Galleria nazionale d'arte moderna e contemporanea

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Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea
La Galleria durante un'esposizione del 2011 sulla pittura britannica dell'epoca vittoriana
Ubicazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
LocalitàRoma
IndirizzoViale delle Belle Arti 131, 00197 Roma
Coordinate41°55′01.37″N 12°28′47.93″E / 41.917046°N 12.47998°E41.917046; 12.47998
Caratteristiche
TipoMuseo nazionale di arte moderna e arte contemporanea
Istituzione1883
FondatoriGuido Baccelli
Apertura5 marzo 1885
ProprietàStato Italiano
DirettoreRenata Cristina Mazzantini
Visitatori237 042 (2022)
Sito web

La Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea è un museo statale italiano con sede a Roma.

Custodisce la più completa collezione dedicata all'arte italiana e straniera dal XIX secolo a oggi. Tra dipinti, disegni, sculture e installazioni, le quasi 20.000 opere della raccolta sono espressione delle principali correnti artistiche degli ultimi due secoli, dal neoclassicismo all'impressionismo, dal divisionismo alle avanguardie storiche dei primi anni del Novecento, dal futurismo e surrealismo, al più cospicuo nucleo di opere di arte italiana tra gli anni ’20 e gli anni ’40, dal movimento di Novecento alla cosiddetta scuola romana, per giungere all’ultimo cinquantennio del secolo scorso.

È di proprietà del Ministero per i beni e le attività culturali, che dal 2014 la ha annoverata tra gli istituti museali dotati di autonomia speciale.[1]

La seguente descrizione è riferita all'allestimento delle sale precedenti al riordino del 2016 quando gli spazi sono stati completamente rinnovati e riallestiti.

Storia della Galleria Nazionale[modifica | modifica wikitesto]

Ingresso laterale (1995)

La Galleria Nazionale nasce nel 1883, pochi anni dopo la costituzione dello Stato unitario italiano (Roma era diventata capitale d'Italia nel 1871), poiché si sentiva la necessità di un museo dedicato agli artisti contemporanei viventi o scomparsi da poco. La prima sede della Galleria fu il palazzo delle Esposizioni di via Nazionale, la cui istituzione si deve all'opera del ministro Guido Baccelli. Ben presto, però, questa sede si rivelò insufficiente ad accogliere quadri e sculture che nel tempo erano aumentati di numero. Vi era poi un altro inconveniente: ogni volta che si teneva una mostra temporanea, le opere esposte dovevano essere rimosse.

Così, nel 1911, si colse l'occasione dell'Esposizione nazionale celebrativa del cinquantenario dell'Unità d'Italia per costruire a Valle Giulia l'edificio attuale come sede stabile della Galleria. Il palazzo delle belle arti venne progettato dall'architetto e ingegnere romano Cesare Bazzani (autore, tra le altre cose, del Palazzo del Ministero della pubblica istruzione e dell'ospedale Fatebenefratelli).

Nel 1933 anche questo edificio divenne insufficiente ad accogliere tutte le opere che erano giunte in galleria per acquisto o per donazione. Sempre ad opera di Bazzani si progettò e si inaugurò in quell'anno un ampliamento che raddoppiò lo spazio espositivo. Queste nuove sale non entrarono in possesso della Galleria perché vennero occupate da una "Mostra della Rivoluzione fascista", che con tabelle, grafici, foto e opere artistiche voleva glorificare le principali conquiste del regime.

Nel 1941 divenne sovrintendente della Galleria Nazionale Palma Bucarelli, la quale mantenne l'incarico per oltre 30 anni fino al 1975. A lei si deve un'importante opera di svecchiamento della cultura italiana e di apertura verso le più moderne sperimentazioni internazionali. Ella si adoperò per dotare la Galleria di tutti quei servizi che oggi sono considerati indispensabili ad una struttura museale moderna: servizio didattico, biblioteca, caffetteria, libreria, presentazione di libri, incontri con gli artisti. Non mancarono incontri mondani come le sfilate di moda. In questa opera si avvalse di collaboratori di prim'ordine come Nello Ponente, Giovanni Carandente, Corrado Maltese, Maurizio Calvesi, Giorgio de Marchis.

Per salvare le opere d'arte dai pericoli della guerra in corso la sovrintendente le portò segretamente nel palazzo Farnese di Caprarola (in provincia di Viterbo, non lontano dal lago di Vico), quindi a Castel Sant'Angelo.[2]

Dopo la liberazione di Roma (4 giugno 1944) si poté procedere alla riapertura della Galleria, pur tra mille difficoltà. Seguirono anni di grandi mostre che permisero agli italiani di conoscere artisti che il regime aveva cercato di nascondere. Nel 1953 si tenne una grande mostra su Picasso, nel 1956 su Mondrian, nel 1958 su Pollock, nel 1959 si ebbe l'esposizione del grande sacco di Burri che destò scandalo, nel 1971 con la mostra di Piero Manzoni la sovrintendente Palma Bucarelli rischiò il suo posto. In questa opera di innovazione culturale ebbe al suo fianco i critici e storici dell'arte Giulio Carlo Argan (Torino 1909 - Roma 1992) e Cesare Brandi (Siena 1906 - Vignano SI 1988).

Nel 1973 giunsero i finanziamenti statali per un ulteriore ampliamento della galleria, su progetto di Luigi Cosenza, la cui inaugurazione avvenne nel 1988.

Lato via Gramsci (1995)

Nel 1975 con l'istituzione del Ministero per i Beni Culturali la Galleria acquisisce il titolo di Soprintendenza Speciale. Nello stesso anno il pensionamento della sovrintendente Palma Bucarelli segna una nuova fase, in cui il " museo d'avanguardia", da lei concepito e sviluppato, non mantiene allo stesso livello il ruolo di apertura verso l'arte contemporanea. Sotto la direzione di Italo Faldi, dal 1975 al 1978, la Galleria rafforza i compiti di conservazione e valorizzazione attraverso un programma articolato di mostre sull'arte italiana dell'Otto e Novecento e sull'arte europea e americana, in un quadro di collaborazione internazionale. Tra il 1978 e il 1982 il nuovo sovrintendente Giorgio de Marchis riprende le linee essenziali degli indirizzi della Bucarelli, calandole nella nuova situazione sociale e culturale della fine degli anni Settanta. La Galleria è nella sua concezione un museo dinamico al passo con i tempi, è insieme centro di studi, produttore di cultura e servizio pubblico. Come centro di studi il museo promuove, oltre alla conoscenza delle collezioni e all'attività delle mostre, anche l'uso delle strutture didattiche, informative e di documentazione (biblioteca, archivio, sala proiezioni, conferenze). In quanto museo di arte moderna è necessariamente un luogo di «sconfinamento» che accoglie e promuove attività culturali di varie discipline, dal teatro alla musica al cinema alla danza. Il programma delle mostre organizzate corrisponde a precise linee di studio dell'arte italiana e straniera del XIX e XX secolo, coerenti con le collezioni e la storia del museo. Nel momento in cui inizia a manifestarsi il fenomeno del consumo delle mostre di massa, de Marchis pone l'accento sull'attività espositiva museale come produzione culturale. Le numerose esposizioni organizzate in questo periodo riguardano contributi, spesso ancora oggi di notevole vitalità, sulla storia dell'arte del Novecento (De Chirico, Arte Astratta, Leoncillo), sulla storia stessa del museo e delle collezioni, indagata nella prospettiva ampia della storia della cultura (Roma 1911), sulla situazione contemporanea( Arte e critica, 1980 e 1981), anche relativamente alla recente minimal art attraverso le sculture della collezione Panza di Biumo (1980).

Dagli anni Settanta si datano alcune importanti donazioni che per la loro vastità ebbero sede in edifici staccati dalla Galleria, in modo da formare una serie di musei satelliti. Nel 1979 si ebbe la donazione Manzù di Ardea che aprirà al pubblico nel 1981. Nel 1986 viene donata la collezione dell'anglista Mario Praz (aprirà nel 1995 nel palazzo Primoli in via Zanardelli). Nello stesso 1995 aprirà il museo Boncompagni Ludovisi per le arti decorative, la moda e il costume in via Boncompagni (la donazione del 1972 era stata ostacolata dagli eredi).

Tra il 1995 e il 1999 tutto l'edificio venne sottoposto a grandi lavori di restauro e si procedette al riordinamento delle collezioni. Questi lavori utilizzarono i fondi stanziati per il Giubileo del 2000, sotto l'egida della sovrintendente Sandra Pinto.

Nel 1997 la Galleria riceve la donazione Schwarz di arte surrealista e Dada, colmando così una sua importante lacuna.

Nel 1998 viene bandito il concorso per un nuovo centro per le arti contemporanee da realizzarsi nel quartiere Flaminio al posto della caserma Montello in Via Guido Reni, che viene vinto dall'architetta anglo-irachena Zaha Hadid. I lavori si concludono nel 2020 con l'inaugurazione del MAXXI - Museo nazionale delle arti del XXI secolo. Nonostante le intenzioni iniziali fossero quelle di concepire il nuovo museo come naturale continuazione della Galleria Nazionale d'Arte Moderna, le due istituzioni continuano ancora oggi la propria attività in parallelo.

Nel 1999 viene bandito un altro concorso, questa volta per l'ampliamento dell'edificio della Galleria a Valle Giulia. Il progetto vincitore è degli architetti Diener & Diener e prevede l'abbattimento dell'Ala Cosenza e la costruzione di un edificio completamente nuovo alle spalle della sede storica. Nel 2003 i lavori vengono sospesi a tempo indeterminato e non saranno più ripresi.

Dal 1º luglio 2004 è Maria Vittoria Marini Clarelli la sovrintendente della Galleria. Nel 2011 è stato realizzato un riallestimento e riordino delle opere della Galleria che hanno conferito una veste caratterizzata da un forte impatto visivo ed estetico grazie all'originale progetto dell'arch. Federico Lardera. Per completare i lavori, nel 2014 è stata acquistata ed installata nella hall d'ingresso al museo l'opera Filo rosso dell'artista Paola Grossi Gondi.

Nell'ottobre 2016 viene inaugurato il nuovo allestimento della Galleria, basato su un progetto originale che, riducendo il numero delle opere in esposizione, introduce la chiave di lettura non cronologica alla base dell'esposizione principale "Time is out of joint." Oltre al nuovo allestimento delle sale vengono ridefiniti la zona di accesso ai servizi, denominata "welcome area," la libreria e la Sala delle Colonne. Pur conservando la denominazione istituzionale di Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea, nella propria comunicazione il museo abbandona l'acronimo G.N.A.M. e adotta un nuovo nome: "La Galleria Nazionale" in quanto solo e unico museo nazionale di arte moderna e contemporanea in Italia.

Sale XIX secolo[modifica | modifica wikitesto]

La seguente descrizione è riferita all'allestimento delle sale precedenti al riordino del 2012. Nel 2016 gli spazi sono stati inoltre completamente riallestiti.

Salone dell'Ercole (1)[modifica | modifica wikitesto]

Il salone è dedicato al periodo di passaggio tra neoclassicismo e romanticismo, tra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento.

Importante esempio di scultura neoclassica è:

  • Antonio Canova: Ercole e Lica 1815. Marmo 350x152x212. La scultura è accompagnata dalle statue delle dodici divinità dell'Olimpo che, come in origine, gli facevano ala nel demolito palazzo Torlonia a piazza Venezia. Canova si è ispirato all'Ercole Farnese oggi al Museo archeologico nazionale di Napoli. L'episodio scolpito è tra i più terribili della mitologia greca: Ercole, impazzito di dolore per la morte del centauro Nesso, uccide il messaggero di tale notizia. Lica sta per essere scagliato e invano si trattiene alla criniera e all'altare. Notare la circolarità dello sforzo contrapposto. La statua deve essere vista da dietro, per comprendere la disperata resistenza di Lica. Fino ad alcuni anni fa la statua veniva movimentata ad orari prestabiliti[3]. Nella sala sono presenti opere di Francesco Podesti, il pittore che aveva affrescato la sala di Palazzo Torlonia dal quale proviene l'Ercole e Lica.

Alle pareti la grande pittura storico e mitologica. Gli artisti romantici dipingono episodi della storia italiana per incitare il popolo alla ribellione contro l'oppressore austriaco. Negli anni seguenti al congresso di Vienna, infatti, l'Italia era divisa in tanti stati, mancava ogni forma di libertà e l'Austria dominava direttamente sul Lombardo Veneto, mentre influenzava gli altri stati. Fra i vari quadri presenti nella sala consideriamo:

  • Francesco Hayez: I vespri siciliani 1846. L'opera rievoca un episodio realmente accaduto nel 1282 durante la dominazione angioina della Sicilia, l'offesa recata a una donna da un soldato francese scatenò la ribellione e la cacciata dei francesi. Svenuta per l'oltraggio subito, la donna è sorretta dai famigliari, mentre lo sposo con i pugni chiusi medita la vendetta. La figura dipinta alle spalle del soldato, in atteggiamento di preghiera è un eccezionale ritratto, genere nel quale l'Hayez fu particolarmente apprezzato. Dietro al gruppo di figure principali l'inizio della ribellione, il contadino che raccoglie il sasso, l'altro con il pugnale invoca Dio. Sullo sfondo il monte Pellegrino[4].

Altre opere presenti nella sala sono[5]:

Si segnala inoltre la presenza di dipinti di Vincenzo Camuccini, di Bernardo Celentano e di sculture di Pelagio Palagi.

Sala della Psiche (2)[modifica | modifica wikitesto]

La sala presenta il panorama composito ed internazionale di Roma nel primo Ottocento ("Internazionalismo Romano").

È così chiamata per la presenza, al centro di essa, della statua di:

  • Pietro Tenerani, Psiche svenuta, 1822, marmo. La statua ben rappresenta lo stile purista, movimento artistico italiano sorto intorno al 1833 sulla scia dei Nazareni. Richiamandosi ad una concezione etica dell'arte, il Purismo riconosceva come modelli i primitivi da Cimabue al primo Raffaello. Importanti esponenti del purismo furono oltre al Tenerani, il pittore e letterato Antonio Bianchini (che redasse il manifesto del purismo nel 1849), Friedrich Overbeck, Tommaso Minardi, Augusto Mussini e altri[5].

La statua rievoca una dei più famosi miti dell'antichità greca e romana, quello di Psiche e Amore, da cui il termine psicologia. Questa statua è citata da Argan nella sua storia dell'Arte.[6][7] Nella stessa sala, sempre di Pietro Tenerani: Ritratto della principessa Zenaide Wolkonsky, 1850 e Pellegrino Rossi.

Sala della Saffo (3)[modifica | modifica wikitesto]

LE SCUOLE TOSCANE

La sala è dedicata alla pittura toscana della prima parte dell'Ottocento, caratterizzata dalla presenza del movimento macchiaiolo, forse il più importante e originale movimento artistico italiano di quel secolo. Il movimento si fondava sul principio che la visione della realtà non sia altro che un insieme di macchie colorate, più o meno intense per effetto della luce e che, compito del pittore non fosse di ritrarre le cose come si sa che obbligatoriamente sono, ma di rendere nel modo più diretto l'impressione ottica. Il Caffè Michelangiolo (in via Larga, oggi Cavour; una targa lo ricorda) a Firenze fu luogo di raduno dei Macchiaioli, mentre Pergentina (subito fuori Firenze, lungo il torrente Affrico) e Castiglioncello (sulla costa, non lontano da Livorno) furono i luoghi preferiti per la pittura. Il pittore più importante e giustamente famoso fu Giovanni Fattori (Livorno 1825 - Firenze 1908), Telemaco Signorini fu il cervello del movimento, Adriano Cecioni e Nino Costa ne furono i teorici. Furono conosciuti alla mostra nazionale di Firenze del 1861. Il loro periodo migliore fu dal 1855 al 1865.[8][9]

Al centro della sala la scultura di:

Sala dello Jenner (4)[modifica | modifica wikitesto]

SCUOLE SETTENTRIONALI PIEMONTESE E LOMBARDO - VENETA. La pittura del nord Italia di quegli anni è caratterizzata dalla presenza degli Scapigliati che si può vedere soprattutto in Giovanni Carnovali, detto il Piccio. Il Piccio è autore di una pittura giocata su trasparenze e velature. Gli Scapigliati si caratterizzano per il dissolvimento della forma nel colore forzando la sfocatura dei contorni e l'uso di pennellate discontinue e luminose, a queste Tranquillo Cremona dà una caratterizzazione patetica e sensuale.[11][12]
La scapigliatura fu movimento letterario e artistico sviluppatosi in Lombardia tra il 1860 e il 1900. Esponenti di punta furono Emilio Praga e Arrigo Boito. Da: Universale Garzanti.

  • Giulio Monteverde, Edoardo Jenner, 1873, bronzo. La scultura dà il nome alla sala. "L'opera ritrae il medico inglese, scopritore del vaccino contro il vaiolo (1796), che compie l'esperimento sul figlio "...scultura ai suoi tempi famosa, anche per il soggetto, ma, ha certamente tutti limiti della scultura storico - aneddotica"[13]
  • Domenico Induno, Bollettino di Villafranca, 1861. Nel corso della seconda guerra d'indipendenza le armate piemontese e francese avanzano vittoriose su quelle austriache in ritirata, sembra vicina anche la liberazione di Venezia quando giunge improvvisa la notizia della pace tra Austria e Francia che separatamente Napoleone III ha firmato all'insaputa degli italiani. Sul volto dei patrioti si legge la delusione per l'arrivo del bollettino con la notizia. Notare certi particolari che danno un tono veristico come la bandiera italiana con i colori posti in un ordine sbagliato. "Induno dà al quadro storico un accento di attualità, lo traduce in scene di un verismo aneddotico". Da: Bucarelli, La Galleria Nazionale d'Arte Moderna, 1973, Istituto Poligrafico dello Stato.
  • Tranquillo Cremona, I due cugini.
  • Antonio Fontanesi, Una mattina d'ottobre.
  • Antonio Fontanesi, Alla fonte, 1865.
  • Antonio Fontanesi, Alla fontana, 1869.
  • Giovanni Carnovali (detto PICCIO), Ritratto d'uomo in atto di scrivere, 1869.
  • Giovanni Carnovali, Ritratto del padre del basso Marini, 1843.
  • Vittorio Avondo, La valle del Pussino, 1874.
  • Ippolito Caffi, Roma vista da monte Mario. Celebre vedutista, è morto nella battaglia di Lissa durante la terza guerra di indipendenza.

Sala Morelli (5)[modifica | modifica wikitesto]

La sala è interamente dedicata a Domenico Morelli. Negli anni Settanta e Ottanta dell'Ottocento Domenico Morelli e Filippo Palizzi sono le figure centrali del panorama artistico napoletano e meridionale. Morelli (Napoli 1826 - 1901) elaborò uno stile verista fondato sulla preminenza del colore rispetto al disegno accademico, cercò di adattare la sua pittura a contenuti ancora romantici, letterari, religiosi, storici e simbolisti. Nel 1905 la Galleria acquistò tutto quanto era rimasto nello studio alla morte dell'autore, quadri, bozzetti, acquarelli e un gran numero di disegni. Negli anni in cui era sovrintendente Palma Bucarelli ben due sale erano dedicate al pittore. Da: Enciclopedia dell'Arte, 2002 Garzanti.

  • Domenico Morelli, Tasso legge la Gerusalemme Liberata a Eleonora d'Este, 1865. "Uno dei quadri più celebri della pittura italiana dell'Ottocento. È la scena di un melodramma, si può stabilire una similitudine con la musica verdiana "...quanto intima e silenziosa è la pittura del Toma, tanto è vistosa, magniloquente e talvolta retorica quella di Domenico Morelli" Da: Palma Bucarelli, La Galleria Nazionale d'Arte Moderna, 1973 Istituto Poligrafico dello Stato.

È il quadro principale della sala, lo si può vedere dal salone di Ercole, si pone così in colloquio con le grandi opere del romanticismo storico che caratterizzano quel salone. Da: Colombo - Lafranconi, Guida alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna, 2004 Electa. Si narra che Tasso fosse segretamente innamorato di Eleonora d'Este e delle sue due dame di compagnia che si chiamavano Eleonora anch'esse. Da audioguida disponibile in Galleria nel 2008.

  • Domenico Morelli, Le tentazioni di Sant'Antonio, 1878.
  • Domenico Morelli, Ritratto di Bernardo Celentano, 1859.
  • Mario Rutelli, Ritratto di Domenico Morelli, c.1884. Rutelli (Palermo 1859 - 1941) è lo scultore di gusto accademico che ha realizzato la fontana delle Najadi in piazza della Repubblica a Roma, la sua opera più importante. Si tratta del bisnonno di Francesco Rutelli già sindaco di Roma.

Sala della Cleopatra (6)[modifica | modifica wikitesto]

SCUOLE MERIDIONALI

Questa sala è dedicata agli artisti che sono nati, si sono formati e hanno operato a Napoli o nell'Italia Meridionale. Prende il nome dal marmo di:

  • Alfonso Balzico, Cleopatra. Un soggetto spesso ritratto nella storia dell'arte per il fascino che ha sempre ispirato la regina dell'Egitto. Siamo negli anni del taglio dell'Istmo di Suez (1869), allora vi fu una ripresa di interesse e di studi sull'antico Egitto. Notare la finezza del bracciale all'avanbraccio e il serpente che emerge dal cesto di frutta che presto porterà la morte alla giovane regina.
  • Gioacchino Toma, Luisa Sanfelice in carcere, 1875. "Questo è il suo capolavoro, non coglie un'azione drammatica, piuttosto una condizione umana"[14]. Uno dei quadri più celebri dell'Ottocento italiano, uno dei più importanti esposti in questa Galleria. Luisa Sanfelice, patriota della repubblica partenopea, è in carcere in attesa della condanna a morte voluta dai Borboni nonostante fosse incinta. La vediamo preparare un vestitino per il figlio che non nascerà. "Tanto è concitata e teatrale la pittura di Morelli, quanto intimistica quella di Toma", sempre da Bucarelli, cit.[15]
  • Gioacchino Toma, La guardia alla ruota dei trovatelli, 1887.
  • Gioacchino Toma, Il viatico dell'orfana, 1877.
  • Gioacchino Toma, Romanzo al convento, 1877.
  • Michele Cammarano, Atrio di Santa Maria Maggiore, 1868.
  • Michele Cammarano, Chiacchiere in piazza in Piscinula, 1865.
  • Michele Cammarano, Caffè in piazza San Marco.
  • Vincenzo Gemito, Bruto, 1871.
  • Antonio Mancini, Carmiella, 1870.
  • Antonio Mancini, Venditore di cerini, 1878.
  • Antonio Mancini, Ritratto del barone Carlo Chiarandà, 1883.
  • Antonio Mancini, Nello studio, 1875.
  • Antonio Mancini, Il malatino, 1878.

Sala Palizzi (7)[modifica | modifica wikitesto]

I PALIZZI E LA PITTURA DI PAESAGGIO A NAPOLI.

Anche questa sala come le due precedenti è dedicata alla pittura a Napoli e nell'Italia Meridionale, bisogna tener conto che Napoli era alla fine del Settecento una delle più grandi città europee. La sala testimonia anche la presenza di pittori stranieri a Napoli e la possibilità di apertura internazionale che godevano i pittori che operavano in quella città.

I quattro fratelli Palizzi giunsero dall'Abruzzo a Napoli per studiare all'Accademia dove seguirono i corsi tenuti da Smargiassi, uno dei pittori della scuola di Posillipo. Con essi la pittura italiana prende contatto con la francese e precisamente con la scuola detta di Fontainebleau o di Barbizon, dal luogo dove si riunivano per dipingere all'aperto fuori dalle accademie. Il merito è del più anziano Giuseppe che, recatosi a Parigi nel 1844, vi rimase poi tutta la vita. Filippo, a cui appartengono la quasi totalità dei quadri presenti nella sala, è di gran lunga il più noto e il più importante, sia per la qualità dell'opera, sia per l'influenza che ebbe nell'affermarsi della corrente realistica. L'opera di Palizzi si sviluppa, in ambiente napoletano, in antitesi a quella di Morelli, autore di una pittura di storia e sostenitore di un ideale che trascende la realtà. Nel 1892 la Galleria riceve la donazione di 300 quadri e studi di Filippo Palizzi. È la prima donazione importante nella sua storia. I quadri di Filippo Palizzi sono ordinati per argomenti: uomini a cavallo, soldati, scene di vita campestre, animali (anche esotici).[16][17][18][19][20]

  • Giuseppe Palizzi, La foresta di Fontenbleau, 1874. Il più noto dei quadri di Giuseppe, opera citata da Argan nel suo manuale più volte ricordato.
  • Anton Sminck Pitloo, Castel dell'Ovo a Napoli, 1820. Esempio di presenze artistiche internazionali a Napoli. Intorno a lui, olandese, si formò la scuola di Posillipo. Da: Colombo - Lafranconi, Guida alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna, 2004 Electa.
  • Eduardo Dalbono, La terrazza, 1867. In cui la composizione prospettica a piani luminosi è tipicamente macchiaiola.
  • Filippo Palizzi, Paesaggio dopo la pioggia, 1860. Citato da Argan nel suo manuale.
  • Filippo Palizzi, Viottolo con prete o Viottolo fra due muri, figura di prete in fondo (Cava).
  • Filippo Palizzi, Studi di garibaldini e soldati, 1860.
  • Giacinto Gigante, Marina di Sorrento, 1840. Influenzato da Turner.
  • Giacinto Gigante, Mercato sul porto di Castellammare, 1859.
  • Giacinto Gigante, Marina di Posillipo, 1828 -30.

XIX secolo: 2º settore[modifica | modifica wikitesto]

Sala del Giardiniere (8)[modifica | modifica wikitesto]

La sala è dedicata agli artisti impressionisti e a quei pittori che si possono racchiudere con il nome di Scuola di Parigi, quindi comprende anche gli italiani che, al finire del secolo, si trasferirono a Parigi considerata ormai la capitale mondiale dell'arte.

L'impressionismo si basa sulla possibilità di rendere, attraverso il colore, le impressioni suscitate dalla realtà, con una preferenza per il paesaggio; per questo preferiscono dipingere all'aperto, fissando sulla tela le impressioni suscitate dalla realtà di luci e colori, con pennellate rapide senza seguire un disegno prestabilito e tracciato in precedenza.

La data di nascita è il 15 aprile 1874, quando Monet, Renoir, Sisley, Degas, Morisot e altri espongono dal fotografo Nadar. Erano quadri en plein air eseguiti lungo le rive della Senna, aiutati dai progressi della chimica che aveva prodotto i colori ad olio in tubetto, facili da usare fuori dall'atelier. La mostra fu un totale insuccesso di critica. Impressionismo fu il termine creato da un critico davanti al quadro di Claude Monet: "Impression: soleil levant", per evidenziarne i difetti, il disordine compositivo.

Tradizionalmente l'artista che dà l'avvio è Claude Monet, mentre quello che ne conclude l'esperienza, aprendo nuove vie è Paul Cézanne.[21] Questa sala ospita i tre quadri al centro di un clamoroso furto avvenuto in Galleria nel maggio 1998: la sera del 19 furono rubati "Il Giardiniere" e "L'Arlesiana" di Vincent van Gogh e "Le Cabanon de Jourdan" di Paul Cézanne. La vicenda della rapina è descritta dettagliatamente nel libro "Ore 22, furto in galleria", a firma di Francesco Pellegrino e con l'introduzione di Walter Veltroni.

Salone di Giordano Bruno (9)[modifica | modifica wikitesto]

Il salone apre la parte della galleria dedicata alla seconda parte dell'Ottocento, anzi alle opere realizzate dopo il 1883, anno di costituzione del museo.

Il salone vuole celebrare l'epopea del Risorgimento con le grandi tele di Fattori e Cammarano delle battaglie commissionate dal giovane stato unitario e con la tela su Dogali ci parla delle ambizioni coloniali dell'Italia del tempo, mentre con il quadro emigranti di Adolfo Tommasi, anche gli artisti affrontano i nuovi problemi sociali che il si affacciano in quegli anni. Al centro il calco della statua di Giordano Bruno di Ettore Ferrari, vuole rendere omaggio alla componente più radicale del nostro Risorgimento.

  • Ettore Ferrari, Giordano Bruno, 1886 - 88.
  • Giovanni Fattori, Custoza, 1884.
  • Giovanni Fattori (Livorno 1825 - Firenze 1908) è il caposcuola dei Macchiaioli, a Custoza si svolse nel 1848 la battaglia che decise, negativamente per noi, la prima guerra di indipendenza. I soldati attendono l'ultimo assalto nemico chiusi in un triangolo, corpi senza vita sono la testimonianza della durezza dello scontro.
  • Michele Cammarano, San Martino, 1883. Solferino fu con San Martino la battaglia decisiva della II guerra di indipendenza. Al centro del quadro su un cavallo bianco il re Vittorio Emanuele II.
  • Michele Cammarano, Dogali.
  • Adolfo Tommasi, Emigranti.
  • Eleuterio Pagliano, Il corpo di Luciano Manara esposto in Santa Maria della Scala a Roma.[22][23]

Sala della Madre (10)[modifica | modifica wikitesto]

La sala è dedicata ai toscani, nel periodo successivo a quello dei Macchiaioli. Prende il nome dalla statua posta al centro che è opera di un artista teorico del movimento appena citato.

  • Adriano Cecioni, La madre, marmo. Per Palma Bucarelli si tratta di una "scultura polemicamente aneddotica" (in Bucarelli, La Galleria d'Arte Moderna, 1973 Poligrafico dello Stato.
  • Adriano Cecioni, Una sorpresa per le scale, bronzo. "Una scherzosa istantanea" per Palma Bucarelli (vedi la citazione precedente).
  • Telemaco Signorini, Pioggia d'estate a Settignano, 1881-86.Settignano è l'altura - appena fuori Firenze - dove amavano riunirsi i Macchiaioli per dipingere all'aperto. "Caratterizzato dalla luminosità e preziosità degli accordi cromatici" Da: Colombo Lafranconi, Guida alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna, 2004 Electa.
  • Telemaco Signorini, Ghetto di Firenze, 1882. Dopo l'unità d'Italia il ghetto venne demolito e ricostruito. Nulla rimane dello scorcio fiorentino che questa tela ci regala.
  • Giovanni Fattori, Don Chisciotte e Sancio Panza, 1884.
  • Egisto Ferroni, Torna il babbo, 1883.
  • Arturo Viligiardi, La vita, 1895. La scena si svolge nella piazza di San Gimignano, si vedono dei bambini giocare in terra, una coppia di sposi che esce dalla chiesa e simultaneamente un feretro che esce da un'altra chiesa. Alcune torri, presenti nella piazza, sono state spostate per collocarle nello scorcio del quadro.

Tutte le informazioni contenute in questa voce provengono da ripetute visite e da opere che sono state citate di volta in volta.

Sala del Voto (11)[modifica | modifica wikitesto]

La sala prende il nome dalla grande tela di:

Raffigura la festa di San Pantaleone, patrono di Miglianico (in Abruzzo), realizzata tra il 1881 e il 1883, divenne la grande attrazione dell'Esposizione Internazionale di Roma del 1887, suscitando un vivace dibattito, soprattutto per il crudo realismo, assai distante dai suoi precedenti soggetti. La tela rappresenta un originale espressione del movimento verista che, si manifesta in quegli anni anche in campo letterario con I Malavoglia di Verga (1881).

  • Francesco Paolo Michetti (Tocco Causaria, Pescara 1851 - Francavilla al Mare, Chieti 1929) si formò a Napoli all'Accademia con Morelli e Filippo Palizzi che lo incoraggiarono al lavoro dal vero in Abruzzo. Conobbe D'Annunzio e approfondì l'ambiente e i costumi abruzzesi. Oggetto un tempo di sproporzionati entusiasmi, l'opera di Michetti è stata presto riportata ai limiti segnati dal descrittivismo esuberante e superficiale. Da Enciclopedia dell'Arte, 2002 Garzanti.

Quando nel 1915 le collezioni della Galleria furono trasportate nell'edificio di viale delle Belle Arti, una commissione formata da Michetti, Bistolfi e Ojetti, ne fece l'ordinamento per regioni. Da: Bucarelli, La Galleria d'Arte Moderna, 1973 Istituto Poligrafico dello Stato, pag. 4.

  • Federico Cortesi, Ruderi di un mondo che fu, 1891. I ruderi della tela sono i templi di Paestum.
  • Achille Vertunni, Campagna di Salerno, 1885. Solo i bufali riescono a sopravvivere nelle pianure malariche intorno a Paestum, a loro va l'ammirazione del pittore.
  • Costantino Barbella, La partenza del coscritto, 1882, terracotta.
  • Costantino Barbella, Il ritorno, 1882, terracotta.
  • Antonio Mancini, Ritratto della signora Pantaloni, 1894.
  • Antonio Mancini, Otto Eugenio Messinger, 1882.

Sala dei Veneti (12)[modifica | modifica wikitesto]

La sala è così chiamata perché dedicata ai pittori veneti che risentono della tradizione della scuola veneta, caratterizzata dalla luminosità dei quadri, come era in Tiziano e del Tintoretto, gli artisti più rappresentativi di quella scuola. Forse l'artista più importante di questa pittura nell'Ottocento è Giacomo Favretto (Venezia 1842 - 1917), egli si dedicò alla pittura di paesaggio aderendo alla poetica dei macchiaioli, in seguito a quella di Costa e dei pittori napoletani. Di ritorno a Venezia, riuscì a far confluire le nuove acquisizioni pittoriche nel recupero della tradizione vedutistica veneziana settecentesca, con un linguaggio di sensibile raffinatezza che non escludse una nitida trascrizione naturalistica. Tra le sue opere più celebri: "Mattino alla Giudecca" 1892, Trieste, Museo Revoltella. Da Enciclopedia dell'Arte, 2002 Garzanti.

  • Giacomo Favretto, Dopo il bagno, 1884.Tema caro alla pittura di ogni epoca.
  • Giacomo Favretto, Al liston, 1884.
  • Giacomo Favretto, In attesa degli sposi, 1883."Uno dei più be quadri dell'epoca per la composizione limpida e semplice e per la densità pittorica del muro di fondo a cui dà risalto la sagoma nera della gondola" Da: Palma Bucarelli, La Galleria Nazionale d'Arte Moderna, 1973 Istituto Poligrafico dello Stato.
  • Angelo Dall'Oca Bianca, Colto in flagrante, 1884.
  • Mario de Maria, Effetto di luna, 1890.
  • Pietro Fragiacomo, Paesaggio lagunare, 1885. È un pittore triestino.
  • Pietro Fragiacomo, Riposo, 1892.

Sala della Stanga (13)[modifica | modifica wikitesto]

La sala è dedicata ai pittori italiani del Nord nel periodo relativo alla fine dell'Ottocento. La sala prende il nome dall'opera più grande posta al centro della stessa:

  • Giovanni Segantini, Alla stanga, 1886. Il quadro è ambientato in una vallata alpina, la Valsassina, prealpi brianzole. In primo piano un gruppo di buoi legati alla stanga nell'ora della sera, quando le ombre si fanno più lunghe, il lontananza le montagne coperte di neve. Uomini e animali vivono immersi nella natura, un grande senso di pace traspare da questa immagine.

Giovanni Segantini (Arco, Trento 1858 - Schafberg, Grigioni 1899) è il più famoso dei divisionisti. "Conciliò i principi teorici del movimento con una visione nuova e intensa della natura, specialmente del paesaggio alpino. Il quadro è precedente all'adozione del divisionismo"(da: Palma Bucarelli, La Galleria Nazionale d'Arte Moderna, 1973 Istituto Poligrafico dello Stato, pag. 40). Dopo un'infanzia travagliata, uscito dal riformatorio di Milano, frequentò l'Accademia di Brera (1857-79) dove assimilò l'esperienza del naturalismo lombardo. Si ritirò a Pusiano in Brianza approfondendo la sua ricerca in direzione naturalistica. Si spostò poi a Savorgnino nei Grigioni iniziò a seguire la tecnica del divisionismo (per una definizione di questo movimento vedi la sala di Previati). Da: Enciclopedia dell'Arte, 2002 Garzanti.

  • Lorenzo Delleani, Alto Biellese, 1886. Opera citata da Argan in L'arte moderna 1770/1970, 1970 Sansoni.
  • Lorenzo Delleani, Ombre secolari.
  • Lorenzo Delleani, Beccaio con vitello.
  • Andrea Tavernier, Ultime gocce, 1898. "Rappresentazione narrativa di sapiente qualità pittorica. Tavernier fu allievo di Andrea Gastaldi." Da: spiegazione su plexiglas presente in sala.

Sala Previati (14)[modifica | modifica wikitesto]

La sala è dedicata a Gaetano Previati dopo la morte di Segantini divenne in Italia il campione del divisionismo. Il divisionismo è una tendenza artistica sorta in Italia nel penultimo decennio dell'Ottocento e operante fino al 1915 circa. I pittori divisionisti si imposero al pubblico e alla critica a partire dalla prima Triennale del 1891. Il divisionismo è preceduto in Francia dal Pointillisme di Georges Seurat e Paul Signac che avevano adottato il principio della scomposizione del colore con un rigore sconosciuto agli italiani.

Segantini, Previati e Morbelli associarono a un'immagine naturalistica una componente sentimentale che si traduce in una struttura filamentosa della pennellata (Previati), o materica (Segantini) o chiaroscurale (Morbelli). Il Positivismo influì su questa corrente artistica. Il positivismo fu un movimento filosofico europeo della seconda metà dell'Ottocento che deve al francese Auguste Comte il nome e l'esposizione teorica. Contrappose all'ideale romantico la positività di un metodo fondato sui fatti scientifici e un concetto della filosofia come sintesi delle scienze.

Un autoritratto di Previati è presente nella sala.

  • Gaetano Previati, La caduta degli angeli, 1913. È un trittico con la famosa scena biblica. Il quadro è citato nella Enciclopedia dell'Arte della Garzanti. Al termine dei lavori di restauro per il 2000, il quadro venne rimontato male, uno dei tre pannelli era messo al contrario. Se ne accorse una scolaresca in visita alla Galleria. Dai giornali del periodo.
  • Gaetano Previati, La creazione della luce, 1913.
  • Giuseppe Pellizza da Volpedo, Il sole 1904. Il quadro è esplicativo dei principi del divisionismo, rappresenta il momento del sorgere del sole. "Quest'opera, nella sua semplicità e assolutezza, una specie di dimostrazione virtuosistica non solo dei principi del divisionismo, ma anche della necessità di portare l'arte a livello della scienza e di fare della verità scientifica il simbolo e la promessa di una nuova era". Da Palma Bucarelli, La Galleria Nazionale d'Arte Moderna, 1973 Istituto Poligrafico dello Stato. Nel 2004 il quadro è stato prestato al museo d'Orsay a Parigi per aprire la mostra sull'astrattismo. È citato nell'Enciclopedia dell'Arte di Garzanti e in Formilli - Marini, Percezione immagine arte, 1993 Sei.
  • Angelo Morbelli, Il viatico, 1884. "È precedente alla nascita del divisionismo - 1890 - ma mostra gli interessi umanitari da cui era mosso".[14]

Veranda Sartorio (15)[modifica | modifica wikitesto]

La sala era originariamente una veranda aperta sul giardino che affaccia su via Aldrovandi, successivamente si decise di chiuderla con ampie vetrate per aumentare lo spazio espositivo. Nella veranda Sartorio opere simboliste su tela di scuola romana di fine secolo con Sartorio, De Carolis, Nino Costa e altri.

Vestibolo di Eva (15)[modifica | modifica wikitesto]

Anche in questa piccola, ma luminosa sala, sono collocati i pannelli di Paolo Gaidano (vedi veranda Sartorio).

La sala è dedicata alla scultura di fine Ottocento che non mostra particolare originalità od elementi di innovazione. Al centro della sala è collocata la scultura:

  • Ernesto Bazzaro, La vedova, 1884. "Scultore milanese, parallelo alla scapigliatura pittorica", da: Palma Bucarelli, La Galleria Nazionale d'Arte Moderna, 1973 Istituto Poligrafico dello Stato.
  • Adalberto Cencetti, Ignara mali, 1893.
  • Antonio Allegretti, Eva dopo il peccato, 1881.

Anche alcune tele:

Vestibolo della Rinascita (15)[modifica | modifica wikitesto]

Nel piccolo e luminoso ambiente, si trovano i pannelli di Paolo Gaidano di cui si è detto nella veranda Sartorio, al centro la scultura in bronzo:

Rappresenta una giovane donna, la Primavera, vista secondo i canoni michelangioleschi. Esempio dei più tipici dello stile floreale o liberty, opera dello scultore e illustratore palermitano vissuto prevalentemente a Roma (1855 - 1926). Nel 1880 espose con successo il modello per il Ciceruacchio (poi realizzato in bronzo e posto nella passeggiata di Ripetta), l'anno successivo a Parigi fu apprezzato per la sua "Nanà". Realizzò la quadriga bronzea sul palazzo di Giustizia a Roma. Eresse per se stesso il villino Ximenes in piazza Galeno a Roma nel più tipico stile liberty.

XX secolo: 1º settore[modifica | modifica wikitesto]

Roma 1911 L'ANNO DEL CINQUANTENARIO SALA 1

Questa sala, introduttiva del nuovo secolo, e le sale che seguono sono dedicate alla grande esposizione internazionale che si tenne a Roma nel 1911 in occasione del cinquantenario dell'unità d'Italia. In quell'occasione venne costruito il palazzo delle Belle Arti come sede stabile della galleria e venne urbanizzata la zona di Roma compresa tra Valle Giulia e viale Mazzini, venne altresì costruito ponte Risorgimento (primo ponte in cemento armato di Roma) per collegare le nuove zone.

Al centro la scultura:

"Grande maestro francese che cercò di conciliare, con l'immediatezza della visione impressionistica, il classicismo tradizionalmente legato ai temi e alle forme della scultura" Da: Palma Bucarelli, La Galleria Nazionale d'Arte Moderna, 1973 Istituto Poligrafico dello Stato. Le sue opere più importanti sono "Le penser" al Luxemburg di Parigi e "Il bacio" alla Tate di Londra, entrambe realizzate dopo il 1880. Osannato dai contemporanei, il suo studio fu frequentato da artisti, politici e gente del bel mondo. Da: Enciclopedia dell'Arte, 2003 Garzanti.

È il pittore della campagna romana, fece parte con Onorato Carlandi del gruppo dei "XXV della campagna romana". Di questo artista, nella Galleria Comunale d'Arte Moderna: "Speculum Dianae" bella raffigurazione del lago di Nemi di notte.

Bellissima immagine della campagna romana, con la terra color rosso per la presenza del tufo, sembra la campagna tra Appia e Ardeatina, verso il Divino Amore. Di questo artista, nella Galleria Comunale d'Arte Moderna: "Il Tevere a Castel Giubileo".

Roma 1911 L'ANNO DEL CINQUANTENARIO SALA 2

Si tratta di una saletta ricavata da un soppalco, ci si arriva salendo le scale dalla sala precedente, raramente è aperta al pubblico.

Ancora dedicata all'Esposizione del 1911 ma riservata ad artisti stranieri. Si segnalano:

  • Elisabeth Chaplin, Ritratto di mia sorella, 1913-14, si tratta di una bambina prodigio francese che realizzava quadri già a 15 anni.
  • Émile Claus, La rugiada, 1910 circa. Si tratta di un artista belga. Immagine di una campagna di prima mattina.
  • Igor Emmanuilovic Grabar, Il the della mattina, 1904. Si tratta di un artista ungherese. Splendida immagine di una tavola apparecchiata all'aperto.
  • Stanislav Julianovič Žukovskij, La finestra, 1910. Artista bielorusso. Bellissima immagine di un bosco dell'Est europeo in inverno.
  • Anders Leonard Zorn, Sulla porta del granaio, 1910. Uno splendido nudo di donna appoggiato ad una porta in legno lascia aperte varie suggestioni.

Roma 1911 L'ANNO DEL CINQUANTENARIO SALA 3

Ancora una sala dedicata all'Esposizione del 1911, sembra prevalere il tema del lavoro, accanto ad artisti stranieri due opere del romano Ferruccio Ferrazzi (1891 - 1978).

  • Ferruccio Ferrazzi, Il focolare, 1910. Commovente visione di una tavola di povera gente.
  • Ferruccio Ferrazzi, Genitrice, 1912. Una giovane madre tiene in braccio il suo piccolo, vicino a sé delle pecore con gli agnelli. "Risente di una forte tensione simbolica ed è suggestionato da Segantini" da: Quesada, Secessione romana, 1987, pag. 294.

Divisionisti del Novecento SALA 4

Il corridoio che affaccia sulla sala Balla è dedicato ai divisionisti della prima decade del Novecento, in Boccioni, Russolo e Cominetti, si avverte un presagio di futurismo.

  • Enrico Lionne, Fuori porta San Giovanni, 1911. Ecco come doveva essere il quartiere Tuscolano prima della sua urbanizzazione (notare sullo sfondo le mura o l'acquedotto Felice).
  • Enrico Lionne, I grassi e i magri, 1899. Tavoli all'aperto di un'osteria, i magri suonano mandolino e chitarra, i grassi sono seduti a mangiare, sullo sfondo monte Cavo. Il personaggio con occhiali neri è certamente Sor Capanna, ultimo grande cantastorie trasteverino.

ARMANDO SPADINI SALA 5

La saletta è dedicata al pittore fiorentino, romano di adozione, e ad altri che riportano nella loro pittura echi post impressionisti.

Roma 1911, Klimt e il clima della secessione Sala 6[modifica | modifica wikitesto]

La sala è dedicata a una delle gemme della galleria:

Acquistato all'Esposizione di Roma del 1911 dopo pressioni di vario tipo al direttore della Galleria Ugo Fleres che non voleva acquistarlo. "È uno dei capolavori del maestro austriaco ed esemplare del suo stile: poetica per le immagini simboliche, musicale nella cadenza ritmica delle linee e nella sinfonia dei colori, minuziosa come un lavoro di oreficeria nel contesto delle lamelle d'oro e d'argento incastonate nella superficie dei colori che, trapassano dalla trasparenza di un velo alla vitrea durezza di uno smalto.[14]. L'opera è citata in: Argan, L'arte Moderna 1770/1970, 1970 Sansoni; e in Mary Hollingswrth, L'arte nella storia dell'uomo, 1997 Giunti.

BALLA: GLI ESORDI E L'ESPERIENZA DIVISIONISTA SALA 7

I quadri di Balla presenti in Galleria sono frutto della donazione delle figlie dell'artista (1984), salvo alcune eccezioni. In questa sala troviamo il Balla divisionista. In quegli anni il suo studio era frequentato da Boccioni, Severini e Sironi.

  • Giacomo Balla, Villa Borghese, Parco dei Daini, 1910. "Il motivo fondamentale della ricerca di Balla pre futurista era la luce, come primo fattore del dinamismo cosmico (tale ragionamento vale per tutti e tre i quadri presenti in questa sala). Dipinto dopo il ritorno da Parigi, dove aveva conosciuto il pointillisme di Seurat e Signac. Notare l'andamento delle pennellate nel cielo (cerchi) e nel prato (tratteggio erba)".[24].

Ha una cornice storica, non quella progettata da Balla. È stato acquistato dalla Galleria nel 1962.

  • Giacomo Balla, La pazza, 1905. Doveva far parte di un ciclo degli esclusi (Verga, Tolstoj, Zolà).
  • Giacomo Balla, Ritratto all'aperto, 1902. Capolavoro del suo periodo divisionista, il quadro è concepito come una istantanea.
  • Duilio Cambellotti, I bufali, 1910. Artista delle paludi pontine.
  • Felice Carena, Ritratto di Giovanni Cena, 1909 circa. È qui raffigurato il poeta torinese che si fece promotore delle scuole nell'agro romano con Sibilla Aleramo.

LA RITRATTISTICA BELLA EPOQUE SALA 8

Nella sala sono presentate opere di ritrattistica mondana del primo decennio del secolo.

Vi è rappresentata l'attrice, amante di Alfred Edwads, personaggio dell'alta finanza e proprietario di giornali, tra cui Le Matin. Cadde in acqua dallo yacht e morì in circostanze non chiare. Vestita di nero squillante, su fondo scuro, rosa il fiocco alla vita e il volto, la mano sul fianco, lo sguardo fermo di una sicurezza quasi sfrontata. Esempio di femminilità parigina. Da: catalogo della mostra Boldini tenutasi in Galleria nel 2005.

Figlia di un ricchissimo industriale lombardo, moglie del marchese Camillo Casati, dal quale si separò ufficialmente nel 1914. Dal 1906 al 1938 fu amante e musa ispiratrice di Gabriele D'Annunzio che la chiamava Corè, ne fece la protagonista in "Forse che sì, forse che no". Luisa Amman, questo il vero nome, fu capace di creare un vero e proprio culto intorno alla propria persona leggendaria, eccentrica, misteriosa. Sempre originale, elegantissima, magnetica, accentratrice, protettrice di artisti (Sarah Bernhardt), collezionista anche di suoi ritratti commissionati ad artisti e fotografi. La marchesa conobbe e ospitò Boldini che la chiamava "La Divina". Da: catalogo mostra su Boldini alla Gnam del 2005.

  • Paolo Troubetzkoy, Mia moglie, 1911. "Spiritosa presentazione di un modello della moda del tempo. Di famiglia aristocratica russa, portò gli ultimi echi della scapigliatura lombarda, fin dentro il nuovo secolo". Da: Palma Bucarelli, La Galleria Nazionale d'Arte Moderna, 1973 Istituto Poligrafico Stato.

Il tempo delle avanguardie - Sala 9[modifica | modifica wikitesto]

Il salone è dedicato alle Avanguardie storiche che si affermano nei primi trent'anni del Novecento e si articolano in veri e propri movimenti legati concettualmente tra loro e preparatori l'uno dell'altro, essi sono: Espressionismo (Die Bruke 1905, non presente in Galleria /Fauves 1905), Cubismo 1907 / Futurismo 1910, Astrattismo (Der Blaue Reiter 1911 / Neoplasticismo 1917), Dada anni '20, Metafisica 1917 (vedi sala De Chirico) e Surrealismo 1930 (vedi collezione Arturo Schwarz).

Espressionismo Nel 1905 a Dresda, in Germania, un gruppo di giovani pittori, nell'intento di rinnovare il linguaggio dell'arte, formula un vero e proprio programma e si dà nome Die Brucke, ovvero Il ponte, la strada verso il futuro inteso come rinnovamento dell'arte. Gli artisti di questo gruppo ritengono che ogni opera possa in qualche modo influenzare il comportamento di chi la osserva e proprio per sensibilizzare il pubblico ai problemi della realtà sociale, rappresentano spesso temi legati alla vita delle classi più disagiate, utilizzando forme schematiche e colori violenti che comunicano grande drammaticità e tensione. Le immagini subiscono una deformazione violenta che esprime la tensione psicologica dell'artista. Nel 1911 il gruppo si scioglie, ne hanno fatto parte: Ernest Kirchner, Emil Nolde, Max Pechstein e altri. L'espressionismo tedesco è anche una corrente letteraria.

In Francia, sempre nel 1905, si manifesta il gruppo dei Fauves, cioè Le belve, l'attenzione degli artisti è rivolta principalmente al colore, alla pennellata larga e corposa e non a ciò che si rappresenta. Principali esponenti sono: Henri Matisse, Maurice de Vlaminck, André Derain, Kees Van Dongen. Nel 1907 il gruppo si scioglie.

Cubismo Il più importante movimento di avanguardia del secolo: Pablo Picasso e Georges Braque ne sono i fondatori in Francia nel 1907. Partono dallo studio della realtà, ma la scompongono per poi costruirla sulla tela in un particolare ordine che annulla la distinzione tra le figure, gli oggetti e lo spazio in cui sono inseriti. Arrivano al cubismo in seguito allo studio delle forme geometriche di Cezanne e allo studio della scultura primitiva africana che Matisse aveva fatto conoscere. Il termine cubismo fu coniato dalla stampa nel 1908 in seguito all'esposizione di alcune tele di Braque in cui le case erano ridotte a piccoli cubi: Case all'Estaque, (rilievo collinare nel Sud della Francia) 1908, oggi a Berna. Per Apollinaire "con il cubismo l'arte non è più imitazione, ma pensiero" (da Apollinaire, Pittori cubisti, 1911).

Umberto Boccioni, Antigrazioso (La madre), gesso patinato, 1912-1913. Foto di Paolo Monti, 1978.

Futurismo Nel 1909, in Italia e in Francia (sul Figarò di Parigi il 20 febbraio) viene pubblicato il manifesto del Futurismo (Marinetti) che interessa letteratura, teatro e cinema. Nel 1910 segue il Manifesto della pittura futurista e nel 1912 quello dell'architettura. Firmano il manifesto tecnico della pittura futurista: Boccioni, Carrà, Russolo, Balla e Severini. Il sogno futurista è quello di distruggere il passato, solo il futuro può esistere e ad esso bisogna tendere, rinnovandosi continuamente, abbandonando le regole imposte dalla tradizione. Le immagini, i suoni e le parole non possono che essere nuove in un mondo sempre più rinnovato dalle macchine e in continua e veloce trasformazione. La rappresentazione di effetti di movimento è dunque alla base della pittura e della scultura futurista. Dal manifesto: "Un cavallo in corsa non ha quattro zampe ma venti...". Dopo la prima guerra mondiale alcuni artisti propongono il secondo futurismo, vedi salone Novecento.

Astrattismo L'arte astratta inizia nel 1910, quando Kandinskij esegue un acquarello fatto di macchie di colore accostate a segni a penna: "Senza titolo", 1910 Parigi, Museo d'Arte Moderna. Nel 1911 Vasilij Kandinskij e Franz Marc fondarono a Monaco il movimento Der Blaue Reiter, cioè "Il cavaliere azzurro" sostenendo, come i cubisti, che l'immagine per comunicare non ha bisogno di rappresentare la natura, sensazioni, emozioni, idee vengono suscitate dai colori, dalle linee, dalle luci indipendentemente da ciò che significano. Con l'astrattismo l'arte vuole comunicare contenuti interiori, spirituali; non vuole interpretare la realtà, l'arte diventa espressione della vita psicologica dell'individuo. Questo movimento può definirsi astrattismo lirico. Altri esponenti importanti sono Paul Klee e August Macke. Per Klee: "L'artista opera in modo irrazionale".

Nel 1917 in Olanda si afferma il neoplasticismo diffuso attraverso la rivista "De Stijl" dal pittore Piet Mondrian. I dipinti di Mondrian sono quasi ossessivamente basati su linee orizzontali e verticali che separano settori di colore compatto, privo di sfumature, quasi sempre colore primario: rosso, giallo, blu, Mondrian tende ad eliminare ogni interpretazione soggettiva e a risolvere ogni problema compositivo come se costruisse la dimostrazione di un teorema.

Avanguardie russe Dopo aver conosciuto cubismo e futurismo gli artisti russi creano movimenti artistici d'avanguardia di rilievo internazionale. Raggismo. Fondato dai coniugi Larianov, si definisce sintesi di Cubismo e Futurismo, è caratterizzato da linee scattanti e dinamiche, simili a raggi luminosi uniti a colori molto vivi.

Suprematismo. Fondato nel 1915 da Kazimir Malevic nel quale per la prima volta un'opera d'arte è formata solo da forme geometriche, le ricerche simili di Mondrian sono posteriori.

Costruttivismo. Fondato da Vladimir Evgrafovič Tatlin nel 1915, propone un'arte socialmente impegnata, il campo di ricerca privilegiato è il disegno industriale e l'architettura. Di Tatlin è il progetto mai realizzato del "Modello per il monumento alla Terza Internazionale" 1919-20.

Di tutti i quadri presenti nella sala ne scegliamo uno per ogni movimento di avanguardia, che sia esplicativo dello stesso.

Collezione Schwarz - Opere Dada - Sala 10[modifica | modifica wikitesto]

Le opere presenti in questa sala e nella successiva sono frutto di una donazione privata del 1997. Il movimento nasce nel 1916 a Zurigo dove si erano rifugiati artisti e intellettuali allo scoppio della prima guerra mondiale visto che la Svizzera era un paese neutrale. Tre anni prima Duchamp aveva creato "La ruota di bicicletta". Partendo dalla volontà di rompere con la società e la cultura che ha portato alla guerra, questi artisti hanno creato un movimento che infrange tutte le regole, anche quelle del linguaggio e dell'arte, la parola d'ordine è "niente", la stessa parola Dada, afferma Tzara, non significa nulla. Marcel Duchamp vede un mondo pieno di oggetti realizzati in serie, per combattere tale conformità di gusto prende tali oggetti e li espone, come nel caso dell'orinatoio, chiamato fontana e firmato Mutt, presentato nel 1917 a New York.

Oltre a Duchamp sono esponenti del movimento Dada: Man Ray, Francis Picabia e Hans Arp.

Collezione Schwarz - Il surrealismo sala 11[modifica | modifica wikitesto]

La sala si trova nel soppalco realizzato al di sopra della sala precedente. Il surrealismo, o realtà superiore, è un movimento letterario e artistico che ha rivalutato la parte irrazionale dell'uomo, cioè il mondo dell'inconscio, dell'immaginazione, del sogno, degli impulsi psichici, la parte più profonda della nostra mente, di cui non abbiamo coscienza. Per il poeta André Breton, che pubblicò il primo manifesto, il Surrealismo deve esprimere il pensiero in modo "automatico", senza il controllo della ragione. La creazione artistica diviene così immediata, automatica, capace di registrare ogni palpito interiore o vibrazione psicologica. L'arte surrealista si basa sulle ricerche psicoanalitiche compiute da Sigmund Freud. Simpatizzano con i movimenti più radicali di quegli anni. La prima mostra collettiva è stata allestita a Parigi nel 1925 con Man Ray, Arp, Masson, Picasso, Ernest e Mirò, in seguito si aggiunsero Magritte e Dalì.

IL RITORNO AI VALORI ARCAICI DI UN'ITALIA RURALE SALA 12

La sala è dedicata, come la seguente, a quegli artisti che, fra i due conflitti mondiali, aderirono al movimento artistico denominato "Valori plastici", prima e "Novecento" poi. Il ritorno all'ordine è inteso come ristabilimento della tradizione e vuole il recupero della tradizione primitivista (Giotto) e rinascimentale.

Valori plastici È un movimento artistico italiano legato alla rivista fondata da Mario Broglio (1918-22) che accolse nelle sue file artisti di varia formazione: Carrà, Morandi, De Chirico, Soffici e gli scultori Melli e Martini. Pubblicò monografie su artisti italiani e artisti e movimenti stranieri. Mentre la rivista ebbe un'importante funzione informativa, il movimento fu chiaramente orientato verso il richiamo all'ordine, ed esaltò i valori della forma rifacendosi alla tradizione del Tre Quattrocento.

NOVECENTO Movimento artistico italiano caratteristica espressione della cultura nazionale uscita dalla prima guerra mondiale, sancì la rinuncia agli ideali delle avanguardie, per elaborare, in chiave nazionalistica, i principi di "un ritorno all'ordine": la tradizione primitivista (Giotto) e rinascimentale, lo studio della forma - volume, le cui premesse si trovano già in Valori Plastici e nella pittura metafisica di Carrà e De Chirico. Fu equivalente al Novecento letterario e musicale. Del 1922 è il suo atto di nascita con l'esposizione alla Galleria Pesaro di Milano di un primo raggruppamento (Bucci, Funi, Malerba, Oppi, Sironi, Dudreville e Marussig. Per la Biennale del 1924, nella presentazione Margherita Sarfatti, auspicava un più largo schieramento di forze. Critici d'arte favorevoli al movimento furono Massimo Bontempelli (curatore della rivista Novecento con Curzio Malaparte), Maraini e Ugo Ojetti.

Valori plastici, realismo magico, Novecento Sala13[modifica | modifica wikitesto]

L'aria di Parigi Sala 14[modifica | modifica wikitesto]

La sala è dedicata a Giorgio De Chirico e alla METAFISICA, dal greco oltre il fisico, il movimento artistico concepito da lui e da Carrà nel 1917 a Ferrara. A differenza del futurismo, nei dipinti della Metafisica domina l'assoluta immobilità. Le scene sono popolate da strani manichini al posto degli esseri viventi: lo spazio, sempre definito prospetticamente, è irreale, appare limitato da costruzioni o elementi di paesaggio secondo un ordine non reale, tanto da far pensare ai sogni. All'interno di scenari impossibili, gli oggetti sono accostati in modo assurdo e proiettano ombre ingigantite e incombenti. Il mondo metafisico è vuoto e disabitato. Oltre a De Chirico e Carrà altri esponenti furono Giorgio Morandi, Alberto Savinio (il fratello di De Chirico) e Filippo de Pisis.

Le grandi correnti nazionali negli anni trenta Sala 15[modifica | modifica wikitesto]

Il salone è dedicato agli artisti più rappresentativi degli anni Trenta riconducibili al movimento artistico Novecento. Si possono considerare gli artisti "ufficiali" del regime dell'epoca.

Sui lati corti del salone due opere di grandi dimensioni testimonianza dell'arte che il fascismo richiedeva per la decorazione dei palazzi pubblici. Entrando nel salone dalla sala "Aria di Parigi":

Entrando nel salone dalla sala "Ritorno ai valori arcaici di una società rurale":

Sono opere riconducibili al movimento "Novecento":

Tra le sculture riconducibili allo stesso movimento artistico:

Sono opere riconducibili al SECONDO FUTURISMO o Aeropittura.

Non sono riconducibili al movimento Novecento, ma si possono considerare opere di EVASIONE rispetto al clima culturale e politico del tempo:

Sono opere apertamente in DISSENSO rispetto al regime, che usano le modalità dell'Espressionismo che si è già visto nel salone delle Avanguardie:

Il corridoio centrale del salone è denominato IL RITIRO DEI POETI E DEI PITTORI:

GUTTUSO, MANZU' E L'ARTE DA CORRENTE AL NEOREALISMO SALA 16

La sala è dedicata al Neorealismo, movimento culturale nato nel periodo di impegno politico della Resistenza che guarda all'aspetto sociale e soprattutto alla vita dura ma dignitosa degli umili, con linguaggio comprensibile alle masse. Il neorealismo si esprime in letteratura con Pavese, Vittorini, Fenoglio, Pratolini; e nel cinema con Rossellini (autore di Roma città aperta), Visconti (autore de La terra trema) e De Sica (autore di Ladri di biciclette e Sciuscià).

La guerra nella memoria postbellica - Corridoio e corte centrale 17[modifica | modifica wikitesto]

FRONTE NUOVO, NEOREALISMO, POSTCUBISMO SALA 18

La sala rappresenta le ricerche artistiche dell'immediato dopoguerra.

EVOLUZIONE E APPRODI DELL'ARTE ASTRATTA SALA 19

Anche questa sala è dedicata alle molteplici voci artistiche del dopoguerra italiano, con prevalenza di artisti operanti a Roma.

SCULTURA NON FIGURATIVA NEGLI ANNI CINQUANTA E SESSANTA SALA 20 (temporaneamente chiusa)

XX secolo: 2º settore[modifica | modifica wikitesto]

Questo settore della Galleria espone opere d'arte prodotte da artisti italiani e stranieri dopo la seconda guerra mondiale fino agli anni Settanta. La prosecuzione naturale della Gnam sarà il costituendo MAXXI: Museo dell'Arte del XXI secolo, che sorgerà nelle ex caserme di via Guido Reni nel quartiere Flaminio di Roma.

L'attuale sistemazione delle opere nelle sale risale a giugno 2005.

SALA SEGNO GESTO MATERIA: CONFRONTI INTERNAZIONALI.

Dopo la seconda guerra mondiale l'arte denuncia il mondo borghese per aver generato gli orrori del conflitto. Il dissenso si esprrime attraverso la dissoluzione della forma tradizionale, progettata, riconoscibile. Questa ARTE INFORMALE, si sviluppa tra gli anni Cinquanta e Sessanta in Europa, negli Stati Uniti e in Giappone con un linguaggio caratterizzato da velocità di esecuzione e improvvisazione. Esprime l'angoscia dell'artista. Tre sono i principali indirizzi:

- LA PITTURA SEGNICA, una sorta di scrittura astratta (vedi più avanti Capogrossi e Cy Twombly).

- LA PITTURA GESTUALE, ossia l'azione dell'artista che aggredisce la tela con i suoi gesti (vedi in questa sala Pollock, più avanti Vedova).

- LA PITTURA MATERICA, che ingloba nel dipinto materiali eterogenei (vedi in questa sala Fautrier, più avanti Burri).

Questa sala offre subito una panoramica internazionale sull'arte dell'immediato dopoguerra.

  • Jackson Pollock, Watery Paths, 1947. La lettura delle principali correnti artistiche può iniziare da questa opera di Pollock per il suo segno di rottura rispetto all'arte ante-guerra. Il quadro è stato donato da Peggy Guggenheim, celebre collezionista di arte contemporanea, mecenate di artisti, di origine americana ma residente a Venezia. Pollock fu il principale esponente dell'"ACTION PAINTING", letteralmente "pittura d'azione", chiamata anche Espressionismo astratto. Nasce negli Stati Uniti ed è parte della pittura gestuale, Pollock (1912-1956) usa la tecnica del dripping, cioè dello sgocciolamento del colore sulla tela che è stesa per terra per dare casualità compositiva alle opere.
  • Jean Fautrier, Tempo d'estate, 1957.
  • Alberto Giacometti, Grande donna, 1962. Statua in bronzo, accompagnata da un'altra opera dell'artista. In questo caso si può parlare di Surrealismo (vedi salone "Le avanguardie"), Sartre fu il suo esegeta.
  • Hans Hartung, T 1956 - 19, 1956.

SALA FONTANA

Alla prima sala dedicata ad un'apertura internazionale si passa in questa che è dedicata ad un artista argentino di origini italiane che ha operato a lungo in Italia: Lucio Fontana (Rosario di Santa Fè 1899 - Varese 1968), celebri sono i suoi tagli sulle tele dove l'artista cerca la terza dimensione nel quadro. Ogni suo quadro è opera di improvvisazione, come un pezzo di jazz. Le opere in questa sala solo dovute alla donazione Teresita Fontana del 1991.

Sala Capogrossi[modifica | modifica wikitesto]

Per Maurizio Calvesi "Giuseppe Capogrossi fu insieme a Lucio Fontana i Coppi e i Bartali dell'arte italiana del dopoguerra" (da intervista a la Repubblica). Capogrossi (Roma 1900 - 1972) dopo gli studi e un soggiorno a Parigi negli anni 1928 - 1933, venne a contatto con Scipione e Mafai, fondò insieme a Cagli la cosiddetta Scuola Romana. Nel 1949 passò alla pittura astratta, partecipando con Burri (che vedremo nel salone successivo) al gruppo Origine e firmando il VI Manifesto Spazialista con Fontana, Crippa e Dova (1953). In questi anni eseguì la serie delle "Superfici" che troviamo in questa sala, composizioni in cui si dispongono, in una tessitura grafica variabile, segni costanti di elementare semplicità "E" detti forchettoni. I forchettoni possono essere filiformi, densi o macrosegni. Si tratta di: "Segni elementari belli come graffiti rupestri" Maria Vittoria Marini Clarelli in occasione di una conferenza in Galleria.
Palma Bucarelli in La Galleria Nazionale d'Arte Moderna, 1973 Istituto Poligrafico dello Stato, fa una bella similitudine con le opere architettoniche di Nervi e Morandi in cui il segno è anche elemento strutturante.

Tutte le opere presenti nella sala sono dovute alla donazione Cardazzo del 1968-76.

  • Giuseppe Capogrossi, Superficie 512, 1963.
  • Giuseppe Capogrossi, Superficie 290, 1958.
  • Ettore Colla, Carro solare, 1967.
  • Ettore Colla, Officina solare n.2, 1965. Citato in Argan, L'arte moderna 1770/1970, 1970 Sansoni. Ettore Colla (Parma 1896 - Roma 1968) dopo aver lavorato a Parigi negli studi di Laurens e Brancuși (1913-26), tornò in Italia e realizzò busti in geso e terracotta policroma sotto l'influsso di Arturo Martini. Negli anni Cinquanta fondò il gruppo Origine con Capogrossi, Burri e altri. Nel 1955 iniziò gli assemblaggi di ferri arrugginiti di recupero, assemblati in modo da formare inquietanti personaggi di una nuova mitologia. Gran parte delle opere presenti in questa sala sono state donate dalla vedova dell'artista. Nel giardino che fiancheggia la scalinata d'ingresso della Galleria, sulla destra, si trova una sua opera: "Grande spirale" realizzata in occasione della mostra Sculture in città e donata alla città di Spoleto nel 1962. Chiesta in prestito al comune in occasione di una mostra, non ha mai più fatto ritorno a Spoleto.

SALONE DELL'INFORMALE E DEL SUPERAMENTO DELL'INFORMALE

La parte bassa del salone, quella vicina alla sala di Fontana, è dedicata ad Alberto Burri (Città di Castello 1915 - Nizza 1995), un altro grande protagonista dell'arte informale italiana. Laureato in medicina, cominciò a dipingere nel 1944 mentre era prigioniero di guerra in Texas. Tornato in Italia e stabilitosi a Roma si dedicò completamente alla pittura. Si impose all'attenzione internazionale allorché i suoi sacchi sbrindellati cominciarono ad apparire in pubblico. È l'immagine di una realtà desolata e logorata dal tempo: si vedono cuciture, pezzature, tele e lembi ammuffiti che nascondono una ferita, uno strappo fisico e morale. Nel 1956 Burri passò dai sacchi, ai legni e alle plastiche bruciate. Dal 1981 esiste a Città di Castello un museo a lui dedicato, la "Fondazione palazzo Albizzini", dal 1989 tale istituzione si è estesa agli ex seccatoi del tabacco. Questa parte del salone ricostruisce il percorso artistico di Burri dai primi gobbi e catrami, al "Grande sacco del 1952, ai legni, alle plastiche, ai ferri dei primi anni Sessanta, ai cellotex degli ultimi anni.

Dal soffitto pende l'opera di Alexander Calder, Mobile, 1958. Ferro e alluminio.

La parte alta del salone accoglie invece quegli artisti che hanno contribuito al superamento dell'Informale verso un'arte di tipo CONCETTUALE, particolare risalto è dedicato a PINO PASCALI. Tra gli artisti più rappresentativi citiamo:

  • Pino Pascali, Primo piano labbra, 1965.
  • Pino Pascali, Dinosauro riposa, 1966. La sua ricerca poetica è vicina a quella della Pop art, nata a Londra ma esperienza più significativa della cultura americana degli anni Sessanta. Il termine indica l'interesse per la realtà quotidiana ossessionata dalla pubblicità martellante e sovraccarica di prodotti che devono essere consumati. Gli artisti più rappresentativi sono Andy Warhol, Roy Lichtenstein e Claes Oldenburg. Per Calvesi la pop art è arte di reportage, scatto sulla realtà. Pino Pascali (Bari 1935 - Roma 1968) lavorò come grafico pubblicitario e scenografo per la televisione.
  • Jannis Kounellis, Bianco, 1966.
  • Jannis Kounellis, Z - 44, 1960 circa. Artista vivente, nato al Pireo in Grecia nel 1936, si è trasferito a Roma nel 1956 per frequentare l'Accademia di Belle Arti, la sua ricerca artistica lo ha accomunato all'arte povera. Questa è l'opera del suo debutto alla Galleria La Tartaruga, fa parte della serie degli Alfabeti, veniva cantata dall'artista stesso.
  • Mimmo Rotella, Mitologia 3, 1962.
  • Mimmo Rotella, Up tempo 3, 1957. È l'artista (Catanzaro 198 - Milano 2006) dei decollages, cioè dei manifesti pubblicitari lacerati a cui iniziò a lavorare dal 1954. Ha operato secondo modi neodadaisti, contribuendo nei primi anni Sessanta, allo sviluppo del Nouveau Rèalisme.
  • Gastone Novelli, Poetry reading tour, 1961.
  • Gastone Novelli, Il grande linguaggio, 1963. (Vienna 1925 - Milano 1968), dal 1958 la sua produzione si configurò come una sorta di pittura scrittura, anche per rapporti con il gruppo poetico Gruppo 63 e l'americano Cy Twombly.

Nel corridoio al centro del salone:

Sala Vedova Turcato Afro[modifica | modifica wikitesto]

Questa sala è dedicata a quegli artisti che alla fine degli anni Quaranta avevano preso posizione per l'astrattismo. Nel 1952 il critico Lionello Venturi, che li aveva tenuti a battesimo, scrive "Otto pittori italiani" fra i quali Vedova, Turcato e Afro.

SALA ROMA ANNI SESSANTA

Roma negli anni Sessanta è motore dell'arte nazionale, anche la presenza del cinema è da stimolo a questa fioritura artistica.

SALA DOSSIER Qui vengono ospitare le esposizioni temporanee della Galleria.[25]

Collegamenti[modifica | modifica wikitesto]

È raggiungibile dalla fermata Galleria Arte Moderna del tram 3
È raggiungibile dalla fermata Galleria Arte Moderna del tram 19

Fonti[modifica | modifica wikitesto]

Tutte le informazioni sulla storia della Galleria sono tratte da:

  • Palma Bucarelli, La Galleria Nazionale d'Arte Moderna, 1973, Istituto Poligrafico dello Stato.
  • Sandra Pinto, Gianna Piantoni, Galleria Nazionale d'Arte Moderna, 1997, Ed. Sacs.
  • Elena di Maio, Matteo Lafranconi, Galleria Nazionale d'Arte Moderna. Le collezioni. Il XIX secolo. 2006. Edizioni Electa.

Tutte le informazioni sulle correnti artistiche presenti in Galleria, su singoli artisti o specifiche opere d'arte sono tratte da: Giulio Carlo Argan, L'arte moderna 1770/1970, 1970 Sansoni. AA.VV., Enciclopedia Universale dell'Arte, 1986 Istituto Geografico De Agostini, Novara. AA.VV., Enciclopedia dell'Arte, 2002 Garzanti. AA.VV., Storia universale dell'arte, 1997 Leonardo. Mary Hollingswrth, L'arte nella storia dell'uomo, 1997 Giunti. Bersi - Ricci, Il libro dell'arte, 1999 Zanichelli. Formilli - Marini, Percezione, immagine, arte, 1993 Sei. Stefano Zaffi, La storia dell'arte vol. XV, Electa.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Cfr. DPCM 29 agosto 2014, n. 171.
  2. ^ Un vivo ricordo di quegli eventi è rimasto nel libro di Palma Bucarelli "1944, cronaca di sei mesi" ed. De Luca, si tratta del diario personale della sovrintendente
  3. ^ Bora, I luoghi dell'arte, Electa
  4. ^ Baldi, Dal testo alla storia, ed. Paravia
  5. ^ a b Enciclopedia Arte Garzanti 2002
  6. ^ Palma Bucarelli, La Galleria Nazionale d'Arte Moderna, 1973, ed. Poligrafico dello Stato
  7. ^ Giulio Carlo Argan, L'Arte Moderna, 1970, Ed. Sansoni
  8. ^ Palma Bucarelli, La Galleria Nazionale d'Arte Moderna, Ed. Poligrafico dello Stato, 1973, pag. 24.
  9. ^ Enciclopedia Arte Garzanti, voce Macchiaioli, 2002.
  10. ^ Palma Bucarelli, La Galleria Nazionale d'Arte Moderna, Ed. Poligrafico dello Stato, 1973, pag. 27.
  11. ^ Colombo - Lafranconi, Guida alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna, 2004 Electa
  12. ^ Crespi Morbio, Arte, storia universale, 1997 Ed. Leonardo Arte.
  13. ^ Bucarelli, La Galleria Nazionale d'Arte Moderna, 1973 Istituto Poligrafico dello Stato, pag. 33
  14. ^ a b c Palma Bucarelli, La Galleria Nazionale d'Arte Moderna, 1973 Istituto Poligrafico dello Stato
  15. ^ Giulio Carlo Argan, L'arte moderna 1770/1970, 1970 Ed. Sansoni.
  16. ^ Bucarelli, La Galleria Nazionale d'Arte Moderna, 1973 Istituto Poligrafico dello Stato
  17. ^ Enciclopedia Arte, 2002 Garzanti
  18. ^ Colombo Lafranconi, Guida alla Galleria Nazionale d'arte moderna, 2004 Electa
  19. ^ Argan, L'arte moderna 1770/1970, 1970 Sansoni
  20. ^ Mary Hollingswrth, L'arte nella storia dell'uomo, 1997 Giunti
  21. ^ Formilli - Marini, Percezione immagine arte, 1995 Ed. Sei; e da Bersi - Ricci, Il libro dell'arte, 1999 Ed. Zanichelli
  22. ^ Argan, L'arte Moderna 1770/1970, 1970 Sansoni
  23. ^ Stefano Zuffi, La storia dell'Arte, 2006 Electa
  24. ^ Palma Bucarelli, La Galleria Nazionale d'Arte Moderna, 1973 Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato
  25. ^ archiviopubblico.ilmanifesto.it, https://archiviopubblico.ilmanifesto.it/Articolo/2003074018.

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