Gianmarco Bellini

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Gianmarco Bellini
Gianmarco Bellini ai comandi del suo Tornado (1991)
NascitaMontagnana, 15 settembre 1958
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Italia
Forza armata Aeronautica Militare
SpecialitàPilota militare
Anni di servizio1977 - 2012
GradoGenerale di brigata aerea[1]
GuerreGuerra del Golfo
Studi militari
Ultima assegnazioneAllied Command Transformation
[1]
voci di militari presenti su Wikipedia

Gianmarco Bellini (Montagnana, 15 settembre 1958) è un generale italiano, pilota dell'Aeronautica Militare.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Proveniente dall'Accademia Aeronautica, ha frequentato il corso Turbine III negli anni 1977-1981.

Operazione Locusta[modifica | modifica wikitesto]

Bellini con la giornalista Lilli Gruber e il navigatore Maurizio Cocciolone (1991)

Alla vigilia della guerra del Golfo il Governo italiano inviò nel Golfo Persico otto[5] cacciabombardieri multiruolo Panavia Tornado IDS appartenenti al , 36º e 50º Stormo nell'ambito dell'Operazione Desert Shield, per l'occasione rischierato negli Emirati Arabi Uniti presso l'aeroporto di Al Dhafra.[6]

Il 16 gennaio 1991, con l'Operazione Desert Storm, le forze della Coalizione iniziarono una campagna di bombardamenti sulle posizioni della Guardia repubblicana irachena, sia sul territorio dell'Iraq che su quello del Kuwait occupato.

Nella notte tra il 17 e il 18 gennaio 1991, il maggiore Gianmarco Bellini (pilota) ed il capitano Maurizio Cocciolone (navigatore) decollarono a bordo del loro cacciabombardiere con altri velivoli italiani e alleati per la prima missione che li vedeva impiegati nello spazio aereo controllato dagli iracheni.

La missione della squadriglia era un deposito areale (vettovagliamento, munizioni e mezzi) nell'Iraq meridionale, a nord-ovest di Kuwait City, difeso da artiglieria contraerea radar-asservita.[7] Bellini e Cocciolone, partiti come molti altri dalla base emiratina, furono gli unici capaci di portare a termine il rifornimento in volo; tutti gli altri velivoli, di cui 7 Tornado italiani e circa 30 altri aeromobili di altri Paesi, ostacolati dalle condizioni meteorologiche, fallirono l'approccio all'aerocisterna e dovettero rientrare alla base.[8]

Bellini, in qualità di capo equipaggio, decise che il loro velivolo avrebbe dovuto proseguire in solitaria, sapendo che il profilo di missione prevedeva di portare avanti l'attacco anche in una situazione del genere[9], quale che fosse lo schieramento difensivo del nemico. Ricevuto l'ok da parte del comando aerotattico,[10][11], il velivolo livellò a circa 250 piedi di quota, attivò il controllo automatico TF[12] e sganciò il carico bellico (5 bombe Mk 83) sull'obiettivo attorno alle 4.30 del mattino.

Dopo circa 40 secondi il loro aereo fu colpito dall'artiglieria contraerea irachena, addestrata alla difesa contro attacchi a bassa quota, e i due italiani dovettero lanciarsi con il seggiolino eiettabile. L'aereo impattò col terreno a circa 20 km a nordovest della capitale kuwaitiana, a poche centinaia di metri da una caserma della Guardia repubblicana irachena.

I due aviatori vennero immediatamente catturati dalle truppe irachene, furono separati, venne loro confiscato tutto ciò che avevano con sé (compresi gli indumenti e gli scarponi) e furono costretti a indossare una tuta gialla, che li qualificava come prigionieri di guerra[13].

La prigionia[modifica | modifica wikitesto]

Il loro velivolo venne dato per disperso, e la loro sorte rimase del tutto ignota per due giorni.

Il 20 gennaio la televisione irachena mostrò un gruppo di piloti prigionieri, fra cui Cocciolone. Il suo volto tumefatto suggeriva un trattamento brutale e le parole da lui pronunciate sembravano dettate dai suoi carcerieri. Nessuna notizia di Bellini venne data in questa occasione, facendo temere il peggio. I due aviatori vennero tenuti separati per tutto il tempo della prigionia.

Dell'esperienza nelle mani irachene Bellini non ricorda molto: per almeno dieci giorni fu sottoposto a pestaggi, spesso minacciato di morte durante gli interrogatori, il maggiore passò gran parte della prigionia in una cella buia e sporca, sotto l'effetto di narcotici e sedativi.[14]

Il 3 marzo, conclusasi l'offensiva, entrambi gli ufficiali furono rilasciati dalle autorità irachene e trasportati su una nave ospedale statunitense nel Golfo Persico.

Bellini e Cocciolone furono gli unici prigionieri di guerra italiani di tutto il conflitto, e il loro status nei 47 giorni di prigionia, per un vuoto normativo delle Forze Armate, non fu mai completamente chiarito dalle autorità militari italiane: non essendo l'Italia formalmente in guerra con l'Iraq, nel loro stato di servizio non compare alcuna detenzione da parte del nemico, ma solo la generica distinzione "a disposizione del comandante di corpo".

Il servizio successivo[modifica | modifica wikitesto]

Bellini, promosso tenente colonnello negli anni 1990 e poi colonnello, fu in seguito nominato comandante del Contingente Italiano al Tri-National Tornado Training Establishment di Cottesmore e poi del 6º Stormo della base aerea di Ghedi.

Promosso generale di brigata aerea e ritiratosi dal servizio attivo nel 2012, oggi vive a Virginia Beach, Virginia (Stati Uniti) dove possiede un ristorante di cucina italiana, Il Rigoletto.[15]

Il generale Bellini con decreto ministeriale n. 5013/142/BIS del 27 marzo 2015 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 87 del 15 aprile 2015 è stato nominato dal ministro degli Esteri, console onorario d'Italia a Norfolk in Virginia (USA).

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Comandante di "Tornado" impegnato nella sua prima, difficile operazione bellica notturna contro obiettivi militari fortemente difesi, riusciva ad effettuare, in presenza di condizioni meteorologiche avverse, il previsto rifornimento in volo e decideva, con chiaro sprezzo del pericolo e senza esitazione, di continuare da solo la missione che gli era stata affidata. Raggiungendo l'obiettivo, subito dopo aver sganciato il carico bellico a bassissima quota su un deposito di munizioni iracheno veniva fatto segno ad intenso fuoco contraereo. Sceso ulteriormente di quota sul deserto in piena oscurità, veniva colpito dalla violentissima reazione contraerea che rendeva ingovernabile l'aeromobile. Lanciandosi assieme al navigatore veniva fatto prigioniero. Manteneva, in mani nemiche, un contegno fermo ed esemplare, nonostante le violenze fisiche e morali subite. Chiaro esempio di professionalità, dedizione e coraggio, degno erede di una luminosa tradizione.»
— Cielo del Kuwait, 18 gennaio 1991.[16]
Cavaliere dell'Ordine al merito della Repubblica Italiana - nastrino per uniforme ordinaria
«Su proposta della Presidenza del Consiglio dei Ministri»
— 2 giugno 2002[17]
Medaglia militare aeronautica per lunga navigazione aerea (I grado) 20 anni di servizio - nastrino per uniforme ordinaria
Croce d'oro per anzianità di servizio - nastrino per uniforme ordinaria
Croce commemorativa per le operazioni nel Golfo Persico (17 gennaio 1991 - 12 aprile 1991) - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia commemorativa per la liberazione del Kuwait - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia commemorativa per la liberazione del Kuwait
«Concessa dal Sovrano Saudita»
Medaglia commemorativa per la liberazione del Kuwait - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia commemorativa per la liberazione del Kuwait
«Concessa dal Principe del Kuwait»

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Pagina meetup di Gianmarco Bellini.
  2. ^ Bellini, dopo dieci anni di nuovo in prima linea, archiviostorico.corriere.it, 21/9/2001.
  3. ^ Italianizzazione dell'inglese to commit, ingaggiare un bersaglio. In questo momento le bombe vengono sganciate sul bersaglio.
  4. ^ Gergo aeronautico per indicare il lancio dei chaff, striscioline metalliche necessarie a confondere il segnale radar e nascondere il velivolo dietro uno schermo elettromagnetico.
  5. ^ Prigioniero e torturato in Iraq, ma l'Italia ha cancellato 47 giorni di guerra, ilgazzettino.it, 16/01/2011.
  6. ^ 1991: L'Aviazione Italiana nella Guerra del Golfo, su aviazione.biz, www.aviazione.biz. URL consultato il 29 aprile 2008 (archiviato dall'url originale il 30 aprile 2008).
  7. ^ Forum sulla missione.
  8. ^ La guerra del golfo, su aeronautica.difesa.it, sito web ufficiale A.M., 9 settembre 2002. URL consultato il 29 aprile 2008.
  9. ^ ibid.
  10. ^ Operazione Locusta, 1ª Parte.
  11. ^ "Ricordo di aver effettuato una chiamata al coordinatore tattico della missione a bordo di un AWACS con il nominativo POMKA, dicendogli che Legion 14 proseguiva per la missione. In risposta ricevetti un «Roger»".
  12. ^ Terrain Following, dispositivo che sui Tornado permette di pilotare seguendo il profilo del terreno, grazie a uno scanner tridimensionale col quale il computer di bordo imposta automaticamente le variazioni da eseguire.
  13. ^ Operazione Locusta - parte 2.
  14. ^ Intervista al gazzettino.it, 26/01/2011.
  15. ^ ibid.
  16. ^ Bellini Gianmarco, su Piloti professionisti, www.gentedellaria.it, 15 marzo 2006. URL consultato il 29 aprile 2008 (archiviato dall'url originale l'11 marzo 2008).
  17. ^ Dettagli onorificenze quirinale.it.
  18. ^ Storia del 50º Stormo, alessandrozucchelli.it.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]