Finalmente domenica!

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Finalmente domenica!
Fanny Ardant e Jean-Louis Trintignant in una scena del film
Titolo originaleVivement dimanche!
Lingua originalefrancese
Paese di produzioneFrancia
Anno1983
Durata111 min
Dati tecniciB/N
Generepoliziesco, noir
RegiaFrançois Truffaut
SoggettoCharles Williams (dal romanzo The Long Saturday Night)
SceneggiaturaFrançois Truffaut, Suzanne Schiffman e Jean Aurel
ProduttoreLes Films du Carrosse, Films A2, Soprofilms
FotografiaNéstor Almendros
MontaggioMartine Barraqué
MusicheGeorges Delerue
ScenografiaHilton McConnico
CostumiMichèle Cerf
TruccoThi-Loan Nguyen
Interpreti e personaggi
Doppiatori italiani

Finalmente domenica! (Vivement dimanche!) è un film del 1983 diretto da François Truffaut, al suo ultimo lungometraggio. Questo film è tratto dall'omonimo romanzo di Charles Williams.

Trama[modifica | modifica wikitesto]

Benché ormai licenziata, Barbara, intraprendente segretaria di Julien Vercel, titolare di un'agenzia immobiliare, toglie dagli impicci il principale, sospettato di diversi omicidi, tra cui quello della moglie e dell'amante di lei. Nel corso delle indagini tra i due scoccherà la fatale scintilla d'amore.

Produzione e distribuzione[modifica | modifica wikitesto]

Le riprese furono effettuate dal 4 novembre al 31 dicembre 1982 a Hyères e dintorni e il film fu proiettato in pubblico per la prima volta il 10 agosto 1983.

Citazioni[modifica | modifica wikitesto]

Chiuso nel retro del suo ufficio, Julien Vercel osserva dalla piccola finestra le gambe delle donne che camminano sul marciapiede. Barbara osserva stupefatta la scena e, quando esce, lei stessa passa due volte vicino alla finestra per farsi osservare. François Truffaut in questa sequenza cita un altro suo film, L'uomo che amava le donne (1977).

Caratteri generali[modifica | modifica wikitesto]

Questo film, l'ultimo girato da François Truffaut, è un omaggio ai B-movie noir americani degli anni '50.[1] Per riprodurre quel tipo di atmosfere, si serve, coraggiosamente, del bianco e nero, affidato alla fotografia di Néstor Almendros, con cui aveva girato il suo ultimo film in bianco e nero, Il ragazzo selvaggio (1969).[2]

Ma la personalità del regista prevale rispetto all'ossequio di maniera al genere.[3] Nel film non si cela alcuna dark lady, la protagonista è anzi dalla parte della legge, mentre la donna che ha innescato la catena di omicidi è una delle prime vittime. Non vi è alcun senso di un inesorabile destino incombente e, progressivamente, tra scenografie e situazioni improbabili, il film scivola verso la commedia grottesca (esemplare la scena in cui il responsabile degli omicidi, messo sotto pressione, si trova a fumare due sigarette contemporaneamente).

Le ultime immagini lasciateci da François Truffaut, mentre scorrono i titoli di coda, sono quelle dei piedi dei bambini del coro che giocano col paraluce di un obiettivo fotografico, mentre si celebra il matrimonio del personaggio interpretato da Fanny Ardant (che all'epoca aspettava una figlia dal regista), in un'estrema dichiarazione d'amore per il mondo dell'infanzia (cfr. Gli anni in tasca).[4][5]

Riconoscimenti[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ "Finalmente domenica cercherà di restituire l'atmosfera notturna misteriosa e brillante delle commedie poliziesche americane che una volta ci lasciavano incantati". Da una lettera di François Truffaut a Gérard Lebovici del 9 settembre 1982, in François Truffaut Autoritratto, Giulio Einaudi editore, Torino, 1989.
  2. ^ ..."Credo che l'impiego del b/n ci aiuterà a recuperare quel fascino perduto, credo soprattutto che nessuno al mondo sarà mai in grado di dimostrarmi che il b/n è meno culturale del colore." Lettera di François Truffaut a Gérard Lebovici, in François Truffaut, Autoritratto, Giulio Einaudi editore, Torino, 1989.
  3. ^ "Immergendo quel tipo di commedia nel noir, forma una miscela che trasgredisce le regole dell'uno e dell'altro genere". Ugo Casiraghi in Finalmente domenica, allegato a l'Unità, reg. Tribunale di Roma, 3 settembre 1996.
  4. ^ ....dalla disinvoltura con cui lo fanno, si direbbe che i bambini hanno comunque e sempre il diritto di giocare, il che si accorda perfettamente con quanto Truffaut ha sempre sostenuto" Ugo Casiraghi in Finalmente domenica, allegato a l'Unità, reg. Tribunale di Roma, 3 settembre 1996.
  5. ^ ... La musica discretamente allegra di Georges Delerue accompagna il loro gioco. È questa l'ultima immagine che François Truffaut ci ha lasciato del suo lavoro di narratore". Anne Gillain, François Truffaut. Il segreto perduto.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Paola Malanga, Tutto il cinema di Truffaut, Baldini & Castoldi, Milano 1996, pp. 478–490.
  • Anne Gillain (a cura di), Tutte le interviste di François Truffaut sul cinema, Gremese Editore, Roma 1990 (prima edizione francese 1988), pp. 266–272.
  • Alberto Barbera, Umberto Mosca, François Truffaut, Il Castoro, Milano, pp. 148–151.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN300100539 · GND (DE1041239130 · BNF (FRcb14294927d (data) · J9U (ENHE987010986862805171
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