Francesco Penta

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Francesco Penta

Francesco Penta (Napoli, 11 agosto 1899[1]Roma, 16 ottobre 1965) è stato un ingegnere italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Fotografia a tutto corpo.

Nato a Napoli, da una famiglia benestante, era figlio di Pasquale Penta, un noto neuropsichiatra forense e antropologo criminale, e di Adelia Loforte. Reduce dalla grande guerra, si laureò in ingegneria civile presso l'Università Federico II di Napoli nel 1924. Nel medesimo ateneo è stato docente di geologia applicata dal 1925 al 1929, sotto la guida di Giuseppe De Lorenzo, e di ingegneria mineraria dal 1929 al 1943. Dal 1939 insegnò geologia applicata e diresse l'omonimo Istituto all'Università La Sapienza.

La sua attività è particolarmente legata al "Centro Studi Materiali Naturali Litoidi da Costruzione", poi ridenominato "Centro di Studio per la Geologia Tecnica", oggi "Istituto di Ricerca sulla Tettonica Recente", da lui stesso fondato nel 1950 e diretto sino alla morte, occupandosi in specie di studi petrografici in relazione ai materiali da costruzione[2] e sviluppando come disciplina la geotecnica.

Fu consulente geologico per la diga di Pontesei ed ebbe un ruolo importante nel collaudo della diga del Vajont, tristemente famosa per la sciagura che vi si verificò il 9 ottobre 1963, in quanto componente della Commissione governativa di collaudo con maggiore esperienza e competenza specifica. Dai documenti, analizzati dalla relativa Commissione parlamentare d'inchiesta[3], risultò che, al pari del collega Giorgio Dal Piaz, avesse cercato sempre di minimizzare il rischio legato alla frana, rischio invece individuato correttamente nelle relazioni di Leopold Müller ed Edoardo Semenza.[4][5] Tuttavia, avanzò anche l'ipotesi della possibilità che si verificasse un distacco improvviso di una massa enorme di terreno, suolo e sottosuolo, ma non consigliò mai l'abbandono del bacino.[6]

Membro dell'Accademia dei Lincei, e di numerose altre accademie, sia italiane che internazionali, è stato presidente della Società geologica italiana nel 1950.

Al tempo del disastro era già molto malato. Morì di morte naturale a Roma il 16 ottobre 1965, nel corso dell'istruttoria sul Vajont, comportando il non luogo a procedere nei suoi confronti.

Vita privata[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1927 sposò Anna Zimbelli ed ebbe quattro figli: Pasquale, Maria, Adelia e Teresa.

Nei media[modifica | modifica wikitesto]

Cinema[modifica | modifica wikitesto]

Fumetti[modifica | modifica wikitesto]

  • Vajont: storia di una diga, Francesco Niccolini (sceneggiatura), Duccio Boscoli (disegni), Padova, BeccoGiallo, 2018, ISBN 9788833140421, OCLC 1090201035.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Maurizio Reberschak, Il grande Vajont, 2013ª ed., Cierre, p. 551.
  2. ^ Cfr. la storia dell'istituto (online Archiviato il 20 aprile 2010 in Internet Archive.) dal sito del Consiglio Nazionale delle Ricerche.
  3. ^ A. Lucidi (a cura di), Commissione parlamentare d'inchiesta sul disastro del Vajont. Inventario, Senato della Repubblica, ed. Rubbettino, Soveria Manelli, 2003.
  4. ^ Tina Merlin, Sulla pelle viva. Come si costruisce una catastrofe. Il caso del Vajont, 4ª ed., Verona, Cierre Edizioni, 2001, p. 119.
  5. ^ Vajont, una frana annunciata, di Francesco Niccolini, su vajont.info. URL consultato il 16 agosto 2011 (archiviato dall'url originale il 19 luglio 2011).
  6. ^ Mario Passi, Vajont senza fine, Baldini Castoldi Dalai, 2003, pp. 99-100, 139.
  7. ^ Vajont - La diga del disonore, su antoniogenna.net. URL consultato il 4 febbraio 2020.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • F. Esu Cugusi, Memorial to Francesco Penta (1899-1965), in «Bulletin of Volcanology», XXIX (1965), n° 1, pp. 827-831.
  • Felice Ippolito, Francesco Penta (1899-1965), in Idem, Amici e maestri. Personaggi, fatti e letture: ricordi di un quarantennio, Dedalo, Bari, 1988, pp. 80-82.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]


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