Gotico chiaramontano

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Trifora chiaramontana al Palazzo Chiaramonte-Steri di Palermo, chiaro esempio dello stile

Il Gotico chiaramontano o stile chiaramontano è una corrente dell'arte gotica sviluppatasi in Sicilia durante il dominio della famiglia Chiaramonte[1], a lungo Conti di Modica.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Nel XIV secolo si diffuse in Sicilia uno stile architettonico che prese il nome di Stile chiaramontano. Si tratta di applicazioni in pietra con modanature a zig zag di derivazione anglo-normanna (bastoni rotti), incastonate nelle ghiere merlettate di portali e bifore a sesto acuto, con il fine da rendere più suggestive e abbellire le facciate esterne ed interne di Chiese, Palazzi, Monasteri, conventi e ospedali.

Già nel Trecento la famiglia dei Chiaramonte aveva costruito un considerevole numero di edifici religiosi, civili e militari, molti dei quali ancora esistenti, nel Vallo di Mazara, in Sicilia, e nella contea di Modica.

Lo stile[modifica | modifica wikitesto]

Monastero di Santo Spirito a Agrigento

Resti di questo stile vengono rilevate anche nella Francia, in Normandia, in diverse località dove ancora si notano monumenti decorati con la stessa modanatura a zig zag. Ciò fa presupporre che i Chiaramonte iniziarono la loro opera di abbellimento già due secoli prima dell'invasione normanna della Sicilia. I Chiaramonte, potenti in Sicilia per quasi tutto il Trecento, dimostrarono la loro influenza anche attraverso le numerose costruzioni di edifici civili e di culto, imponendo quale proprio sigillo artistico, che divenne poi il marchio di famiglia, la modanatura a zig zag, d'origine anglo-normanna[2],[3] e in uso nel nord della Francia dal XI secolo, ed adottata nei portali, nelle colonne e nelle bifore.

Ad Agrigento, ed in parecchi centri della Provincia di Agrigento, questo stile Chiaramontano ebbe una presenza maggiore rispetto ad altri siti siciliani, anche perché la città demaniale di Girgenti, per un certo periodo, si trovò sotto la giurisdizione diretta della famiglia che la fece diventare una perla dell'architettura trecentesca. Nonostante le congiure, le condanne a morte dei discendenti maschi e la confisca dei beni, i Chiaramonte hanno lasciato nella città di Agrigento molte tracce della loro presenza, nelle architetture dei monumenti e palazzi.

Principali edifici[modifica | modifica wikitesto]

Arco di San Giovanni de' Fleres.
Palazzo Chiaramonte-Steri.
Portale della chiesa di Santa Caterina a Montalbano Elicona.
Portale dell'antica chiesa madre chiaramontana di Bivona
Particolare della casa con bifora di Savoca
L'Arco Durazzesco di Forza d'Agrò

Provincia di Agrigento[modifica | modifica wikitesto]

Provincia di Caltanissetta[modifica | modifica wikitesto]

Provincia di Catania[modifica | modifica wikitesto]

Provincia di Messina[modifica | modifica wikitesto]

Provincia di Palermo[modifica | modifica wikitesto]

Provincia di Ragusa[modifica | modifica wikitesto]

Provincia di Siracusa[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Le numerose fabbriche di carattere civile e religioso di cui si fecero promotori i Chiaramonte hanno fatto parlare dell’esistenza di una corrente omonima con un proprio vocabolario architettonico e decorativo (Toesca, 1951), tesi comunque non accolta concordemente dalla critica (Spatrisano, 1972). e iniziative della più potente casata siciliana si rivolsero, dopo la realizzazione dello Steri di Palermo, anche agli aviti feudi agrigentini. Intorno alla metà del secolo vennero ristrutturate le roccaforti familiari di Agrigento, Siculiana, Racalmuto e Favara, si proseguirono i lavori del Santo Spirito ad Agrigento e furono sovvenzionate fondazioni religiose a Naro (chiesa matrice e convento francescano, 1362-1364), Bivona (chiesa matrice, 1374) e Caltabellotta (S. Salvatore, terzo quarto del secolo14); per iniziativa di Federico III Chiaramonte (m. nel 1363) si innalzò la residenza di Palma di Montechiaro (1350 ca.) e furono acquisiti nel 1366 e nel 1374 i castelli demaniali di Naro e Mussomeli, adeguando gli spazi residenziali e di rappresentanza alle esigenze dei nuovi proprietari (sala dei Baroni nel castello di Mussomeli). in Enciclopedia dell'Arte Medievale Treccani/
  2. ^ Eugène Lefèvre-Pontalis, « L'Église de Chars (Seine-et-Oise) », Bulletin monumental, Paris / Caen, A. Picard / Henri Delesques, vol. 65, , p. 7-29 (ISSN 0007-473X, lire en ligne) ; p. 19-20.
  3. ^ Eugène Lefèvre-Pontalis, « Les Influences normandes au XIe et au XIIe siècle dans le Nord de la France », Bulletin monumental, Paris / Caen, A. Picard / H. Delesques, vol. 70, , p. 20-25 (ISSN 0007-473X, lire en ligne).
  4. ^ a b c d e f Pagina 173, Agostino Inveges, "La Cartagine Siciliana" [1], Libri uno, due e tre, Palermo, Giuseppe Bisagni, 1651.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]