Sottotipi dell'HIV

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Virus dell'immunodeficienza umana
Classificazione scientifica
Dominio Riboviria
Regno Pararnavirae
Classe Revtraviricetes
Ordine Ortervirales
Famiglia Retroviridae
Sottofamiglia Orthoretrovirinae
Genere Lentivirus
Specie
  • HIV-1
  • HIV-2

Uno dei problemi del virus dell'immunodeficienza umana in ambito clinico consiste nella sua elevata variabilità genetica.[1]

La specie del virus HIV è distinta in due tipi principali:

I virus HIV-1 possono essere suddivisi ulteriormente in gruppi, di cui il gruppo M dei virus HIV-1 è quello predominante tra gli umani ed è responsabile delle pandemie di AIDS. Il gruppo M a sua volta può essere suddiviso in sottotipi in base a diverse informazioni genetiche; in base a queste, si è in grado di determinare il grado di virulenza dei patogeni e un'eventuale resistenza a terapia antiretrovirale.

I virus HIV-2 sono considerati in genere meno virulenti e contagiosi dei virus HIV-1 del gruppo M, sebbene anche i primi siano in grado di causare AIDS.

Tipi principali[modifica | modifica wikitesto]

La seguente non è una lista esaustiva, ed è molto probabile che in futuro saranno scoperti e classificati altri tipi di virus.[2]

Prevalenza dei gruppi di HIV-1 al 2002

HIV-1[modifica | modifica wikitesto]

Nel gruppo HIV-1 si ascrivono patogeni molto comuni e virulenti. Si è soliti individuare i seguenti gruppi:

  • Gruppo M (il principale), da M = Major (principale);
  • Gruppo N (minoritario), da N = non (non O e non P);
  • Gruppo O (minoritario), da O = Outlier (eccezione);
  • Gruppo P (minoritario), da P = Pending (in attesa di riformulazione);

Si pensa che ogni gruppo di HIV-1 rappresenti una trasmissione indipendente del SIV negli umani.[3]

Gruppo M[modifica | modifica wikitesto]

Il gruppo Major (principale) è il responsabile di oltre il 90% dei casi di HIV/AIDS registrati nei pazienti infetti da HIV. All'interno del gruppo M si individuano "cladi", ovverosia "sottotipi" identificati da una lettera dell'alfabeto. In aggiunta possono esserci varianti ricombinanti, ovvero "forme ricombinanti circolanti" in cui due sottotipi diversi formano un nuovo virus, identificato da un numero. Ad esempio un virus ricombinante formato dal sottotipo B e F è denominato CRF12_BF (Circulating Recombinant Form 12 BF, forma ricombinante circolante 12 di B e F).

I sottotipi principali sono i seguenti:

Gruppo N[modifica | modifica wikitesto]

La "N" sta per "non-M" e "non-O". Questo gruppo venne scoperto nel 1998, da un gruppo di ricerca franco-camerunense, quando identificarono e isolarono un ceppo di HIV-1 diverso da altri, il YBF380.

YBF380 venne isolato da una donna della Repubblica del Camerun che morì di AIDS nel 1995. Quando venne saggiato in vitro, la variante YBF380 reagiva con un antigene di superficie del virus SIV (dello scimpanzé) piuttosto che con quelli del gruppo M o del gruppo O, suggerendo la nascita di un nuovo ceppo di HIV-1.[8] Al 2015, si registrano meno di 20 infezioni da gruppo N.[9]

Gruppo O[modifica | modifica wikitesto]

Il gruppo Outlier è stato registrato comunemente in Camerun e in altre regioni dell'Africa centro-occidentale. Nel 1997 venne affermato che circa il 2% degli infetti di Camerun erano affetti dal gruppo O di HIV-1. Questo sottogruppo clinico originariamente destava preoccupazione in ambito clinico, poiché la sua positività non era rilevata tramite i vecchi test per il virus HIV-1. I test attuali sono in grado di individuare sia il gruppo O sia il gruppo N.

Gruppo P[modifica | modifica wikitesto]

Nel 2009 venne analizzata una nuova sequenza dell'HIV, molto simile al SIV scoperto in alcuni gorilla selvatici (SIVgor) che in quello scoperto negli scimpanzé (SIVcpz). Il virus venne isolato da una donna del Camerun residente in Francia, diagnosticata nel 2004 con infezione da HIV-1. Questo gruppo così denominato da pending, cioè "in attesa di identificazione di altri casi umani".[10][11]

HIV-2[modifica | modifica wikitesto]

HIV-2 non è frequente al di fuori dell'Africa. I primi casi di HIV-2 in zone extra-africane vennero registrati nel 1987 negli Stati Uniti d'America.[12] Al giorno d'oggi, molti kit sono in grado di identificare sia HIV-1 sia HIV-2.[13]

Al 2010 si conoscono otto gruppi di HIV-2:

Per i sei gruppi non pandemici (da C a H) è stato riscontrato che il loro genoma è molto simile ai ceppi di SIVsmm (dei cercocebi) che vivono nella stessa zona in cui l'infezione umana è stata registrata.[14][15]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) David L. Robertson, Beatrice H. Hahn e Paul M. Sharp, Recombination in AIDS viruses, in Journal of Molecular Evolution, vol. 40, n. 3, 1995-03, pp. 249–259, DOI:10.1007/BF00163230. URL consultato il 4 gennaio 2021.
  2. ^ a b c d (EN) HIV strains and types, in AVERT, 16 luglio 2015. URL consultato il 7 luglio 2018.
  3. ^ Paul M. Sharp e Beatrice H. Hahn, Origins of HIV and the AIDS pandemic, in Cold Spring Harbor Perspectives in Medicine, vol. 1, n. 1, 2011-9, pp. a006841, DOI:10.1101/cshperspect.a006841. URL consultato il 7 luglio 2018.
  4. ^ Aleksei F. Bobkov, Elena V. Kazennova e Ludmila M. Selimova, Temporal trends in the HIV-1 epidemic in Russia: predominance of subtype A, in Journal of Medical Virology, vol. 74, n. 2, 2004-10, pp. 191–196, DOI:10.1002/jmv.20177. URL consultato il 7 luglio 2018.
  5. ^ a b c Goudsmit, Jaap., Viral Sex; The Nature of AIDS., in Oxford University Press. New York,, Pg. 51-58.
  6. ^ Malik Sallam, Gülşen Özkaya Şahin e Mikael Ingman, Genetic characterization of human immunodeficiency virus type 1 transmission in the Middle East and North Africa, in Heliyon, vol. 3, n. 7, 2017-7, pp. e00352, DOI:10.1016/j.heliyon.2017.e00352. URL consultato il 7 luglio 2018.
  7. ^ Joris Hemelaar, Eleanor Gouws e Peter D. Ghys, Global and regional distribution of HIV-1 genetic subtypes and recombinants in 2004, in AIDS (London, England), vol. 20, n. 16, 24 ottobre 2006, pp. W13–23, DOI:10.1097/01.aids.0000247564.73009.bc. URL consultato il 7 luglio 2018.
  8. ^ (EN) Thomas Mourez, François Simon e Jean-Christophe Plantier, Non-M Variants of Human Immunodeficiency Virus Type 1, in Clinical Microbiology Reviews, vol. 26, n. 3, 1º luglio 2013, pp. 448–461, DOI:10.1128/CMR.00012-13. URL consultato il 7 luglio 2018.
  9. ^ Mirela D’arc, Ahidjo Ayouba e Amandine Esteban, Origin of the HIV-1 group O epidemic in western lowland gorillas, in Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America, vol. 112, n. 11, 17 marzo 2015, pp. E1343–E1352, DOI:10.1073/pnas.1502022112. URL consultato il 7 luglio 2018.
  10. ^ Jean-Christophe Plantier, Marie Leoz e Jonathan E. Dickerson, A new human immunodeficiency virus derived from gorillas, in Nature Medicine, vol. 15, n. 8, 2009-8, pp. 871–872, DOI:10.1038/nm.2016. URL consultato l'8 luglio 2018.
  11. ^ (EN) Donald G. McNeil Jr., Precursor to H.I.V. Was in Monkeys for Millenniums, Study Says. URL consultato l'8 luglio 2018.
  12. ^ Hivworkshop.com. URL consultato l'8 luglio 2018 (archiviato dall'url originale il 15 gennaio 2013).
  13. ^ (EN) Center for Biologics Evaluation and Research, Infectious Disease Tests - Complete List of Donor Screening Assays for Infectious Agents and HIV Diagnostic Assays, su fda.gov. URL consultato l'8 luglio 2018.
  14. ^ a b c Mario L. Santiago, Friederike Range e Brandon F. Keele, Simian immunodeficiency virus infection in free-ranging sooty mangabeys (Cercocebus atys atys) from the Taï Forest, Côte d'Ivoire: implications for the origin of epidemic human immunodeficiency virus type 2, in Journal of Virology, vol. 79, n. 19, 2005-10, pp. 12515–12527, DOI:10.1128/JVI.79.19.12515-12527.2005. URL consultato l'8 luglio 2018.
  15. ^ a b P. A. Marx, P. G. Alcabes e E. Drucker, Serial human passage of simian immunodeficiency virus by unsterile injections and the emergence of epidemic human immunodeficiency virus in Africa, in Philosophical Transactions of the Royal Society of London. Series B, Biological Sciences, vol. 356, n. 1410, 29 giugno 2001, pp. 911–920, DOI:10.1098/rstb.2001.0867. URL consultato l'8 luglio 2018.
  16. ^ (EN) HIV/AIDS Treatment Guidelines, su AIDSinfo. URL consultato l'8 luglio 2018 (archiviato dall'url originale il 9 luglio 2018).

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]