Eccidio di Salussola

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Eccidio di Salussola
strage
Stele del ricordo in Piazza 9 marzo 1945, eretta in prossimità del luogo in cui avvenne la fucilazione.
Tipoa colpi di mitragliatrice, preceduti da sevizie.
Data9 marzo 1945
all'alba
LuogoSalussola
StatoBandiera dell'Italia Italia
Coordinate45°48′00″N 8°04′59.99″E / 45.8°N 8.08333°E45.8; 8.08333
Obiettivopartigiani della 109ª Brigata, 12ª Divisione d’assalto Garibaldi.
ResponsabiliGNR, 115º battaglione "M" di Montebello
MotivazioneRappresaglia per la morte di quattro commilitoni rimasti uccisi il 6 marzo ad opera dei partigiani della 75ª brigata.
Conseguenze
Morti20
Feriti1
Sopravvissuti1

L'eccidio di Salussola consiste nella fucilazione per rappresaglia preceduta da sevizie di venti partigiani ad opera di soldati repubblichini avvenuta il 9 marzo 1945 a Salussola (Bi).

Fatti[modifica | modifica wikitesto]

Alla fine di febbraio 1945 il Comando della Brigata Garibaldi fece rientrare i distaccamenti della 109ª Brigata che si trovavano ancora nel Monferrato. Durante la marcia il distaccamento "Zoppis" composto da 33 partigiani, fermatosi a riposare in una cascina presso Livorno Ferraris, fu sorpreso e arrestato nelle prime ore dell'alba del primo marzo da una compagnia del Comando "OP Macerata" di Clusone. I trentatré uomini furono condotti in diversi presidi; infine un gruppo di ventuno venne prelevato dal Battaglione "M" di Montebello e condotto verso Biella, con la scusa di realizzare uno scambio tra prigionieri con soldati tedeschi. Invece a Salussola, dopo un'intera notte di sevizie e violenze documentate dall'unico sopravvissuto, i prigionieri vennero uccisi a colpi di mitragliatrice all'alba del 9 marzo. La strage voleva essere una rappresaglia all'attacco condotto alcuni giorni prima da partigiani, probabilmente della 75ª Brigata, ai danni di alcuni camion militari della "Montebello" transitati presso Salussola. Nell'attacco un camion era stato distrutto e quattro militari uccisi. La vicenda viene ricostruita da Cesarina Bracco nel libro La Staffetta Garibaldina (1999).

La commemorazione del Ministro della Difesa[modifica | modifica wikitesto]

Il 10 marzo 2002, intervenendo nella commemorazione della strage, il Ministro della Difesa Antonio Martino ha così commentato: "Dal ricordo del Sig. Sergio Rosa Canuto, emerge la cronaca agghiacciante dei fatti che portarono al martirio di 20 partigiani. Le torture morali e fisiche, inflitte alle vittime prima dell'esecuzione sommaria, toccarono limiti di inaudita ferocia della quale il trascorrere del tempo non riuscirà a stemperare il ricordo. Ai martiri di Salussola va la nostra riconoscenza e la nostra ammirazione, per il coraggio e la dignità, di cittadini e di combattenti, testimoniati anche nella prova estrema."[1]

La testimonianza di Sergio Canuto Rosa (Pittore)[modifica | modifica wikitesto]

Il partigiano Sergio Rosa Canuto, nome di battaglia Pittore, fu l'unico a salvarsi. Questa la sua testimonianza dei fatti[2] depositata, alcuni giorni dopo l'eccidio, al Comando della Zona Libera di Sala Biellese.

Sergio Canuto Rosa (Pittore)
La divisa conservata nel Museo di Salussola
La denuncia manoscritta del Pittore (pagina 1)
La denuncia manoscritta del Pittore (pagina 2)
Le autorità schierate durante la commemorazione del 74º anniversario dell'eccidio (10 marzo 2019)

«Ripiegando dal Monferrato dopo 40 ore di marcia noi trentatré partigiani in distaccamento della 109ª Brigata 12ª Divisione d'assalto Garibaldi decidemmo di prendere un'ora di riposo in una fattoria vicino tra Bianzè e Livorno Ferraris sulla sponda sinistra del canale Cavour. Era esattamente il 1 Marzo, dalle quattro alle cinque del mattino, quando sostammo alla “Cascina Spinola”.

I padroni con i garzoni si trovavano già alzati per i lavori e dietro nostra richiesta ci promisero di dare qualche occhiata in giro e di avvertirci se avessero notato qualche cosa di anormale nei dintorni. Noi supponendo dalle informazioni precedenti la zona perfettamente libera, commettemmo l'irreparabile errore di non fare la guardia e ci addormentammo tutti, chi nelle stalle e chi nei fienili.

Aprii gli occhi sentendo dal cortile voci perentorie di: “Alt, su le mani banditi”. Cinque nostri compagni già stavano nelle mani dei Repubblicani, in mezzo ad un gruppo di loro, mentre altri elementi catturavano nelle stalle una ventina di altri compagni, tutti sorpresi nel sonno. Io nel fienile col mitragliatore Bren tra le mani mi trovai nel penoso caso di non poter sparare sugli assalitori per non uccidere i miei stessi compagni circondati dai nemici.

Circondati da un'intera compagnia di Repubblicani (MP Macerata) armati con tre mitragliatrici pesanti, nove o dieci fucili mitragliatori, tre mortai e più di un centinaio di mitra e moschetti, dovemmo arrenderci poco dopo. La sera stessa fummo portati a Livorno, e in camion a Tronzano al comando tedesco... ingiurie, percosse, insulti da parte dei soldati tedeschi e dei militi, e infine la consegna di ogni avere (soldi, cosette personali, ecc).

Poco dopo ci confinarono in una aula della scuola locale ben difesa e ben guardata, dove rimanemmo per 4 giorni. Nel frattempo dodici dei nostri vennero portati a Vercelli, così rimanemmo in ventuno. Poiché il comando tedesco lasciava Tronzano la sera del 5 marzo, ci portarono a Santhià nella caserma occupata dagli Alpini della II compagnia R.A.F., ci esiliano ed ebbero inizio così per noi le torture poiché passammo quattro giorni in piccole celle per cinque persone, che noi invece occupavamo in dieci. La sera dell'otto fummo trasferiti a Salussola con la prospettiva di un cambio con soldati tedeschi.

Appena giunti venivamo rinchiusi in uno stanzone del Municipio, e i militi (della Montebello) criminali, vigliacchi, mostri in camicia nera ci massacrarono a base di pugni, calci, bastonate, con il calcio del moschetto, e molti ne riportarono rotta la testa e le mandibole.

Parecchi perdevano sangue a fiotti dalle ferite della testa, dalla bocca, e dal naso, uno principalmente ferito da una baionettata rantolava in fin di vita immerso in un lago di sangue. Chiesi di poter accendere la luce per soccorrere i miei compagni, ma non ebbi altro risultato che una replica di pugni dalla guardia tedesca, con l'assicurazione che se fiatavo sarebbero rientrati per fare il peggio. Comprendevo dai loro discorsi che si proponevano di trucidarci prima di impartirci il colpo di grazia: parlavano infatti di lesioni fatte con il pugnale, di membra strappate per mezzo di automezzi col classico colpo a strappo. Stringemmo i denti, pensando che qualcuno ci avrebbe vendicati. Intanto le ore passavano nel gelo e nell'orgasmo di quell'attesa.

Ecco: le quattro dell'alba del 9 marzo sono scoccate dal campanile vicino, passano pochi minuti ancora e l'animazione nel cortile cresce fino a che la chiave gira nella serratura e i nostri assassini entrano con (I Primi tre: sentenzia uno) a tali parole di mia volontà uscii con altri due; ciascuno di noi era trattenuto da tre militi per le braccia e per il colletto, e proseguimmo così fino al muro del vicino cimitero tra insulti, sputi e calci. Terminavano allora di spingere un camioncino i cui fari accesi illuminavano un largo tratto del muro; sul camion era piazzata una mitragliatrice con un uomo al pulsante...

Non c'era che dire, i preparativi erano stati fatti a dovere. ..Potevo ancora vivere pochi secondi, un milite venne vicino e con ghigno particolarmente feroce mi disse che era troppo comodo morire tutto d'un colpo, e che voleva straziarmi prima che fossi finito dalla mitragliatrice. Così dicendo prese a levarmi il giubbotto; nello stesso momento che mi faceva scivolare le maniche dalle braccia mi son sentito una mano libera ed ho reagito con violenza volando addosso al mio aguzzino e buttandolo a terra. Un altro milite mi aggredì, dandomi un fortissimo colpo colla canna del fucile sulla fronte, facendomi barcollare un attimo senza più vedere nulla. Ma per fortuna mi ripresi subito e respinsi pure lui con uno spintone, afferrandolo e chiudendolo fra le braccia.

Incominciammo a rotolare insieme sul terreno, e poi giù per una china tra rovi e sassi. Si iniziò tra di noi una lotta furibonda che per me significava la vita o la morte. Incominciai a morderlo, colpirlo, a forza di pugni e schiaffi, benché cercasse di estrarre il pugnale dalla cintura, ma il peso del mio corpo glielo impediva.

Quell'animale chiedeva aiuto; allora lo afferrai per la gola e gli somministrai un'ultima dose di pugni, e poi riuscii ad alzarmi alquanto malconcio. Era tempo: alcuni accorrevano sulle mie tracce coi mitra alla mano, e mi sparavano nella mia direzione, mentre io rotolavo nuovamente per i pendii, sbattendo un po' dappertutto, sentendo le raffiche che schiantavano i rami e scheggiavano i sassi. Rotolavo fra i rovi facendo un fracasso indiavolato e perdendo da ogni parte molto sangue che immediatamente si coagulava. Precipitavo come un masso in fondo al vallone verso il torrente, mentre dall'alto continuava la sparatoria e le pallottole fischiavano tutto attorno. Tiratomi fuori dall'acqua, proseguii come un automa attraverso un lungo campo arato, inceppando e cadendo spesso. Le scarpe, regalo di un repubblicano, erano sfondate, i piedi indolenziti e gelati sembravano di piombo. Proseguii: lassù finalmente avevano smesso di sparare nella mia direzione; poco dopo sentii una scarica nutrita seguita da cinque colpi alternati, cinque miei compagni erano morti , il classico colpo di grazia mi permetteva di conoscere la loro fine. Successivamente altre tre scariche mi gelavano il sangue: i miei venti compagni torturati chiedevano vendetta.»

Vice Commissario Politico "Pittore"

I 20 Martiri[modifica | modifica wikitesto]

Sacrario conservato nella sala dell'eccidio di Salussola
Le foto dei martiri
  • Buscaglino Francesco detto " Barbera " nato a Pray (Bi) il 1902
  • Costa Luigi detto "Gigi" nato a Masserano (Bi) il 1906
  • Foglia Bruno detto "Ebano" nato a Crevacuore (Bi) il 1926
  • Marchesini Valter detto "Orlando" nato a Crevacuore (Bi) il 1925
  • Menti Gino detto "Colassi" nato a Pray (Bi) il 1914
  • Nicolini Angelo detto "Budda" nato a Cureggio (No) il 1925
  • Ortoleva Giovanni detto "Iacon" nato ad Isnello (Pa) il 1921
  • Picco Giuseppe detto "Trento" nato a Roasio (Vc) il 1916
  • Pela Francesco detto "Cirillo" nato a Pray (Bi) il 1893
  • Rocchi Antonio detto "Figaro" nato a Lessona (Bi) il 1920
  • Riboldazzi Guido detto "Pulcino" nato a Crevacuore (Bi) il 1923
  • Rocca Florindo detto "Lince" nato a Crocemosso ora Vallemosso (Bi) il 1920
  • Rocca Giulio detto "Gino" nato a Crocemosso ora Vallemosso (Bi) il 1920
  • Sesia Gaudenzio detto "Sesia" nato a Novara il 1925
  • Salis Gerardo detto "Palmiro" nato ad Asigliano (Vc) il 1926
  • Tempia Valenta Edo detto "Brunello" nato a Mezzana (Bi) il 1926
  • Tondi Enrico detto "Vecio" nato a Lessona (Bi) il 1900
  • Tondi Dante detto "Legnano" nato a Lessona (Bi) il 1915
  • Tugnolo Rolando detto "Dispari" nato a Collobiano (Vc) il 1926
  • Tosin Valentino detto "Bissa" nato a Mezzana (Bi) il 1911

Controversie[modifica | modifica wikitesto]

Una forte polemica ha caratterizzato la commemorazione del 2023 per l'invito rivolto al un ex senatore lombardo, Mario Mantovani, passato in Fratelli d’Italia, perché tenesse l’intervento conclusivo.

La scelta dell'oratore ha avuto come conseguenza il forfait dell’Associazione Nazionale Partigiani d'Italia Biellese (ma c’erano i rappresentanti di quella della Valle dell'Elvo e il gagliardetto di Zimone ad accompagnare il sindaco), insieme alla rinuncia dell’oratore designato Gad Lerner, delle scuole e in buona parte anche del pubblico.

Durante l’intervento conclusivo di Mario Mantovani sono sono iniziate le manifestazioni sonore di protesta dei presenti.[3]

Video discorso e manifestazionie sonora di protesta

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Sito del Ministero della Difesa, Attività e interventi
  2. ^ "Zona Libera, 15 marzo 1945" Testimonianza di Sergio Canuto Rosa "Pittore" depositata alcuni giorni dopo l'eccidio, al Comando della Zona Libera. Conservata nel Museo laboratorio di Salussola. Visto 15 marzo 2015
  3. ^ L’ex senatore Fdi contestato alla cerimonia partigiana di Salussola: e scoppia la lite su “Bella ciao”, su La Stampa, 13 marzo 2023. URL consultato il 13 marzo 2023.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Cesarina Bracco, La Staffetta Garibaldina, Biella, (collana narrativa), 2013 (1ª ed. 1999) (ISBN 978-88-9001-772-8).
  • Pietro Secchia e Cino Moscatelli, Il Monte Rosa è sceso a Milano, Torino, Einaudi, 1958 pagg. 538-542 ISBN non esistente.
  • Gian Vittorio Avondo e Claudio Rolando, Storie di Resistenza, Torino, ed. Capricorno, 2013 pag 128-135 (ISBN 978-88-7707-179-8)
  • Anello Poma e Gianni Perona, La resistenza nel Biellese Parma, Ugo Guanda Editore, 1972 pag. 390 (sec. ed. Biella, Giovannacci, 1978)
  • Wanda Barcellini, I 20 Martiri di Salussola - Articolo su Stella Alpina Anno III nr. 13 del 31/3/1946 pag. 2
  • Wanda Barcellini, Salussola in quella tragica notte sono scampato alla morte - Articolo su Stella Alpina Anno III nr. 21 del 26/5/1946 pag. 2
  • [Senza firma], Martiri ed Eroi Gloria eterna agli eroi caduti per la Patrie e la Libertà- Articolo su Squilla Alpina Anno III nr. 21 del 16/12/45 pag. 3
  • AA.VV., La Stella (e la Squilla Alpina 1944-1946) Raccolta delle prime pagine del quotidiano - Pagine 127 / 215 / 259

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]