Giovanni Antonio Orsini del Balzo

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Giovanni Antonio Orsini del Balzo
Principe di Taranto
Stemma
Stemma
In carica1421 – 15 novembre 1463
PredecessoreGiacomo II di Borbone-La Marche
SuccessoreIsabella di Chiaromonte
TrattamentoPrincipe
Altri titoliGran Connestabile del Regno di Napoli[1]
NascitaLecce, 9 settembre 1401
MorteAltamura, 15 novembre 1463 (62 anni)
DinastiaOrsini del Balzo
PadreRaimondo Orsini del Balzo
MadreMaria d'Enghien
ConsorteAnna Colonna
FigliCaterina
Maria Conquesta
Eleonora
Francesca
Bertoldo (tutti illegittimi)
ReligioneCattolicesimo
Giovanni Antonio Orsini del Balzo
SoprannomeGiannantonio
NascitaLecce, 9 settembre 1401
MorteAltamura, 15 novembre 1463
Cause della morteAssassinio
Dati militari
Paese servito Regno di Napoli
Regno d'Aragona
Forza armataMercenari
GradoCondottiero
BattaglieBattaglia di Anghiari (1440) ed altre
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«Giovanni Antonio Orsini, principe di Taranto, fu il più potente feudatario napoletano del Quattrocento, e determinò più volte, col sostegno dato o tolto al re di Napoli, le sorti del loro regno: finché soggiacque nella prima grande congiura e ribellione dei baroni contro re Ferrante d'Aragona, il quale, nonostante che fosse con lui imparentato, lo fece segretamente mettere a morte. Le terre da lui possedute erano tante che si diceva dai contemporanei che egli poteva cavalcare da Napoli fino a Taranto senza mai toccare terra altrui.»

Giovanni Antonio Orsini del Balzo, detto Giannantonio (Lecce, 9 settembre 1401Altamura, 15 novembre 1463), è stato un nobile e condottiero italiano.

Fu principe di Taranto, duca di Bari, conte di Acerra, Conversano, Lecce, Matera, Soleto e Ugento, signore di Altamura e Oria, e gran connestabile del Regno di Napoli.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Copia di Pieter Paul Rubens della Battaglia di Anghiari di Leonardo da Vinci. Sono raffigurati da sinistra verso destra Francesco Piccinino, Niccolò Piccinino, Ludovico Trevisan e Giovanni Antonio Orsini del Balzo

Alla morte del padre Raimondo Orsini del Balzo, avvenuta nel 1406, non subentrò subito nella successione, in quanto la madre Maria d'Enghien si risposò l'anno seguente (1407) con il re del Regno di Napoli Ladislao d'Angiò-Durazzo, che requisì i possedimenti. Le sue nozze con Maria d'Angiò-Valois, figlia di Luigi II, non vennero più celebrate per motivi di alleanze politiche. Sposò nel 1417 una nipote di papa Martino V, Anna Colonna, figlia di Lorenzo Onofrio Colonna, conte di Albe, della linea di Genazzano. A sua moglie assegnò il feudo di Ceglie del Gualdo (l'odierna Ceglie Messapica).

Con la rinuncia di Giacomo II di Borbone-La Marche del 1420, a Giannantonio venne assegnato per meriti politici il principato di Taranto: l'investitura ufficiale da parte della regina Giovanna II d'Angiò-Durazzo avvenne il 4 maggio 1421. Egli divenne così il più potente feudatario del Regno: il territorio sotto il suo controllo comprendeva 7 arcivescovadi, 30 vescovadi ed oltre 300 castelli e poteva spostarsi da Napoli a Taranto rimanendo sempre sui propri territori.

Ebbe molta importanza a corte, venendo poi coinvolto nelle lotte dinastiche tra la regina Giovanna II, sorella maggiore di Ladislao, che gli fu ostile, ed Alfonso V d'Aragona, che appoggiò contro Luigi III d'Angiò-Valois; dopo l'ascesa al trono di Alfonso vide accrescere la sua potenza con la nomina a gran connestabile del Regno e a duca di Bari.

Alla morte di Alfonso tuttavia si ritirò a Taranto. Qui fu a capo di una ribellione di baroni ostili al nuovo re Ferrante d'Aragona, figlio del defunto Alfonso, che era pure suo nipote acquisito, in favore di Giovanni d'Angiò-Valois, figlio di Renato (1459). Sconfitto dopo alterne vicende, si riconciliò con Ferrante, ma morì nel castello di Altamura nel 1463, strangolato da un certo Paolo Tricarico, forse sicario del re[2]. Alla sua morte la moglie Anna Colonna se ne tornò a Genazzano. Il re Ferrante, per la buona amministrazione esercitata, permise che ella mantenesse il feudo di Ceglie del Gualdo sino alla sua morte, avvenuta nel 1469. Erroneamente, purtroppo, si credeva che Anna Colonna si fosse portata da Taranto a Soleto con un seguito di 14 donzelle e 60 cavalieri, come scrive Elisio Calenzio in una sua lettera[3].

Non avendo figli legittimi, nominò erede del principato la nipote Isabella, figlia della sorella Caterina e di Tristano di Chiaromonte, la quale aveva sposato nel 1444 Ferrante d'Aragona, futuro sovrano del Regno di Napoli. Il suo principato fu quindi incamerato nel demanio regio.

Ascendenza[modifica | modifica wikitesto]

Genitori Nonni Bisnonni Trisnonni
Roberto Orsini Romano Orsini  
 
Anastasia di Monforte  
Nicola Orsini  
Sveva del Balzo Ugone del Balzo  
 
Jacopa della Marra  
Raimondo Orsini del Balzo  
Guglielmo di Sabrano Ermingano di Sabrano  
 
Alistasia del Balzo  
Giovanna di Sabrano  
Roberta di Sangiorgio Berardo di Sangiorgio  
 
Isabella Maletta  
Giovanni Antonio Orsini del Balzo  
Gualtieri d'Enghien ?  
 
?  
Giovanni d'Enghien  
Isabella di Brienne Gualtieri V di Brienne  
 
Giovanna di Châtillon  
Maria d'Enghien  
Bertrando del Balzo Berteraimo del Balzo  
 
?  
Sancia del Balzo  
Margherita d'Alneto Roberto d'Alneto  
 
?  
 

Discendenza[modifica | modifica wikitesto]

Giovanni Antonio Orsini del Balzo aveva sposato nel 1417 Anna Colonna, figlia di Lorenzo Onofrio Colonna, conte di Albe, della linea di Genazzano, dalla quale non ebbe figli. Ebbe però da relazioni extraconiugali la seguente progenie illegittima:

  1. Caterina, contessa di Conversano e signora di Bitetto, Casamassima, Gioia del Colle, Noci e Turi. Sposò nel 1456 Giulio Antonio I Acquaviva d'Aragona, 7º duca di Atri;
  2. Maria Conquesta († post 1487), contessa di Ugento e signora di Castro e Nardò. Sposò Anghilberto del Balzo, 1º duca di Nardò e conte di Tricase;
  3. Eleonora, sposò in seconde nozze Antonio Centelles, figlio primogenito ed omonimo di Antonio Centelles, conte di Catanzaro;
  4. Francesca, sposò Giacomo Sanseverino, conte di Saponara;
  5. Bertoldo († post 1488), conte di Lecce, barone di Salice e signore di Carovigno e Guagnano.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Tutini (1666), pp. 146-151.
  2. ^ Santoro et al. (1985), p. 50, nota n. 63.
  3. ^ Crocepassim.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Benedetto Croce, Lettere dell'umanista Elisio Calenzio al servizio di Ferdinando I d'Aragona, Napoli, Archivio storico per le provincie napoletane, ISBN non esistente.
  • Giulio Roscio, Agostino Mascardi, Fabio Leonida, Ottavio Tronsarelli e al., Ritratti et elogii di capitani illvstri, Roma, Agostino Mascardi, 1646, ISBN non esistente.
  • Francesco Sansovino, De gli hvomini illvstri della casa Orsina, Venezia, Bernardino e Filippo Stagnini, 1565, ISBN non esistente.
  • Domenico Santoro, Vitangiolo Frizzale e Ottavio Serena, Storie inedite della città di Altamura, a cura di Tommaso Berloco, Altamura, ATA, 1985, ISBN non esistente.
  • Filippo Thomassino e Giovan Turpino, Ritratti di cento capitani illvstri, Parma, 1596, ISBN non esistente.
  • Camillo Tutini, Discorsi de' Sette Officii overo de' Sette Grandi del Regno di Napoli, vol. 1, Roma, Giacomo Dragondelli, 1666, ISBN non esistente.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Predecessore Principe di Taranto Successore
Giacomo II di Borbone-La Marche 14211463 Isabella di Chiaromonte
Predecessore Gran Connestabile del Regno di Napoli Successore
Antonio Caldora 14421463 Alessandro Sforza
Controllo di autoritàVIAF (EN89766075 · ISNI (EN0000 0001 1683 6572 · BAV 495/52703 · CERL cnp01282554 · LCCN (ENn93030088 · GND (DE143671154 · BNF (FRcb16732932d (data) · WorldCat Identities (ENlccn-n93030088