Eccidio di Malga Bala

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Eccidio di Malga Bala
eccidio
Il sacrario dei martiri di Malga Bala nell'antica cinta della chiesa madre di Tarvisio
Tipomassacro
Data23 marzo - 25 marzo 1944
LuogoAltopiano di Malga Bala (Plezzo)
StatoBandiera della Repubblica Sociale Italiana Repubblica Sociale Italiana
ObiettivoGuardia Nazionale Repubblicana
Responsabilicontroverso
MotivazioneGuerra della Resistenza jugoslava contro l'occupazione delle Potenze dell'Asse
Conseguenze
Morti12

L'eccidio di Malga Bala è un episodio avvenuto il 25 marzo1944 nel territorio del comune di Plezzo (dal 1947 in territorio prima yugoslavo e ora sloveno) in danno di 12 militi della Guardia Nazionale Repubblicana provenienti dall'Arma dei Carabinieri e aderenti alla Repubblica Sociale Italiana, a protezione della centrale idroelettrica a valle di Bretto di Sotto, nell'ambito degli eventi della seconda guerra mondiale nei pressi dell'altopiano di Malga Bala.

Si tratta dell'ultimo in ordine temporale, e quello con minor numero di vittime, di un trittico di eventi che ebbe luogo nel comune di Plezzo iniziato nell'aprile 1943 con lo scontro di Malga Golobar e proseguito nell'ottobre 1943 con l'eccidio di Bretto.

Inquadramento storico[modifica | modifica wikitesto]

Ivan Likar, da "Gradnikova Brigada", pg.795

In risposta all'armistizio di Cassibile dell'8 settembre 1943 e alla conseguente spaccatura della penisola in due, i tedeschi già il 18 settembre occuparono militarmente Trieste istituendo la Zona d'operazioni del Litorale adriatico (OZAK) (comprendente i territori delle province di Trieste, di Gorizia e di Lubiana) e la Zona d'operazioni delle Prealpi (OZAV) (comprendente i territori delle province di Bolzano, di Trento e di Belluno), che furono annesse al Reich nazista fino al maggio 1945.

Nei mesi successivi, i partigiani (sia italiani, sia jugoslavi) progressivamente acquisirono un maggior controllo del territorio, attaccando le installazioni civili e militari sia del III Reich nazista sia della RSI - Repubblica Sociale Italiana fascista in prosecuzione di attività di sabotaggio iniziate in zona già ben prima dell'invasione italiana della Jugoslavia[1].

Alla fine del 1943, per contrastare le azioni partigiane sempre più frequenti, il Comando militare tedesco di Tarvisio istituì un Distaccamento fisso di militi della GNR della Repubblica Sociale Italiana a protezione della centrale idroelettrica in località Bretto di Sotto, nella frazione di Bretto in comune di Plezzo) posta a servizio delle miniere di piombo e zinco di "Raibl" (nella frazione di Cave del Predil, in comune di Tarvisio)[2] e pertanto obiettivo strategico per l'economia bellica in quanto alimentava le miniere di Predil.[3] Il Distaccamento era costituito da 12 militari, ovvero il vicebrigadiere Dino Perpignano e gli 11 militi ai suoi ordini, inquadrati dal 20 novembre 1943 nella 62ª Legione "Isonzo" della Guardia Nazionale Repubblicana della Repubblica Sociale Italiana e provenienti dall'aliquota di ex Carabinieri Reali che nelle province di Udine e Gorizia optarono per restare in servizio nella GNR piuttosto che accettare la deportazione in Germania o il passaggio ai partigiani.

Elenco dei caduti[modifica | modifica wikitesto]

La lapide che commemora l'eccidio nella cinta medioevale di Tarvisio

Questo è l'elenco delle vittime:

  1. Primo Amenici, milite GNR, nato a Crespino il 5 settembre 1905;
  2. Lino Bertogli, milite GNR, nato a Casola di Montefiorino il 19 marzo 1921;
  3. Ridolfo Colsi, milite GNR, nato a Signa il 3 febbraio 1920;
  4. Michele Castellano, milite ausiliario GNR, nato a Rocchetta Sant'Antonio l'11 novembre 1910;
  5. Domenico Dal Vecchio, milite GNR, nato a Refrontolo il 18 ottobre 1924;
  6. Fernando Ferretti, milite GNR, nato a San Martino in Rio il 4 luglio 1920;
  7. Antonio Ferro, milite GNR, nato a Rosolina il 16 febbraio 1923;
  8. Attilio Franzan, milite GNR, nato a Isola Vicentina il 9 ottobre 1913;
  9. Dino Perpignano, vicebrigadiere GNR, nato a Sommacampagna il 17 agosto 1921;
  10. Pasquale Ruggero, milite GNR, nato a Airola l'11 febbraio 1924;
  11. Pietro Tognazzo, milite ausiliario GNR, nato a Pontevigodarzere il 30 giugno 1912;
  12. Adelmino Zilio, milite GNR, nato a Prozzolo di Camponogara il 15 giugno 1921.

Le diverse ricostruzioni[modifica | modifica wikitesto]

Esistono numerose diverse versioni di quanto accaduto, spesso contrastanti tra di loro e altrettanto spesso illogiche e non coerenti né internamente né con testimonianze e fatti riscontrati persino quando riconducibili alla stessa fonte.

La centrale elettrica di Plezzut, ai tempi asservita alle miniere di Cave del Predil e oggetto di sabotaggio da parte dei partigiani, come si presenta al giorno d'oggi

Versioni che accreditano la strage come crimine di guerra premeditato commesso da partigiani slavi[modifica | modifica wikitesto]

Nella pubblicistica di sua produzione Marco Pirina, presidente e fondatore della fondazione "Silentes loquimur" (descritta come operante disinformazione da autorevoli storici delle questioni del confine nord orientale[4]), generò due versioni diverse e attribuì in un primo tempo la strage a partigiani croati[5], mutuando le responsabilità ipotizzate dal Diario Storico del Reggimento Alpini Tagliamento, salvo poi ricondurre successivamente la propria versione a una delle tre, tra loro diverse in maniera sostanziale, prodotte da Antonio Russo e indicando come responsabili della strage partigiani sloveni[6].

Alle due versioni di Pirina Antonio Russo ne aggiunge ben altre tre utilizzando una tecnica narrativa che mescola a testimonianze ampi ricorsi a licenze letterarie e rielaborando anche i contenuti di un manoscritto[7][8]di Federico "Barba" Buliani, ex ufficiale degli alpini, comandante partigiano osovano e successivamente membro di Stay Behind.[9]

Ne scrisse una prima volta in maniera sbrigativa della strage nel 1983 nel libro "Come foglie al vento": in quella sede la responsabilità venne attribuita a non meglio indicati partigiani e collocata tra i monte Colpiano, Carnizza e Grinta (nella bassa val Bausizza), malgrado i primi rilievi indicassero il ritrovamento dei cadaveri tra cima Plessevizza, Cresta del Cavallo e Monte Bellez (nella alta val Bausizza). Vi descrisse inoltre come il vice Brigadiere a capo del fortino fosse stato catturato durante una visita in osteria ad una sua amante e indotto con l'inganno a rivelare la parola d'ordine della casermetta a guardia della centrale elettrica di Bretto. Descrisse inoltre come i militi GNR fossero stati «legati con filo spinato, barbaramente trucidati e sgozzati col piccone, con squarci e nefandezze atroci, sezionati, cavati gli occhi, il cuore, i testicoli,...»[10], in contrasto con quanto riportato nei rapporti del tempo dei fatti, parzialmente supportati da foto, che indicavano invece come «tutti indistintamente i corpi dei militari erano coperti con le sole mutande e la camicia e presentavano ferite multiple da arma bianca e da fuoco, nonché tracce evidenti di sevizie. ... i militari opposero valida resistenza agli aggressori, i quali ebbero ragione di loro soltanto perché numericamente di gran lunga loro superiori e perché poterono agire di sorpresa»[11]. Infine, malgrado sin dai primissimi rapporti (addirittura prima del ritrovamento dei cadaveri) fosse indicato chiaramente il danno arrecato dai partigiani alla centrale elettrica e alla casermetta e il bottino in armi e dotazioni dell'operazione[12], Russo, pur riportando cenno di svariate altre azioni mirate a compromettere il funzionamento della miniera di Cave del Predil e di ogni singola centrale elettrica ad essa asservita, escluse che questo potesse essere l'obiettivo militare dell'azione partigiana sostenendo che «i partigiani non avevano danneggiato la centrale nè distrutto il fortino» e riconducendo il tutto a «una meschina vendetta contro uomini dediti al loro dovere»[13] senza specificare quale fosse il motivo della vendetta stessa, pur citando nel testo numerose vessazioni che le forze dell'Asse avevano inflitto agli abitanti della zona di Bretto, tra cui l'eccido di Bretto, la strage di malga Golobar e l'internamento forzato nel campo di lavoro di case Sebastiani.

La centrale elettrica di Muda, altro obiettivo collegato alle miniere di Cave del Predil oggetto di sabotaggio da parte dei partigiani

Successivamente Antonio Russo nel 1993 propose in "Alle porte dell'Inferno" la propria seconda diversa ricostruzione che finalmente ricolloca ulteriormente la strage a Malga Bala (nella media val Bausizza): pur ammettendo gli esiti dell'azione militare a danno di centrale elettrica, caserma e miniera che nella versione precedente negava, sostenne che si trattò di un'operazione propagandistica lungamente e dettagliatamente predeterminata, sottolineando la scelta simbolica della data della strage in corrispondenza con la festività del venticinquesimo anniversario della fondazione dei fasci da combattimento e dei Carabinieri come vittime e indicando come le operazioni fossero iniziate il giorno 22 marzo con l'intercettazione del camion dei rifornimenti[14]. Tutto ciò malgrado il conduttore del camion collochi invece la mancata consegna al giorno 24[15], la strage fosse stata occultata al punto di essere scoperta solo dopo una settimana e descritta come decisa collegialmente dai partigiani in una sorta di processo solo il giorno dopo il sequestro deimiliti GNR secondo la ricostruzione dello stesso Russo[16], senza considerare che la nascita dei fasci da combattimento però non era festeggiata in quel contesto[17][18] e ricorreva in giorno diverso da quello della strage, che secondo Russo sarebbe stata consumata il 25 marzo in luogo diverso da quello segnalato nei primi rapporti[19].

In tale ricostruzione Russo aggiunge anche la descrizione del presunto avvelenamento dei militi GNR presso Logje che avrebbe preceduto il loro trasferimento nella malga dove sarebbero stati massacrati. I responsabili della strage vengono da Russo indicati in: Ivan Likar "Socian" (noto sabotatore del luogo[20] che Russo, malgrado gli atti del tempo attestino il contrario[21], vorrebbe riconosciuto da Andrea Cuder, uno degli operai della centrale in un interrogatorio presso il comando SS a Tarvisio[22]), Silvio Gianfrate "Srecko" (noto dissidente politico locale[23]), Franc Ursic "Josko", Lois Hrovat (tutti indagati e assolti per "insufficienza degli elementi a loro carico" in sentenza che peraltro riconosce sulla base dei primi rapporti le torture descritte da Russo[24]), Fran Della Bianca "Zvonko", Anton Mlecuz, Vladimir Cernuta "Igor", Franc Copi, Janez Deisinger, Karlo Cuder, Franc Kenda, fiancheggiati da Lois Kravanja "Gajger", sua moglie Mafalda (che altrove Russo indicherà come la responsabile dell'avvelenamento dei Carabinieri), Bepi Flajs e la lavandaia Mirka.

Antonio Russo integrerà ancora nel 2005 in "Planina Bala", quello che sarà il testo che renderà nota la strage, quanto già contenuto nella sua versione precedente[25].

In esso aggiungerà una lunga serie di interviste ai protagonisti di cui sopra che, piuttosto che confermarne la versione con ammissioni di colpevolezza da parte dei partigiani, come Russo pretenderebbe (peraltro smentito dalla Procura militare di Padova[26]), ne contraddicono invece pienamente la ricostruzione per quanto relativo alle peggiori efferatezze e allo scopo[27].

Ciò che resta del villaggio case Sebastiani, ai tempi trasformato in campo di lavoro al servizio delle miniere di Cave del Predil

Nel 2010 Arrigo Varano pubblicherà, aggiornandola successivamente, copia di molta documentazione originale relativa ai fatti, alle procedure che portarono all'assegnazione delle medaglie alle vittime e alla collaborazione con Marco Pirina[28][29]

Versioni che negano la strage in termini di crimine di guerra o la responsabilità dei partigiani[modifica | modifica wikitesto]

Alle versioni che si allineano ad una ricostruzione dei fatti che ipotizza un crimine di guerra premeditato a scopo propagandistico commesso da partigiani sloveni, se ne contrappongono altre radicalmente diverse da fonti slovene, anche se spesso riprese anche in ambiti italiani.

Nel 1993 uno storico ex comandante partigiano sloveno (Franc Črnugelj) fornì una ricostruzione[30] che vorrebbe che i militi GNR siano stati uccisi nel quadro della campagna di sabotaggi all'attività mineraria di Cave del Predil durante uno scontro a fuoco tra un reparto tedesco e i partigiani che li avevano catturati, il che però contrasta con lo stato dei cadaveri riportato sia dai testimoni che nei primi rapporti dopo il ritrovamento, che li descrivono come tutti indistintamente in mutande e camicia, con ferite multiple da arma bianca e da fuoco[11].

Inoltre in tempi più recenti altre fonti slovene[31][32], riprese anche da storici italiani[33], hanno ricondotto l'accaduto al contesto del sabotaggio armato operato in forma sia diretta alla miniera che indirettamente alle centrali elettriche a essa asservite e sostengono che la strage dei militi GNR sia stata compiuta a seguito della perdita di controllo delle proprie azioni da parte di un loro singolo carceriere, fratello di una delle oltre quaranta vittime delle truppe fasciste nella strage di malga Golobar, avvenuta lì vicino meno di un anno prima in occasione della fondazione della brigata partigiana Gradnik.

Nel tempo la strage fu inoltre oggetto di voci diverse, tra cui quelle di maggior rilievo per aver trovato spazio nella stampa sono quelle che, nell'immediatezza degli eventi, ipotizzavano che i Militi della GNR avessero disertato in favore dei partigiani oppure che fossero stati vittime delle truppe nazifasciste o i loro cadaveri oggetto di una messinscena allo scopo di diffamare i partigiani stessi o infine che i militi fossero gli stessi che avevano operato come carcerieri dei sopravvissuti all'eccidio di Bretto quando furono tratti in prigionia nella caserma Italia di Tarvisio[34].

Le prime trovavano alimento dalla scarsa fiducia riposta dai nazifascisti negli ex Carabinieri Reali[35], oltre che in altre circostanze indiziarie più specifiche quali l'apparente assenza di resistenza[36], alcune intercettazioni radiofoniche[37], nonché presunti atteggiamenti equivoci di alcuni dei Militi quali il mimare l'atto di voltar gabbana[38].

Le seconde erano invece parzialmente avvalorate dalla presenza in zona di militari italiani che avevano disertato a favore dei nazisti quali il capitano Giuseppe Ocelli[39][40] e truppe germaniche che operarono utilizzando tali modalità anche allo stesso scopo in occasione di altre stragi commesse da nazifascisti in zone vicine[41] e da testimonianze diverse sulle modalità di ritrovamento dei cadaveri dei militi[42] e sul ruolo in ciò rivestito dai tedeschi[43].

Dolinza Alm ai giorni nostri

Le tante diverse e incongrue ricostruzioni di origine italiana, che normalmente non si discostano dai contenuti della propaganda nazifascista dell'epoca[44] (che nella dottrina militare tedesca rivestiva un ruolo strategico nella controguerriglia anche in particolare riferimento a quanto avveniva nell'OZAK[45]), sono state e sono tuttora frequentemente riprese e rilanciate da testate e siti web italiani, e sono spesso sfociate in ipotesi non circostanziate e improbabili, che vorrebbero giungere al coinvolgimento di ulteriori soggetti quali Franz Pregelj[46] o siti diversi, quali l'ipotetico ricovero presso la Dolinza Alm ove l'esercito tedesco avrebbe provato a curare, a una sessantina di Km dal luogo dei fatti, i militi che ipoteticamente sarebbero sopravvissuti al massacro[47].

Media e siti istituzionali ne hanno inoltre ripreso spesso i contenuti in forme meno sensazionalistiche[48][49][50].

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Il 27 marzo 2009 il presidente della repubblica italiano Giorgio Napolitano ha conferito a ciascun milite la medaglia d'oro al merito civile.

Medaglia d'oro al merito civile - nastrino per uniforme ordinaria
«"Nel corso dell'ultimo conflitto mondiale, in servizio presso il posto fisso di Bretto Inferiore, unitamente ad altri commilitoni, veniva catturato da truppe irregolari di partigiani slavi, che, a tappe forzate, lo conducevano sull'altopiano di Malga Bala. Imprigionato all'interno di un casolare, subiva disumane torture che sopportava con stoica dignità di soldato, fino a quando, dopo aver patito atroci sofferenze, veniva barbaramente trucidato.
Preclaro esempio di amor patrio, di senso dell'onore e del dovere, spinto fino all'estremo sacrificio."»
— Malga Bala (SLO), 23-25 marzo 1944[51]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Sentenza n. 282, Tribunale speciale per la difesa dello Stato Decisioni emesse nel 1941, SME - Ufficio Storico, 1997, pp. 324-380.
  2. ^ Centrale idroelettrica "Raibl"
  3. ^ Giornale Luce, Ricchezze del sottosuolo. Una breve visita nelle miniere di zinco e piombo del Predil., in Istituto Luce, 23 agosto 1940. URL consultato il 25 giugno 2021.
  4. ^ Raoul Pupo, Le foibe fra storiografia e uso pubblico, in passato e presente, n. 84, Franco Angeli Editore, 2011, p. 155.
    «...l’attività di disinformazione svolta dall’associazione Silentes Loquimur, ben dotata di finanziamenti da parte di alcuni enti locali,...»
  5. ^ Arrigo Varano, Atti del convegno e assemblea annuale dei soci dell'Unione mutilati e invalidi per servizio, 2010, p. 88.
    «La notte del 21 marzo 1944 con il concorso del brigadiere comandante del posto -s'era assentato arbitrariamente per recarsi a Bretto Inferiore e al rientro catturato- un nucleo di partigiani croati poté irrompere nella casermetta sorprendendo e catturando tutti i carabinieri che vennero condotti in montagna e soppressi a vangate, picconate e baionettate.»
  6. ^ Arrigo Varano, Atti del convegno e assemblea annuale dei soci dell'Unione mutilati e invalidi per servizio, p. 84.
    «I partigiani autori della strage erano italiani e sloveni. Nel mio libro si parla di croati a proposito della relazione del Reggimento Alpini Tagliamento perché per ragioni storiche di quel momento venivano indicati quali responsabili i croati.»
  7. ^ Federico Buliani, Manoscritto.
    «...Il distaccamento fisso dei Carabinieri previsto in 16 uomini comandati da un sottufficiale inizia il servizio il 28 gennaio 1944 e trova sistemazione nel fabbricato della centrale elettrica alla base della condotta forzata, necessariamente quindi in un imbuto.

    Sembra che dopo l'8 settembre 1943 la centrale di Bretto non sia stata protetta da armati e la novità del costituito distaccamento unita al profondo rancore nei confronti dei germanici anche per la rappresaglia di Bretto di sopra fa concentrare sui Carabinieri l'odio dei resistenti che il 23 marzo 1944 mettono in atto il piano di vendetta.

    Il carabiniere comandante il distaccamento ha l'abitudine di aggirarsi per la zona imprudentemente da solo; sul calare della notte mentre sta rientrando al distaccamento viene affiancato da due persone, disarmato e costretto a procedere le fino alla centrale. Sotto la minaccia delle armi fa aprire la porta dell'accantonamento e dietro a lui irrompono gli accompagnatori che si erano avvicinati defilandosi alla vista ed altri che si trovavano già in agguato nelle immediate vicinanze. Breve corpo a corpo e sopraffazione dei militi colti di sorpresa. Gli 11 carabinieri e il brigadiere vengono avviati a piedi e sotto vigilanza lungo la strada statale fino alla chiusa di Plezzo e da lì dirottati a sinistra verso la valle Bausiza alla testata della quale vengono bestialmente uccisi a colpi di piccone, ultimo il vicebrigadiere. Nella centrale elettrica intanto si tenta un sabotaggio: sotto i due alternatori vengono collocate due mine anticarro innescando l'accenditore secondario delle medesime. Uno dei due alternatori subisce guasti successivamente riparati e la seconda mina non scoppia. Dal 24 marzo e per breve tempo la centrale viene controllata dall'alto dell'imbuto da paracadutisti tedeschi, successivamente elementi della quarta legione della Milizia Confinaria, subito impegnati nella ricerca dei deportati, sostituiscono i paracadutisti installandosi al posto dei Carabinieri e non subendo molestie di particolare gravità. Le ricerche della confinaria danno esito positivo e il 31 marzo in una fossa comune aperta vengono rintracciate coperte dalla neve le salme seminude dei 12 sventurati. Vengono raccolte e trasportate con barelle e mezzi di fortuna a fondovalle donde, il giorno stesso in numero di 4 ed il 2 aprile in numero di 8, vengono con automezzi tedeschi portate a Tarvisio. Vengono scaricate sul sagrato erboso SW della chiesa parrocchiale e, per ordine del comando tedesco, rimangono esposte come scaricate affinché la popolazione civile possa rendersi conto della nefandezza commessa dai partigiani.

    Sulla sera per intervento del parroco monsignor Giuseppe fontana e del medico condotto dottor Francesco Ferrante vengono portate nella cappella mortuaria, composte in casse di legno e riconosciute. Il giorno 4 aprile 1944 solenne cerimonia funebre in chiesa con partecipazione di militari italiani, tedeschi e popolazione e seppellimento delle salme in località Manolz a sud dell'attuale cimitero urbano allora inesistente per mancanza di superficie sufficiente nel sagrato intorno alla chiesa.

    Su questi fatti nulla risulta sia stato scritto in precedenza da cui la prolissità.»
  8. ^ Raimondo Domenig, Tedeschi al confine orientale 1943 - 45 Storia e Memoria, Aviani & Aviani editore, 2016, pp. 252-254.
  9. ^ Buliani Federico, in Il Messaggero, 14 settembre 2005. URL consultato il 25 giugno 2021.
  10. ^ Antonio Russo, Come foglie al vento, Ribis, 1983, pp. 214-216.
    «Dino Perpignano, che era andato a trovare una sua innamorata, una lavandaia, fu accerchiato e prelevato dai partigiani con la promessa che tutti i carabinieri sarebbero stati liberi purché avessero consegnato le armi. Il malcapitato non riuscì a non rivelare la parola d'ordine. ... Lì furono legati con filo spinato, barbaramente trucidati e sgozzati col piccone, con squarci e nefandezze atroci, sezionati, cavati gli occhi, il cuore, i testicoli,...»
  11. ^ a b Arrigo Varano, Atti del convegno e assemblea annuale dei soci dell'Unione mutilati e invalidi per servizio, p. 97.
    «tutti indistintamente i corpi dei militari erano coperti con le sole mutande e la camicia e presentavano ferite multiple da arma bianca e da fuoco, nonché tracce evidenti di sevizie. ... i militari opposero valida resistenza agli aggressori, i quali ebbero ragione di loro soltanto perché numericamente di gran lunga loro superiori e perché poterono agire di sorpresa»
  12. ^ Arrigo Varano, Atti del convegno e assemblea annuale dei soci dell'Unione mutilati e invalidi per servizio, 2010, p. 93.
    «I partigiani a mezzo ordigni esplosivi avevano fortemente danneggiato una turbina, il fabbricato della centrale, due quadri: uno di partenza e uno delle due macchine e avevano completamente distrutto la vicina casermetta ove alloggiavano il distaccamento dell'Arma ... di cui non è stato possibile raccogliere alcuna notizia»
  13. ^ Antonio Russo, Come foglie al vento, 1983, pp. 214-216.
    «I partigiani non avevano danneggiato la centrale nè distrutto il fortino. ... La loro fu una meschina vendetta contro uomini dediti al loro dovere.»
  14. ^ Antonio Russo, Alle porte dell'inferno: il Tarvisiano e i suoi dintorni nella tormenta nazista, Centro culturale d'informazione sociale Voce della Montagna, 1993, pp. 118-124.
    «anche a Bretto quel giorno fu una ricorrenza speciale ... anche se la sera precedente il camion da Tarvisio dei rifornimenti non era arrivato. ... condotto dal tarvisiano Tarsilio Screm ... era stato fermato subito dopo il Passo del Predil da alcuni partigiani armati e costretto a tornare indietro. ... La trappola mortale a lungo studiata stava per scattare. Per tale operazione era stato scelto proprio quel giorno di festa, festa celebrativa in onore della nascita del Fascismo ... da diverso tempo avevano deciso una solenne vendetta contro gli italiani di fede fascista, amici e collaboratori dei tedeschi ... un agguato che già nelle intenzioni degli organizzatori doveva essere di punizione e di monito a tutti coloro che stavano contribuendo all'umiliazione della Slovenia»
  15. ^ Arrigo Varano, Atti del convegno e assemblea annuale dei soci dell'Unione mutilati e invalidi per servizio, 2010, p. 82.
    «il 24 marzo 1944 verso le 10.30 circa arrivai a Passo Predil dal Maresciallo Cossale ... mi chiariva che non dovevo più raggiungere la centrale idroelettrica in quanto i partigiani la sera precedente avevano preso i carabinieri.»
  16. ^ Antonio Russo, Alle porte dell'infermo, 1993.
    «In quel convegno generale in casa di Lois kravanja, tutti uniti per una decisione unanime che avrebbe dimostrato la compattezza e la perfezione dell'organizzazione partigiana anche agli occhi dei comandanti supremi dell'esercito di liberazione nazionale Jugoslava, qualcuno aveva azzardato l'ipotesi di liberare i carabinieri per evitare rappresaglie tedesche o almeno di rivolgere loro l'invito, così come abitualmente avveniva in tali circostanze in cui si aveva tra le mani degli ostaggi italiani, a entrare a far parte del gruppo partigiano di Plezzo per riabilitarsi e contribuire alla vittoria finale. La gran parte però era propensa per la soluzione finale, per non lasciare tracce e soprattutto per dare una sonora lezione ai fidati di Mussolini. Intanto Loris Geiger continuava a sfornare bottiglie di vino e di grappa per i suoi amici partigiani, in attesa che le donne preparassero la cena per tutti. Qualcuno poi ricordò ai presenti che proprio un anno prima, il 26 aprile del 43, lunedì di Pasqua, erano stati gli italiani a sorprendere con uno stratagemma e il tradimento di un locale i vari battaglioni slavi convocati sulle malghe del Monte Golobar per costituire una brigata ben organizzata. Ben 38 erano state le vittime slovene legate poi dagli alpini del battaglione del Vicenza bis con filo spinato e trascinate a valle come tronchi di legna orrendamente deturpati e sfigurati. Quei martiri gridavano vendetta e questo era l'occasione propizia per pareggiare i conti con gli italiani»
  17. ^ Arrigo Varano, Atti del convegno e assemblea annuale dei soci dell'Unione mutilati e invalidi per servizio, 2010, pp. 118-122.
    «Non molto diversa ancor oggi la stupidaggine di collegare il massacro con date celebrative fasciste che non avevamo il tempo di celebrare nemmeno noi»
  18. ^ Federico Valentinis Direttore Responsabile, L'austera celebrazione del 25° annuale dei Fasci (PDF), in Il Popolo del Friuli "col Duce e per il Duce", 24 marzo 1944, p. 1. URL consultato il 27 gennaio 2021 (archiviato dall'url originale il 1º febbraio 2021).
  19. ^ Arrigo Varano, Atti del convegno e assemblea annuale dei soci dell'Unione mutilati e invalidi per servizio, pp. 97-103.
    «...sono stati rinvenuti in una grotta sita in località Dolinza (tra monte Bellez, Cresta del Cavallo e Monte Plesivizza a 130 Km a Nord Est di Udine) i cadaveri di tutti 12 i militari ... Inoltratisi nella valle a Nord di Monte Plessevizza hanno rinvenuto 7 cadaveri di Carabinieri già appartenenti al distaccamento di Bretto»
  20. ^ Gorizia - Attività dei banditi e dei ribelli, in Notiziari della Guardia Nazionale Repubblicana, 12 settembre 1944, p. 41.
    «In questi ultimi tempi, una banda comunista comandata da un certo Giovanni Likar, avrebbe commessi diversi atti di sabotaggio ai ponti ed al cavo telefonico lungo la strada statale col Friuli, nelle vicinanze della centrale elettrica di Bretto. La banda avrebbe pure effettuato una ricognizione nella zona di Fusine Valromana ove, in seguito conflitto con la polizia tedesca il capo Likar rimaneva gravemente ferito. In questa azione venivano uccisi 4 banditi e fatto prigioniero un certo Riccardo Mauri.»
  21. ^ Arrigo Varano, Atti del convegno e assemblea annuale dei soci dell'Unione mutilati e invalidi per servizio, p. 95.
    «Gli operai Cuder Andrea, Koscerog Giacomo e Komac Giovanni hanno dichiarato di non avre riconosciuto nessuno dei banditi che parteciparono all'azione criminosa»
  22. ^ Antonio Russo, Alle porte dell'inferno: il Tarvisiano e i suoi dintorni nella tormenta nazista, Centro culturale d'informazione sociale Voce della Montagna, 1993, p. 142.
    «Qui gli mostrarono tra l'altro una foto dell'indiziato numero uno dell'agguato alla centrale di Bretto e Cuder non poté non riconoscere in essa l'immagine di Ivan Likar Socian»
  23. ^ Cianfrate Silvestro Giuseppe, su dati.acs.beniculturali.it. URL consultato il 25 giugno 2021.
  24. ^ Arrigo Varano, Atti del convegno e assemblea annuale dei soci dell'Unione mutilati e invalidi per servizio, 2010, pp. 181-184.
  25. ^ Antonio Russo, Planina Bala. Malga Bala 25 marzo 1944 il massacro di 12 carabinieri italiani, Aviani & Aviani, 2005.
  26. ^ Antonio Garzotto, Malga Bala, archiviazione, in Messaggero Veneto, 27 aprile 2003.
    «Un briciolo di speranza era venuto l'anno scorso quando un giornalista 'free lance" tarvisiano (il quale sulla vicenda di Malga Bala ha pubblicato un saggio) contattò il Pm Dini informandolo di aver registrato due interviste, una con Hrovat l'altra con Gianfrate e di aver ottenuto da loro convincenti ammissioni di responsabilità. Le due bobine sono state ascoltate e riascoltate dal magistrato militare, ma dalle dichiarazioni dei due presunti partecipanti alla strage non sarebbe emersa - all'avviso del Pm padovano - alcuna chiara ammissione di colpevolezza. Alle domande del giornalista avrebbero infatti risposto con monosillabi e con dinieghi soprattutto sulla loro partecipazione sia al massacro e sia di esserne stati testimoni.»
  27. ^ Antonio Russo, Planina Bala. Malga Bala 25 marzo 1944 il massacro di 12 carabinieri italiani, Aviani & Aviani, 2005.
    «"io non ero lassù", ... "no, mai fatto una cosa del genere noi partigiani! Coi picconi poi!" ... " Noi li abbiamo sparati!" ... "La centrale di Bretto di Sotto dava energia alla miniera di Cave che era in mano ai tedeschi: lì si facevano fucili e armamenti militari, dal momento che si produceva piombo e zinco, elementi che servivano per costruire cannoni, fucili e bombe. Il nostro dovere era di eliminare, di distruggere la centrale perché non desse più energia elettrica. Era questo un nostro dovere di partigiani!" ... "Noi non si aveva picconi!… Nessun piccone è stato usato…!" ... “E poi il veleno!… Ma che veleno e veleno… " ... “Socian li ha portati fuori uno alla volta dalla stanzetta e poi li ha uccisi con la pistola!" ... "La distruzione di Strmec (Bretto di Sopra) non c’entra niente con la storia dei carabinieri né la battaglia e la strage sul monte Golobar hanno alcun riferimento con quello della Bala”»
  28. ^ Arrigo Varano, Atti del convegno e assemblea annuale dei soci dell'Unione mutilati e invalidi per servizio, 2010.
  29. ^ Arrigo Varano, Atti dell’ASSEMBLEA annuale dei soci e del CONVEGNO diritti e doveri del cittadino che lavora per lo Stato - Brescia 17-18 marzo 2012 e MALGA BALA 1943 - 1946 STORIE DI CARABINIERI tragicamente tratti a morte (PDF), 2013.
  30. ^ Malga Bala, ennesimo caso di revisionismo storico, su anpipianoro.it (archiviato dall'url originale il 3 novembre 2013).
  31. ^ Zdravko Likar, Franc Uršič – Joško. Un partigiano sloveno dalla Soška Dolina/Valle dell’Isonzo, Kappa Vu, 2013.
  32. ^ (SL) Zdravko Likar, Narodni heroj Ivan Likar - Socan, Ustanova Fund. Poti v Posocju, 2011, pp. 56-57.
  33. ^ Raimondo Domenig, Tedeschi al confine orientale 1943 - 45 Storia e Memoria, Aviani & Aviani editore, p. 254.
    «...un partigiano comandato a prestare servizio di guardia ai Carabinieri nella valle Bausiza avrebbe perso il controllo delle proprie azioni e avrebbe infierito sugli italiani. Ciò avrebbe avuto giustificazione nel fatto che suo fratello era stato ucciso assieme ad altri 41 partigiani da truppe nazifasciste sul monte Golobar il 26 aprile 43, giorno della costituzione della brigata Gradnik.»
  34. ^ Arrigo Varano, Atti dell’ASSEMBLEA annuale dei soci e del CONVEGNO diritti e doveri del cittadino che lavora per lo Stato - Brescia 17-18 marzo 2012 e MALGA BALA 1943 - 1946 STORIE DI CARABINIERI tragicamente tratti a morte (PDF), 2013, pp. 222-223.
    «...hanno rinchiuso tutti gli altri, me compreso, nella Caserma "italia" di Tarvisio, dalla quale sono stato liberato tre giorni dopo grazie all'intercessione della direzione della miniera. ... Ho sentito dire che si trattava degli stessi Carabinieri che custodivano me e gli altri alla Caserma "Italia" nel periodo descritto prima»
  35. ^ Contro la RSI, guerra lenta e molti crimini (PDF), in Acta, n. 49, Istituto Storico della RSI, 2002, p. 4.
    «...non erano di facile governabilità. Aggiungendo al morale alquanto basso la tendenza a sottovalutare la ferocia slava antiitaliana, mi crearono non pochi problemi iniziali. Si sentivano molto non RSI, per lealismo monarchico, e pensavano che i titoisti ne tenessero conto. ... Le perdite di forza presente erano continue per malattia, vere o pretestuose. Non mancava qualche diserzione.»
  36. ^ Arrigo Varano, Atti del convegno e assemblea annuale dei soci dell'Unione mutilati e invalidi per servizio, 2010, p. 103.
    «"I dintorni della centrale e della casermetta non presentano tracce di lotta e dalle testimonianze raccolte tra gli operai che ivi lavoravano, rinchiusi a forza nel locale accantonamento dai partigiani, non risulterebbe che siano stati esplosi colpi di moschetto, di mitragliatore o bombe a mano, di cui i carabinieri erano forniti"»
  37. ^ Arrigo Varano, Atti del convegno e assemblea annuale dei soci dell'Unione mutilati e invalidi per servizio, 2010, p. 104.
    «la sera del 27 marzo u.sc. una emittente nemica in lingua italiana ha trasmesso che, nella Val Trenta (alle sorgenti dell'Isonzo) un plotone di carabinieri con due sottufficiali abbandonavano le armi e si consegnavano ai partigiani delle bande di Tito. La radio nemica avrà voluto facilmente alludere ai carabinieri di Bretto, esagerando e travisando secondo il suo costume la notizia a scopo propagandistico»
  38. ^ Antonio Russo, Alle porte dell'inferno: il Tarvisiano e i suoi dintorni nella tormenta nazista, Centro culturale d'informazione sociale Voce della Montagna, 1993, 1993, pp. 120-121.
    «Cuder fece osservare ancora una volta ai due amici, che stavano per uscire verso il paese senza alcuna arma addosso, neanche la pistola d'ordinanza, che non era prudente avventurarsi lontano dal distaccamento così disarmati. "Ricordatevi -ribadì l'amico per l'ennesima volta- che di italiani siete solo voi quaggiù". "Ehi - rispose il vice brigadiere canzonando l'amico operaio- hai sempre paura tu! Tanto non succede niente, non preoccuparti", e così dicendo si era tolto il cappotto mettendoselo al rovescio, facendo segno che bastava aggiungerci la stella rossa e tutto si aggiustava!»
  39. ^ Giordano Sivini, Il banchiere del Papa e la sua miniera. Lotte operaie nel villaggio minerario di Cave del Predil, Il Mulino, p. 86.
    «nel gennaio 1944 si aggiunge un corpo di repubblichini comandato da Giuseppe Occelli che, capitano degli Alpini a Tarvisio, al momento dell'armistizio è passato agli occupanti»
  40. ^ Corte d’Assise Straordinaria di Udine, Registri delle sentenze 1946, in Sentenza 53, 8 marzo 1946.
  41. ^ Rodolfo Di Centa, Testimone oculare Valle del but (Carnia) 1944-45, Tipografia Cortolezzis Paluzza, 2003.
  42. ^ Arrigo Varano, Atti del convegno e assemblea annuale dei soci dell'Unione mutilati e invalidi per servizio, p. 104.
    «I corpi martoriati non furono trovati per caso, ma sin dal mattino del 23 marzo (44)»
  43. ^ Antonio Russo, Planina Bala. Malga Bala 25 marzo 1944 il massacro di 12 carabinieri italiani, Aviani & Aviani, 2005, p. 158.
    «Nel proseguire, i tedeschi ci precedevano e sembrava che sapessero già tutto. Da qui il pensiero, mio e degli altri, che a uccidere i carabinieri fossero stati proprio loro!»
  44. ^ Valentinis F. Dir. Resp. Valentinis F., condannato a 6 anni e 8 mesi dalla CAS di Udine, sentenza 2/45 per l'attività di propaganda sul quotidiano in questione, L'opera dei “Liberatori” nella vera luce Metodi comunisti per la conquista del mondo (PDF), in Il popolo del Friuli "col Duce e per il Duce", 6 aprile 1944. URL consultato il 27 gennaio 2021 (archiviato dall'url originale il 6 febbraio 2021).
    «Questi terrificanti documenti fotografici non richiedono commenti. Sono sufficienti pochi particolari su questa spaventosa strage. Sono i resti mortali di dodici carabinieri, vittime del bestiale odio assassino di una banda di banditi bolscevichi. Le vittime sono state martirizzate il 23 marzo u.s. nelle vicinanze di Cave del Predil. Le vittime denudate sono state poi uccise bestialmente a colpi di piccone. Ecco i sistemi degli alleati dei “liberatori”! Caduta la pelle d’agnello con la quale il lupo bolscevico cerca di ammantarsi, ci appare con quali mezzi e sistemi, che giungono fino all’assassinio consumato nel modo più bestiale, s’intendano realizzare le grandi promesse del comunismo: lavoro, pane e pace. Tutti coloro che si ostinano ancora a credere in un comunismo migliore di quello che finora ha macchiato il mondo di sangue, hanno qui un ulteriore esempio da meditare: questo è il vero comunismo, questi sono i sistemi del bolscevismo bestiale, questi gli alleati di coloro che si dichiarano liberatori del mondo, questi i metodi dei senza Dio. E chi non vuoI sentire e non vuoI capire insulta con la sua incredulità e la sua incoscienza la memoria di migliaia e migliaia di martirizzati dal mostro rosso, mai sazio di sangue. L'altra mattina sono state tributate a Tarvisio, solenni e commoventi onoranze alle salme dei dodici militi, caduti nell'adempimento del loro dovere. I dodici feretri erano scortati da reparti armati italiani e tedeschi; corone di fiori freschi avevano inviato il Comando Militare di Tarvisio e quello di Udine, il Comune di Tarvisio, vari Comandi della G.N.R.., compreso quello del Gruppo di Udine, diversi enti e civili. Dopo impartita l'assoluzione in Chiesa, le salme sono state accompagnate al cimitero ed ivi pietosamente tumulate, nel mentre una triplice salve di fucileria – sparata da un reparto tedesco – salutava i caduti rendendo onore alla loro memoria.»
  45. ^ A. Politi, Le dottrine tedesche di controguerriglia 1936 - 1944, SME - Ufficio Storico, 1991, pp. 147 -184 ; 449 - 555.
  46. ^ Malga Bala, 12 carabinieri trucidati Il governo chiede la medaglia d'oro, in Messaggero Veneto, 7 luglio 2008.
    «La Procura militare di Padova, che nel 2002 ha riaperto il fascicolo sulla strage, ha individuato i presunti responsabili della strage. Si tratta di Franz Pregelj, un ex professore all'epoca commissario politico del IX Corpus. Nel fascicolo ci sono anche i nomi di Aloiz Hrovat, che vive in Slovenia, e di Silvio Gianfrante, uno dei partigiani gappisti che operava lungo il confine tra Italia e ex Jugoslavia.»
  47. ^ Carabinieri di Bretto (PDF), in Acta, n. 94, Istituto Storico della RSI, 2017.
  48. ^ Carabinieri: Del Sette a commemorazione eccidio Malga Bala - Altre News - Nuova Europa, su ANSA.it, 24 marzo 2017. URL consultato il 10 febbraio 2019.
  49. ^ Malga Bala, su carabinieri.it. URL consultato il 10 febbraio 2019.
  50. ^ Alessandro Della Nebbia, L'eccidio di Malga Bala, in Notiziario Storico dell'Arma dei Carabinieri, n. 2, 2019, pp. 4-13.
  51. ^ Sito ufficiale della Presidenza della Repubblica.

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