Juti

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La penisola dello Jutland
Mappa delle aree di insediamento degli Juti in Britannia, secondo le indicazioni di Beda il Venerabile.

Gli Juti (o Iuti) furono una popolazione germanica originaria dello Jylland (Jutland) - la moderna Danimarca - e della Norvegia. Insieme agli Angli, i Sassoni e i Frisoni, furono tra le tribù germaniche che attraversarono il Mare del Nord e si stanziarono nelle isole britanniche tra il V secolo e lungo tutto il VI secolo dopo la partenza dei romani dalla Britannia.[1][2] [3] [4][5]

Le origini continentali[modifica | modifica wikitesto]

La sola origine scandinava degli Juti non trova concorde il mondo accademico, ma evidenze archeologiche sembrano sostanziare questa teoria, in particolare i ritrovamenti di manufatti quali spille cruciformi e fibbie metalliche oltre a oggetti di ceramica che mostrano grande affinità con materiali riconducibili al V secolo nel sud della penisola dello Jutland. [6] [7] Alcuni studiosi fanno risalire le loro origini alla zona continentale della Renania, evidenziando strette affinità con le istituzioni franco-renane, in particolare nel sistema agrario e nella trasmissione ereditaria della terra conosciuta come gavelkind.[8][9]

Alcuni riferimenti alla denominazione Juti sono presenti in scrittori continentali del VI secolo tra i quali il poeta Venanzio Fortunato (Euthio) [10]e il re franco Teodberto nella sua lettera a Giustiniano (Euciis).[11]

Lo stanziamento in Britannia[modifica | modifica wikitesto]

Secondo Beda il Venerabile, finirono per insediarsi nel Kent, nell'Hampshire e nell'Isola di Wight.[5] Esiste un discreto numero di toponimi che attestano la presenza degli Juti nell'area, come Ytene, che Fiorenzo di Worcester dichiara essere il corrispettivo del contemporaneo New Forest [12] ,Ytingstoc riconosciuto come l'odierno Bishopstoke e Ytedene la valle del fiume Meon.

Mentre è facile constatare la loro presenza nel Kent, gli Juti nell'Hampshire e nell'Isola di Wight sono spariti, lasciando pochissime tracce. Un recente studioso, Robin Bush, ha sostenuto che gli Juti dell'Hampshire e dell'Isola di Wight furono vittime di una politica di pulizia etnica dei Sassoni Occidentali, anche se questo è ancora un argomento di dibattito tra gli studiosi[13].

Si pensa anche che altri siano rimasti nella loro patria continentale, e siano diventati la popolazione indigena dello Jutland moderno.

Mito delle origini[modifica | modifica wikitesto]

"L'arrivo dei primi antenati degli inglesi al di fuori della Germania in Britannia", da A Restitution of Decayed Intelligence di Richard Verstegen (1605)

Hengest (o Hengist) e Horsa vengono rappresentati come una coppia di fratelli che capeggiarono la spedizione degli Juti in Britannia. Hengest si sarebbe auto proclamato sovrano del Kent.[14] I loro nomi allitteranti, dal significato simile (hengest / stallone e horsa / cavallo), oltre al motivo della coppia sono elementi che fanno propendere per una tradizione mitologica della leggenda delle origini. Molti sono gli esempi in tradizioni anche lontane: Romolo e Remo per i Romani, Ibor e Aione[15] per i Longobardi, Ambri e Assi per i Vandali, i due Haddingjar, divinità gemelle della tradizione norrena. [16][17]

Lingua e riferimenti letterari[modifica | modifica wikitesto]

Secondo Alistair Campbell[18] il dialetto del Kent si differenzia dagli altri dialetti anglo-sassoni per l'isolamento di quella area geografica, più che per le origini della popolazione che la abitava. La lingua dimostra infatti caratteristiche peculiari in documenti risalenti al X secolo, quindi in un tempo ben lontano dalla invasione.

Esempi di queste particolarità linguistiche si possono riscontrare nella terminologia usata in documenti di carattere legale (leggi e testamenti) [19] e in due poemi contenuti nel Manoscritto Cotton Vespasianus D vi, il cosiddetto Kentish Hymn e nelle glosse al Salmo 50. [20] [21][22]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Zosimo, Ἱστορία Νέα (Storia nuova).
  2. ^ Gildas, De excidio et conquestu Britanniae.
  3. ^ Nennius, Historia Britonnum, 1848.
  4. ^ Anglo-Saxon Chronicle.
  5. ^ a b Beda il Venerabile, Historia ecclesiastica gentis Anglorum.
  6. ^ J.N.L. Myres, The English Settlements, Oxford University Press, 1986.
  7. ^ N. F. Aberg, The Anglo-Saxons in England during the early centuries after the invasions, Hidelsheim, New York, Georg Olms Verlag, 1975.
  8. ^ E.T.Leeds, Archaeology of the Anglo-Saxon settlements, Oxford, 1913.
  9. ^ J.E.A.Jolliffe, Pre-feudal England : the Jutes, Oxford University Press, 1933.
  10. ^ Venanzio Fortunato, Ad Chilpericum regem in conventu episcoporum, Carmina IX.I.73, 580.
  11. ^ H. Munro Chadwick, The Origin of English Nation, Washington, The Cliveden Press, 1983, pp. 97-98.
  12. ^ (LA) Florence of Worcester, Chronicon Ex Chronicis..., Nabu Press, 2011.
  13. ^ Were the West Saxons Guilty of Ethnic Cleansing?, su historyfiles.co.uk. URL consultato il 3 gennaio 2023.
  14. ^ J. E. TURVILLE-PETRE, HENGEST AND HORSA, in Saga-Book, vol. 14, 1953, pp. 273–290. URL consultato il 21 novembre 2022.
  15. ^ Aione, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  16. ^ Paolo Diacono, Historia Langobardorum.
  17. ^ Marcello Meli, La saga di Hervqr = Hervarar saga ok Heidreks, UNIPRESS, 1995, ISBN 88-8098-086-6, OCLC 34808821.
  18. ^ A. Campbell, Old English grammar, 1959, ISBN 0-19-811943-7, OCLC 316368.
  19. ^ Dorothy Whitelock, English Historical Documents c.500-1042, London, Eyre & Spottiswoode, 1968.
  20. ^ Henry Sweet, The oldest English Texts, London, Oxford University Press, 1876.
  21. ^ A. Campbell, An Old English Will, in Journal of English and Germanic Philology, vol. 37, 1938.
  22. ^ Elliott Van Kirk Dobbie, The Anglo-Saxon Minor Poems, New York, Columbia University Press, 1942, pp. 88-94.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]