Ernesta Bittanti Battisti

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Ernesta Bittanti Battisti

Ernesta Bittanti Battisti (Brescia, 5 maggio 1871Trento, 5 ottobre 1957) è stata una giornalista e scrittrice italiana, moglie dell'irredentista Cesare Battisti.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Formazione[modifica | modifica wikitesto]

Figlia di un preside, nacque a Brescia nel 1871 e si spostò poi con la famiglia a Cremona e a Cagliari. Nel 1882 in quest'ultima città fu la prima ragazza iscritta al ginnasio-liceo statale.[1] Nel 1890 si trasferì a Firenze per frequentarvi la Facoltà di Lettere e Filosofia della locale Università e qui entrò in contatto con giovani intellettuali come Gaetano Salvemini, Ugo Guido e Rodolfo Mondolfo, Alfredo Galletti, Assunto Mori e Cesare Battisti. Quando si laureò nel 1896, fu una delle prime donne italiane a conseguire questo titolo accademico.[2] Si dedicò poi all'insegnamento di materie letterarie al liceo ginnasio Galilei di Firenze ma già nel 1898 venne radiata da tutte le scuole del Regno per la sua attività politica con il Partito Socialista fondato pochi anni prima.

Impegno politico[modifica | modifica wikitesto]

Il 7 agosto 1899 sposò civilmente a Firenze in Palazzo Vecchio Cesare Battisti[3], col quale condivideva l'orientamento politico socialista, laicista e anticlericale. Con il marito si trasferì a Trento e dal 1900 al 1914 la coppia curò la pubblicazione del quotidiano socialista Il Popolo, che si caratterizza non solo per l'analisi politica ma per le sue campagne su temi sociali come il divorzio e l'abolizione della pena di morte. Ernesta collaborò come giornalista anche al periodico Vita Trentina, supplemento de Il Popolo. Nel 1901, 1907 e 1910 nacquero i tre figli: Gigino, Camillo e Livia. Nel 1908 partì per Messina, duramente colpita dal terremoto, per prestare soccorso ai feriti. L'impraticabilità di strade e ferrovie la costrinsero però a tornare indietro e così prima a Roma, poi a Napoli svolse l'attività di infermiera e corrispondente per il suo giornale, nel quale denunciava il cattivo funzionamento dei soccorsi nel capoluogo siciliano[4]. Nel 1911 scrisse il testo dell'Inno al Trentino, musicato da Guglielmo Bussoli. [5][6] Nel luglio del 1916 il marito, cittadino dell'Impero austro-ungarico che combatteva da volontario con la divisa dell'Esercito Italiano, fu catturato dagli austriaci sul Monte Corno di Vallarsa. In soli due giorni fu portato a Trento, processato e condannato a morte per alto tradimento. La sentenza fu eseguita nella fossa del castello del Buonconsiglio il 12 luglio. Ernesta Bittanti Battisti si occupò da quel momento di raccoglierne gli scritti politici che saranno pubblicati dopo la fine del conflitto dall'editore Le Monnier nel 1923.

Antifascismo[modifica | modifica wikitesto]

Ernesta Bittanti si dimostrò contraria al fascismo e questo portò al raffreddamento dei rapporti con Benito Mussolini, amico dei coniugi Battisti sin dai primi anni del XX secolo quando collaborava come giornalista per Il Popolo redigendo articoli di vario argomento. I contrasti raggiunsero il loro apice in una lettera di Ernesta a Mussolini datata 1923:

«Non so quanti rappresentanti del popolo italiano che voi schiaffeggiate col vostro disprezzo, non so quanti e come abbiano misurato il fallimento e lo schianto. Ma ebbero brivido sotto terra i costruttori di questa Italia, pensatori, martiri e soldati di un secolo intero [...] Alla Storia non si dettano leggi; ma essa Vi ha scelto espressione di un terribile destino: quello di reggere, di sorreggere forse l'Italia incatenandola ed umiliando il suo spirito vitale! Dove ci avviamo? O, meglio, dove ci conducete?»

Il 22 giugno 1924, dopo l'omicidio di Giacomo Matteotti, quando seppe che i fascisti di Trento intendevano andare al Castello del Buonconsiglio per un'adunata, vi si recò per coprire con un velo nero il monumento al marito. Il 24 giugno il quotidiano Il Nuovo Trentino citò l'accaduto:

«Era convinzione generale che il corteo fascista, seguendo l'itinerario via San Marco Port'Aquila, si sarebbe recato alla Fossa del Castello a rendere omaggio ai cippi dei Martiri. Verso le quattro pomeridiane di domenica, la vedova Battisti si recava alla Fossa e, visibilmente commossa (qualcuno l'ha vista piangere) si è inginocchiata presso il cippo del Marito e l'ha coperto con un drappo nero. Persona che l'ha avvicinata ieri, ci diceva che la vedova di Cesare Battisti, rimasta accasciatissima e indignatissima per l'assassinio dell'on. Matteotti, s'era proposta di non permettere assolutamente - anche a costo della vita - che i fascisti si accostassero al cippo del Martire trentino.»

Nel 1930 si trasferì a Milano. La sua opposizione alle leggi razziali fasciste del 1938 fu assoluta e in aperto atto di sfida il 19 febbraio 1939 fece pubblicare sul Corriere della Sera un necrologio per l'amico ebreo Augusto Morpurgo.[8] Dopo l'8 settembre 1943 si rifugiò con i figli a Lugano in Svizzera. Da quel Paese si adoperò per l'accoglienza dei rifugiati ebrei dall'Italia e collaborò con i partigiani della Val d'Ossola, ai quali si era unito anche suo figlio Gigino Battisti.

Secondo dopoguerra[modifica | modifica wikitesto]

Alla fine della guerra la famiglia Battisti ritornò a Trento dove il figlio Gigino divenne il primo sindaco socialista di Trento, e morì nel 1946 in un incidente ferroviario.

Ernesta Bittanti continuò le sue battaglie politiche e culturali nel secondo dopoguerra riallacciando i rapporti con i vecchi amici ritrovati, in particolare Gaetano Salvemini, e pubblicando una lunga serie di articoli di letteratura, storia e pedagogia. Tra l'altro si dedicò alla questione autonomistica altoatesina[9].

Morì a Trento nel 1957, a 86 anni.

Ferruccio Parri dettò la sua epigrafe:[9]

«Custode fiera fedele della memoria dell'eroe
combattente animosa irriducibile di tutte le battaglie della libertà»

Opere[modifica | modifica wikitesto]

  • (a cura di Ernesta Bittanti Battisti) Cesare Battisti, Scritti politici - Edizione nazionale, Firenze, Le Monnier, 1923.
  • Cesare Battisti nel pensiero degli italiani, Trento, Legione Trentina, 1938.
  • Con Cesare Battisti attraverso l'Italia, agosto 1914-maggio 1915, Milano, Garzanti, 1945, OCLC 13029177.
  • Italianità di De Gasperi: lettera aperta all'on. Meda, Firenze, Parenti, 1957.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Ernesta Bittanti Battisti, su fembio.org. URL consultato il 17 luglio 2020.
  2. ^ a cura di Simonetta Soldani, Le Donne nell’Università di Firenze (PDF), su unifi.it. URL consultato il 17 luglio 2020 (archiviato dall'url originale il 17 luglio 2020).
  3. ^ La sorella di Ernesta, Irene, sposerà Giovanni Battista Trener, per anni collaboratore di Cesare.
  4. ^ Lina Anzalone, Ernesta Bittanti Battisti, l'ultima donna del Risorgimento italiano, Reggio Calabria: Città del Sole Edizioni, 2011
  5. ^ Scheda su Inno al Trentino, su museosanmichele.it, Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina. URL consultato il 20 dicembre 2016.
  6. ^ Ernesta Bittani, Inno al Trentino : canto e pianoforte / musica di Guglielmo Bussoli ; su parole di G.B. Cesari, Trento, Gottardi, 1911.
  7. ^ Vincenzo Calì (a cura di) Salvemini e i Battisti. Carteggio 1894-1957, Trento: TEMI, 1987.
  8. ^ Alberto Petrucciani, Un bibliotecario giramondo e la damnatio memoriae: Guglielmo Passigli (1877-1942), su aib.it, Associazione italiana biblioteche, 2004. URL consultato il 6-11-2008.
  9. ^ a b Alessandro Galante Garrone, Ernesta Bittanti Battisti, su societaaperta.it, Società Aperta. URL consultato il 12/11/2008 (archiviato dall'url originale il 14 dicembre 2007).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Camillo Battisti, Ernesta Bittanti Battisti: collaboratrice di Cesare Battisti, Trento, Edizione Voci della Terra Trentina, 1971, OCLC 829752174.
  • Lina Anzalone, Ernesta Bittanti Battisti: l'ultima donna del Risorgimento italiano, Reggio Calabria, Città del sole edizioni, 2011, ISBN 9788873514367, OCLC 733222282.

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN198789392 · ISNI (EN0000 0003 5770 022X · SBN CFIV049117 · BAV 495/321350 · LCCN (ENn86016991 · GND (DE1012257703 · BNF (FRcb15120071z (data) · J9U (ENHE987007316999905171 · WorldCat Identities (ENlccn-n86016991