Discussione:Storia della Sicilia islamica

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Storia della Sicilia islamica
Argomento di scuola secondaria di I grado
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Progetto Wikipedia e scuola italiana

discussione 2005[modifica wikitesto]

Caro/a LuckiLisp, come t'ho detto, avevo combinato un pasticcio. Spero ora di avere rimediato ripristinando la tua versione. Tuttavia dovrai permettermi di correggere alcune cose. Lo farò più tardi, quando sarò sicuro che avrai finito di aggiungere e migliorare la voce, per evitare sgradevoli "conflitti di edizione".

Innanzi tutto sarà bene non rifarsi alla sola storia (abbondantemente leggendaria) della conquista musulmana della Sicilia così come si è tramandata in ambiente cristiano. Sarà poi bene parlare (come fece Amari) di musulmani di Sicilia, perché in maggioranza gli uomini furono Berberi, al comando di Arabi e di Persiani. Poi si dovrà correggere la dizione dei nomi arabi, dei toponimi e delle cariche istituzionali arabe (di questo mi rendo garante io che conosco la lingua, sempre che ti fidi. Tra l'altro: perché mettere in corsivo i nomi di persona, alcuni dei quali dovranno essere controllati perché mi suonano assai strani. Semmai cita la fonte in una Bibliografia da apporre in calce). Infine si dovranno calibrare certi giudizi sulla storia dell'arte: di arabo - tanto per dirne una - OGGI non c'è nulla più ma, evidentemente, c'era molto in passato (si discute ad esempio dell'originalità dei Bagni di Cefalà Diana e di certi ambienti sottostanti la Cappella Palatina --Catone 13:55, 11 dic 2006 (CET)di Palermo).A risentirci (e rileggerci). Spero anche tu mi voglia fare osservazioni costruttive. Potrebbe essere un buon lavoro a quattro mani. Ciao. --Cloj 15:35, Lug 28, 2005 (CEST)[rispondi]

Per me fai pure tutte le osservazioni che ritieni opportune: considera la mia come una iniziativa per cercare di dare un impulso a questa parte di storia. Non sono un esperto, avevo un po' di documentazione cartacea, un altro po' l'ho preso dal web e così ho iniziato a scrivere. Per l'architettura non volevo essere discriminante in alcun modo, però mi dai ragione che non è purtroppo rimasto nulla. Potremmo cercare di citare qualcosa, cambiando anche il nome del paragrafo in "Architettura araba in Sicilia", sicuramente più appropriato? Dimmi pure. Ciao--LuckyLisp

discussione 2006[modifica wikitesto]

Mi sono permesso di eliminare la foto perché irrilevante ai fini della voce sulla Sicilia islamica. Inoltre la didascalia parlava di lotta fra musulmani (perché specificare "di Maometto"? Ce ne sono forse altri?) e pagani (non infedeli, che viene da pensare a cristiani o ebrei) per la presa di Hidjaz (meglio dire la conquista del Hijaz - che è una regione - e della città di Mecca). Un suggerimento: mettere l'immagine in "Storia dell'Islam" o a "Maometto/Muhammad" va invece benissimo, a mio sommesso parere. Cerèa, neh!--Cloj 17:06, Set 9, 2005 (CEST)

Ciao ragazzi, sono nuovo di qui. Sono un'appassionato di storia e arte araba. L'enigm sulla sicilia araba mi ha appassionato da sempre. Una volta posi un quesito/osservazione ad una studiosa dilettante (non mi ha mai risposta). L'aggiungo in calce. Ciao a tutti

"Ultimamente mi sono appassionato all'enigma della Sicilia araba. Perchè enigma? Semplice, per la completa mancanza di documenti diretti e monumenti dell'epoca (se si escludono i bagni di Cefalà Diana). Ultimamente ho tentato di raccogliere e di leggere le poche testimonianze giunte fino a noi e di trarre qualche conclusione. Riporto le mie. Sin dalle scuole medie ci viene insegnato che è esistita una Sicilia araba dall'827 al 1060 (più di due secoli quindi) e che doveva essere splendida quanto la meravigliosa Al-Andalus. Il problema che mi pongo è questa: ma è stata davvero così splendida? L'unica descrizione dettagliata è, purtroppo, quella di Ibn Hawqal e risale all'anno 973: se escludiamo il discorso (un pò generico in verità) delle moschee non se ne ricava una gran impressione. La sensazione è che Palermo viva un periodo di evidente decadenza, soprattutto economica e che i discorsi dello splendore riguardino un'epoca ormai passata e non testimoniata direttamente da Hawqal. Cominciamo con il ricordare che, se la Sicilia viene invasa nell'827, la sua pacificazione completa risale però all'anno 948. La dinastia Kalbita entra in crisi già nel 998, per cui la Sicilia può conoscere uno sviluppo pacifico per soli 50 anni. Hawqal arriva nel mezzo di questo percorso (973): è difficile pensare che la Sicilia potesse stare meglio prima. Stupisce soprattutto la contastatazione che la Sicilia non è autonoma economicamente e che dipendeva molto dalle importazioni. Le produzioni pregiate sono poi pochissime. Dove sta, quindi, il grande progresso portato dalle colture e dalle tecniche arabe? Infatti prima dell'arrivo degli arabi la sicilia producevano molto grano, un pò di vino e di olio ed era conosciuta per il suo legno. Gli arabi la lasciano desertificata. Molto probabilmente hanno troppo insistito sulle colture della loro terra (agrumi in particolare) e si sono resi colpevoli di un disboscamento selvaggio. L'introduzione delle nuove coltivazioni avviene, quindi, a caro prezzo, quello di un grosso dissesto ambientale. Un altro elemento che porta a dubitare dello "splendore" della Sicilia araba è la presenza nella Palermo normanna di palazzi come la Zisa e la Cuba. Questi palazzi vennero fatti costruire dai principi normanni per usi civili e sono entrambi veri monumenti di arte araba. Resistono fino ai nostri giorni. Non sono vittime cioè della furia bigotta degli angioini che invece avrebbero, secondo le ipotesi più accreditate, distrutto tutti gli edifici islamici. Ma la Palermo araba, secondo gli storici, doveva essere ricca di splendidi edifici. Ma allora, per quale motivo i re normanni fanno costruire degli splendidi edifici in pura arte araba e non usano quelli già esistenti? Perché gli angioini distrussero gli edifici civili arabi e lasciarono intatti la Zisa e la Cuba, anch'essi in fin dei conti edifici arabi (anche se costruiti in epoca normanna)? La sensazione è che non ci fu il tempo di sviluppare una vera civiltà araba in sicilia e che il risultato fu anzi (parole di Hawqal) piuttosto rozzo. Inoltre in Sicilia arrivarono i berberi dell'Africa settentrionale più che i veri arabi. Il titolo di emirato fu conquistato più per la posizione strategica che non per i risultati raggiunti. Mi viene inoltre spontaneo pensare che fu sotto i normanni che la comunità araba diede il meglio di sè, contribuendo (secondo me in misura preponderante) ad una civiltà di cui ancora oggi apprezziamo i grandi risultati." --Marcello Carpinelli 13:59, 13 dic 2006 (CET)[rispondi]

La risposta sarebbe troppo lunga e per un'esaustiva spiegazione dovrai leggerti Michele Amari (La Storia dei musulmani di Sicilia) e Umberto Rizzitano (Sicilia saracena). Quest'ultimo titolo lo cito a memoria e potrebbe non essere esatto ma ricordo bene che fu stampato da Flaccovio. Rizzitano è stato l'ultimo più autorevole conoscitore della cultura islamica siciliana (è stato a lungo professore ordinario di "Lingua e Letteratura Araba" a Palermo, dove insegnava anche "Islamistica". Una vera autorità.
Premessa: neanche i bagni di Cefalà Diana sono sicuramente tutti arabi. Ahinoi!
In primis. Non solo Ibn Hawqal ma anche Ibn Giubayr reca testimonianze della Sicilia araba. Cercane la traduzione di Celestino Schiaparelli all'Università di Palermo, Facoltà di Lettere, prof. Antonino Pellitteri. Poi, sul periodo kalbita, c'è la cosiddetta "Cronaca anonima di Cambridge". Vedi in ogni caso l'enrme massa delle informazioni sulla Sicilia musulmana raccolta e pubblicata da Michele Amari sotto il nome di "Biblioteca arabo-sicula".
In secundis: non devi meravigliarti dell'assenza di vestigia arabe a Palermo e altrove. Basta che tu vada a Cordova - la più grande città araba d'Europa e sede di un califfato (ben più quindi di un semplice Emirato) per vedere quanto resta di abitazioni e strutture edili. Un bel niente, salvo la Grande Moschea (la seconda di tutto il mondo islamico, chiamata oggi Mezquita), e solo perché fu trasformata in chiesa cristiana. Tutto fu abbattuto, riutilizzato, trasformato e il tempo poi ha provveduto a seppellire la costruzioni (il tempo, come si sa, fa "alzare" di parecchio il livello urbano, quindi a scavare sotto le case di Palermo si troverebbe chissà quanto). Sappiamo del numero di moschee e di bagni pubblici, a dimostrazione dell'ampiezza della sua popolazione. I Normanni, arrivando, cominciarono questa trasformazione e tale opera ri-plasmante fu proseguita dagli Svevi. La Zisa e la Cuba hanno un apparato esornativo arabo ma le strutture sono per lo più normanne. le costruzioni - casini di caccia e di sollazzo normanno - furono mantenute perché l'esteriorità islamica (ma anche qui entro certi limiti: basterebbe vedere la Cappella Palatina per capire che siamo di fronte a un progetto cristianissimo, con Ruggero incoronato da Cristo) non risultava contrastare l'assetto di base cristiano normanno.
In tertiis. La Sicilia non fu mai un grande paese esportatore ma la proprietà agricola non fu devastata dal latifondo. Difficile che un disboscamento sia avvenuto per colpa araba perché gli unici acquirenti sarebbero stati i musulmani del Nordafrica o dell'Egitto fatimide che, però, erano distratti da altri impegni e poco interessati ai traffici con la nostra isola. Sulla marginalità della Sicilia nel quadro complessivo arabo ci sono molti studi ma questo non significa che la Sicilia non fosse ampiamente autosufficiente da un punto di vista alimentare. Non esportare non implica povertà.
È invece più che possibile - e addirittura probabile - che la crisi agricola nell'isola sia intervenuta a causa del progressivo allontanamento dell'elemento arabo e berbero e con la loro definitiva cacciata sotto Federico II. Esattamente come succederà in Spagna (al-Andalus). Il tutto aggravato dalla contemporanea istituzione del latifondo che ebbe il suo primo impulso proprio con i baroni normanni, proseguito con gli Svevi e che massimamente fu facilitato dagli Angioini e dai loro successori.
Il progresso in campo agricolo e irrigativo è palese, se non altro per l'acquisizione di tanta parte del lessico arabo in proposito (la storia si fa anche - e forse meglio per la mancanza di filtri censori - attraverso la lingua). Ciò non significa che la Sicilia non fosse culturalmente alquanto depressa (eccezion fatta per qualche buon poeta e qualche buon giurista malikita). Il riferimento all'abbondanza di maestri fatta da Ibn Hawqal (che non poteva stimarli se assumiamo che col termine "maestro" s'indicava il rozzo educatore che sapeva a malapena insegnare a leggere e scrivere in arabo) sta a marcare la scarsa bellicosità dei musulmani siciliani, poco impegnati "sulla strada del jihad" e, come si dimostrerà, poco capaci di difendere se stessi all'arrivo dei pochi (anche se valorosi) normanni.
Infine: sia i normanni sia gli svevi si rivolsero ai musulmani siciliani perché si traducessero opere di somma importanza per la cultura letteraria e per quella scientifica. Come mai? Semplici traduttori? Difficile da credere.
Spero di esserti stato (almeno un po') utile. Un saluto e buone letture amariane e rizzitanee. --Cloj 18:14, 11 dic 2006 (CET)[rispondi]

Ti ringrazio per gli ulteriori spunti di riflessione. Erano anni che volevo leggere l'Amari, credo sia giunto il momento. Ci tengo a precisare solo due cose:

1) Ibn Gyubair viene indicato erroneamente come viaggiatore dell'epoca araba. In realtà egli descrisse la Sicilia del sec. XII, in piena epoca normanna;

2) Io non ho mai parlato di esportazioni. Al contrario, parlo di importazioni: la Sicilia araba dipendeva dall'estero. Lo dice Ibn Hawqal. Dalle sue descrizioni non si ricava un quadro economico esaltante. Nessuno, poi, nega che gli arabi non abbiano portato miglioramenti colturali: è però innegabile che abbiano disboscato il centro della Sicilia per dare spazio alle proprie coltivazioni. Con risultati non soddisfacenti e provocando l'attuale desertificazione. Ciao --Marcello Carpinelli 13:59, 13 dic 2006 (CET)[rispondi]

Caro Catone, so bene che Ibn Jubayr parla della Sicilia normanna ma le testimonianze che dà della comunità arabo-berbera e dei convertiti non autorizza a vedere con occhi troppo critici quella che dovette essere la situazione precedente. Se d'altronde i Normanni seguitarono a proteggere i musulmani non era perché erano tolleranti o per avere mano d'opera a buon mercato. Era perché erano produttivi. Sia nell'agricoltura, sia nelle arti, sia nelle scienze. Anche Federico pensò bene d'imparare l'arabo in una Palermo in cui l'arabo era evidentemente assai diffuso. E non lo avrebbe fatto se i musulmani fossero stati poco più che servi.
Sull'azione economica dei musulmani vedi il lavoro di Adalgisa De Simone, già dell'Università di Palermo, sugli ostraka greco-arabi. Ne avrai uno spaccato veritiero sull'incidenza sull'economia dell'isola in periodo normanno e svevo. La proprietà araba era ancora diffusa e produttiva.
Francamente sul disboscamento dell'isola non so da dove tu abbia desunto i dati che possano suffragare una simile affermazione. Non in S. Lopez, non in D. Abulafia, non in M. Amari. Quindi, da quali fonti? Nota inoltre che il massimo impegno della cantieristica siciliana (e quindi, semmai, del disboscamento) ha luogo nel periodo normanno, massimamente sotto Ruggero II.
Sulle importazioni è ovvio che ve ne fossero. Quasi nessun territorio era in quei periodi alto-medievali totalmente autosufficiente. Il problema è d'indagare sulla quantità e la qualità dell'importazione. L'Ifriqiya (il Nordafrica) antistante era specializzata in certe produzioni e di certo da lì potevano venire merci a buon mercato rispetto a quelle prodotte nell'isola. Altrettanto dicasi dall'Egitto, specie in periodo fatimide: cosa d'altronde attestata dai documenti della Geniza del Cairo studiati da S. Goitein.
In ogni caso ti auguro buona lettura di Amari (malgrado l'italiano un bel po' barocco) o, se preferisci, Rizzitano che di Amari fu ideale allievo (Sicilia saracena, Palermo, Flaccovio 1975). Un'altra opera è di Aziz Ahmad (A History of Islamic Sicily, Edinburgo 1975) o Mohammed Talbi (L'emirat aghlabide, Parigi 1966). Infine Francesco Gabrieli-Umberto Scerrato e altri (Gli Arabi in Italia, Scheiwiller e poi Garzanti). Quest'ultimo parecchio costoso e quindi da reperire in biblioteche. Inoltre due convegni lincei, di grandissimo interesse anche per le più recenti acquisizioni.
Ciao --Cloj 22:30, 14 dic 2006 (CET)[rispondi]

Caro Cloj, io ti ringrazio per gli innumerevoli spunti che stai dando alla mia riflessione. Ti prego però di non travisare ciò che dico. Mai affermato che sotto i normanni gli arabi fossero dei sevi. Anzi. La mia sensazione è che i Normanni stimassero profondamente quel popolo. E a loro affidarono stupende realizzazioni. Infine se Giubayr descrive la comunità islamica di Palermo alla fine del sec. XII perché dovremmo considerarlo testimone oculare della Sicilia araba? Scusa ma mi sfugge. Ciao --Marcello Carpinelli 12:57, 15 dic 2006 (CET)[rispondi]


Caro Marcello, semplicemente perché, ignorando le malevole critiche osservazioni di Ibn Hawqal, che accusava gli Arabi di essere asini e mangia-cipolle (i cui effluvi ottenebravano loro il cervello), Ibn Giubayr ci ha invece rivelato ben poche "magagne", sia culturali sia economiche, qualora ci fossero davvero state e avrebbe ricordato le loro colpe di cattivi agricoltori, artigiani e quant'altro. Invece Ibn Giubayr, pur in periodo successivo, parla di "musulmani di Palermo che tengono moschee, mercati loro propri e molti sobborghi" e "commerci", a dimostrazione di una vitale presenza islamica. Parla poi della fiducia del re normanno nel suo stesso palazzo verso gli inservienti musulmani, segno del loro benessere e non-malcontento. Parla poi del fatto che Ruggero parla e scrive arabo. A che pro' se non fosse stato quello arabo-berbero un elemento produttivo, a livello materiale e culturale? Parla di ospedali normanni nella zona di Qasr Jaˁfar, fatti a somiglianza di quelli (precedenti) musulmani: segno di una loro ancora vitale presenza.
Insomma una fonte posteriore che testimonia di una condizione non di asservimento totale ma di buona interazione con l'elemento cristiano dominante. Esempio straordinario per quei tempi. Un ultimo consiglio: Assieme alla Storia di Amari, prendi se puoi la sua "Biblioteca Arabo-Sicula" che riporta le testimonianze scritte di fonte islamica. Può essere utile. Sarebbe bene trovassi la Storia nell'edizione di Prampolini, ormai opera da antiquariato ma abbondantemente "taroccata" (ed. Dafni, ed. dell'Elefante). Quella della fiorentina Le Monnier non ha la copiosa revisione (assai utile per integrazioni, anche se c'era davvero ben poco da correggere) fatta dal grande Carlo Alfonso Nallino, uno dei massimi esperti accademici italiani della cultura islamica nel XX secolo. Ciao. --Cloj 13:55, 15 dic 2006 (CET)[rispondi]

Ripristino di data[modifica wikitesto]

Ho riportato alla corretta data l'indicazione dello sbarco in Sicilia dei musulmani. Partiti infatti il 17 dalle coste dell'Ifriqiya, essi sbarcarono il giorno dopo presso Marsala (Capo Granitola). Abbiamo la conferma dalla data islamica dell'Egira, che era il 19 rabì' I del 212 e, ovviamente, il 20 dello stesso mese per lo sbarco). Ciò è affermato concordemente dalle fonti islamiche, da Michele Amari, da Umberto Rizzitano, da Aziz Ahmed e dal lemma dell'Encyclopaedia of Islam, redatta da Renato Traini, il nostro massimo arabista italiano vivente e membro dell'Accademia dei Lincei. La data di dicembre è abbondantemente errata. --Cloj 09:27, 12 ott 2007 (CEST)[rispondi]

Arabi e musulmani. Arabi e Berberi[modifica wikitesto]

In linea di principio è assai corretto usare il termine "musulmano" o "islamico" per la Sicilia e, se mai, e ricorrere al binomio Arabi-Berberi (ma c'erano anche aliquote di Persiani, come in fondo era lo stesso Asad ibn al-Furat). Ma non è giusto parlare di "architettura islamica", a meno di non parlare di concezioni-base e funzionali del luogo di preghiera islamico. L'architettura è invece, e propriamente, "araba", "turca", "persiana", "indiana", "centro-asiatica", e non conosco (ma forse per mia ignoranza, cui potrebbe supplire Vermondo, assai più esperto di me, una precisa "architettura berbera" per la Sicilia. Dunque permettetemi di correggere questi passaggi "incriminati". Sarebbe un po' come parlare di "architettura cristiana" per il nostro Trecento fiorentino, accomunandolo abusivamente con l'architettura fiamminga dei secoli successivi. Come direbbe un noto ex-magistrato: "che c'azzecca?". --Cloj 11:07, 6 nov 2007 (CET)[rispondi]

Tendo a concordare con Cloj. Non vorrei che, con l'improvviso picco di diffusione del termine "islamico" negli ultimi anni, stia nascendo la moda di adeguarvi denominazioni in uso da secoli, come nel caso dell'architettura araba di Sicilia. Spero che a nessuno venga in mai in mente di preferire "scrittura islamica" a scrittura araba sol perché essa non è impiegata solo da Arabi. --Piero Montesacro 11:31, 6 nov 2007 (CET)[rispondi]

"arabo", "islamico", "berbero"[modifica wikitesto]

Una discussione tra Cloj e Pequod76: Che tu corregga "arabo" con "islamico" è in linea di massima più che giusto, specie per la Sicilia. Ma non si può parlare di architettura islamica, se non per sommi e generalissimi capi. C'è un'architettura araba, una persiana, una turca, una indiana, ecc. ecc. Non c'è un'architettura berbera delle moschee, in ogni caso. Le tue correzioni in linea di massimo dovrebbero essere riviste. Ne convieni? Un grazie comunque per il tuo partecipato contributo. --Cloj 10:58, 6 nov 2007 (CET)[rispondi]

Ho corretto la voce evitando di riferirmi ad una "architettura musulmana". Penso che per il resto il contenuto vada bene. Fammi sapere. Grazie. --Pequod76(talk) 18:22, 6 nov 2007 (CET)[rispondi]

Caro Pequod76, un grazie a te per la cortese risposta. E, come al solito, sono d'accordissimo anche con l'amico Piero. Da Benito Mussolini alla "nostra" politica coloniale sulla Quarta Sponda. --Cloj 18:55, 6 nov 2007 (CET)[rispondi]

Caro Cloj, ho cominciato a legger l'Amari: devo dire che sono affascinato dalla sua capacità documentale e anche dalla prosa: antiquata si, ma non pesante, che denota la serenità, la calma e la pazienza con cui affronta una tematica così delicata. Un grande storico. Io, invece, propendo per il termine "arte islamica": come titolo generico va benissimo. Si può anche indicare un'architettura islamica. Poi, però, nel testo bisogna indicare di quale arte islamica si sta parlando. Ciao a tutti!--Marcello Carpinelli 10:39, 15 nov 2007 (CET)[rispondi]

Anch'io credo che la lettura di Amari sia pesante ma, dopo poche pagine, scorre via che è una bellezza. È stato veramente un grande, sotto più punti di vista.
Quanto ad "arte islamica" ha lo stesso valore scientifico del dire "arte cristiana". Questo vale se ci si limita ad alcuni stilemi di base (aniconismo, uso dell'arco a sesto acuto, strutture del sacro in architettura) ma le forme assunte dall'arte variano enormemente da paese a paese. Dal Nordafrica all'Asia Centrale e all'Indonesia o alla Cina le variazione sono macroscopiche e dovremmo evitare generalizzazioni che non aiutano a capire e a distinguere. Idem dicasi per l'architettura. Sarei per un uso più preciso dei termini, magari mettendo l'aggettivo islamico dopo la lineetta. Es: arte arabo-islamica, architettura turco-islamica, arte berbero-islamica, ecc. ecc. Un salutone e buon proseguimento di lettura. --Cloj 19:59, 15 nov 2007 (CET)[rispondi]
Cloj, quanto sei disattento ultimamente! ;) Io non lo trovo affatto pesante: la prosa è figlia dei suoi tempi, ma dopo un pò ci si abitua. I ritmi sono quelli pacati dell'ottocento. Sono quelli dello storico che non ha fretta ma vuole indagare in modo esauriente e preciso. Dissento, invece sull'arte islamica: gli islamici hanno una concezione dell'arte abbastanza uniforme nello spazio e nel tempo. Con delle variazioni da regione a regione. Secondo me l'arte islamica esiste, anche dal punto di vista scientifico. Ma è una mia opinione, sia chiaro. Ciao --Marcello Carpinelli 10:17, 21 nov 2007 (CET)[rispondi]
Sono contento che Amari ti piaccia. Io me lo sono letto (quasi) di fila almeno 25 anni fa. Amari voleva riprendere un po' il tono antiquario di Muratori ma la sua passione di coprire il buco di due secoli della sua patria l'ha reso vibrante, malgrado il suo modo di scrivere (che si trova solo nella Storia dei Musulmani di Sicilia e non, ad esempio, nella sua Storia dei Vespri). Certo che dire "l'armatetta raunaticccia" è un po' buffo e non credere che questo dipendesse dalla prosa dell'epoca. Era, ricordi?, la stessa epoca in cui scriveva de Sanctis e lo stesso secolo di Manzoni e dei suoi Promessi Sposi. Ma questo è poco importante. Quanto all'arte islamica è ovvio che abbia un senso, ma ha lo stesso senso del parlare di arte cristiana. Ha un senso parlare della sua funzionalità, dei suoi elementi strutturali costitutivi, dalla sua "anima" ma non si può seriamente parlare di stilemi architettonici cristiani se non per sommi e generalissimi capi. Altrimenti non capiremmo mai perché la moschea di Sidi 'Oqba a Qayrawan sia diversa dalla moschea di Ibn Tulun al Cairo, o perché la madrasa Zahiriyya di Damasco sia diversa dalla madrasa di Ulug Beg a Samarcanda, e compagnia cantando. Questo è il senso della mia critica. Ciao e, se ti capita, metti le mani anche sulla Biblioteca Arabo-Sicula di Amari. È sostanziosamente valida ancor oggi e neppure Umberto Rizzitano ha potuto ampliarla. --Cloj 22:06, 23 nov 2007 (CET)[rispondi]
In effetti, a pensarci bene, anche le operette morali di Leopardi, per quanto troppo forbite, hanno uno stile sostanzialmente più moderno. Dipende forse dal fatto che eravamo nel mezzo del guado e c'era chi, come dici tu, si dilettava ad usare un italiano ormai sorpassato. Grande anche è l'uso spropositato dell'espressione "non guari" che significa semplicemente "poco", soprattutto riferita al tempo. A suo modo è affascinante. Ciao, a presto!--Marcello Carpinelli 11:56, 27 nov 2007 (CET)[rispondi]
Sono ormai giunto alla conclusione dell'opera di Amari. In effetti ho cambiato parere rispetto al mio primo scritto. Quanto alla nostra enciclopedia l'opera dell'Amari potrebbe essere indicata come esempio di storiografia e della difficoltà di scrivere la storia di periodi importanti ma poveri di prove documentali. La storia dei musulmani di Sicilia è una sorta di ponte tra la raccolta delle fonti e la compilazione della storia così come viene presentata al lettore finale. Ed è interessante anche per capire quanto può essere desunto da un'attenta analisi dei documento e dal loro incrocio. --Marcello Carpinelli 14:33, 24 gen 2008 (CET)[rispondi]
Carissimo (mi permetti?) Marcello, non sai quanto mi faccia autentico piacere (quasi godimento) sapere che un'altra persona ha avuto il coraggio di affrontare la lettura di Amari, apprezzandolo come merita, al di là del suo stile. Questa è la pura forma (avrai notato come, dopo qualche decina di pagine si prosegua agevolmente, dimenticando l'iniziale fastidio. Credo che Amari sia stato un grandissimo uomo e tuttora, sappi, è considerato il faro degli studi islamistici sulla Sicilia. Tutti - dico tutti - sono costretti in Italia e all'estero a passare attraverso di lui. È stato un grande storico, un grande uomo e un grande patriota. Una gloria per l'Italia e per la Sicilia, nonché per il più limitato mondo dell'accademia nazionale e internazionale. Non è retorica. È appena appena rendergli giustizia. Potrà farti piacere sapere che pochi anni fa è stata fatta una traduzione in arabo da un ottimo italianista egiziano, laureatosi da noi in Lingua e Letteratura Italiana e qui perfezionatosi. Spero sia utile agli amici arabi non meno che a noi. Un po' del positivismo di Amari non può che far loro bene. Un saluto sempre più cordiale. --Cloj 22:54, 24 gen 2008 (CET)[rispondi]
ma certo che puoi darmi del carissimo, ;). Si, mi è piaciuta molto. Passato il primo choc fugge via agevole, salvo alcune volte che proprio pare non voglia farsi capire: in quel caso, l'ho capito dopo, usa in modo differente termine per noi molto comuni. E mi ha fatto piacere anche che non abbia trascurato la "mia" Aversa, fondamentale nella storia dei normanni in Italia. Ah, a proposito, perchè non apriamo una voce sull'arte arabo-normanna? Questo commento senza la firma utente è stato inserito da Catone (discussioni · contributi) 18:33, 28 gen 2008 (CET).[rispondi]
Magari! Ma io sono alquanto ignorante. Posso dare un contributo secondario. Ma molto secondario. Meglio si facciano avanti esperti di storia dell'arte. Perché non tu stesso? Ciao. Questo commento senza la firma utente è stato inserito da Cloj (discussioni · contributi) 11:13, 24 mag 2009 (CEST).[rispondi]

Immagine del Duomo di Monreale[modifica wikitesto]

La foto del catino absidale visto dalla navata centrale del Duomo di Monreale, non ha alcun attinenza con l'architettura araba poichè bizantina. Presentare quell'immagine, riferendosi all'architettura islamica, rappresenta un falso.--Lucaromano (msg) 22:25, 21 lug 2010 (CEST)[rispondi]

@Lucaromano Il duomo di Monreale, come la Cappella Palatina, la Chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio, il Duomo di Cefalù, rappresentano la magnifica sintesi di diverse fedi ed arti: La fede cattolica visibile nell’austera e massiccia architettura normanna e nella pianta tipica della croce latina; la teologia bizantina presente nei moduli dell’iconografia musiva, nella raffigurazione canonica dei personaggi, nell’uso simbolico dei colori; la fede islamica presente nei decori arabescati dei pavimenti, delle finestrature, nei marmi mosaicati delle pareti. Il duomo di Monreale è dunque l'esempio come durante il periodo normanno sia stato ricomposto secondo tipologie innologiche propria di ognuna delle tre tradizioni, arte e religione, l’armonia orante dell’insieme. Nella storia dell'arte Siciliana, si chiamò KOINE' ed il duomo di Monreale ne fu il simbolo... ma poi venne Garibaldi... Fiorile venerdì 3 settembre 2010

A maggior ragione non c'entra nulla. La costruzione della Cattedrale di Monreale è posteriore alla conquista normanna dell'Isola, pertanto i Musulmani non c'entrano più di tanto. E, giusto per la cronaca, pare che le maestranze che la realizzarono fossero fatte giungere dall'Egitto e pertanto non sia indicativa dello stile Islamico di Sicilia. Gli unici residui architettonici del periodo sono da ritenersi le cube (una nel cimitero di Mineo, un'altra in provincia di Palermo, da non confondersi con le cube bizantine) o le fondamenta della moschea di Segesta. Per il resto l'architettura islamica in Sicilia è ancora piuttosto ombrosa.--Io' (msg) 14:15, 9 nov 2010 (CET)[rispondi]
Ci aggiungerei i bagni di Cefalà Diana (ma anch'essi sono dubbiosamente attribuibili). --Cloj 13:27, 10 nov 2010 (CET)[rispondi]
Sì, non li ho nominati volutamente, per i dubbi che ancora li circondano. Al massimo si potrebbe aggiungere qualche torre di dubbia attribuzione, come quella sulla Valle dei Margi o parte di Mylai o poco altro. Mi pare che alcune strutture del Castello di Caccamo fossero islamiche, ma davvero il grosso rimasto sono solo beni mobili (ceramiche, maioliche, monete), nulla di eclatante. Dire pertanto che il Duomo di Monreale sia significativo per la Storia dell'Arte Islamica di Sicilia lo reputo piuttosto infelice e fuori contesto. Certamente vi officiarono maestranze islamiche. Tuttavia come a casa mia mi sono fatto ristrutturare la cucina da un gruppo di muratori rumeni, non vuol dire che la cucina realizzata sia rumena! :-D--Io' (msg) 16:46, 10 nov 2010 (CET)[rispondi]
Perfettamente d'accordo, anche se c'è da dire che i muratori non apportano all'impresa alcun valore aggiunto architettonico di provenienza rumena, mentre qualcosa di tangibile le maestranze, quasi certamente islamiche, portarono del loro bagaglio culturale. --Cloj 08:26, 11 nov 2010 (CET)[rispondi]
Ma certamente! Ovvio che il mio esempio è una voluta esagerazione, ma è abbastanza diretto e chiaro per far capire che tipo di rapporto ci sia tra il Duomo di Monreale e l'Arte Islamica di Sicilia (da non confondersi con l'Arte "Arabo-Normanna" di Sicilia: forse è proprio questo equivoco di base che ha messo in confusione l'utente che si firma Fiorile...). Per appartenere all'Arte Islamica deve essere di committenza islamica, di maestranza islamica, su progetto islamico. Poco importa se invece gli operai fossero musulmani, cristiani o ebrei: come la mia cucina è in perfetto stile rustico siciliano, nonostante i muratori non siano siciliani, in quanto committente e progettista invece lo sono, così l'Arte Islamica di Sicilia può anche non essere di mano musulmana, ma come condizione sine equa non vuole committenza e progetto islamici, cosa che il Duomo di Monreale (oltre ad essere fuori crono per poterlo avere...) non ha e non può avere. Tale magnifica opera resta fuori di dubbio un grande esempio di fusione stilistica e unione tra popoli, ma è uno stile "eclettico", ovvero una commistione tra più elementi diversi tra loro, definita (erroneamente aggiungo) Arte "Arabo-Normanna" o più propriamente corretto Arte "Normanna di Sicilia".--Io' (msg) 08:35, 12 nov 2010 (CET)[rispondi]

latinizzazione[modifica wikitesto]

Ruggero Schiavo non è mai esistito. Ruggero Sclavo, conte di Butera e Policastro figlio di Simone, della famiglia degli Aleramici di Sicilia, (longobardi), parente del Re Guglielmo I di Sicilia, fu uno dei promotori della rivolta contro il re(1160-1161). Durante la rivolta riuscì a nominare Ruggero, figlio di Guglielmo dell'età di anni 6(sei) re diSicilia. Durante un tafferuglio il bambino morì ed il popolo palermitano tolse l'assedio al Castello Soprano (Palezzo reale di Palermo).Il re poté riprendere il potere e postosi a capo dell'esercito composto da truppe saracene comandate da Enrico Aristippo, nel frattempo pervenuto da Messina, inseguì Ruggero Sclavo nella sua contea, dove con l'aiuto di Tancredi di Lecce a capo delle truppe longobarde aleramiche e normanne di Puglia decimava la popolazione saracena della sua stessa contea di Butera. Re Gugliemo rase al suolo Piazza Armerina e Butera ed i longobardi sparirono dalla terra di Sicilia. Chi dice che l'origine del dialetto piemontese di Piazza nasce dal ripopolamento con longobardi dopo la distruzione di Guglielmo è bene che si informi sia leggendo l'Amari ( Storia dei Musulmani di Sicilia) sia Gregorio ( Considerazioni sulla storia di Sicilia) se poi ha del tempo ci sarebbe anche da leggere Isidoro LaLumia (Storia di Sicilia). Il dialetto longobardo arrivò a Piazza quando Ruggero I° sposò Adelaide del Vasto, della famiglia dei Marchesi del Monferrato, nel 1087 e Piazza divenne feudo dei Longobardi con Simone nonno di Ruggero Sclavo( gli Aleramici di Sicilia).I longobardi vissero quindi nella contea di Butera e Policastro dal 1087 al 1161.-Fiorile 3 settembre 2010

Per tua informazione, l'etnonimo "Longobardi" non si riferisce solo ai Longobardi classici (quelli di Rotari, tanto per essere chiari) ma anche agli abitanti della Langobardia, cioè la Calabria, e persino a quelle persone insediate nelle aree in cui originariamente si fermarono i primi Longobardi (quelli di Alboino, per intendersi). Quindi l'attuale Lombardia e l'attuale Piemonte. Il che non crea alcuna contraddizione, mi sembra, tra quanto sottolinei e quanto s'è scritto in merito ai "Longobardi". --Cloj 13:33, 10 nov 2010 (CET)[rispondi]

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Arabi o berberi ?[modifica wikitesto]

@Andrys8 @Elohim01 @Gustavo La Pizza Ultimamente c'è stato uno scambio di edit con cui alternativamente erano indicati arabi o berberi. Si può portare qui fonti a riguardo per dirimere il fatto una volta per tutte in modo esplicito per futuri edit nella voce? --Bramfab (msg) 09:29, 29 nov 2023 (CET)[rispondi]