Gergo

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Gergo (per certi versi analogo a slang, in inglese, e ad argot, in francese) è un termine usato per definire delle varietà di lingua che vengono utilizzate da specifici gruppi di persone e che si sono sensibilmente allontanate dalla lingua o dal dialetto parlato di norma in zona[1].

Descrizione generale[modifica | modifica wikitesto]

In genere, ogni generazione o gruppo sociale sviluppa delle sue varietà di linguaggio, per il semplice fatto che i vari componenti parlano più spesso "tra loro" che "con gli altri", oppure perché essi intendono, in modo deliberato, non farsi capire da chi non fa parte del gruppo. Un esempio di linguaggio tendenzialmente gergale è la lingua delle culture giovanili: il fenomeno è interessante per il fatto che qualche volta gli adulti non riescono a capire il linguaggio dei giovani, e tutto ciò non può essere spiegato soltanto con il passare degli anni (spesso, il fatto ha delle ragioni anche e soprattutto sociali).[2]

Sostanzialmente, però, si intende come gergo vero e proprio un idioma segreto.

Alcune delle parole appartenenti ad un gergo (conosciuto per essere poco durevole nel tempo) possono comunque, prima o poi, entrare a far parte della lingua corrente, dopo essere state create per il gergo.

I gerghi in senso stretto[modifica | modifica wikitesto]

Le caratteristiche fondamentali di un gergo vero e proprio sono:

  • L'uso di una lingua base come può essere il dialetto del posto o la lingua ufficiale: il gergo non ha infatti una sua base indipendente (base che invece è presente in un dialetto o nell'idioma di una minoranza linguistica).[3]
  • Una differenza rispetto alla lingua originale sufficiente per poter parlare di segretezza: il gergo in senso stretto ha infatti come scopo quello di impedire la comprensione da parte di parlanti estranei al gruppo sociale. Questa particolarità si chiama funzione criptica.[4] L'uso di alcune parole speciali da parte di un gruppo di studenti, ad esempio, non ha necessariamente lo scopo di rendere segreto un linguaggio (anche se non sempre le parole si capiscono) e quindi non costituisce un fenomeno di gergo in senso stretto.

Esempi[modifica | modifica wikitesto]

A livello internazionale si ricorda il fenomeno di alcuni Cockney londinesi come il rhyming slang, in cui alle parole o frasi vengono sostituite altre parole o frasi che fanno rima con esse (ad esempio apples and pears al posto di stairs)[5]. In Francia, parlando il Verlan, le parole vengono pronunciate all'inverso, anagrammando singole lettere o sillabe: lo stesso nome di questa parlata non è altro che l'inverso (pronunciato) dell'espressione francese l'envers[6]. Un fenomeno analogo (il "vesre", cioè "revés") si trova in molti vocaboli del lunfardo di Buenos Aires, e in Grecia il podanà (Greco: ποδανά, cioè ανάποδα che significa inverso).

In Italia e nelle valli del Canton Ticino erano e in parte sono ancora parlati numerosi gerghi, per lo più nati all'interno di comunità di artigiani girovaghi. Molti di questi gerghi, che in genere assommano a poche centinaia di termini, sono oramai estinti (specie a causa della progressiva scomparsa dei mestieri fra i quali erano diffusi).

Per la maggior parte sono riconducibili alla lingua italiana o a uno dei suoi dialetti, ma non mancano (e anzi sono talvolta comuni a gerghi anche geograficamente distanti) lessemi di ascendenza albanese o neogreca, poiché queste attività ambulanti erano spesso esercitate da membri delle comunità grecaniche o arbëreshë. Analogamente si spiega la presenza, nei gerghi di mestieri, di prestiti dai gerghi parlati in Italia dalle comunità zingare, sia Rom che Sinti: i primi, fra i quali i camminanti siciliani e i Kalderasha, in genere esercitanti l'attività di arrotini, ramai (appunto "calderai") o allevatori di cavalli, i Sinti invece noti come giostrai.

Segue un elenco dei gerghi italiani e del Canton Ticino:

Dato che spesso i gerghi perdono in fretta la loro segretezza o cadono in disuso, alcune parole nate in un gergo possono, come detto, sopravvivere per poi passare alla lingua standard: è ad esempio il caso del termine cosa nostra, parola che proviene dal gergo della mafia.

I gerghi in senso lato[modifica | modifica wikitesto]

Accanto ai gerghi in senso stretto come li abbiamo visti finora, si parla anche di gerghi in senso lato, di parlata allusiva.[13] Si tratta di parlate che effettivamente sono in qualche modo codificate e vengono usate da un determinato gruppo sociale; ad esse manca però l'elemento di segretezza. Fra i gerghi in senso lato si possono comprendere i linguaggi giovanili e i gerghi professionali.

I linguaggi giovanili[modifica | modifica wikitesto]

I linguaggi giovanili sovente si limitano a poche parole, non necessariamente impossibili da comprendere e spesso neanche tanto lontane dal parlato comune. Si può quindi parlare, piuttosto che di gerghi, di parlate senza funzione criptica e parlate allusive.

Questi linguaggi si avvalgono in genere di metafore o di semplici procedimenti metrici di troncamento o allungamento della parola, oppure di semplificazione della frase:

  • Paglia o Paina, per dire "sigaretta"
  • Darsi una punta oppure un puntello, per dire "darsi appuntamento"
  • Il nulla, per dire che "non me ne frega"
  • Marma, per indicare una marmitta
  • Tranqui, con significato di stare tranquillo, avere la situazione sotto controllo
  • Raga, abbreviazione di "ragazzi".

Si tratta spesso di termini che hanno per oggetto il mondo dei tabù e la vita "altra" rispetto a quella familiare piccolo-borghese: sessualità, droga,[14] mondo dei paninari e piccola malavita. Spesso, nel linguaggio corrente a livello internazionale, questi gerghi in senso lato vengono indicati con il termine di slang.[15]

Se possibile, il gruppo sociale di giovani cerca di prendere le distanze da un establishment di "benparlanti" e "benscriventi". Il linguaggio comune contribuisce così alla formazione di un'identità di gruppo.[15] Va comunque detto che i gruppi di giovani sono in grado di creare anche dei gerghi veri e propri e che certi termini ed espressioni hanno non di rado un ambito d'uso regionale (a Roma ad esempio non sono diffuse espressioni tipiche di Milano, come bella lì o ma quanto sei avanti?, così come a Milano non si sentono pronunciare frasi tipicamente romane, come una cifra o sto a rota). Particolare, e analogo al verlan francese, è anche l'uso di inversioni (es. rosbi per "sbirro").

Parallelamente al linguaggio giovanile parlato, se ne è sviluppato anche uno scritto (vedi, ad esempio, il linguaggio degli SMS).

Dal 2001 sul sito internet de L'Espresso è presente la sezione Slangopedia, un vocabolario on-line di espressioni gergali, colloquiali e giovanili della lingua italiana curato da Maria Simonetti ed aggiornato ogni due settimane con le nuove segnalazioni inviate dai lettori alla redazione.[16] Sul linguaggio giovanile si può consultare anche il sito LinguaGiovani dell'Università di Padova.[17]

I gerghi professionali[modifica | modifica wikitesto]

Sono linguaggi adoperati all'interno di talune attività umane, destinati, almeno in principio, esclusivamente alla comunicazione fra gli appartenenti a queste categorie; sono caratterizzati dall'adozione di termini ed espressioni non necessariamente specialistici, e che in genere (similmente a quelli gergali) sono metaforici e connotativi.

Alcuni di questi termini sono entrati a far parte del linguaggio comune e si sono estesi ad altri ambiti, al punto che difficilmente se ne riconosce l'origine gergale.

A titolo esplicativo segue un parziale elenco di questi gerghi, fornendo qualche esempio lessicale:

  • gergo studentesco (bocciatura, marinare la scuola, secchione)
  • gergo di caserma[18] (nonno, sbobba, marmittone)
  • gergo teatrale (cavalla, far forno, fiasco)
  • gergo cinematografico (cameo, peplum)
  • gergo giuridico, "legalese","giuridichese" o "avvocatese"[19] (escutere, ottemperare, laudemio)
  • gergo informatico (quittare, skippare, formattare)
  • gergo televisivo (bucare lo schermo, promo, traino)
  • gergo medico[20] (ravvisare, eradicare, avvertire un dolore, assumere un farmaco)
  • gergo giornalistico[21] (bucare la notizia, essere sul pezzo, chiudere il numero)
  • gergo sportivo (melina, torello, andare in bambola)
  • gergo tipografico (refuso, quadratone, grazia)
  • gergo bancario[22] (castelletto, fido, specimen, budget)
  • gerghi di fabbrica
  • gerghi dei commessi di negozio
  • gergo burocratico
  • gergo politico/sindacale (tavolo di trattativa, cabina di regia,[23] traguardare, governo ombra, pieghe del bilancio, tesoretto, canguro[24])

Dato che il fenomeno non si limita all'utilizzo di termini tecnici, i gerghi professionali sono distinti dai cosiddetti linguaggi settoriali, il cui lessico non è connotativo, ma denotativo e per lo più privo di ambiguità. In taluni casi di gergo professionale è inoltre ravvisabile il proposito della segretezza, sicché queste parlate risultano più affini ai gerghi veri e propri.

Le lingue speciali[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Lingua speciale.

Per lingua speciale (o linguaggio settoriale) s'intende quello proprio di un certo settore dell'attività umana, caratterizzato «da un lessico specializzato, cioè da una particolare terminologia che, nei linguaggi scientifici, è il più possibile rigorosa (i termini hanno definizioni esplicite e univoche, sono monosemici, non hanno sinonimi). I linguaggi settoriali sono detti anche sottocodici».[25]

La definizione di gergo per quel che riguarda i linguaggi scientifici, tecnici e finanziari è perciò impropria: la creazione di parole speciali e termini dotti nasce soltanto da esigenze legate alla comunicazione (che deve riferirsi specificamente a determinati concetti): dunque, essa non è legata alle caratteristiche sociali dei parlanti. Di più, si è in presenza di termini non adoperati solo in seno alla comunità (o, per meglio dire, al «settore») che ne fruisce ma, al contrario, divulgati attraverso libri e mezzi di comunicazione: se quindi, nella vita di tutti i giorni, si può sentir parlare di gerghi scientifici o comunque specialistici (per es. «gergo della medicina» o medichese, «gergo giuridico» o giuridichese, «gergo informatico», ecc.), la linguistica preferisce denominarli linguaggi settoriali. La definizione è riconosciuta in linguistica italiana, ma non è di carattere universale: ad esempio, in inglese si fa una distinzione tra jargon (che comprende tra l'altro i linguaggi settoriali) e slang (che include anche i linguaggi giovanili).

I gerghi e le loro fonti nella storia[modifica | modifica wikitesto]

Esempi di gergo in senso stretto nella storia dell'italiano sono attestati sin dal Medioevo; i fenomeni del vagabondaggio e del brigantaggio erano, tanto in Italia quanto in altri paesi come la Francia, le cause principali dei fenomeni di codificazione gergale.[26]

La spinta della reazione non si fece attendere: era intenzione degli stati quella di decodificare i gerghi, di combatterli semplicemente spiegandoli. Si trattava di una doppia replica, rivolta contro un fenomeno che era sia linguistico che sociale. Venivano pubblicate trattazioni sul modo di vivere e infrangere la legge di questi gruppi emarginati; la parte linguistica di questi "trattarelli" era costituita da glossari; si ricordino lo Speculum Cerretanorum di Teseo Pini in Italia (circa 1485) ed il Modo Nuovo de intender la lingua Zerga, cioè parlar furbesco, pubblicato nel 1545 da Antonio Brocardo. Lo scopo di questi libretti era, secondo gli autori, quello di mettere in guardia il lettore dalla minaccia di chi parlava gergo; si trattava in altre parole di informare su quelle che potevano essere le varie astuzie e abitudini di vagabondi, briganti e altri. La lettura costituiva pure oggetto di un certo divertimento, legato di certo al gusto del macabro e del proibito.[27]

Anche gli sforzi della Controriforma nel Seicento e in periodi più tardi erano da considerarsi soprattutto di natura criminologica, come risposta della società al formarsi di una controsocietà nemica.

Per quanto riguarda l'Ottocento, degli spunti di un certo interesse si trovano nei trattati di antropologia di quel secolo soprattutto in quelli di carattere criminologico e psichiatrico. C'era anche un certo gusto da parte dello studioso, quello di mostrare l'uomo in una degradazione e abiezione che si volevano congenite. Tali modi di considerare la natura umana erano chiara testimonianza del positivismo.

Nel Novecento si osservò una progressiva integrazione tra lo Stato ed i gruppi di fuorilegge. Questo riguarda ad esempio il fenomeno della mafia, la quale aveva in origine anche un suo linguaggio gergale. Ferrero ricorda il termine di mafiese, la varietà linguistica mafiosa che successivamente doveva essere usata anche nel mondo di assessori e deputati e che, oggi, non è più da considerarsi un gergo in senso stretto, in quanto non è più segreta.[27]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ gergo in "Enciclopedia dell'Italiano", su www.treccani.it. URL consultato il 14 luglio 2022.
  2. ^ Berruto, G., Sociolinguistica dell'italiano contemporaneo
  3. ^ F. Palermo, Varietà sociali nell'italiano contemporaneo: i gerghi come sottocodici non tecnici, Panda Edizioni, 2016
  4. ^ treccani, lemma gergo
  5. ^ Apples and Pears is Cockney Rhyming Slang for Stairs!, su The Cockney Rhyming Slang Blog, 1º gennaio 0001. URL consultato il 14 luglio 2022.
  6. ^ (FR) Pierre Prof, LE VERLAN et ses principales expressions, su Français avec Pierre, 26 novembre 2017. URL consultato il 14 luglio 2022.
  7. ^ Le origini della lingua ciaschina, su L'Irpinia.
  8. ^ Il gergo dei calderai e dei vetrai di queste località ha contaminato ampiamente lo stesso dialetto francoprovenzale parlato in val Soana e nella valle Orco
  9. ^ A Castellazzo sono attestati gerghi in uso anche fra i muratori (un paio, fra cui è a castigià, derivata dal castigliano del Sud America) e fra gli ortolani
  10. ^ Walter Venchiarutti, I muratori nel Cremasco, a cura di Gruppo Antropologico Cremasco, in "Mester Cremasch", Crema, Leva arti grafiche, 1993, pp. 60 73.
  11. ^ Nelle Centovalli, nella valle di Blenio e in altre valli laterali del Canton Ticino sono altresì attestati gerghi in uso fra i brentatori (trasportatori di vino) e gli appartenenti alle "badie" (corporazioni) dei facchini ("lingua facchinesca")
  12. ^ Lo stesso dialetto di Pietracamela (pretarolo) si distingue da quello dei paesi circostanti
  13. ^ Gergo, in Grande Dizionario di Italiano, Garzanti Linguistica.
  14. ^ Sul linguaggio dei giovani tossicodipendenti si veda Trifone, M., Aspetti linguistici della marginalità nella periferia romana, Perugia, Guerra, 1993.
  15. ^ a b Forconi, A., La mala lingua. Dizionario dello 'slang' italiano. I termini e le espressioni gergali, popolari, colloquiali
  16. ^ Slangopedia, su espresso.repubblica.it (archiviato dall'url originale il 25 maggio 2009).
  17. ^ LinguaGiovani, su maldura.unipd.it.
  18. ^ Da non confondersi col cosiddetto "gergo militare", più affine a un linguaggio settoriale. Per un primo avviamento e una ricca bibliografia sul gergo di caserma cfr. Francesco Luigi Bovi, Minima militaria, Viterbo, Stampa Alternativa, 1992.
  19. ^ Amedeo Benedetti, Mi rimetto alla clemenza della corte. Analisi, note e proposte di correzione del linguaggio giuridico italiano, Genova, Erga, 2012.
  20. ^ Amedeo Benedetti, Dica trentatré. Analisi, note e proposte di correzione del medichese, Genova, Erga, 2012.
  21. ^ Da non confondersi con il linguaggio giornalistico, talvolta impropriamente definito gergo, che è quello con cui vengono scritti gli articoli
  22. ^ Amedeo Benedetti, Bancarese addio!, Genova, Aba Libri, 2008.
  23. ^ http://www.agi.it/politica/cabina_regia_governo-4328268/news/2018-08-31/
  24. ^ http://www.repubblica.it/politica/2016/02/16/news/scheda_supercanguro-133543398/
  25. ^ Casadei, Breve dizionario di linguistica, 2001, p.68
  26. ^ Camporesi, P., Il libro dei vagabondi
  27. ^ a b Ferrero, E., Dizionario storico dei gerghi italiani. Dal Quattrocento a oggi

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Baccetti Poli R., Saggio di una bibliografia dei gerghi italiani, Padova, CEDAM, 1953.
  • Benedetti, A., Manuale di sburocrazia, Genova, Aba Libri, 2008. ISBN 978-88-6275-000-4
  • Benedetti, A., Bancarese addio!, Genova, Aba Libri, 2008. ISBN 978-88-6275-003-5
  • Benedetti, A., Dica trentatré. Analisi, note e proposte di correzione del medichese, Genova, Erga, 2012. ISBN 978-88-8163-707-2
  • Benedetti, A., Mi rimetto alla clemenza della corte. Analisi, note e proposte di correzione del linguaggio giuridico italiano, Genova, Erga, 2012. ISBN 978-88-8163-711-9
  • Berruto, G., Sociolinguistica dell'italiano contemporaneo, Roma, Carocci, 2002.
  • Bovi F. L., Minima militaria, Viterbo, Stampa Alternativa, 1992.
  • Camporesi, P., Il libro dei vagabondi, Milano, Garzanti, 2003.
  • Coveri, L., Prospettive per una definizione del linguaggio giovanile in Italia, in Varietätenlinguistik des Italienischen, a c. di G. Holtus ed E. Radtke, Tubinga, Narr, 1983, pp. 134–141.
  • Guiraud, P., L'argot, Paris, PUF, 1973.
  • Ferrero, E., Dizionario storico dei gerghi italiani. Dal Quattrocento a oggi, Milano, Mondadori 1991.
  • Forconi, A., La mala lingua. Dizionario dello 'slang' italiano. I termini e le espressioni gergali, popolari, colloquiali, Milano, Sugarco 1988.
  • Lanza, C., Il Mercabul. Il controlinguaggio dei giovani, Milano, Mondadori, 1974.
  • Manzoni, G. R., Peso vero sclero. Dizionario del linguaggio giovanile di fine millennio, Milano, Il Saggiatore, 1997.
  • Marcato, C. e Shu, D., Il gergo dei muratori di Mosciano Sant'Angelo (Teramo), in Bollettino dell'Atlante Linguistico Italiano (BALI), Istituto dell'Atlante Linguistico Italiano, Università di Torino, III serie - Dispensa n. 21, 1997, pp. 135–147.
  • Prelli, G., Saggio di un vocabolario alessandrino metodico ed alfabetico, Jacquemod, Alessandria, 1898
  • Rizza, S. Tabbarari a mašcu: viaggio nel gergo dei caminanti siciliani ("Quaderni di Semantica" 2/2012).
  • Rizza, S. "Bbaccàgghiu" sic. e "parlèsia" nap.: due gerghi a confronto ("Quaderni di Semantica" 1/2014).
  • Rizza, S. Concordanze e discordanze lessicali e semantiche fra u bbaccagghiu sic. e s’arromaniska di Isili, (“Prospettive della Semantica” 2017-2018 pp. 1133-1164).
  • Sanna, C., Il gergo della camorra, Palermo, il Vespro, 1978.
  • Trifone, M., Aspetti linguistici della marginalità nella periferia romana, Perugia, Guerra, 1993.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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