Giulio De Benedetti

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Giulio De Benedetti

Giulio De Benedetti (Asti, 13 ottobre 1890Torino, 15 gennaio 1978) è stato un giornalista italiano, direttore de La Stampa dal 1948 al 1968.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Entrò a La Stampa nel 1910, assunto dal direttore Alfredo Frassati come stenografo e cronista[1]; nel 1912 fu nominato corrispondente dalla Svizzera. Nell'estate del 1914 realizzò uno scoop, descrivendo per primo la mobilitazione dell'esercito tedesco verso la Francia[2].

Alla Gazzetta del Popolo[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1919 passò alla concorrente Gazzetta del Popolo. A Mosca intervistò Lev Trockij e Nikolaj Bucharin; nel 1923 a Monaco di Baviera ebbe l'occasione di intervistare Adolf Hitler prima del fallito "Putsch di Monaco"[1]. Dal 1927 al 1930 fu condirettore del quotidiano torinese[3]. Licenziato per antifascismo,[2] nel 1931 torna alla Stampa per il diretto interessamento del senatore Giovanni Agnelli, proprietario del giornale. Di religione ebraica[4], dopo l'approvazione delle leggi razziali fasciste (1938), avrebbe dovuto essere licenziato. Sempre per l'intervento del senatore Agnelli continuò a scrivere per la testata sabauda sotto falso nome oppure come anonimo.[2]

Alla Stampa[modifica | modifica wikitesto]

Giulio De Benedetti

Dopo l'8 settembre 1943 De Benedetti fu costretto a riparare in Svizzera per sfuggire alla deportazione. Dopo la Liberazione fu vicedirettore del quotidiano liberale L'Opinione. Nel 1946 passò alla Stampa come caporedattore; nel gennaio 1948 ne divenne direttore, subentrando a Filippo Burzio e mantenne l'incarico per vent'anni, dal 1948 al 1968, dirigendo anche l'edizione pomeridiana Stampa Sera. Alla Stampa De Benedetti riuscì ad attuare il progetto di "quotidiano popolare". Nella gerarchia delle notizie, mise al primo posto la cronaca rispetto alla politica[5]. Portò la tiratura del quotidiano a 500 000 copie giornaliere (600.000 la domenica)[6], ponendolo come diretto concorrente del «Corriere della Sera».

La sua rubrica di dialogo coi lettori Specchio dei tempi ricevette in vent'anni quasi un milione di lettere. Sostenne inoltre che il successo di un quotidiano dipendesse dal mercato locale: due terzi delle vendite dovevano provenire dai lettori piemontesi[7]. Ciò non impedì a La Stampa di diventare un giornale di primo piano anche in ambito nazionale: alla metà degli anni sessanta il quotidiano torinese vendeva in media 375 000 copie giornaliere in Italia. De Benedetti firmò con il nome completo gli articoli di fondo e curò la rubrica di posta con i lettori Specchio dei tempi. Usava firmare i corsivi in prima pagina con la sigla «Gdb».

Ebbe una figlia, Simonetta (1921-2006), nata a Berlino, dove il padre lavorava come corrispondente, che nel 1950 si sposò con Eugenio Scalfari.

Giulio De Benedetti è sepolto nel cimitero di Rosta (TO)[8].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b L’era di Giulio De Benedetti genio spietato e vanitoso, su lastampa.it. URL consultato il 9 giugno 2018 (archiviato dall'url originale il 12 giugno 2018).
  2. ^ a b c Carlo Moriondo, Grande giornalista e direttore, in La Stampa, 16 gennaio 1978, p. 4.
  3. ^ Giornale e Giornalismo, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  4. ^ Giampaolo Pansa, La destra siamo noi, Milano 2015, p. 306.
  5. ^ Paolo Murialdi, La stampa italiana del dopoguerra 1943-1972, Bari, Laterza, 1973 p. 233.
  6. ^ Pierluigi Allotti, Quarto potere. Giornalismo e giornalisti nell'Italia contemporanea, Carocci, Roma, 2017, pag. 99.
  7. ^ Giampaolo Pansa, Carta straccia, Milano, Rizzoli, 2011.
  8. ^ Quando Giulio De Benedetti disse a Valletta: “La Stampa deve piacere agli operai”, su torino.repubblica.it. URL consultato il 1º marzo 2019.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Predecessore Condirettore della Gazzetta del Popolo
Direttore Antonio Amicucci
Successore
/// dal 1927 al 1930 Eugenio Bertuetti
Predecessore Direttore della Stampa Successore
Filippo Burzio dal 27 gennaio 1948 al 4 dicembre 1968 Alberto Ronchey
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