Fanum

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Il termine latino fanum (al plurale fana) nelle fonti antiche[1] indica generalmente un luogo sacro generico[2], oppure un piccolo edificio di culto quasi sinonimo di sacellum. Cicerone[3] impiega il termine per indicare santuari estranei alla tradizione classica, mentre Svetonio[4] riferisce che Cesare aveva distrutto nel corso della guerra gallica fana templaque (fana e templi).

Resti della cella del fanum detto Torre Vésone, a Périgueux
Resti della cella del fanum detto "Tempio di Giano" ad Autun

Archeologia[modifica | modifica wikitesto]

Nella letteratura archeologica moderna, a partire dallo studio dell'archeologo normanno Léon de Vesly, degli inizi del Novecento[5], il termine fanum indica per convenzione un edificio templare tipico delle aree di tradizione celtica, costituito da un'altissima cella a pianta centrale (circolare, quadrata o poligonale), circondata da una galleria coperta, diverso dal modello del tempio romano. Questa tipologia di edificio è a volte indicata anche con la denominazione di "tempio gallo-romano" o di "tempio di tradizione celtica".

Si trovano in tutta la Gallia, nelle province germaniche (Germania superiore e inferiore) e in Britannia, tra la fine del I secolo a.C. e il IV secolo d.C. (quindi solo successivamente alla conquista romana). Spesso più edifici templari sono raggruppati tra loro

Negli anni novanta ne erano stati recensiti 650[6], sia in ambiente urbano che in zone rurali, per circa metà individuati tramite prospezione aerea. Spesso sorgono su più antiche aree sacre pre-romane (costituite generalmente da aree sacre recintate con palizzate e fossati).

A partire dall'epoca augustea compaiono nelle aree sacre pre-romane, piccoli edifici costruiti con tecniche edilizie più avanzate (laterizio). A partire dal I secolo d.C. gli edifici templari sono a volte dotati di un pronao classico, che introduce un forte elemento di assialità, secondo il modello del tempio romano. In quest'epoca probabilmente le attività sacrificali si svolgevano all'esterno, mentre la cella templare ospitava solo la statua di culto. Tra l'epoca di Claudio e la metà del II secolo le strutture templari vengono monumentalizzate, con templi su alti podi, altari e sculture, mentre l'area del santuario è delimitata da portici.

Gli alzati degli edifici di culto, tuttavia, continuano ad essere differenti rispetto al modello del tempio classico, con cella fortemente sviluppata in altezza e spesso dotata di finestre per l'illuminazione interna, circondata da una più bassa galleria periferica. La galleria poteva essere aperta con un colonnato, oppure parzialmente chiusa da un parapetto, ovvero del tutto chiusa all'esterno ad eccezione delle porte di accesso.

L'ipotesi tradizionale, che questa particolare conformazione dell'edificio templare rappresenti una persistenza della forma celtica originaria dei santuari, sembra attualmente superata[7] Il più antico tempio di questo genere, datato alla metà del I secolo a.C., si trova a Vieille-Toulouse, in una regione, la Francia meridionale, che già a partire dal II secolo a.C. era influenzata da Roma[8].

La cella in quanto tale, che ospita la statua di culto, assente nei santuari celtici preromani, è comunque derivata dalla tradizione classica. La galleria intorno alla cella potrebbe invece riferirsi all'influsso di tradizioni di culto locali.

Esempi[modifica | modifica wikitesto]

Rovine romane del santuario gallo-romano di Champlieu

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Ad esempio in Marco Terenzio Varrone, De lingua Latina, VI, 54. Lo stesso in Vitruvio e in generale nelle fonti epigrafiche: Pierre Gros, "I fana o templi di tradizione celtica", in L'architettura romana dagli inizi del III secolo a.C. alla fine dell'Alto Impero. I monumenti pubblici, Milano 1996, p.218.
  2. ^ Fanum Fortunae, ovvero "santuario della Fortuna", è l'antico nome della città di Fano, in provincia di Pesaro e Urbino. Il fanum Volumnae, santuario di Vertumna, era il santuario federale etrusco conosciuto dalle fonti antiche.
  3. ^ Marco Tullio Cicerone, De divinatione, I,90.
  4. ^ Gaio Svetonio Tranquillo, De vita Caesarum, I (Vita divi Iulii), 54-2.
  5. ^ Léon de Vesly, Les fana ou petits temples gallo-romains de la région normande, Rouen, 1909.
  6. ^ Pierre Gros, "I fana o templi di tradizione celtica", in L'architettura romana dagli inizi del III secolo a.C. alla fine dell'Alto Impero. I monumenti pubblici, Milano 1996, p.218.
  7. ^ Vedi sintesi citate in bibliografia.
  8. ^ Marco Cavalieri, "Aedes (romano-provinciali delle Gallie)", in Thesaurus Cultus et Rituum Antiquorum, IV, Cult Places / Representation of Cult Places, 2006, p.156.
  9. ^ a b c d e f g Marco Cavalieri, "Aedes (romano-provinciali delle Gallie)", in Thesaurus Cultus et Rituum Antiquorum, IV, Cult Places / Representation of Cult Places", 2006, p.157.
  10. ^ Santuario gallo-romano di Gournay-sur-Aronde Archiviato il 12 febbraio 2012 in Internet Archive. sul sito GournaySurAronde.com.
  11. ^ Santuario di La Grange-des-Dîmes Archiviato il 10 dicembre 2011 in Internet Archive. sul sito Aventicum.org.
  12. ^ Scheda sulla statua di Giove di Calès sul sito del Ministero della cultura francese].
  13. ^ Antiquarium del sito archeologico di Gué-de-Sciaux Archiviato il 1º marzo 2011 in Internet Archive..
  14. ^ Il santuario celtico e gallo-romano di Ribemont-sur-Ancre Archiviato il 6 ottobre 2008 in Internet Archive. sul sito del Ministero della cultura francese.
  15. ^ Marco Cavalieri, "Aedes (romano-provinciali delle Gallie)", in Thesaurus Cultus et Rituum Antiquorum, IV, Cult Places / Representation of Cult Places", 2006, p.158.
  16. ^ Scheda del sito archeologico sul sito del Ministero della cultura francese.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • I. Faudet, Atlas des sanctuaires romano-celtiques de Gaule. Les fanums, Paris 1993.
  • Pierre Gros, "I fana o templi di tradizione celtica", in L'architettura romana dagli inizi del III secolo a.C. alla fine dell'Alto Impero. I monumenti pubblici, Milano 1996.
  • Marco Cavalieri, "Aedes (romano-provinciali delle Gallie)", in Thesaurus Cultus et Rituum Antiquorum, IV, Cult Places / Representation of Cult Places, 2006, pp. 155–159.

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