Gyantse

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Gyantse
comune
Tibetano: རྒྱལ་རྩེ,་ Cinese: 江孜镇
Gyantse – Veduta
Gyantse – Veduta
Il castello, Dzong, visto dalla sommità del Kumbum
Localizzazione
StatoBandiera della Cina Cina
ProvinciaTibet
PrefetturaPrefettura di Shigatse
ConteaContea di Gyangzê
Territorio
Coordinate28°57′N 89°38′E / 28.95°N 89.633333°E28.95; 89.633333 (Gyantse)
Altitudine3 977 m s.l.m.
Superficie51,04 km²
Abitanti60 000 (2003)
Densità1 175,55 ab./km²
Altre informazioni
Cod. postale857400
Fuso orarioUTC+8
Codice UNS54 02 22 100
Cartografia
Mappa di localizzazione: Cina
Gyantse
Gyantse
Gyantse, la città vecchia.

Gyantse (anche: Gyangtse, rGyang-rtse, rGyal-rtse) è storicamente considerata la terza più grande e importante città della Regione Autonoma del Tibet, anche se a questo punto vi sono almeno dieci città tibetane di maggiori dimensioni[1], e si trova nella regione di Tsang, la cui capitale è Shigatse.

Gyantze è stata visitata diverse volte dal tibetologo Giuseppe Tucci, che nel 1937 vi fu accompagnato da Fosco Maraini, nel 1939 dal capitano degli Alpini Felice Boffa Ballaran, e nel 1948 dal fotografo Pietro Francesco Mele e dal medico della Marina militare Regolo Moise.

Per Gyantse transitò inoltre nel 1938-39 la discussa spedizione "scientifica" dell'associazione Ahnenerbe, sponsorizzata dal fondatore della stessa, il nazista Heinrich Himmler, e diretta da Ernst Schäfer con Bruno Beger, Edmund Geer ed Ernest Krause, che durante le loro ricerche, oltre a raccogliere materiale e scattare foto (2 più sotto nella Galleria di immagini) girarono anche il film Geheimnis Tibet (Tibet segreto).

Geografia[modifica | modifica wikitesto]

Sita a 3977 metri di altitudine sul livello del mare si trova in una posizione strategica all’incrocio delle antiche vie commerciali che salgono dal Sikkim indiano via valle del Chumbi e Contea di Yadong. Da Gyantze questa via procede poi per Shigatse verso nord — su una diramazione della Friendship Highway, che collega (Shanghai) e Lhasa con Katmandu, la capitale del Nepal —, oppure, in direzione nord ovest, verso il Tibet centrale e Lhasa (254 chilometri)) attraverso il Lago Yamdrok e lo spettacolare Karo La (Passo, 5010 m.s.m.)[2].

Kumbum[modifica | modifica wikitesto]

Il Kumbum di Gyantse

Gyantse è famosa per il Kumbum posto entro le mura dell'antico monastero Pelkor Chode. Costruito tra il 1427 e il 1439 per ordine del principe Rabten Kunzang Phak[3], il Kumbum è uno stupa con 108 porte (numero sacro per i buddisti) che danno su una settantina di cappelle[4] disposte su cinque piani, tutte finemente illustrate da migliaia di dipinti e centinaia di statue. Durante la Grande rivoluzione culturale esso fu risparmiato.[5]

«Il Kumbum non mi appare affatto nelle condizioni disastrose che mi erano state preannunciate, ma anzi tutto lindo e pitturato, almeno all’esterno. È lì nello splendore dei suoi oltre 40 metri e con le sue 73 cappelle (con 108 porte) in cui si dice siano contenute non già ‘‘centomila’’ ma comunque quasi 28.000 immagini, tra dipinti e sculture. Nella sua realtà fisica, ma anche solamente in pianta, è un mandala che rappresenta l’universo buddista.»

«Chi edificò il Combum ricreò l'universo, non nella sua struttura materiale che non conta, ma nella sua costruzione ideale, nell'intreccio delle forze che lo animano, nel gioco delle energie psichiche che gli danno varietà e mutevolezza d'aspetti. E quest'universo è idea germinata dalla coscienza primordiale…»

Dzong[modifica | modifica wikitesto]

Il Dzong di Gyantse, 8 maggio 2015

Essa è inoltre famosa per il Dzong, imponente fortezza costruita nel 1390[7] a guardia di possibili invasioni da sud verso la valle dello Yarlung Tsangpo (Brahmaputra) e Lhasa[8]. In aggiunta al forte, la città era circondata da 3 chilometri di mura.[9]

«È uno di quei luoghi… che chiamano il castello, lo bramano, lo vogliono, lo esigono!»

La fortezza originale, conosciuta come Gyel-khar-tse è stata attribuita a Pelkhor-tsen, figlio dell'antibuddista re Langdarma, che regnò probabilmente dall'838 all'841. Le mura attuali si suppone siano state costruite nel 1268, dopo l'ascesa al potere dei Sakya.

Gyantse è spesso chiamata "Città Eroe" dai cinesi a causa della formidabile resistenza opposta dalla sua popolazione alle forze molto superiori dell'invasione britannica del 1904, allorché un esercito inglese di 4.000 uomini con 10.000 ausiliari indiani, sotto il comando del colonnello Francis Younghusband, penetrò in Tibet e conquistò Gyantse senza che sulle prime vi fosse opposizione armata. Quando però le truppe tibetane si furono organizzate, impadronendosi del Dzong, le truppe inglesi mossero all'assalto e sterminarono i 900 difensori che, armati al più di antiquati moschetti ad avancarica, si trovarono per la prima volta ad affrontare mitragliatrici Maxim e mortai di montagna.[10] Gyantse fu conquistata il 12 aprile 1904[11], e da lì, dopo altri sanguinosi massacri, i britannici avanzarono per conquistare Lhasa, da dove nel frattempo il XIII Dalai Lama aveva cercato rifugio in Mongolia.

Gyantse (1954)

In conseguenza dell'invasione, nel primo quarto del XX secolo, sotto il regno del XIII Dalai Lama, a Gyantse fu stanziata una guarnigione britannica composta soprattutto di soldati indiani — definita nel 1919 un "gruppetto" da Sir Walter Buchanan[12] — allo scopo di fungere da scuola militare per addestrare gli ufficiali tibetani[13]. Risulta che un certo Hank Baker, operatore radio stanziato in Tibet durante la Seconda guerra mondiale, abbia fatto un'ispezione alla "guarnigione armata indiana al forte di Gyantse" nel 1938.[14][15] Nel 1940 la guarnigione militare britannica era ancora presente nella città.[16]

Le mura furono minate di nuovo dai cinesi nel 1967 durante la Grande rivoluzione culturale, anche se dell'evento rimangono scarse notizie. Nel dzong è stato creato un piccolo museo degli eccessi della spedizione Younghusband secondo la prospettiva dei cinesi.

Clima[modifica | modifica wikitesto]

Gyantse ha un clima umido continentale influenzato dall'altitudine, Dwb secondo la Classificazione dei climi di Köppen.

Dati meteo[17] Mesi Stagioni Anno
Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic InvPriEst Aut
T. max. media (°C) −4,36,28,812,616,319,418,717,816,613,18,75,72,512,618,612,811,6
T. media (°C) −4,9−2,40,95,19,012,913,112,310,65,4−0,2−3,7−3,75,012,85,34,8
T. min. media (°C) −14,1−10,9−6,9−2,31,86,47,56,94,7−2,2−9,1−13,0−12,7−2,56,9−2,2−2,6
Precipitazioni (mm) 0024154693944362002123351305

Galleria d'immagini[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Dorje (1999), p. 254.
  2. ^ Dowman (1988), p. 269
  3. ^ Dorje, p. 311
  4. ^ da 72 a 77 secondo le fonti; 75 secondo Dorje, p. 311, il quale però alla pagina successiva presenta lo schema di F. Ricca ed E. Lo Bue, che ne conta 72)
  5. ^ Buckley 1986 p. 158
  6. ^ Giuseppe Tucci, in Le Vie del Mondo, 1938. Ripreso in Il paese delle donne dai molti mariti, Neri Pozza, Vicenza, 2005, p. 266
  7. ^ Vitali (1990), p. 30.
  8. ^ Allen (2004), p. 30.
  9. ^ Buckley, Michael and Strauss, Robert (1986), p. 158.
  10. ^ Allen (2004), pp. 120–122.
  11. ^ French, 1994, p. 227"
  12. ^ Sir Walter Buchanan, A recent trip into the Chumbi Valley, Tibet, The Royal Geographical Society, 1919.
  13. ^ Wang Jiawei and Nyima Gyaincain, The Tibetan Army's First Eastward Invasion Archiviato il 27 settembre 2013 in Internet Archive., in The Historical Status of China's Tibet, China Intercontinental Press, 1997.
  14. ^ Hank Baker’s obituary notice, telegraph.co.uk, 4 March 2006.
  15. ^ Sanderson Beck, Tibet, Nepal, and Ceylon, 1800-1950.
  16. ^ BBC Radio 4 23 September 2013 11a.m http://www.bbc.co.uk/programmes/b03bdbq2
  17. ^ Climate-Data.org

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Allen, Charles. (2004). Duel in the Snows: The True Story of the Younghusband Mission to Lhasa. John Murray (publishers), London ISBN 0-7195-5427-6.
  • Buckley, Michael and Strauss, Robert. 1986. Tibet: a travel survival kit. Lonely Planet Publications, South Yarra, Australia ISBN 0908086881.
  • Das, Sarat Chandra. 1902. Lhasa and Central Tibet. Reprint: Mehra Offset Press, Delhi. 1988 ISBN 81-86230-17-3
  • Dorje, Gyurme. 1999. Footprint Tibet Handbook. 2nd Edition. Bath, England ISBN 1-900949-33-4. Also published in Chicago, U.S.A ISBN 0-8442-2190-2.
  • Dowman, Keith. 1988. The Power-places of Central Tibet: The Pilgrim's Guide. Routledge & Kegan Paul, London and New York ISBN 0-7102-1370-0
  • French, Patrick (1994). Younghusband: The Last Great Imperial Adventurer. Reprint: Flamingo Books, London (1995). ISBN 0-00-637601-0.
  • Harris, Clare. 2012. The Museum on the Roof of the World: Art, Politics, and the Representation of Tibet. University of Chicago Press ISBN 978-0-226-31747-2
  • Mayhew, Bradley and Kohn, Michael. (2005). Tibet. Lonely Planet Publications ISBN 1-74059-523-8.
  • Ricca, Franco & Lo Bue, Erberto, The Great Stupa of Gyantse. A Complete Tibetan Pantheon of the Fifteenth Century, Serindia, 1993, B H B Distribution (1994), ISBN 9780906026304.
  • Richardson, Hugh E. (1984). Tibet and its History. Second Edition, Revised and Updated. Shambhala Publications, Boston ISBN 0-87773-376-7.
  • Tucci, Giuseppe, Indo-Tibetica (4 volumi in 7 tomi, più un fascicolo di cartine, Luni Editrice, Milano, ISBN 9788879845151 (In particolare: Volume 4, 3 tomi: Gyantse e i suoi monasteri.
  • Vitali, Roberto. Early Temples of Central Tibet. (1990). Serindia Publications. London ISBN 0-906026-25-3.
  • von Schroeder, Ulrich. (1981). Indo-Tibetan Bronzes. (608 pages, 1244 illustrations). Hong Kong: Visual Dharma Publications Ltd ISBN 962-7049-01-8
  • von Schroeder, Ulrich. (2001). Buddhist Sculptures in Tibet. Vol. One: India & Nepal; Vol. Two: Tibet & China. (Volume One: 655 pages with 766 illustrations; Volume Two: 675 pages with 987 illustrations). Hong Kong: Visual Dharma Publications, Ltd.) ISBN 962-7049-07-7
  • von Schroeder, Ulrich. 2008. 108 Buddhist Statues in Tibet. (212 p., 112 colour illustrations) (DVD with 527 digital photographs). Chicago: Serindia Publications. ISBN 962-7049-08-5
  • Palin,Michael (2004). Himalaya with Michael Palin. (DVD Volume 4)

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