Gino Parin

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Gino Parin, pseudonimo di Federico Guglielmo Jehuda Pollack (Trieste, 1876Bergen-Belsen, 1944), è stato un pittore italiano.

Autoritratto.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Viene da una famiglia ashkenaziti. Dopo gli studi a Trieste e Venezia, completò la sua formazione a Monaco di Baviera, dove presentò le sue opere. Di origine ebraica, malgrado avesse ottenuto la cittadinanza svizzera, attinente di Campo Blenio, fu perseguitato per motivi razziali e morì nel campo di concentramento di Bergen-Belsen, in Germania.[1]

Agli inizi del '900 la sua produzione grafica si orientò verso la caricatura, rifacendosi al genere vignettistico e alla satira della borghesia tipicamente tedesca. Durante la prima guerra mondiale realizzò una nutrita serie di ritratti della poetessa Fanny Lackenbacher, moglie dell'ingegnere ebreo Moise Mario Tedeschi e di altri soggetti, eseguiti con il carboncino o la matita grassa. Fu un buon ritrattista, accurato nella soluzione tecnica e attento all'espressione dei volti, che valorizzò con un buon senso della luce e inquadrature originali. Nel 1913, all'Internazionale di Monaco di Baviera, gli fu conferita la seconda medaglia d'oro per la pittura.

Tra le due guerre Parin tenne mostre a Vienna e a Trieste, esponendo anche alla Biennale di Venezia, mentre all'Internazionale Quadriennale di Torino del 1923 gli fu conferita la medaglia d'oro per la pittura italiana.

Opere[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Jewish Museum (New York, N.Y.): Gardens and Ghettos: The Art of Jewish Life in Italy, University of California Press 1989, p. 337

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • S. Adamo, V. Zudini, Alla riscoperta di Vittorio Benussi. Presentazione dell'edizione digitale del suo archivio. Teorie & Modelli, n. s., 11(2), (2006), pp. 113–125.
  • C. Ragazzoni, Gino Parin, Trieste: Fondazione CRTrieste, 2003.
  • F. Lamacchia, Gino Parin, Il suo album ricordi. Edizione 300 esemplari per commemorare il 50º anniversario della morte. Galleria d'arte Artè, Trieste, 1994.

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