Fitochelatina

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Le fitochelatine sono polipeptidi intracellulari prodotti da piante e alghe (e molto raramente da alcune specie di funghi) in risposta a un eccessivo assorbimento di metalli pesanti.

Struttura chimica[modifica | modifica wikitesto]

Struttura generale di una fitochelatina

Le fitochelatine (in lingua inglese: Phytochelatin; abbreviate in PCn) sono proteine citoplasmatiche a basso peso molecolare ricche in cisteina appartenenti alla III classe della famiglia delle metallotioneine[1]. Sono oligopeptidi costituiti da (y-glutammil-cisteinil)n-glicina (raramente sostituita da -alanina), dove n sta per un numero variabile di ripetizioni del dìpeptide y-glutammil-cisteina; tali ripetizioni, da 2 a 11 (da PC2 a PC11) sono più frequentemente da 2 a 5. I gruppi sulfidrilici (o tiolici) -SH della cisteina permettono la chelazione dei metalli pesanti e ne prevengono quindi l'interazione con i componenti cellulari. Le fitochelatine possono infatti formare complessi molecolari con vari metalli pesanti i quali non possono esercitare effetti tossici perché sottratti alla libera circolazione all'interno del citoplasma cellulare[2]. Nel caso del cadmio i complessi del metallo con le fitochelatine possono variare da 1800 a 8000 dalton[3].

Biologia[modifica | modifica wikitesto]

Le fitochelatine si rinvengono nelle piante, nei funghi, e in tutti i gruppi di alghe tra cui cianobatteri e licheni. La sintesi delle fitochelatine avviene direttamente a partire dal glutatione oppure da un'altra fitochelatina a più basso grado di polimerizzazione per mezzo dell'enzima Glutatione gamma-glutammilcisteiniltransferasi.[4] Tali organismi, a differenza degli animali, traggono nutrienti (per esempio, rame e zinco) e metalli potenzialmente tossici (per es. cadmio, piombo o mercurio) dall'ambiente acquatico o terrestre. Le concentrazioni di questi elementi, sia quelli essenziali che i non essenziali, possono variare per cause naturali o antropiche. È pertanto importante per le piante, che non possono allontanarsi di fronte a concentrazioni ambientali tossiche di questi elementi, possedere meccanismi che ne mantengano le concentrazioni entro limiti di sicurezza; la sintesi delle fitochelatine è attivabile nell'arco di pochi minuti e costituisce pertanto un'importante risposta fisiologica per il mantenimento dell'omeostasi cellulare e per la detossificazione[5].

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Gli effetti delle fitochelatine vennero scoperti nel 1973 da Paolo Pelosi e collaboratori dell'Università di Pisa i quali osservarono un aumento degli aminoacidi acido glutammico, cisteina e glicina nelle piante di tabacco esposte a concentrazioni elevate di mercurio metallico[6]. Le ricerche, pubblicate su riviste minori, non ebbero l'eco che avrebbero meritato. Nel 1979 fu scoperto l'enzima Glutatione gamma-glutammilcisteiniltransferasi[7]. Nel 1981 le fitochelatine furono rinvenute nel lievito di fissione[8][9] e vennero chiamate Cadistine[10]. Nel 1985 Erwin Grill e collaboratori dell'Università di Monaco di Baviera dimostrarono che i tre aminoacidi erano utilizzati nelle cellule vegetali in risposta allo stress da cadmio e altri metalli pesanti già pochi minuti dopo l'esposizione[11]. Il nome «fitochelatine» (dal greco Φυτόν = pianta e χηλή = tenaglia) venne attribuito per sottolineare la loro origine vegetale e la capacità di chelare i metalli pesanti per sottrarli alla libera circolazione all'interno delle cellule al pari delle metallotioneine[12].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Klaassen CD, Liu J, Diwan BA. «Metallothionein protection of cadmium toxicity». Toxicol Appl Pharmacol. 2009 Aug 1;238(3):215-20, PMID 19362100, PMCID PMC2740813 (Free Article)
  2. ^ Sigel, A., Sigel, H., Sigel, R.K.O. (editords), Metallothioneins and Related Chelators. Metal Ions in Life Sciences, 5. Cambridge: RSC Publishing, 2009, ISBN 978-1-84755-899-2.
  3. ^ Olena K. Vatamaniuk, Elizabeth A. Bucher, James T. Ward and Philip A. Rea (2001). «A new pathway for heavy metal detoxification in animals: phytochelatin synthase is required for cadmium tolerance in Caenorhabditis elegans». J. Biol. Chem. 276 (24): 20817. DOI10.1074/jbc.C100152200.
  4. ^ Ogawa S, Yoshidomi T, Yoshimura E. «Cadmium(II)-stimulated enzyme activation of Arabidopsis thaliana phytochelatin synthase 1», J Inorg Biochem. 2011 Jan;105(1):111-7, PMID 21134609
  5. ^ Rauser WE. «Phytochelatins and related peptides. Structure, biosynthesis, and function». (Review) Plant Physiol. 1995 Dec;109(4):1141-9, 1, PMID 8539285 (Free article)
  6. ^ Pelosi, P.; Galoppini, C. «Sulla natura dei composti mercurio-organici nelle foglie di tabacco». Atti Soc. Tosc. Sci. Nat. Ser. A (1973), 80, 215
  7. ^ Shaw LM, Newman DA. «Hydrolysis of glutathione by human liver gamma-glutamyltransferase.» Clin Chem. 1979 Jan;25(1):75-9, PMID 32975 (Free article Archiviato l'11 ottobre 2008 in Internet Archive.)
  8. ^ Akira Murasugi, Chiaki Wada, and Yukimasa Hayashi (1981). "Cadmium-Binding Peptide Induced in Fission Yeast, Schizosaccharomyces pombe". J. Biochem. 90, 1561-1564. PMID 7338524.
  9. ^ Akira Murasugi, Chiaki Wada, and Yukimasa Hayashi (1981). «Purification and Unique Properties in UV and CD Spectra of Cd-Binding Peptide 1 from Scizosaccharomyces pombe». Biochem. Biophys. Res. Commun. 103 1021-1028. PMID 7332570.
  10. ^ Naoto Kondo, Kunio Imai, Minoru Isobe, Toshio Goto, Akira Murasugi, Chiaki Wada-Nakagawa, Yukimasa Hayashi (1984).«Cadystin A and B, Major Unit Peptides Comprising Cadmium Binding Peptides Induced in a Fission Yeast----Separation, Revision of Structures and Synthesis». Tetrahedron Lett. 25 3869-3872. doi: 10.1016/S0040-4039(01)91190-6.
  11. ^ Grill, E., Winnacker, E. L., & Zenk, M. H. (1985). «Phytochelatins: the principal heavy-metal complexing peptides of higher plants». Science, 230(4726): 674-676 (abstract).
  12. ^ Grill E, Winnacker EL, Zenk MH. «Phytochelatins, a class of heavy-metal-binding peptides from plants, are functionally analogous to metallothioneins». Proc Natl Acad Sci U S A.' 1987 Jan;84(2):439-43, PMID 16593801 (Free article)

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Luigi Sanità di Toppi, Le difese delle piante dai metalli pesanti, Le Scienze, n. 404 (aprile 2002), pp. 87-92.