Eugenio Henke

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Eugenio Henke
L'ammiraglio Eugenio Henke
NascitaGenova, 15 novembre 1909
MorteRoma, 4 febbraio 1990
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Regno d'Italia
Bandiera dell'Italia Italia
Forza armata Regia Marina
Marina Militare
CorpoStato maggiore
GradoAmmiraglio di squadra
GuerreSeconda guerra mondiale
CampagneTeatro del Mediterraneo della seconda guerra mondiale
BattaglieBattaglia di Capo Matapan
Battaglia di Punta Stilo
Battaglia di Capo Teulada
Comandante di4ª Divisione navale
Comandante in capo della Squadra Navale
SID
Capo di stato maggiore della Difesa
Decorazionivedi qui
Studi militariRegia Accademia Navale di Livorno
Scuola di Comando Navale
dati tratti da Ammiraglio Eugenio Henke[1]
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Eugenio Henke (Genova, 15 novembre 1909Roma, 4 febbraio 1990) è stato un ammiraglio italiano, già distintosi nel corso della seconda guerra mondiale come comandante di torpediniera impegnata nella scorta ai convogli. Dopo la fine del conflitto ricoprì gli incarichi di direttore del Servizio Informazioni Difesa (SID) (luglio 1966-ottobre 1970) e successivamente di Capo di stato maggiore della Difesa (1 agosto 1972-31 gennaio 1975). Decorato di due Medaglie d'argento, cinque di bronzo e con una Croce di guerra al valor militare.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nacque a Genova il 15 novembre 1909, figlio di Edoardo e Amalia Giordano. Iniziò la propria carriera nella Regia Marina iscrivendosi nei corsi ordinari della Regia Accademia Navale di Livorno, divenendo guardiamarina il 1º luglio 1931.

L'ammiraglio Eugenio Henke ricevuto nel 1972 dal Presidente della Camera Sandro Pertini

Allo scoppio della seconda guerra mondiale, con il grado di tenente di vascello, era comandante in 2ª del cacciatorpediniere Vincenzo Gioberti,[1] e vi rimase imbarcato sino all'ottobre 1941. Questo periodo d'imbarco gli fruttò due Medaglie di bronzo al valor militare per aver partecipato ad oltre 40 missioni di guerra e a 16 missioni di scorta convogli. Fra le 40 missioni a cui partecipò, sono da ricordare la battaglia di Punta Stilo, quella di Capo Teulada e quella di Capo Matapan in cui il Gioberti, quarta unità della sfortunata linea di fila dell'ammiraglio Cattaneo, riuscì fortunosamente a salvarsi dal fuoco delle corazzate della Mediterranean Fleet.

Prestò servizio come comandante della torpediniera di scorta Orsa, sulla quale lo raggiunse la promozione a capitano di corvetta il 10 marzo 1942. All'armistizio dell'8 settembre 1943 si trovava a La Spezia al comando della VAS 235. Verso metà mattinata del 9 settembre la crescente presenza di truppe tedesche a La Spezia lo indusse a lasciare il porto con la VAS 234, comandata del contrammiraglio Federico Martinengo. Quando le due unità italiane giunsero all'altezza dell'isola di Gorgona furono intercettate da due dragamine tedeschi, le unità R212 e R215, salpate da Livorno per intercettare le unità italiane.

Dopo il rifiuto di queste ultime a fermarsi le unità tedesche aprirono il fuoco, e nel furioso combattimento che ne seguì fu colpita soprattutto la VAS 234, sulla quale cadde, mentre era al timone dell'unità, il contrammiraglio Martinengo. Riparate a Cala Scirocco le due VAS, mentre anche i dragamine tedeschi rientravano a Livorno con gravi danni e numerosi morti e feriti a bordo, ebbero destini diversi. La VAS 234 esplose dopo che il suo equipaggio era riuscito ad allontanarsi, mentre la VAS 235, riparati sommariamente i danni, raggiunse Porto Torres il 23 settembre. La salma del contrammiraglio fu recuperata dal relitto della nave il 14 settembre e tumulata con gli onori militari nel cimitero della Gorgona.

Successivamente divenne comandante del cacciasommergibili Sant'Alfonso, e il 1º novembre 1943 venne destinato al comando superiore siluranti come capo del servizio addestramento.

Finita la guerra rimase in carica come capo del servizio addestramento sino al 1947, anno in cui divenne sottocapo di Stato maggiore della Marina Militare e l'anno successivo, il 1º gennaio, venne nominato capitano di fregata.[1]

Dopo alcuni anni di attività ordinaria, l'11 dicembre 1951 venne nominato comandante della 1ª Squadriglia corvette della scuola del comando navale di Roma per poi passare dal 1953 al servizio diretto del Ministero della difesa come capo del primo ufficio di gabinetto.[1] Nel 1954 venne promosso al grado di capitano di vascello, giungendo al grado di vice capo.[1] Nella sua carriera divenne poi capo dell'ufficio del segretariato generale della Marina Militare e contemporaneamente detenne l'incarico di comandante della marina di Roma e, in virtù del suo operato lodevole, il 31 dicembre 1960 venne nominato contrammiraglio.[1] Il 31 dicembre 1964 venne nominato ammiraglio di divisione reggendo il comando della 4ª Divisione navale italiana.[1]

Fu il primo direttore (dopo la riforma dei servizi d'intelligence del 1965 che soppressero il SIFAR allora diretto dal generale Giovanni Allavena)[2] del SID (Servizio informazioni difesa) tra il luglio 1966 e l'ottobre 1970[3], anni in cui ebbe inizio la strategia della tensione in Italia, venendo promosso ammiraglio di squadra il 1º gennaio 1968.[1] Ma vi fu anche la strage di piazza Fontana (1969), che coinvolse elementi dei servizi segreti deviati.[4] In una delle cellule antispionaggio da lui create fu arruolato Guido Giannettini, l'agente zeta coinvolto nell'inchiesta sulla strage per aver frequentato sia Franco Freda che Giovanni Ventura.[5] Egli negò sempre di aver condotto indagini sulla strage di piazza Fontana, ma il Ministero dell'interno nel 1970 disse che era stato il SID a segnalare Yves Guérin-Sérac come mandante dell'attentato.[5] Nell'ottobre 1970 lasciò l'incarico al SID, sostituito dal generale Vito Miceli.[2]

Successivamente fu Comandante del Mediterraneo Centrale della Nato e Vice Presidente della Sezione Marina del Consiglio Superiore delle Forze Armate Dal 1970 al luglio 1972 ha ricoperto la carica di comandante in capo della Squadra Navale.[1]

Il 1º agosto 1972 fu nominato dal Consiglio dei ministri nuovo capo di stato maggiore della Difesa, sostituendo il generale Enzo Marchesi, incarico che resse fino al 31 gennaio 1975.[4] Era la prima volta che in Italia un ammiraglio ricopriva tale incarico, retto sino ad allora solamente da ufficiali generali dell'Esercito.[4] Fu chiamato dalla magistratura a testimoniare su diverse inchieste, come il golpe Borghese, sullo scandalo petroli, in cui era coinvolto il comandante della Guardia di Finanza, Raffaele Giudice e sull'inchiesta[N 1] relativa all'omicidio del giornalista Mino Pecorelli.[5] Nell'aprile 1989 fu processato per aver contribuito a nascondere la verità sull'aereo dei servizi segreti precipitato a Marghera, nell'autunno del 1973, in quanto si sarebbe trattato non di un incidente, ma di un atto di sabotaggio compiuto dal Mossad israeliano come ritorsione per il rilascio di alcuni terroristi arabi.[5] Morì a Roma, all'ospedale militare del Celio, il 4 febbraio 1990.[6].

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Comandante di silurante di scorta a motonave attaccata da forte formazione di aerosiluranti contromanovrava arditamente e con intensa reazione di fuoco abbatteva tre velivoli nemici; incendiatasi l'unità scortata per esplosione di siluro riusciva a rimorchiarla in porto. In successiva scorta ad importante convoglio nel Mediterraneo Centrale, durante simultaneo attacco di numerosi aerosiluranti che successivamente mitragliavano le unità infliggendo perdite, manovrava con prontezza ottenendo efficace reazione delle armi di bordo che in concorso con altre unità abbattevano sei degli attaccanti e presa a rimorchio una motonave silurata la conduceva in porto con manovra resa difficoltosa dalle sfavorevoli condizioni atmosferiche. In entrambe le azioni dava prova di sereno coraggio, spirito combattivo ed elevate capacità marinaresche. Mediterraneo Centrale, 24 giugno-23 luglio 1942
— Decreto Luogotenenziale, 5 gennaio 1945.
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Comandante di un gruppo addestramento antisommergibile in base nazionale, designato all'atto dell'Armistizio quale ufficiale addetto all'ammiraglio comandante Superiore delle forze Antisommergibile, organizzava con perizia e prontezza la partenza delle unità per sottrarle alla cattura del nemico. In violento e prolungato combattimento contro motosiluranti avversarie, coadiuvava abilmente il suo ammiraglio che nello scontro trovava morte gloriosa. Rimasto leggermente ferito, riusciva a portare la sua VAS sotto la protezione delle difese terrestri di piccola isola. Malgrado la scarsità di risorse dell'isola, riusciva a rimettere in efficienza l'unità superstite e la conduceva in Porto controllato dalle Forze Nazionali. Acque della Gorgona, 9 settembre 1943
— Decreto Capo Provvisorio dello Stato 21 marzo 1947.
Medaglia di bronzo al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Comandante di torpediniera, in missione di scorta a convoglio, assolveva il suo compito con particolare dedizione, portando la sua unità e i suoi uomini ad alto grado di efficienza. Avvistato un sommergibile nemico, lo attaccava con sereno coraggio e ardimento riuscendo ad infliggere, mediante impiego di nuove armi, sicuri danni all'unità avversaria. Mediterraneo Centrale, 6 gennaio 1942
— Regio Decreto 27 aprile 1942.
Medaglia di bronzo al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Comandante di torpediniera, in missione di caccia antisommergibile, individuata la posizione di una unità subacquea nemica, si portava all'attacco con decisione, ardimento ed elevato spirito aggressivo. Raggiunto l'obiettivo, impegnava contro il sommergibile una violenta e tenace azione offensiva, attaccandolo con tutti i mezzi a disposizione e causandone l'affondamento. Basso Adriatico, 22 maggio 1942
— Regio Decreto 11 luglio 1942.
Medaglia di bronzo al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Comandante di torpediniera in servizio di perlustrazione, ricevuta segnalazione da un aereo da ricognizione marittima dell'avvistamento di un sommergibile nemico, dirigeva prontamente in zona, attaccando con elevato spirito aggressivo e perizia l'unità avversatia con lancio di btg. Proseguiva tenacemente l'intensa azione di caccia, finché da indubbi fattori ne accertava l'affondamento. Basso Adriatico, 13-14 giugno 1942
— Regio Decreto 5 settembre 1942.
Medaglia di bronzo al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Comandante di torpediniera, di scorta ad una motonave attaccata da numerosa formazione di aerosiluranti nemici, si portava arditamente con pronta manovra in difesa dell'unità e dirigeva, con sereno coraggio e spirito combattivo, la reazione di fuoco abbattendo tre velivoli attaccanti. Colpita da siluro ed incendiatasi l'unità scortata, dirigeva con decisa azione ed abilità l'opera di salvataggio, riuscendo con perizia marinaresca a rimorchiare la motonave in porto. Mediterraneo Centrale, 23-24 luglio 1942
— Regio Decreto 29 marzo 1943.
Medaglia di bronzo al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Comandante di torpediniera, nel terzo anno di guerra 1940-1943, ha effettuato numerose missioni di guerra e scorte a convogli in acque insidiate dal nemico. Animato da elevato sentimento del dovere, ha dimostrato in ogni circostanza sereno coraggio e spirito combattivo. Mediterraneo, 11 giugno 1942-1 marzo 1943
— Decreto Luogotenenziale 12 aprile 1946.
Croce di guerra al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Mediterraneo Orientale, 22-25 gennaio 1942
— Determinazione del 1 aprile 1946.
Croce al merito di guerra - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere di gran croce dell'Ordine al merito della Repubblica italiana - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia Mauriziana per Merito Militare di 10 Lustri - nastrino per uniforme ordinaria
Croce d'oro per anzianità di servizio (ufficiali e sottufficiali, 40 anni) - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia commemorativa del periodo bellico 1940-43 - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia d'onore d'oro per lunga navigazione marittima (20 anni) - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia d'onore d'oro per lunga navigazione marittima (20 anni)

Note[modifica | modifica wikitesto]

Annotazioni[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ In quella occasione smentì categoricamente di avere mai concesso finanziamenti al settimanale Op.

Fonti[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Paolo Alberini e Franco Prosperini, Uomini della Marina, 1861-1946, Roma, Ufficio Storico dello Stato Maggiore della Marina Militare, 2015, ISBN 978-88-98485-95-6.
  • Erminio Bagnasco, In Guerra sul Mare. Navi e marinai italiani nel secondo conflitto mondiale, Parma, Ermanno Albertelli Editore, 2005, ISBN 88-87372-50-0.
  • Mario Casaburi, Il diritto all'impunità: Piazza Fontana 1969. Inchieste, processi e, Roma, Castelvecchi, 2014.
  • Giuseppe De Lutiis, I Servizi Segreti in Italia, Roma, Sperling & Kupfler, 2010.
  • Mario Guarino e Fedora Raugei, Licio Gelli: Vita, misteri, scandali del capo della Loggia P2, Bari, Edizioni Dedalo, 2016.
Periodici
  • Marco Mattioli, Federico Martinengo. Un marinaio tra cielo e mare, in Aerei nella Storia. Ali del Valore, n. 96, Parma, West-Ward Edizioni, aprile-maggio 2003, pp. 19-22.

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Predecessore Direttore del SID Successore
Giovanni Allavena 1 luglio 1966 - 18 ottobre 1970 Vito Miceli
Predecessore Capo di stato maggiore della Difesa Successore
Enzo Marchesi 1º agosto 1972 - 31 gennaio 1975 Andrea Viglione