I soliti ignoti

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I soliti ignoti
Una scena del film: su un tetto di un edificio, Peppe (Vittorio Gassman) mostra al gruppo la stanza dove si trova la cassaforte
Lingua originaleitaliano
Paese di produzioneItalia
Anno1958
Durata102 min
Dati tecniciB/N
rapporto: 1,33:1
Generecommedia
RegiaMario Monicelli
SoggettoAge & Scarpelli
SceneggiaturaAge & Scarpelli, Suso Cecchi D'Amico, Mario Monicelli
ProduttoreFranco Cristaldi
Casa di produzioneVides Cinematografica, Cinecittà, Lux Film
Distribuzione in italianoLux Film
FotografiaGianni Di Venanzo
MontaggioAdriana Novelli
MusichePiero Umiliani
ScenografiaPiero Gherardi
CostumiPiero Gherardi
TruccoRomolo De Martino
Interpreti e personaggi
Doppiatori italiani

I soliti ignoti è un film commedia del 1958 diretto da Mario Monicelli.

Considerato uno dei capolavori del cinema italiano,[2] il film è anche noto come caposcuola del genere caper movie.[3] Si aggiudicò due Nastri d'argento e una candidatura ai Premi Oscar 1959 come miglior film straniero.

È stato successivamente inserito, come opera rappresentativa, nella lista dei 100 film italiani da salvare.[4][5][6][7]

L'idea di base del film, e soprattutto il finale, sono tratti dalla novella Furto in una pasticceria contenuta nell'antologia Ultimo viene il corvo di Italo Calvino.[8][9]

Trama[modifica | modifica wikitesto]

Cosimo e il vecchio bolognese "Capannelle", due ladruncoli di Roma, tentano di rubare un'autovettura ma vengono sorpresi dalla polizia: il primo viene arrestato mentre l'anziano riesce a fuggire. Detenuto nel carcere di Regina Coeli, Cosimo apprende da un altro detenuto il piano per un colpo di facile realizzazione presso il Monte di Pietà; incarica così Capannelle di trovare una pecora, termine gergale malavitoso per indicare qualcuno che, dietro compenso, sconti la pena al posto di un altro.

Capannelle si rivolge a degli amici dell'ambiente — il prestante Mario, il siciliano Michele detto "Ferribotte" e il fotografo Tiberio — ma, visto il rifiuto, deve ripiegare tra gli incensurati optando per Peppe "er Pantera", un pugile suonato che va puntualmente al tappeto. Il commissario tuttavia non si lascia ingannare e lo fa condannare con Cosimo. Durante la detenzione Cosimo accenna a Peppe del piano, poiché costui fa credere all'altro di aver subìto una lunga condanna affinché gli confidi i dettagli; egli in realtà sta per essere scarcerato il giorno stesso, avvalendosi della condizionale. Dovendo restituire agli amici il denaro sottoscritto per l'incarcerazione, decide di assoldarli per il colpo.

Il piano consiste nel raggiungere la stanza del Banco dei Pegni dove si trova la "comare", ovvero la cassaforte, introducendosi prima nell'appartamento contiguo, ritenuto disabitato, e abbattendo la parete divisoria. Per mezzo di un filmato, fatto con una macchina da presa rubata da Tiberio al mercato di Porta Portese e sottoposto in visione a Dante Cruciani, un noto scassinatore a riposo che svolge oramai il ruolo di "consulente", la banda viene da questi istruita sulle modalità per realizzare il colpo.

Le cose tuttavia si complicano: nell'appartamento sono nel frattempo andate ad abitare due donne anziane, che hanno a servizio una ragazza di nome Nicoletta. Peppe s'incarica quindi di sedurre la giovane per ottenere informazioni. Nel frattempo Cosimo, uscito dal carcere grazie a un'amnistia, raggiunge la banda per vendicarsi, ma viene tramortito da Peppe con un pugno. Quest'ultimo gli offre di partecipare al furto, ma Cosimo rifiuta per orgoglio e tenta di rapinare da solo il Monte di Pietà. Allo sportello troverà l'impiegato che, per nulla intimorito dalla pistola, gliela sottrae dalle mani e la tratta come un qualunque bene da impegnare per una modesta somma. Successivamente Cosimo si ridurrà a un tentativo di scippo ai danni di una signora, ma nella fuga muore travolto da un tram.

Una sera, approfittando dell'assenza delle proprietarie, arriva per la banda il momento buono per il colpo. Mario però rinuncia e in cambio promette di vegliare su Carmelina, sorella di "Ferribotte", con la quale è nata una sincera relazione. Dopo aver superato numerose difficoltà, che tra l'altro il povero Tiberio è costretto ad affrontare con un braccio ingessato, risultato dell'incontro con il venditore al quale aveva rubato la macchina da presa, i quattro "soci" rimanenti arrivano finalmente a introdursi nell'appartamento. Qui riescono a demolire quella che pensano sia la parete designata, ma con loro meraviglia si ritrovano nella cucina della casa: infatti le proprietarie avevano di recente cambiato la disposizione dell'arredamento, spostando la camera da pranzo che confinava con il Monte di Pietà. Vista l'ora ormai tarda la banda è costretta a rinunciare, non senza, però, approfittare della pasta e ceci trovata in cucina. Una perdita provocata dai ladruncoli a un tubo del gas, tuttavia, causa un'esplosione, per cui devono battere precipitosamente in ritirata ancora più laceri e disastrati di prima.

Alle prime luci dell'alba la banda mestamente si scioglie. Tiberio prende il tram e va a riprendersi suo figlio, lasciato in custodia alla moglie detenuta a Regina Coeli per contrabbando. "Ferribotte" rincasa, e Capannelle, rimasto solo con Peppe, attrae l'attenzione di due carabinieri in bicicletta con il suono imprevisto di una sveglia rubata nell'appartamento. I due, per sfuggire al controllo, sono costretti a mescolarsi con degli aspiranti manovali che si affollano davanti al cancello di un cantiere; sicché Peppe viene assunto suo malgrado, mentre Capannelle, buttato fuori in malo modo, avverte inutilmente e sarcasticamente l'amico che lì lo faranno lavorare sul serio.

Il giorno dopo, un trafiletto di cronaca su un quotidiano riferisce delle gesta dei "soliti ignoti", il cui misero bottino rimane un piatto di pasta e ceci.

Produzione[modifica | modifica wikitesto]

Sviluppo[modifica | modifica wikitesto]

Con questa pellicola la critica e la storiografia del cinema italiano sanciscono l'esordio ufficiale di un nuovo genere cinematografico, in seguito ribattezzato Commedia all'italiana,[10] che si accompagnerà al neorealismo, al filone storico mitologico peplum e lo spaghetti-western, consacrando il cinema italiano del dopoguerra.

Con I soliti ignoti nasce in Italia un nuovo tipo di commedia comica che abbandona i canoni consueti,[11] ispirati alla tradizione dell'avanspettacolo, del varietà o del Cafè Chantant, e che ereditando il testimone del neorealismo, ha per tema la quotidianità, la gente comune, con precisi riferimenti sociali nei quali il pubblico può riconoscersi.

«La commedia all'italiana è questo: trattare con termini comici, divertenti, ironici, umoristici degli argomenti che sono invece drammatici. È questo che distingue la commedia all'italiana da tutte le altre commedie...[12]»

Dante Cruciani (Totò) mentre spiega come scassinare la cassaforte

Gli interpreti di questa pellicola abbandonano il ruolo di maschera teatrale - che gioca la comicità basandosi sulla gag, il gioco di parole od il nonsense - articolando i dialoghi e le trovate umoristiche su prove definite, a volte caricaturali, ma riferite comunque ad una sceneggiatura chiara. In particolare, molti critici vedono nel personaggio interpretato da Totò un ipotetico passaggio generazionale della commedia italiana, dall'epoca del geniale attore napoletano - il "Principe della Risata" - a quella su cui un gruppo agguerrito di sceneggiatori (come Sergio Amidei, Rodolfo Sonego, Age & Scarpelli, Ettore Scola e Ruggero Maccari) si baseranno nel raccontare la realtà in un momento storico critico e importante, ricco di contraddizioni, di incompatibilità tra vecchio e nuovo, di identità fallaci ed effimere, costruite spesso su dei condizionamenti sociali e ingerenze culturali esterne.

L'ideazione de I soliti ignoti nasce in chiave caricaturale. Come lo stesso Monicelli ammette, si voleva in principio parodiare un certo genere di film noir francese o di gangster statunitense, particolarmente in voga in quegli anni, ed apprezzato da un vasto pubblico italiano. Il soggetto si ispira al film drammatico francese Rififi di Jules Dassin del 1955, dove una banda di quattro criminali professionisti intraprende un colpo perfetto che si rivelerà fallimentare e come narra il regista, uno dei titoli provvisori era il parodistico Rifufu.[13]

Sarebbe tuttavia erroneo limitarsi a ritenere I soliti ignoti mera parodia di altri titoli illustri in quanto lo stesso film si arricchisce di novità importanti e di contesti originali nel corso della sua produzione, in quanto era concezione del regista darvi una connotazione tragicomica.

I soliti ignoti, secondo il regista Carlo Lizzani, porta il comico fuori dei confini abituali della farsa acquisendone una propria consistenza cinematografica. Per la prima volta in una commedia italiana si assiste alla morte tragica di uno dei protagonisti.[14] La morte o comunque il fallimento è una tematica fondamentale nella cinematografia di Monicelli, in quanto come egli spiega, facente parte della stessa essenza e della tradizione della commedia dell'arte, caratterizzata da presenze maligne, da sventure e da personaggi miseri, emuli delle maschere di Arlecchino e Pulcinella, che si adoperano nella vana ricerca di un espediente definitivo e risolutivo.[15]

Mario (Renato Salvatori) e Carmelina (Claudia Cardinale)

La vena drammatica della pellicola non si esaurisce solo nei personaggi, bensì si accompagna al ritratto di una Roma estranea ai processi economici del boom di quegli anni. È la Roma dei quartieri popolari, della periferia degradata, del sottoproletariato urbano, a far da sfondo tragico alle gesta della miserabile banda del buco, la stessa Roma ritratta dal coevo Pier Paolo Pasolini in Ragazzi di vita. È significativo il breve dialogo tra Capannelle con un ragazzino al quale si rivolge per chiedere informazioni su un certo Mario, perfetta memoria della narrativa pasoliniana.[16]

La fotografia fu particolarmente curata da quest'ultimo punto di vista.[17] Le immagini dovevano restituire l'idea di una Roma drammatica, per cui furono evitati volutamente i toni eccessivamente luminosi, si preferirono i contrasti e i tagli decisi e nei costumi si evitarono le concessioni al vezzo e alla comodità, curando invece quello che doveva fornire l'estemporaneità di un abbigliamento dettato solo dallo stato di indigenza (si considerino i pantaloni da cavallerizzo che Capannelle indossa per tutto il film).

Il film per la sua novità non fu accolto favorevolmente dalla critica ufficiale, che aveva ben chiari i riferimenti. Da principio non fu apprezzata la scelta di sostituire i comici d'arte con degli attori seri già affermati in contesti drammatici (Vittorio Gassman); Totò, notoriamente non amato dalla critica colta ma fortemente caldeggiato dai produttori, fu giudicato eccessivo nonostante la sua interpretazione limitata. In sostanza, l'ambiente ufficiale non era pronto ad accogliere quella che si rivelerà la trovata ad effetto del film, la trasformazione di attori seri in "caratteri" della commedia, dotati di una grande vis comica. La scena del set comico, nella opinione dei critici più severi, avrebbe dovuto somigliare ancora al palcoscenico di un varietà dove i maestri solitari, coadiuvati da abili spalle, si avvicendavano nell'intrattenimento del pubblico.

Cosimo (Memmo Carotenuto) mentre spiega a Peppe "er Pantera" (Vittorio Gassman) il suo piano ingegnoso

Gli stessi produttori contrastarono a lungo la scelta di Vittorio Gassman[18] (la produzione pensò ad Alberto Sordi). La sua aria intellettuale e soprattutto il suo repertorio teatrale drammatico unito ai ruoli "cattivi" che aveva interpretato in precedenza non davano alcuna garanzia di successo. Ma regista e sceneggiatori seppero resistere alle richieste dei produttori. Avevano modellato tutti i personaggi intorno ad un baricentro realistico e li avevano poi corredati di un patrimonio farsesco sul quale si sarebbe dovuta giocare tutta la comicità. Per "il Pantera" si ricorse ad un trucco pesante che abbassò l'attaccatura dei capelli, ridusse la fronte spaziosa accentuando il naso e rendendo cadenti le labbra, in quell'aria da ebete caratteristica di un pugile suonato di periferia. Fu studiata l'andatura e infine concepita la balbuzie, con effetti comici esilaranti.

Al di là delle caratterizzazioni dei personaggi è importante definire quello che sarà un tema importante e ricorrente del genere, una costante che seppur trasformata rimarrà centrale nel corso della storia decennale della commedia all'italiana, dal suo nascere, alla fine degli anni cinquanta, sino al suo tramonto, alle metà degli anni settanta: la rappresentazione del sistema sociale attraverso le classi e la critica dura alla società del benessere, colta nei suoi scompensi e nelle sue contraddizioni.

I soliti ignoti da questo punto di vista è un grande mosaico storico che ci restituisce con leggerezza l'immagine complessa di un'epoca.[19] Un mondo di povertà urbana che resiste nei suoi valori tradizionali all'attacco della nuova società di massa della quale però sente un'attrazione sempre più forte. Società che viene nel film rappresentata esclusivamente dai miti di importazione americana: facile benessere economico, liberalizzazione dei costumi sessuali, comfort abitativi. La connotazione farsesca nasce sul modo di rapportarsi che i protagonisti hanno con questa doppia identità, divisi tra tradizione e innovazione. I valori tradizionali di riferimento rimangono sempre benevoli ed evidenti sullo sfondo della vicenda e sono rappresentati via via da quasi tutti i personaggi: da Carmelina Claudia Cardinale (la sicurezza del vero legame affettivo), dalla dolcissima Nicoletta Carla Gravina (l'innocenza) e dallo stesso Cruciani Totò (la saggezza della vecchiaia). Il gruppo rimane titubante per tutta la durata del film, nessuno riesce con convinzione ad abbracciare quello spirito nuovo che viene riflesso dalla società del benessere, nemmeno il protagonista, "il Pantera", che solitario in un'opera di autoconvincimento continua a ripetere: «È sc-sc-scientifico!», quindi moderno, quindi giusto, legale, morale.

Cast[modifica | modifica wikitesto]

  • Nonostante abbia interpretato il ruolo del siciliano "Ferribotte", Tiberio Murgia era in realtà sardo ed esordisce nel cinema grazie a Mario Monicelli che lo aveva notato in un ristorante romano. Nel film viene doppiato da Renato Cominetti. Murgia interpreterà altre pellicole con ruoli simili.
  • La giovanissima Carla Gravina, appena diciassettenne, è alla sua terza apparizione cinematografica. Aveva esordito nel 1956 con Alberto Lattuada e nello stesso anno de I soliti ignoti aveva girato con Alessandro Blasetti Amore e chiacchiere, al fianco di Vittorio De Sica e Gino Cervi.
  • Claudia Cardinale, non ancora ventenne, con un'unica precedente esperienza cinematografica nella natia Tunisia, inizia con questo film il contratto con la Vides Produzioni, che la trasformerà nel giro di pochi anni in una delle maggiori dive del cinema italiano. All'epoca delle riprese era segretamente incinta del suo primo figlio.[20] Nel film è doppiata da Lucia Guzzardi.
  • Vittorio Gassman nel suo libro autobiografico Un grande avvenire dietro le spalle, riferendosi al clima gioviale che regnava sul set, racconta: "La maggior parte delle scene non riuscivamo a finirle dal ridere!".
  • Carlo Pisacane, il caratterista che interpreta "Capannelle", fu uno dei migliori attori della cinematografia napoletana. Già interprete macchiettista di numerose pellicole fin dall'epoca del cinema muto ma raggiunse la notorietà con questo film, dove è doppiato con accento bolognese da Nico Pepe. Da questo film in poi, Pisacane sarà talvolta accreditato nei titoli di testa di alcuni film proprio come "Capannelle".
  • Rossana Rory, che interpreta Norma, compagna di Cosimo e unica componente femminile della banda, in questo film è doppiata da Monica Vitti.
  • Apparizione della scrittrice ungherese Edith Bruck, scampata ai lager nazisti, nel ruolo di una ragazza in lite con un suo amico, nel palazzo dove deve svolgersi il furto.

Colonna sonora[modifica | modifica wikitesto]

I soliti ignoti
colonna sonora
ArtistaPiero Umiliani
FeaturingChet Baker
Pubblicazione1958
Durata9:40
Dischi1
Tracce4
GenereJazz
EtichettaRCA Italiana
ArrangiamentiPiero Umiliani
Velocità di rotazione45 giri
FormatiEP

La colonna sonora, affidata a Piero Umiliani, qui al suo debutto come autore di musiche per il cinema, è considerata la prima di impianto jazzistico per un film italiano. Fu il regista stesso, Mario Monicelli, a contattare personalmente Piero Umiliani, in quanto era nelle sue intenzioni dare al film una colonna sonora in stile Jazz, e Umiliani in quel periodo era noto negli ambienti televisi per le sue composizioni e i suoi arrangiamenti in questo stile.[21]

«I compositori che lavoravano in quel periodo, come Rustichelli e Rota, erano troppo legati al genere 'canzonetta', mentre io volevo un tono jazzistico da accostare all'ambientazione proletaria del film. Accadde quindi che parlando con un amico gli dissi: sai, non so come fare perché voglio un commento jazz per il mio ultimo film, ma conosco solo Rota e pochi altri. E lui: guarda Rota quando ha bisogno di fare della musica jazz non la fa lui, ma si rivolge a un certo giovane musicista, che io conosco, secondo me molto bravo, che si chiama Umiliani. E così lo contattai»

Dopo che Umiliani accettò l'incarico, Monicelli inviò al compositore il disco del 1957 Jay and Kay di J.J. Johnson e Kai Winding, le cui tracce dovevano essere d'ispirazione a Umiliani. Quando Monicelli contattò Umiliani, le riprese del film erano già state ultimate e il compositore ebbe poco tempo a disposizione prima della pubblicazione e dovette arrangiare sue musiche già composte secondo lo stile scelto dal regista, impiegandoci in totale quindici giorni.[23]

Dei molti motivi composti per il film, dalla durata di pochi secondi fino a più di tre minuti, la RCA Italiana pubblicò nel 1958 un EP contenente le musiche più caratteristiche.

Tracce[modifica | modifica wikitesto]

Lato A

Musiche di Piero Umiliani.

  1. Blues For Gassman: Parte I – 3:20
  2. Blues For Gassman: Parte II – 2:10

Durata totale: 5:30

Lato B
  1. Tema d'amore – 2:00
  2. Finale – 2:10

Durata totale: 4:10

Formazione[modifica | modifica wikitesto]

  • Piero Umiliani - direzione d'orchestra, pianoforte;
  • Chet Baker - tromba;
  • Bill Gilmore - trombone;
  • Mario Midana - trombone;
  • Marcello Boschi - sax contralto;
  • Baldo Maestri - clarinetto;
  • Livio Cerveglieri - sax tenore;
  • Gino Marinacci - sax baritono;
  • Franco Chiari - vibrafono;
  • Enzo Grillini - chitarra;
  • Berto Pisani - contrabbasso;
  • Roberto Zappulla - percussioni.[24]

Dettagli[modifica | modifica wikitesto]

Il portone del colpo in via delle Madonne (in realtà via delle tre cannelle)
Via delle tre cannelle oggi
  • Il furto è ambientato in un'inesistente via delle Madonne nel centro di Roma. Nella realtà la banda entra in un edificio sito all'angolo tra la scalinata di via della Cordonata e via delle Tre Cannelle (nei pressi di piazza Venezia), dove si trova il Banco dei pegni e l'ingresso del portone dell'appartamento.
  • Quando la banda incontra per la prima volta Dante Cruciani, "Ferribotte" presenta le proprie credenziali, riportando di aver lavorato in passato nei tubi di piombo. Il riferimento, di cui si è perso il senso, sottintendeva il furto e la ricettazione di tubature in piombo (nonché altre parti in rame, ghisa ed in ferro), un'attività diffusa tra la piccola criminalità nel dopoguerra, data la penuria di materie prime per le costruzioni.
Marcello Mastroianni aspetta il tram in piazza Armenia (vicino a via Britannia)
Pausa sul set de I soliti ignoti, da sinistra: Renato Salvatori, Carlo Pisacane, Tiberio Murgia, Marcello Mastroianni, Vittorio Gassman ed Erico Menczer (operatore alla macchina)
Monicelli e Totò durante una pausa sul set
  • Il film di Marco Ponti A/R Andata + Ritorno si ispira liberamente a I soliti ignoti. Le citazioni più palesi che si possono incontrare sono il nome del protagonista interpretato da Libero De Rienzo (Dante Cruciani) e la scena in cui la "banda" assiste alla proiezione della ripresa della cassaforte da scassinare, questa volta interrotta da un porno amatoriale.

Distribuzione[modifica | modifica wikitesto]

Inizialmente il film avrebbe dovuto intitolarsi Le Madame,[25] ma tale nome venne rigettato per problemi di censura, dato che quello pensato da Monicelli evocava il soprannome dato in ambiente criminale alla polizia. La pellicola uscì nelle sale italiane il 26 luglio del 1958, venne poi esportato nei seguenti paesi, con i seguenti titoli:[26]

Venne in seguito presentato anche in Grecia, in Egitto, in Finlandia e nelle Filippine.[27]

Accoglienza[modifica | modifica wikitesto]

Incassi[modifica | modifica wikitesto]

Fino al 31 marzo 1959, il film raggiunse l'eccezionale, per l'epoca, incasso di 901.562.000 lire esatto.[28]

Critica[modifica | modifica wikitesto]

Totò insegna ad aprire casseforti: com'era e com'è

«Questo ballo di ladri rischia di essere il film più divertente della stagione. Non è tutto, uno dei film comici italiani più garbati e intelligenti degli ultimi anni. D'acchito può sembrare soltanto una parodia di celebri film polizieschi di Rififi per esempio. Le analogie non mancano. Ma il ricalco è appena accennato, la comicità del film è autonoma, affidata alla ricchezza delle invenzioni e delle annotazioni, alla varietà dei tipi, alla bravura degli interpreti, alla fluidità del racconto, al ritmo. C'è anche qualcosa di più: I soliti ignoti, è un film a doppio fondo. C'è un'aria di malinconia e di tristezza che è quasi sempre il risvolto della comicità autentica, c'è il segno di una pietà che non diventa mai giulebbosa. A questi ladri, a questi soliti ignoti, s'addice il motto che, secondo Longanesi, è una bandiera degli italiani: «Ho famiglia!». Quali sono i coefficienti di questa riuscita tanto più gradevole quanto meno attesa? La serietà, il coraggio e l'intelligenza di un regista, che non ha ancora trovato la propria strada ma che può dare più di quello che finora ha fatto. Mastroianni è quello che si può dire sicurezza.»

«[...] L'aver tenuto insieme tanti divi è il primo grosso merito del regista Mario Monicelli e gliene deve essere grato soprattutto Vittorio Gassman, primo attore quanto mai dotato, la cui carriera cinematografica, tuttavia, appariva limitata, fin dalle origini, ad esibizioni di truce gigionismo. Qui, dopo essersi calato scherzosamente dentro un personaggio grottesco e insolito per lui, recita in una maniera fresca, divertentissima e meno superficiale di quanto si possa credere a prima vista.»

Riconoscimenti[modifica | modifica wikitesto]

Sequel[modifica | modifica wikitesto]

Remake hollywoodiani[modifica | modifica wikitesto]

Il successo de I soliti ignoti ha varcato i confini nazionali per approdare ad Hollywood, che lo ha apprezzato al punto da realizzarne alcuni remake nel corso degli anni:

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Il cognome del personaggio di Gassman verrà rivelato solo nei sequel come "Baiocchi". Tuttavia, quando Peppe "Er Pantera" nelle scene iniziali del film viene convocato sul ring vengono fatti due cognomi: Marchetti e Spicchione.
  2. ^ C'eravamo tanto amati. I capolavori e i protagonisti del cinema italiano, di Alessandro Chiello, 2014
  3. ^ (EN) Best "Heist Movie" Titles, su imdb.com.
  4. ^ Cento film e un'Italia da non dimenticare
  5. ^ Ecco i cento film italiani da salvare Corriere della Sera
  6. ^ 100 film: Mereghetti, Brunetta, Peter von Bagh e lo storico De Luna, su cinegiornalisti.com, Cinemagazine (archiviato dall'url originale il 23 settembre 2015).
  7. ^ I soliti ignoti - I cento film, su retedeglispettatori.it, Rete degli Spettatori.
  8. ^ Furto in pasticceria | Sentieri nel Cinema, su sentierinelcinema.it. URL consultato il 21 gennaio 2013 (archiviato dall'url originale il 27 maggio 2014).
  9. ^ La fortuna critica italiana de I soliti ignoti (1958) di Mario Monicelli - Preview, su tesionline.it. URL consultato il 17 aprile 2023.
  10. ^ Enrico Giacovelli, La commedia all'italiana - La storia, i luoghi, gli autori, gli attori, i film, Roma, Gremese Editore, 1990, pp. 11-12.
    «Certamente non mancano, prima del 1958 e dopo il 1980, commedie che potrebbero considerarsi per molti versi "all'italiana". Ma, a parte il fatto che si tratta di casi isolati, lo stile di questi film non è comunque lo stesso, non ha il tono inconfondibile e la compattezza di quelli delle maggiori commedie del periodo citato. Le commedie anteriori a I soliti ignoti (...) appaiono impregnate di neoralismo rosa, di cultura strapaesana, (...) quelle posteriori a La terrazza sono spesso opere anacronistiche, impacciate, realizzate con uno stile che non ha più senso se disgiunto dalle tematiche che lo avevano modellato e condotto a maturazione: frutti ormai tardivi, staccati dai rami, anche se un certo profumo si fa ancora sentire.»
  11. ^ Carlo Lizzani in Dizionario del cinema italiano: Dal 1945 al 1959, Gremese Editore, 1991 p. 342.
  12. ^ Maurizio Grande, La commedia all'italiana, Bulzoni, 2003 p. 224.
  13. ^ Il Mereghetti - Dizionario dei Film 2008. Milano, Baldini Castoldi Dalai editore, 2007. p. 2484.
  14. ^ Carlo Lizzani, "Il cinema italiano", Parenti, 1961)
  15. ^ «Monicelli è quell'autore con la A maiuscola che ha tolto la maschera a Totò (Guardie e ladri) per immergerlo (spiazzando tutti) in una realtà vera e persino drammatica, è colui che di questo contesto (lo stesso "pianto" dal neorealismo) ha saputo farne uno sfondo comico ideale del quale ridere e nel quale costruire giocose parodie dell'Italia nostra (seguendo un filo conduttore che dalla commedia dell'arte è proseguito con Ruzante, passando per Goldoni, sino ad arrivare agli sgangherati fannulloni de I soliti ignoti). È l'autore che ha sovvertito tutti i cliché del genere comico, che ha reso sistemica la presenza della morte nella commedia, producendo quel ragionamento e quell'amarezza di fondo mai più rinnegati dagli autori successivi», cfr. In Pascal Schembri, Mario Monicelli. La morte e la commedia, Armando Curcio Editore, 2014.
  16. ^ Capannelle: "Dimmi un po', ragazzuolo, conosci un certo Mario che abita qua intorno?" Ragazzo: "Qui de Mario ce ne so' cento". Capannelle: "Mo sì, va bene, ma questo qui è uno che ruba". Ragazzo: "Sempre cento so'!"
  17. ^ «La fotografia di Gianni Di Venanzo, in un livido bianco e nero, realizza una perfetta ambientazione nei quartieri popolari della Roma fine anni Cinquanta. Sembra la Roma di Pier Paolo Pasolini (Una vita violenta, I ragazzi di vita…), tra borgate, casermoni, sottoproletariato urbano, ladruncoli, serve e scippatori», cfr. Gordiano Lupi (a cura di), I soliti ignoti di Mario Monicelli, su liberolibro.it, 18 novembre 2013.
  18. ^ Giacomo Gambetti, Vittorio Gassmann, Gremese Editore, 1999 p. 125.
  19. ^ Maurizio Grande, La commedia all'italiana, Bulzoni, 2002. In fondo «il tema del comico» era stato definito da Northrop Frye come «l'integrazione della società che, normalmente, assume la forma dell'incorporazione di un personaggio centrale nella società stessa».
  20. ^ Claudia Cardinale. Io, Claudia - Tu, Claudia. Milano, Feltrinelli, 1995. p. 31.
  21. ^ Lorenzoni, p. 46.
  22. ^ Lorenzoni, p. 47.
  23. ^ Lorenzoni, p. 48.
  24. ^ Per i membri: cfr. Lorenzoni, pp. 46-47.
  25. ^ Tiberio Murgia, intervista, su youtube.com.
  26. ^ Date di uscita per I soliti ignoti (1958), su imdb.com, IMDb.
  27. ^ Date di uscita per I soliti ignori (1958), su imdb.com, IMDb./
  28. ^ Incassi e spettatori dei film di Totò, su totowebsite.altervista.org.
  29. ^ Kinematrix.net
  30. ^ George Clooney: «Secondo me a Totò devono qualcosa tutti, da Jerry Lewis a Woody Allen, da Jim Carrey ad Adam Sandler. Era un vero poeta popolare, fantasista espertissimo nell'arte di arrangiarsi e di arrangiare ogni gesto ed espressione.» ( Clooney: ho copiato Totò anche negli sguardi, su archiviostorico.corriere.it, Corriere della Sera - Archivio Storico.)
  31. ^ Clooney: ho copiato Totò anche negli sguardi, su archiviostorico.corriere.it, Corriere della Sera - Archivio Storico (archiviato dall'url originale il 2 novembre 2015).)
  32. ^ «I soliti ignoti» trasferiti a Cleveland, su archiviostorico.corriere.it, Corriere della Sera - Archivio Storico.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Age & Scarpelli, Suso Cecchi D'Amico, Mario Monicelli, I soliti ignoti, sceneggiatura originale, a cura di Alberto Pallotta, Roma, Un mondo a parte, 2002.
  • Adriano Aprà (a cura di), Ladri di cinema, Milano, Ubulibri, 1983.
  • Fabrizio Borghini, Monicelli, cinquanta anni di cinema, Pisa, Master, 1985.
  • Gian Piero Brunetta, Guida alla storia del cinema italiano: 1905-2003, Torino, Giulio Einaudi, 2003, ISBN 88-06-16485-6.
  • Franca Faldini e Goffredo Fofi, Totó, l'uomo e la maschera, Milano, Feltrinelli, 1977.
  • Nicola Fano, Ferribbotte e Mefistofele, storia esemplare di Tiberio Murgia, Roma, Exorma Edizioni, 2011.
  • Ornella Levi (a cura di), Catalogo Bolaffi del cinema italiano, 1945-1965, direzione di Gianni Rondolino, Torino, Bolaffi, 1977.
  • Lorenzo Lorenzoni, I soliti ignoti, in Andrea Campanella (a cura di), Piero Umiliani. In parole e musica, Auditorium, 2014, ISBN 978-8886784948.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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