Giorgio Scerbanenco

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Giorgio Scerbanenco

Volodymyr-Džordžo Ščerbanenko, in ucraino Володимир-Джорджо Щербаненко?, per l'anagrafe italiana Wladimiro Scerbanenko[1] (Kiev, 28 luglio 1911Milano, 27 ottobre 1969), è stato un giornalista e scrittore italiano, di origine ucraina. Fu direttore del periodico Novella e fondatore della rivista Bella. Ha scritto romanzi western, di fantascienza e rosa, oltre che di genere poliziesco, dove è considerato uno degli autori italiani più importanti.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nacque a Kiev, nell'allora Russia zarista, da Valeriano Ščerbanenko e dall'italiana Leda Giulivi. I suoi genitori si erano conosciuti quando il padre era studente in Italia. Sposatisi religiosamente a Roma il 28 aprile 1908 con rito greco-ortodosso[2], i coniugi si trasferirono a Kiev nell'estate successiva[3]. Qui nacque una prima figlia, morta dopo pochi mesi, e poi il futuro scrittore. Questi, all'età di sei mesi, fu condotto dalla madre a Roma, per il suo clima migliore. Nel frattempo il padre era rimasto a Kiev, per insegnare latino e greco. La famiglia ebbe modo di ricongiungersi una sola volta in Ucraina tra l'aprile e il novembre 1913[4]. Poi, con lo scoppio della Prima guerra mondiale, i contatti si interruppero definitivamente.

Tornati madre e figlio in Russia nell'estate del 1920, scoprirono che l'anno prima Valeriano Ščerbanenko era stato fucilato dai bolscevichi[4] nel cortile dell'Università di Kiev, insieme a tutti i suoi studenti[5]. Nella convulsione del momento, le autorità rivoluzionarie sequestrarono loro i passaporti, costringendoli a mescolarsi tra i profughi di varie nazionalità che tentavano di lasciare il paese. Solo dopo un pericoloso viaggio in nave da Odessa, con sosta a Istanbul, i due riuscirono a rientrare in Italia, a Trieste e poi a Roma. Il governo italiano, tuttavia, riconobbe loro lo status di apolidi, non la cittadinanza italiana[6]. Giorgio Scerbanenco la otterrà soltanto nel 1935 per il requisito della residenza ininterrotta dal 1921 e non per jus sanguinis[1]. Italiano di madrelingua, l'essere considerato "straniero" fu il grave cruccio che lo accompagnò durante tutta l'esistenza. Di tale situazione parlò diffusamente nell'autobiografia Io, Vladimir Scerbanenko.[2]

Tali difficoltà, unite a motivi economici, non gli consentirono di conseguire un'istruzione regolare, ma soltanto da autodidatta. La scrittura fu però da subito una sua passione. Lui stesso racconta che la madre "all'ospedale era molto felice che io scrivessi, non doveva avere alcun senso pratico e non si preoccupava che io non avessi in mano nessun mestiere"[2]. Nel 1927 madre e figlio si trasferirono a Milano. Nel 1930 fu ricoverato nel sanatorio di Cuasso al Monte per una forma di infezione polmonare[7].
L'anno dopo Wladimiro Scerbanenko si sposò con Teresa Bandini[8] ed andarono ad abitare al 12 di Via Orti. La coppia ebbe una prima figlia che morì dopo pochi mesi[9]. Il futuro scrittore fu quindi assunto come fresatore alla Borletti e poi come autista della Croce Rossa, prima di arrivare al mondo dell'editoria.

Nel 1934 entrò come redattore nel settore dei periodici Rizzoli, cominciando a firmare decine di racconti e di articoli con il nome di Giorgio Scerbanenco. Alla fine del 1937 passò alla Mondadori come "praticante giornalista"[10] e, nel 1939, fu ammesso all'albo dei giornalisti professionisti[11]. Assunse poi l'incarico di caporedattore dei periodici Mondadori.

A partire dal 1939, con lo pseudonimo di Luciano, tenne sul periodico Grazia la rubrica Posta del cuore. Nello stesso anno nacque il secondo figlio, Alberto (detto Alan), ma il matrimonio era ormai finito. Già nel 1940 Scerbanenco lasciò la moglie per andare a vivere con un'altra donna[12]. Scrisse per l'EIAR cinque radiodrammi di discreto successo[13]. Collaborò anche con importanti quotidiani: L'Ambrosiano, la Gazzetta del Popolo, il Resto del Carlino e il Corriere della Sera (1941-1943).

Giorgio Scerbanenco con Nunzia Monanni

Nel settembre 1943 Scerbanenco fuggì in Svizzera, insieme a buona parte della redazione del Corriere[14]. Vi rimase fino alla fine della guerra. Nel gennaio 1946 si separò legalmente da Teresa Bandini.

Nel dopoguerra tornò alla Rizzoli come direttore del periodico letterario femminile Novella, curando anche qui la rubrica della Posta del cuore. Sempre per Rizzoli fondò e diresse la rivista Bella, curando la rubrica La posta di Valentino e, per Annabella, la sua rubrica di maggior successo, La Posta di Adrian[15].

Dall'ultima sua compagna, la giornalista di Bella Nunzia Monanni, Scerbanenco ebbe nel 1963 la figlia Germana e nel 1964 Cecilia. Trascorse gli ultimi anni a Lignano Sabbiadoro. All'inizio del 1969 iniziò la collaborazione con Stampa Sera: gli venne affidata una pagina settimanale, I gialli del sabato, in cui pubblicò racconti gialli e noir ambientati nel torinese, a volte tratti da fatti di cronaca[16].

Morì nell'ottobre del 1969, all'apice del suo successo, in seguito ad un arresto cardiaco. Fu sepolto al cimitero maggiore di Milano.[17]

Cecilia Scerbanenco ha donato alla biblioteca comunale di Lignano l'archivio dello scrittore. Alla sua memoria è dedicato il più importante premio italiano per la letteratura poliziesca e noir: il premio Scerbanenco.

Attività letteraria[modifica | modifica wikitesto]

Scrittore di incredibile prolificità e versatilità, Scerbanenco ha spaziato magistralmente in ogni campo della narrativa di genere: western, fantascienza (Il paese senza cielo, Il cavallo venduto, L'anaconda) e rosa, ma fu con il giallo che raggiunse una discreta fama, fino ad essere da taluni indicato come uno degli scrittori più importanti di questo genere. Infatti non vi è dubbio che sia da considerare tuttora il maestro ideale di tutti i giallisti italiani, almeno a partire dagli anni settanta.

I suoi romanzi, riletti oggi, appaiono, al di là di alcune trovate 'ad effetto' e delle trame talvolta semplicistiche, uno spaccato umano e amaro dei nostri anni sessanta e rivelano un'Italia difficile, contraddittoria, persino cattiva, ansiosa di emergere, ma disincantata, certo lontana dalla immagine edulcorata e brillante che spesso viene data degli anni del boom economico. Secondo Andrea D'Amico, «La scrittura di Scerbanenco mette fine al processo di americanizzazione che fino ad allora era stato necessario nella letteratura gialla per dare una certa dignità ad autori e pubblicazioni nostrane. Il suo stile, caratterizzato dal ritmo incalzante e dalla cura nei particolari, fu molto amato dal pubblico di allora e riuscì a riabilitare il genere noir che in Italia fino ad allora dipendeva da stereotipi. Le sue storie sono ambientate in una Milano dove dilaga la delinquenza e l'indifferenza».[18]

Esordì nella carriera letteraria nel 1936-1937, durante il periodo alla Rizzoli, scrivendo, nella rubrica di narrativa "Gangsters e GMen" de Il Secolo Illustrato, storie di azione ambientate nelle città americane. In particolare, su questa rubrica Scerbanenco pubblicò sette racconti con lo pseudonimo Denny Sher (Sheer nel primo racconto). In quel periodo, mentre a Milano stava traslocando da una casa all'altra, cominciò a frequentare assiduamente Canzo, Villa Magni-Rizzoli, il lago del Segrino e il Triangolo Lariano – classiche località della villeggiatura milanese dell'epoca – da cui trasse molta dell'ispirazione per i suoi romanzi e in cui ambientò la gran parte delle scene fuori Milano.

Il suo primo romanzo giallo fu Sei giorni di preavviso, del 1940, in cui ideò la figura di Arthur Jelling. Tutta la serie di romanzi di Arthur Jelling fu pubblicata da Mondadori[19].

Scerbanenco venne a contatto con le angosce e la rabbia della gente comune leggendo la posta diretta alle sue rubriche, in cui le lettrici raccontavano i propri casi personali e spesso difficili. Questa esperienza di storie vissute e dolorose ha avuto una importanza decisiva nella maturazione del suo stile noir, particolarmente crudo e amaro[20].

Il successo letterario arrivò con la quadrilogia dedicata a Duca Lamberti, un giovane medico radiato dall'Ordine e condannato al carcere per aver praticato l'eutanasia ad una vecchia signora, malata terminale. Lamberti in seguito diventò una sorta di investigatore privato che collaborava con la questura di via Fatebenefratelli a Milano, in particolare con il commissario di origini sarde Luigi Càrrua, poi promosso alla carica di questore.

La serie di Duca Lamberti, iniziata con Venere privata nel 1966, portò l'autore a un successo di critica[21] e di pubblico, grazie anche alle molte versioni cinematografiche e ai riconoscimenti internazionali. Nel 1968 Traditori di tutti venne riconosciuto quale miglior romanzo straniero dal prestigioso premio francese Grand prix de littérature policière. I romanzi raccontano di una Milano e di un'Italia che sta cambiando e in cui si mischiano in modo inestricabile il nuovo benessere e i disagi sociali, i vecchi quartieri a cavallo con la campagna e i luoghi simbolo della ricca città[22]. A conferma della fama raggiunta, tre dei romanzi della serie sono stati portati sullo schermo cinematografico.

Negli ultimi anni trascorsi a Lignano Sabbiadoro scrisse e ambientò alcuni romanzi (La sabbia non ricorda, Al mare con la ragazza) e moltissimi racconti.

Molte sue opere sono state ripubblicate dopo la sua morte: nel 1994 uscirono I milanesi ammazzano al sabato, Noi due e nient'altro, Appuntamento a Trieste e Cinquecentodelitti. Nel 1995 furono dati alle stampe Lupa in convento, Cinque casi per l'investigatore Jelling, Le principesse di Acapulco, Le spie non devono amare, Al mare con la ragazza e Non rimanere soli.

Nel 1996 uscirono ancora Ladro contro assassino, Millestorie, Storie del futuro e del passato. Nel 1999 uscirono I ragazzi del massacro, Al servizio di chi mi vuole, La ragazza dell'addio.

Nel 2006 venne realizzata dal regista Stefano Giulidori una docufiction sulla sua vita, con interviste e testimonianze di chi l'ha conosciuto. Venne presentata al Noir in Festival di Courmayeur 2006. Nel 2007 l'editore Garzanti pubblicò una antologia di racconti di alcuni tra i più noti scrittori noir italiani dedicata al personaggio più famoso di Scerbanenco, Duca Lamberti, intitolandola Il ritorno del Duca.

Infine nel 2018, per l'editore La nave di Teseo, venne pubblicato L'isola degli idealisti, scritto in gioventù e conservato per cinquant'anni dalla moglie Teresa Bandini, prima di entrare in possesso del figlio Alan Scerbanenko, che lo passò alla sorella Cecilia.[23]

Opere[24][modifica | modifica wikitesto]

Romanzi[modifica | modifica wikitesto]

Serie di Arthur Jelling[modifica | modifica wikitesto]

Ciclo del Nuovo Messico[modifica | modifica wikitesto]

Quadrilogia di Duca Lamberti[modifica | modifica wikitesto]

Altri romanzi[modifica | modifica wikitesto]

Raccolte di racconti[modifica | modifica wikitesto]

Romanzi o racconti pubblicati anche a puntate su periodici e quotidiani[modifica | modifica wikitesto]

Adattamenti cinematografici e televisivi[modifica | modifica wikitesto]

Prosa radiofonica Eiar[modifica | modifica wikitesto]

  • Spiegazione del mondo a mio figlio, commedia in tre atti di G. Scerbanenco, regia di Enzo Ferrieri, trasmessa il 4 aprile 1942

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Archivio di Stato di Milano, Fondo Stato Civile Italiano, Registro Cittadinanze 7440 suppl. 2, Atto di cittadinanza n. 135-Scerbanenko Wladimiro Giorgio
  2. ^ a b c Io, Vladimir Scerbanenko, inː Venere privata, Milano, Garzanti, 1966 (appendice)
  3. ^ Cecilia Scerbanenco, Giorgio Scerbanenco. Il fabbricante di storie, Milano, La Nave di Teseo, 2018, p. 24
  4. ^ a b Alberto Scerbanenko, Le cinque vite di Giorgio Scerbanenko, Milano, Feltrinelli, 2019
  5. ^ Cecilia Scerbanenco, cit., p. 26
  6. ^ Cecilia Scerbanenco, cit., p. 33
  7. ^ Cecilia Scerbanenco, cit., p. 32
  8. ^ Archivio di Stato di Milano, Fondo Stato Civile Italiano, Registro Atti di Matrimonio-Parte II, Serie A, n. 1831, p. 26
  9. ^ Cecilia Scerbanenco, cit., p. 34
  10. ^ Cecilia Scerbanenco, cit., p. 54
  11. ^ Roberto Pirani, Tre tempi in Noir, Sellerio
  12. ^ Cecilia Scerbanenco, cit., pp. 38 e 70
  13. ^ Cecilia Scerbanenco, cit., pp. 56-60
  14. ^ Cecilia Scerbanenco, cit., pp. 99 e ss.
  15. ^ Cecilia Scerbanenco, cit., pp. 130 e ss.
  16. ^ I Torinesi di Scerbanenco
  17. ^ Comune di Milano, App di ricerca defunti Not 2 4get.
  18. ^ Andrea D'Amico, su: www.ilportoritrovato.net - accesso 23 settembre 2009.
  19. ^ Cecilia Scerbanenco, cit., pp. 74 e ss.
  20. ^ Luciano Luciani su: Libere Recensioni, 14 aprile 2009
  21. ^ Massimo Carloni, L'artigianato letterario di Scerbanenco, ne "Il belpaese", ottobre 1984.
  22. ^ Gloria Corbucci, Il romanzo giallo nella didattica dell'italiano: Giorgio Scerbanenco, Università per stranieri di Perugia.
  23. ^ Piero Colaprico, Un signore in giallo chiamato Scerbanenco, in Rep.repubblica.it, 7 luglio 2018.
  24. ^ Dizionario bibliografico del giallo, vol. III, a cura di R. Pirani, M. Mare, M.G. de Antoni, Pirani Bibliografica Editrice, 1998.
  25. ^ Johanna della foresta

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN12314901 · ISNI (EN0000 0000 8091 139X · SBN CFIV011216 · LCCN (ENn78096128 · GND (DE119513951 · BNE (ESXX999265 (data) · BNF (FRcb11923898r (data) · J9U (ENHE987007402178905171 · CONOR.SI (SL36828003 · WorldCat Identities (ENlccn-n78096128