Giuseppe Ghio

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Giuseppe Ghio (Palermo, 20 agosto 1818Napoli, 24 gennaio 1875) è stato un generale italiano, ufficiale del Regno delle Due Sicilie poi passato al Regio Esercito.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Discendente da una famiglia di tradizioni borboniche (Rosa Baccher, la nonna, era sorella dei borbonici la cui congiura fu denunciata da Luisa Sanfelice[1]), frequentò il collegio militare della Nunziatella. Terminati gli studi, intraprese la carriera militare.

Fu nominato capitano dei Cacciatori il 1º marzo 1840[2]; nel 1848 fu al comando del corpo di circa 200 cacciatori che uccisero Pietro Mileti nella Valle del Savuto[3]; nel 1850, maggiore, ottenne l'ordine di San Ferdinando e del Merito[4]; nel 1857, da tenente colonnello, fu al comando delle truppe che sconfissero a Padula i "Trecento", i rivoluzionari guidati da Pisacane e Nicotera[5]. Da generale guidava l'esercito borbonico che, forte di oltre diecimila uomini e dodici cannoni, il 30 agosto 1860 a Soveria Mannelli si arrese senza combattere ai volontari garibaldini calabresi[6][7][8].

Nel settembre 1860, pochi giorni dopo la resa di Soveria Mannelli, Giuseppe Garibaldi nominò Ghio comandante di Sant'Elmo, la piazza di Napoli. Questa nomina suscitò vivaci proteste da parte dei mazziniani a causa del ruolo avuto da Ghio nella fine di Pisacane[5]. In seguito alle polemiche, nel novembre del 1860 Ghio lasciò l'esercito piemontese[9]. A causa delle modalità della resa di Soveria Mannelli e del successivo ingresso nell'esercito piemontese, Giuseppe Ghio venne accusato di tradimento dai fautori della monarchia borbonica[10]. Morì di morte violenta in località "Ponti Rossi", a Napoli[11].

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Reale Ordine di San Ferdinando e del Merito - nastrino per uniforme ordinaria

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Benedetto Croce, Pagine sparse: memorie, schizzi biografici e appunti storici, raccolte da G. Castellano, p. 20, Napoli: Ricciardi, 1920.
  2. ^ Esercito delle Due Sicilie, Ruoli de' generali ed uffiziali attivi e sedentanei di tutte le armi del real esercito di S.M. il re del regno delle Due Sicilie. Napoli: dalla Reale tipografia militare, 1846, p. 69 (on-line)
  3. ^ P. Posteraro, «MILETI, Pietro». In: Dizionario Biografico degli Italiani, Roma: Istituto della Enciclopedia Italiana, 2010
  4. ^ Raffaele de Cesare, La fine di un Regno, Città di Castello: S. Lapi, 1909, Vol. I, Cap. IX, p. 187
  5. ^ a b Jessie White Mario, In memoria di Giovanni Nicotera, Firenze: G. Barbera, 1894, p. 47.
  6. ^ Raffaele de Cesare, La fine di un Regno, op. cit., Vol. II, Cap. XVII, p. 362
  7. ^ Ludovico Quandel-Vial, Una pagina di storia: giornale degli avvenimenti politici e militari nelle Calabrie dal 23 luglio al 6 settembre 1860, Napoli: Tipografia degli Artigianelli, 1900.
  8. ^ Cesare Sinopoli, La Calabria : storia, geografia, arte, Catanzaro: Guido Mauro editore, 1926 - nuova edizione a cura di Francesco Giuseppe Graceffa, Soveria Mannelli: Rubbettino, 2004. [1]
  9. ^ Camillo Benso Conte di Cavour, La Liberazione del Mezzogiorno e la formazione del Regno d'Italia: Carteggi di Camillo di Cavour con Villamarina, Scialoja, Cordova, Farini, ecc., Vol. I p. 238, Bologna: Nicola Zanichelli, 1949.
  10. ^ Pietro Calà Ulloa, Letters napolitaines, Roma: Tipografia de la Civiltà cattolica, 1863, p. 25 [2].
  11. ^ Giuseppe Buttà, Un viaggio da Boccadifalco a Gaeta : memorie della rivoluzione del 1860 al 1861, Napoli : coi tipi di Michele Savastano, 1875