamenti e pratiche correlate alla remissione dei peccati e alla ricerca del perdono divino.

Il perdono dei peccati e la riconciliazione con Dio erano considerati elementi centrali della fede. I credenti erano chiamati al pentimento e alla confessione, confidando nella misericordia di Dio e nella grazia salvifica di Gesù Cristo. Questa comprensione si basava sugli insegnamenti di Gesù stesso, che predicava il pentimento e la necessità di perdonarsi a vicenda.

Il battesimo era praticato come un atto di conversione e perdono, un mezzo attraverso il quale il peccato originale veniva cancellato e il credente veniva iniziato nella comunità dei fedeli.

Tuttavia non vi sono prove che indichino l'esistenza di pratiche indulgenziali specifiche o di una concezione di indulgenza come remissione delle pene temporali. L'idea di remissione delle pene temporali attraverso opere soddisfattorie o la concessione di indulgenze si sviluppò successivamente nel cristianesimo medievale, con la crescita dell'autorità ecclesiastica e delle pratiche penitenziali.

Colpe e meriti: il tesoro della Chiesa[modifica | modifica wikitesto]

Successivamente si iniziò ad alleggerire il carico della penitenza per i peccati confessati, o in quanto a gravosità o in quanto a lunghezza, chiedendo al peccatore di compiere un'opera meritevole, come un pellegrinaggio, la visita ad un luogo santo, o altre opere di mortificazione come digiunare o dormire su un letto di ortiche.[3] Nell'XI secolo i papi e vescovi iniziarono a rimettere una parte della pena temporale indistintamente a tutti coloro che avessero compiuto un'opera meritoria come la visita ad un monastero appena consacrato o un'elemosina ai poveri.[3]

L'opera sarebbe servita a educare il peccatore a una maggior santità o a riparare le conseguenze pratiche e sociali del suo peccato: a un ladro, per esempio, si chiedeva di restituire la refurtiva o di fare una donazione in beneficenza. La pena alleviata, invece, sarebbe stata ripagata a Dio attingendo al cosiddetto tesoro della Chiesa, che la Chiesa stessa definisce come il

«valore infinito ed inesauribile che presso Dio hanno le espiazioni ed i meriti di Cristo Signore... appartiene inoltre a questo tesoro il valore veramente immenso, incommensurabile e sempre nuovo che presso Dio hanno le preghiere e le buone opere della beata Vergine Maria e di tutti i santi

Questi meriti, in forza della "comunione dei santi", sono considerati capaci di supplire all'esiguità di quelli del peccatore contrito, proprio in virtù dell'amore verso chi, sulla terra, ancora si trova a sperimentare la caduta di fronte alle tentazioni. Opere considerate particolarmente importanti come la partecipazione a una crociata meritavano la remissione totale della penitenza, che i papi accordarono largamente.

Nel 1300 papa Bonifacio VIII indisse il primo Giubileo.[3] Sul modello della Perdonanza (istituita ad Aquila da papa Celestino V solo sei anni prima), venne offerta l'indulgenza ai pellegrini che si fossero recati a Roma e avessero visitato le basiliche papali. Altre opere di minore importanza meritavano uno "sconto" di purgatorio quantificato in anni o in giorni,[3] prassi che rimase in vigore fino al 1967, ricondotta ad alcuni passi biblici (un anno per un giorno: Numeri 14,34 e Ez 4,4-6); papa Paolo VI, nella costituzione apostolica Indulgentiarum doctrina abolì tale quantificazione, lasciando solo la distinzione fra indulgenza plenaria e parziale e fissando nuove norme (semplificatrici) in materia. Esse, in estrema sintesi, mettono in relazione l'indulgenza concessa dalla Chiesa con l'azione del fedele e con il fervore con cui egli si dispone alla conversione, cioè al radicale cambiamento di vita richiesto dal Vangelo e attuato per la grazia del Battesimo.

Lo scandalo della vendita delle indulgenze[modifica | modifica wikitesto]

François Marius Granet, Una contadina compra un'indulgenza (1825)

Nei secoli dal XIV al XVI l'uso delle indulgenze si era diffuso moltissimo e si introdusse la possibilità di ottenerle con un'offerta in denaro, detta oblatio, per supportare opere che stessero a cuore della Chiesa stessa. A mano a mano che la pratica delle indulgenze si diffuse, numerose chiese o opere di apostolato o di carità (ospizi, scuole, ospedali) vennero pagati e mantenuti grazie al denaro offerto e la Chiesa si trovò a beneficiarne notevolmente. Da un lato il penitente era solito fare un'offerta in denaro quando otteneva un'indulgenza, dall'altro l'indulgenza stessa consisteva spesso in una donazione per un'opera della Chiesa come un monastero, un'opera d'arte per una chiesa, e così via. È facile comprendere come l'intento iniziale di venire incontro alle esigenze del peccatore pentito iniziasse a pervertirsi, in alcuni casi, in puro e semplice commercio. Si diffuse, inoltre, il fenomeno della questua, cioè la richiesta di denaro per ottenere un'indulgenza, denaro che veniva raccolto dai quaestores mandati da vescovi, conventi, chiese e organismi vari. Il popolo, inoltre, non era sufficientemente preparato e istruito da comprendere la distinzione tra colpa e pena e si diffuse l'idea che l'indulgenza cancellasse non solo la pena temporale, ma anche la colpa, cioè il peccato vero e proprio: il pentimento diventava meno necessario e la stessa necessità di porsi con umiltà davanti a Dio si appiattiva, perdendo i suoi contorni.

La pratica dell'indulgenza aveva perso molto del suo valore primitivo e assunto una notevole meccanicizzazione e, considerati gli ingenti quantitativi di denaro che ne derivavano, aumentò consistentemente il numero degli abusi riducendo la questione ad un vero e proprio commercio con vere e proprie tariffe. Lo scandalo crebbe a proporzioni allarmanti quando cominciarono a circolare scritti papali e vescovili falsi che avevano l'intento di ricavare maggior denaro dichiarando questa o quella nuova indulgenza o che diffondevano puri e semplici errori teologici. Si toccò il vertice del problema quando principi e notabili pretesero di avere una parte dalle indulgenze raccolte poiché racimolate nei loro territori. La pratica dell'indulgenza aveva anche assunto una forte connotazione di obbligo sociale, poiché l'uso era tanto endemico che chi vi si sottraeva appariva come un cattivo cristiano, un peccatore incallito che non avesse umiltà sufficiente a comprendere di dover espiare le sue colpe. Poiché, inoltre, tutti peccavano, tutti dovevano partecipare e la pratica metteva in ombra le altre vie di penitenza e di santificazione. Andava così persa ogni spontaneità e il valore di crescita morale della pratica stessa.

Anche Michelangelo Buonarroti fu uno dei tanti accusatori della degradazione nella pratica dell'indulgenza, sulla quale scrisse pure un sonetto:

«Qua si fa elmi di calici e spade
e 'l sangue di Cristo si vend'a giumelle,
e croce e spine son lance e rotelle,
e pur da Cristo pazïenzia cade.
Ma non ci arrivi più 'n queste contrade,
ché n'andre' 'l sangue suo 'nsin alle stelle,
poscia c'a Roma gli vendon la pelle,
e ècci d'ogni ben chiuso le strade.
S'i' ebbi ma' voglia a perder tesauro,
per ciò che qua opra da me è partita,
può quel nel manto che Medusa in Mauro;
ma se alto in cielo è povertà gradita,
qual fia di nostro stato il gran restauro,
s'un altro segno ammorza l'altra vita?»

La reazione della riforma protestante[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Riforma protestante.
Lucas Cranach il Vecchio, Martin Lutero (dopo il 1529); olio su tela, 73x54 cm, Chiesa di Sant'Anna, Augusta

Il Papato era conscio dello scandalo e cercò in diverse occasioni di porre un argine al problema, sia prima[4] che dopo[5] la denuncia dell'allora monaco agostiniano Martin Lutero (1515), ma le misure prese non furono sufficienti ad evitare uno strappo irrimediabile: lo Scisma Protestante. Se l'abuso delle indulgenze, infatti, non fu né il solo né il principale motivo a generarlo, fu senza dubbio un elemento scatenante in un periodo di estrema tensione tra le diverse parti e aggravò le divergenze esistenti.[6] Il Concilio di Trento cercò di mettere ordine emanando il decreto De indulgentiis, che riassumeva la dottrina cattolica riguardo le indulgenze e imponeva di usare moderazione e di evitare "ogni turpe lucro" circa tale materia.[3]

Dopo il concilio di Trento[modifica | modifica wikitesto]

La pratica delle indulgenze fu inquadrata nelle funzioni della Congregazione per le indulgenze e le sacre reliquie, istituita da Clemente VIII (1592-1605) e integrata nella Curia Romana da Clemente IX nel 1669. I suoi poteri furono trasferiti nel 1908 al Sant'Uffizio e nel 1917 alla Penitenzieria apostolica.

Al giorno d'oggi[modifica | modifica wikitesto]

Oggigiorno, la concessione delle indulgenze è affidata, come già detto, alla Penitenzieria apostolica, oltre che al papa, mentre le norme generali sono state rivoluzionate da papa Paolo VI con la costituzione apostolica Indulgentiarum doctrina del 1967, e sono indicate nel Codice di diritto canonico del 1983, il quale le disciplina nel libro IV, parte I, titolo IV, capitolo IV, canoni 992-997. Il Catechismo della Chiesa Cattolica fornisce una spiegazione teologica circa le indulgenze nella parte II, sezione II, capitolo II, articolo IV, paragrafo X, numeri 1471-1479.

Definizione[modifica | modifica wikitesto]

Definizione di indulgenza e distinzione tra colpa e pena[modifica | modifica wikitesto]

Per comprendere la definizione di indulgenza bisogna partire dalla distinzione tra colpa e pena, oltre che dagli effetti del sacramento della riconciliazione. Un fedele, dopo aver commesso un peccato mortale, necessita di ricevere l'assoluzione mediante la confessione sacramentale, dato che il peccato grave lo priva della comunione con Dio e perciò lo rende incapace di conseguire la vita eterna, cioè di raggiungere il paradiso.[7] L'assoluzione che il fedele riceve mediante questo sacramento rimette sia la colpa (il peccato) che la pena eterna; in altre parole riconcilia il penitente con Dio e, in caso di morte, lo salva dalla dannazione eterna, ossia dall'inferno.[8] Anche dopo l'assoluzione, però, rimane nell'anima del fedele la pena temporale del peccato,[7] ovvero l'inclinazione al male; sebbene attutito, infatti, rimane in lui quel difetto che lo aveva portato precedentemente a peccare.[9] Del resto, ogni peccato, anche veniale, necessita di purificazione nello stato chiamato purgatorio:[10] tale purificazione libera dalla pena temporale del peccato.[10] Papa Giovanni Paolo II diceva così della pena temporale:

«[...] anche dopo l'assoluzione rimane nel cristiano una zona d'ombra, dovuta alle ferite del peccato, all'imperfezione dell'amore nel pentimento, all'indebolimento delle facoltà spirituali, in cui opera ancora un focolaio infettivo di peccato, che bisogna sempre combattere con la mortificazione e la penitenza. [...]»

Ordunque le pene temporali possono essere scontate durante il corso della vita con varie purificazioni che preparano l'anima ad entrare in paradiso, oppure vengono scontate, una volta deceduti, nel purgatorio. Dunque, le indulgenze, offerte dalla Chiesa e lucrate secondo date condizioni, non sono altro che la remissione di tali pene temporali legate a questo focolaio infettivo, come lo ha definito papa Giovanni Paolo II. Infatti l'indulgenza è così definita dal Catechismo della Chiesa cattolica:

«L'indulgenza è la remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa, remissione che il fedele, debitamente disposto e a determinate condizioni, acquista per intervento della Chiesa, la quale, come ministra della redenzione, autoritativamente dispensa ed applica il tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei santi»

Similmente di esprime il Codice di diritto canonico:

«L'indulgenza è la remissione davanti a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi in termini di colpa, che il fedele, volendo e adempiendo a determinate condizioni, ottiene mediante la mediazione della Chiesa, la quale, quale amministratrice della redenzione, distribuisce e applica con autorità il tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei Santi»

Così papa Paolo VI definiva l'indulgenza nella costituzione apostolica Indulgentiarum doctrina:

«Detta remissione di pena temporale dovuta per i peccati, già rimessi per quanto riguarda la colpa, con termine proprio è stata chiamata "indulgenza". Essa conviene in parte con gli altri mezzi o vie destinate ad eliminare ciò che rimane del peccato, ma nello stesso tempo si distingue chiaramente da essi. Nell’indulgenza, infatti, la chiesa facendo uso del suo potere di ministra della redenzione di Cristo signore, non soltanto prega, ma con intervento autoritativo dispensa al fedele ben disposto il tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei santi in ordine alla remissione della pena temporale. Il fine che l’autorità ecclesiastica si propone nella elargizione delle indulgenze, è non solo di aiutare i fedeli a scontare le pene del peccato, ma anche di spingere gli stessi a compiere opere di pietà, di penitenza e di carità, specialmente quelle che giovano all’incremento della fede e al bene comune. Se poi i fedeli offrono le indulgenze in suffragio dei defunti coltivano in modo eccellente la carità e, mentre elevano la mente al cielo, ordinano più saggiamente le cose terrene. [...]»

Per i vivi e per i defunti[modifica | modifica wikitesto]

Da ciò che è stato riportato nella precedente citazione, si mette in rilievo che le indulgenze possono essere lucrate sia dai vivi per sé stessi, che da persone vive a favore dei fedeli defunti.[11][12][13][14]

«Ogni fedele può lucrare per se stesso o applicare ai defunti a modo di suffragio indulgenze sia parziali sia plenarie.»

Indulgenza plenaria e parziale[modifica | modifica wikitesto]

Si chiama indulgenza plenaria quella che, secondo la dottrina cattolica, libera per intero dalla pena temporale dovuta per i peccati; indulgenza parziale quella che ne libera solo in parte.[15][16][17][18]

«L'indulgenza è parziale o plenaria secondo che libera in parte o in tutto dalla pena temporale dovuta per i peccati.»

Anticamente le pene in soddisfazione del peccato perdonato erano comminate in giorni; per esempio, per un peccato si poteva fare penitenza per 100 giorni, o per 40, o per tutta la vita. Il penitente poteva dunque diminuire i giorni della penitenza, riscattandoli per mezzo di opere indulgenziate. Questo fece sì che si cominciasse ad indicare erroneamente con un termine temporale anche la parte di pena da scontare dopo la morte, cioè nel purgatorio: di conseguenza, dicendo "100 giorni di indulgenza" per errore i fedeli più semplici intendevano che quella indulgenza liberasse dalla pena che si sarebbe altrimenti dovuta scontare con 100 giorni di purgatorio.

Papa Leone XIII abolì tutte le indulgenze di mille anni.[19] In seguito, papa Paolo VI, per mezzo della costituzione apostolica Indulgentiarum doctrina, abolì tutte le indulgenze espresse in giorni, mesi, anni o quarantene.

«L’indulgenza parziale d’ora in poi sarà indicata con le sole parole "indulgenza parziale", senza alcuna determinazione di giorni o di anni.»

Dunque oggigiorno le indulgenze parziali non sono più distinte le une dalle altre e, per quanto riguarda il loro valore, "si è ritenuto stabilire che la remissione della pena temporale, che il fedele acquista con la sua azione, serva di misura per la remissione di pena che l'autorità ecclesiastica liberamente aggiunge con l'indulgenza parziale".[20] Quindi, secondo la dottrina cattolica, compiendo un'opera buona a cui è annessa un'indulgenza parziale, un fedele ottiene una remissione di pena per il bene stesso che ha compiuto e altrettanta remissione grazie all'indulgenza amministrata dalla Chiesa. Così spiega tale innovazione papa Paolo VI:

«Le norme che seguono apportano alcune opportune variazioni nella disciplina delle indulgenze, in conformità anche alle proposte fatte dalle conferenze episcopali. Le disposizioni del codice di diritto canonico e dei decreti della santa sede riguardanti le indulgenze, in quanto sono conformi alle nuove norme, restano invariate. Nel redigere le nuove norme si è cercato in particolar modo di stabilire una nuova misura con l’indulgenza parziale, di apportare una congrua riduzione al numero delle indulgenze plenarie e di dare alle indulgenze cosiddette reali e locali una forma più semplice e più dignitosa. Per quanto riguarda l’indulgenza parziale, abolendo, l’antica determinazione di giorni e di anni, si è stabilita una nuova norma o misura tenendo in considerazione la stessa azione del fedele, che compie un’opera indulgenziata. E poiché l’azione del fedele, oltre al merito che ne è il frutto principale, può anche ottenere una remissione di pena temporale tanto maggiore quanto più grande è il fervore del fedele e l’importanza dell’opera compiuta, si è ritenuto opportuno stabilire che questa stessa remissione della pena temporale che il fedele acquista con la sua azione, serva di misura per la remissione di pena che l’autorità ecclesiastica liberamente aggiunge con l’indulgenza parziale. È parso poi opportuno ridurre convenientemente il numero delle indulgenze plenarie, affinché il fedele le stimi maggiormente e possa acquistarle con le dovute disposizioni. Infatti si bada poco a ciò che si verifica frequentemente e poco si apprezza quello che si offre in abbondanza. D’altra parte molti fedeli hanno bisogno di un congruo spazio di tempo per prepararsi convenientemente all’acquisto dell’indulgenza plenaria. Per quanto riguarda le indulgenze reali o locali non solo è stato di molto ridotto il loro numero, ma ne è stato abolito anche il nome, perché più chiaramente appaia che sono indulgenziate le azioni compiute dai fedeli e non le cose o i luoghi che sono solo l’occasione per l’acquisto delle indulgenze. Anzi, gli iscritti alle pie associazioni possono acquistare le indulgenze loro proprie, compiendo le opere prescritte, senza che sia richiesto l’uso dei distintivi.»

Penitenza e sincero pentimento[modifica | modifica wikitesto]

Il papa Paolo VI, affinché si lucrasse l'indulgenza, imponeva come condizione primaria e necessaria il ripudio del peccato e il desiderio di ottenere l'indulgenza:

«Le indulgenze, infatti, sebbene siano delle elargizioni gratuite, sono tuttavia concesse sia per i vivi che per i defunti solo a determinate condizioni. Per l’acquisto di esse invero si richiede, da una parte, che le opere prescritte siano state compiute e, dall’altra, che il fedele abbia le necessarie disposizioni; che, cioè, ami Dio, detesti il peccato, riponga la sua fiducia nei meriti di Cristo e creda fermamente nel grande aiuto che gli viene dalla comunione dei santi.»

Ed in un altro passo dice:

«Le indulgenze, infatti, non possono essere acquistate senza una sincera conversione e senza l’unione con Dio, a cui si aggiunge il compimento delle opere prescritte. Viene conservato dunque l’ordine della carità, nel quale si inserisce la remissione delle pene grazie alla distribuzione del tesoro della chiesa.»

Procedimento di ottenimento[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Manuale delle indulgenze.

Per ottenere un'indulgenza plenaria o parziale, secondo la dottrina cattolica, un fedele, completamente distaccato dal peccato anche veniale, deve:[21]

  1. confessarsi, (confessione sacramentale) per ottenere il perdono dei peccati;
  2. fare la comunione eucaristica, per essere spiritualmente unito a Cristo;
  3. pregare secondo le intenzioni del papa (ad esempio recitando un Padre Nostro, un'Ave Maria e un Gloria al Padre), per rafforzare il legame con la Chiesa;
  4. compiere una delle opere buone a cui è annessa l'indulgenza. Alcune di queste opere ottengono un'indulgenza plenaria (ad esempio recitare in chiesa il rosario, oppure fare l'adorazione eucaristica, o anche partecipare agli esercizi spirituali, etc), altre un'indulgenza parziale (per esempio recitare il Magnificat o l'Angelus o anche l'Anima Christi, etc).

Le opere indulgenziate sono inserite e regolate dal Manuale delle indulgenze.

Facoltà di concedere indulgenze[modifica | modifica wikitesto]

La facoltà di concedere le indulgenze spetta al papa e alla Penitenzieria apostolica.

L'indulgenza sia plenaria (mentre impartisce la benedizione apostolica) che parziale può essere concessa all'interno della propria giurisdizione o ai fedeli ad essa pertinenti, dal vescovo diocesano ed eparchiale, dall'arcivescovo maggiore, dal metropolita e dal patriarca, dal cardinale, oltreché dal papa.[22]

Per i patriarchi ciò vale nelle singole località del patriarcato, nelle chiese che seguono il rito specifico del patriarcato al di là dei suoi confini, e dovunque per i fedeli del proprio rito.[23]

I cardinali vescovi godono la facoltà di concedere la sola indulgenza parziale in qualsiasi luogo. Tale indulgenza può essere acquistata dai soli presenti che di volta in volta si trovano nei singoli luoghi.[24]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Mt 16,19, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  2. ^ Gv 20,19:23, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  3. ^ a b c d e indulgenza - Treccani, su Treccani. URL consultato il 19 novembre 2023.
  4. ^ Cf. Concilio Lateranense IV, capitolo n. 62, 20 novembre 1215:
    (LA)

    «[...] per indiscretas et superfluas indulgentias quas quidam ecclesiarum prælati facere non verentur et claves Ecclesiæ contemnuntur et pœnitentialis satisfactio enervatur [...]»

    (IT)

    «[...] con indulgenze irragionevoli ed eccessive, che alcuni prelati concedono senza ritegno, si getta il disprezzo sul potere della chiavi della Chiesa e viene a perdere ogni forza la soddisfazione penitenziale [...]»

  5. ^ Cf. Concilio di Trento, Decreto sulle indulgenze, 4 dicembre 1563:

    «Esso (il sinodo, n.d.r.), però, desidera che nel concedere queste indulgenze si usi moderazione, secondo l’uso antico e approvato nella Chiesa, perché per la troppa facilità la disciplina della Chiesa non debba indebolirsi. Desiderando poi che vengano emendati e corretti gli abusi in questo campo, in occasione dei quali questo augusto nome delle indulgenze viene bestemmiato dagli eretici, col presente decreto stabilisce, in generale, che si debba assolutamente abolire, per conseguirle, qualsiasi indegno traffico, da cui sono sgorgati per il popolo cristiano infiniti motivi di abuso.»

  6. ^ Riforma protestante - Treccani, su Treccani. URL consultato il 19 novembre 2023.
  7. ^ a b Cf. CCC n. 1473
  8. ^ Cf. CCC n. 1470
  9. ^ Il dono dell'indulgenza (29 gennaio 2000), su www.vatican.va. URL consultato il 19 novembre 2023.
  10. ^ a b Cf. CCC n. 1472
  11. ^ Cf. Catechismo della Chiesa cattolica, n. 1471
  12. ^ Cf. Codice di diritto canonico, 994
  13. ^ Cf. papa Paolo VI, costituzione apostolica Indulgentiarum doctrina, norma n. 3
  14. ^ Cf. Norme sulle indulgenze n. 3, tratte dal Manuale delle indulgenze. Norme e concessioni, Città del Vaticano 2008
  15. ^ Cf. Catechismo della Chiesa cattolica, n. 1471
  16. ^ Cf. Codice di diritto canonico, 993
  17. ^ Cf. papa Paolo VI, costituzione apostolica Indulgentiarum doctrina, norma n. 2
  18. ^ Cf. Norme sulle indulgenze n. 2, tratte dal Manuale delle indulgenze. Norme e concessioni, Città del Vaticano 2008
  19. ^ Suore Benedettine dell'Adorazione Perpetua, Indulgenced prayers and aspirations, su issuu.com, 8 settembre 2015, p. 9.
  20. ^ Cf. papa Paolo VI, costituzione apostolica Indulgentiarum doctrina, n. 12
  21. ^ Cf. Enchiridion indulgentiarum, norma 20 § 1
  22. ^ Enchiridion Indulgentiarum, Normae de indulgentiis, nn. 6-10, Libreria Editrice Vaticana, 4a edizione, 2004, pp. 22-23. ISBN 88-209-2785-3
  23. ^ Enchiridion Indulgentiarum, Normae de indulgentiis, n. 9, Libreria Editrice Vaticana, 4a edizione, 2004, p. 23. ISBN 88-209-2785-3. Citazione: "Patriarchae in singulis locis sui patriarchatus, etsi exemptis, in ecclesiis sui ritus extra terminos patriarchatus, et ubique pro fidelibus sui ritus possunt"...
  24. ^ Enchiridion Indulgentiarum, Normae de indulgentiis, n. 10, Libreria Editrice Vaticana, 4a edizione, 2004, p. 23. ISBN 88-209-2785-3. Citazione: "S.R.E. Cardinales facultate gaudente concedendi ubique indulgentiam partialem a praesentibus solummodo, singulis vicibus, acquirendam".

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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