Epistola XIII a Cangrande della Scala

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
(Reindirizzamento da Epistola a Cangrande)
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
(LA)

«Libri titulus est: "Incipit Comedia Dantis Alagherii, Florentini natione, non moribus".»

(IT)

«Il titolo del libro è: "Incomincia la Commedia di Dante Degli Alighieri, fiorentino di nascita, non di costumi".»

L'Epistola XIII a Cangrande della Scala è un'epistola in lingua latina, ultima delle tredici Epistole attribuite a Dante Alighieri.

Datazione e attribuzione[modifica | modifica wikitesto]

La datazione, non certa, è evinta da segnali interni all'epistola: così si è stabilito che il termine post quem è il 1316, data di inizio della stesura del Paradiso, il termine ante quem è invece il 1320, data della sconfitta di Cangrande (nell'epistola definito "victorioso") a Padova[1].

Problematica e non ancora del tutto risolta è la questione dell'attribuzione dell'epistola a Dante. Tra gli altri elementi, il problema scaturisce da un grande divario tra lo stile dei primi tredici capitoli e quello dei successivi; così, la prima parte dell'Epistola XIII è spesso attribuita a Dante, mentre la seconda è stata fonte di accese dispute. Sulla base dello studio di indizi testuali e del confronto con altri passi dell'opera dantesca, alcuni critici, come Augusto Mancini, Bruno Nardi, Giorgio Brugnoli e Alberto Casadei, negano l'autenticità dell'epistola; mentre altri, come Giuseppe Vandelli, Giorgio Padoan, Robert Hollander, Enzo Cecchini, Luca Azzetta, Patrizia Di Patre (quest'ultima sulla base dello studio del cursus)[2][3], la confermano[4].

Contenuto[modifica | modifica wikitesto]

L'Epistola XIII si divide in due parti: la prima (1-13) nella quale è contenuta la dedica del Paradiso, la seconda (14-90) nella quale è introdotto un commento della Commedia (un'articolata spiegazione della struttura dell'Epistola XIII è nell'introduzione all'edizione commentata a cura di Luca Azzetta)

1-13[modifica | modifica wikitesto]

Dante dedica al suo protettore, il signore di Verona Cangrande della Scala, la terza cantica della sua opera maggiore:

«[...] propter hoc munuscula mea sepe multum conspexi et ab invicem segregavi, nec non segregata percensui, digniusque gratiusque vobis inquirens. Neque ipsi preheminentie vestre congruum comperi magis quam Comedie sublimem canticam, que decoratur titulo Paradisi; et illam sub presenti epistola, tanquam sub epigrammate proprio dedicatam, vobis adscribo, vobis offero, vobis denique recommendo.»

«[...] sovente ho esaminato i miei piccoli regali e li ho differenziati e poi vagliati, alla ricerca del più degno e gradito a voi. E non ne ho trovato uno adeguato alla vostra eccellenza più di quella sublime cantica della Commedia che si intitola Paradiso. E questa, con la presente lettera, come a Voi consacrata con propria epigrafe, a Voi la intitolo, la offro, la raccomando.»

14-90[modifica | modifica wikitesto]

Nella seconda parte, l'autore riprende un concetto che trova il suo più diretto precedente nel Convivio: la differenza tra senso letterale e senso allegorico (tripartito in propriamente detto, morale, anagogico), fondamentale nella lettura della Commedia (20-22).

Riprendendo il "Convivio", Dante distingue fra l'allegoria dei poeti e quella dei teologi: mentre nella prima il senso letterale è inventato, nella seconda è realmente accaduto. Paragona la sua opera all'allegoria dei teologi, sostenendo quindi che si trattò di un'esperienza realmente vissuta. Dante sostiene di aver scritto l'opera per rimuovere i viventi in questa vita terrena da uno stato di miseria e condurli a uno stato di felicità. La scelta del volgare e non del latino deriva dall'intento di raggiungere con questo messaggio un pubblico il più vasto possibile.[6]

Spiega poi alcuni aspetti dell'opera in generale e relativamente al Paradiso: il soggetto (23-25), la forma (35-36), il titolo (28-32), l'agente (38), il fine (39), il genere di filosofia (40-41).

Nei capitoli successivi al 42, l'autore si focalizzerà sulla terza cantica e sui suoi contenuti, introducendone un commento e un'esposizione che resta interrotta a causa della situazione economica di Dante, che chiede a Cangrande un aiuto economico così da potersi dedicare anche ad altre attività letterarie di interesse pubblico[7].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Bellomo, p. 118.
  2. ^ Patrizia Di Patre, Un ordine irrefutabile : Dante e il cursus, in Dante, XIV, 2017, DOI:10.19272/201705401002. URL consultato l'8 gennaio 2020.
  3. ^ Patrizia Di Patre, Un cursus geometrico? L’impalcatura nascosta della prosa ritmica dantesca nelle Epistole (I-XIII) (XML), in Deutsches Dante-Jahrbuch, vol. 85-86, n. 1, 1º gennaio 2011, DOI:10.1515/dante-2011-0115. URL consultato l'8 gennaio 2020.
  4. ^ Bellomo, pp. 120-21. Per i problemi posti dall'Epistola, la loro analisi e la loro soluzione, nonché per l'interpretazione della lettera, anche in relazione al Paradiso di Dante, si veda l'edizione commentata: Dante Alighieri, Epistola a Cangrande, a cura di L. Azzetta, Roma-Padova, Antenore, 2023; L. Azzetta, Dante alle soglie dell’eterno: visioni bibliche e poesia tra l’Epistola a Cangrande e la Commedia, in «Letture classensi», 48, Ravenna, Longo, 2020, pp. 103-27.
  5. ^ Fonte: Scheda in liceomericianum.it[collegamento interrotto]
  6. ^ Roberto Carnero, La Lettera a Cangrande: insieme a Dante nell'officina della Commedia, su avvenire.it, 25 marzo 2024.
  7. ^ Bellomo, p. 119.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Saverio Bellomo, Filologia e critica dantesca, Brescia, La scuola, 2008, pp. 117–2

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

  Portale Letteratura: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di letteratura