Galata morente

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Galata morente
AutoreEpigono
Datacopia romana da un originale bronzeo del 230-220 a.C. circa
Materialemarmo
Dimensioni73×185 cm
UbicazioneMusei Capitolini, Roma
Veduta posteriore
Particolare

Il Galata morente era una scultura bronzea attribuita a Epigono, autore di molte statue raffiguranti Galati, databile al 230-220 a.C. circa e oggi nota da una copia marmorea dell'epoca romana conservata nei Musei Capitolini di Roma.[1] Con il Galata suicida e con altre opere di identificazione più complessa doveva fare parte del Donario di Attalo nella città di Pergamo.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

L'opera fu commissionata da Attalo I di Pergamo per celebrare la sua vittoria contro i Galati. Non si conosce esattamente l'identità dell'artista che realizzò l'opera: si ritiene si tratti di Epigono, lo scultore di corte della dinastia dei sovrani di Pergamo.

Fu una delle opere scultoree dell'antichità più note e, per questo motivo, fu spesso ripreso da molti artisti di epoche successive. La versione capitolina venne scoperta all'inizio del XVII secolo, durante gli scavi di Villa Ludovisi. La prima testimonianza del ritrovamento risale al 1623, quando l'opera venne registrata quale parte della collezione della potente famiglia romana. La capacità dell'artista e il pathos della scultura suscitarono una grande ammirazione tra gli amanti dell'arte del XVII e del XVIII secolo, tant'è che molti tra re e ricchi proprietari terrieri ne commissionarono una copia. Fu proprio durante quest'epoca che alcuni, fraintendendo il tema dell'opera, ritennero si trattasse di un gladiatore morente, il che diede vita a tutta una serie di denominazioni non corrette (tra le quali il Gladiatore morente, il Gladiatore ferito, il Mirmillone morente).

Durante la campagna napoleonica in Italia, nel 1797, fu portata a Parigi per volontà del generale Napoleone, insieme alle altre opere prelevate per mezzo del Trattato di Tolentino, quali il Bruto Capitolino, la Venere Capitolina, e lo Spinario, nel contesto delle spoliazioni napoleoniche. La statua ritornò poi a Roma nel 1815 e fu da quel momento esposta presso i Musei Capitolini, dove è a tutt'oggi conservata, grazie all'intervento del Canova successivamente al Congresso di Vienna.

Alcune copie del Galata morente si possono osservare presso Il Museo dell'Arte Classica di Roma - La Sapienza, il Museo di Archeologia classica dell'Università di Cambridge, presso la Galleria Courtauld di Londra, oltre che a Berlino, Praga, Stoccolma, Venezia e Carrara.

Descrizione e stile[modifica | modifica wikitesto]

La statua raffigura, con grande realismo (specie nel volto), un guerriero galata morente, semisdraiato e col volto rivolto in basso. Il soggetto presenta i tratti tipici del guerriero celtico, considerando gli zigomi alti, l'acconciatura dei capelli, dalle folte e lunghe ciocche, e i baffi. In tale gusto si nota un accento sulla particolare erudizione che circolava alla corte di Pergamo.

Eccezion fatta per una torque intorno al collo (una particolare collana tipica delle popolazioni celtiche), il guerriero è completamente nudo. Sulla base, attorno ad esso alcune armi abbandonate. Col tipico patetismo della scuola di Pergamo, l'artista evidenziò il dolore dello sconfitto, accentuandone il coraggio e il valore e quindi, dall'altro lato, le qualità militari dei vincitori.

Citazioni letterarie[modifica | modifica wikitesto]

Nel suo romanzo di maggior successo, Ritratto di signora (romanzo), lo scrittore americano Henry James cita la statua del Galata morente, durante una visita della protagonista Isabel Archer ai Musei Capitolini di Roma, "presso la prima e più bella delle sale, di fronte al pezzo forte della collezione, la statua del Gladiatore Morente", dove avrebbe incontrato Lord Warburton (p.253 della versione integrale).

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Statua del Galata Capitolino | Musei Capitolini, su www.museicapitolini.org. URL consultato l'8 gennaio 2022.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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