Dino De Laurentiis

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Dino De Laurentiis nel 2009
Statuetta dell'Oscar Oscar al miglior film straniero 1957
Statuetta dell'Oscar Oscar alla memoria Irving G. Thalberg 2001

Agostino De Laurentiis, semplicemente detto Dino (Torre Annunziata, 8 agosto 1919Beverly Hills, 10 novembre 2010), è stato un produttore cinematografico italiano naturalizzato statunitense, fratello di Luigi De Laurentiis e zio di Aurelio De Laurentiis.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Il giovane Dino, come era soprannominato sin da piccolo, crebbe per le strade di Torre Annunziata vendendo gli spaghetti prodotti dal piccolo pastificio del padre.

Il suo ingresso nel mondo del cinema avviene, insieme con la decisione di intraprendere la carriera di attore, quando si reca a Roma al Centro Sperimentale di Cinematografia, appena inaugurato, nel biennio 1937-1938. Fra i suoi esordi come attore vi è quello nel film Troppo tardi t'ho conosciuta del regista Emanuele Caracciolo. Basta poco però, al giovane Dino, per trovare la sua vera strada: "dopo essersi guardato allo specchio" - secondo le sue parole[senza fonte] - decide di spostarsi dietro la macchina da presa, intraprendendo la fortunata carriera di produttore.

Poco dopo inizia a produrre film. Il primo risale al 1940, L'ultimo combattimento di Piero Ballerini, al quale seguiranno circa 150 film durante tutto il corso della sua lunga carriera.[senza fonte]

Il primo vero successo arriva con L'amore canta del 1941, una commedia degli equivoci, remake di un film svedese. Successivamente, nel 1942, è produttore esecutivo sul "set" di Malombra, dove supera i dubbi del produttore Gualino dovuti alla sua ancor giovane età e si impone quale efficace professionista.[1]

Dal 1946 (con il film Il bandito di Alberto Lattuada) Dino per quasi vent'anni, fino al proprio trasferimento negli Stati Uniti, è affiancato dal fratello maggiore Luigi De Laurentiis.

Lux Film[modifica | modifica wikitesto]

Entra alla Lux Film, diventando produttore esecutivo cinematografico, giocando un ruolo di prim'ordine per la rinascita del cinema italiano nel dopoguerra. Lo scrittore-giornalista, cineproduttore e studioso d'arte Valentino Brosio, che concorse, dalla seconda metà degli anni trenta alla fine degli anni cinquanta, all'affermazione della Lux Film con il trasferimento a Roma di questa società fondata a Torino da Riccardo Gualino, ricordò così l'esordio di De Laurentiis:

«I direttori di produzione che scritturai per i vari film furono Marcello Caccialupi, Fabio Franchini e altri, tra i quali un giovane che Gualino era in dubbio se accettare (lo aveva proposto Soldati) non sapendo quanta esperienza avesse, e lasciò a me il compito di indagare. Invitai l'interessato ad un colloquio, in seguito al quale dissi a Gualino: "Forse non sempre troverà la soluzione più economica ai problemi, ma è certo che è un ragazzo che non si fermerà mai!". Infatti, non si fermò mai. Era Dino De Laurentiis...[2]»

Tra i tanti film prodotti in questo periodo si possono ricordare Riso amaro (1948) di Giuseppe De Santis, Napoli milionaria (1950) di Eduardo De Filippo, Dov'è la libertà...? (1954) di Roberto Rossellini, Miseria e nobiltà (1954) di Mario Mattoli e La grande guerra (1959) di Mario Monicelli, con Alberto Sordi e Vittorio Gassman, Leone d'Oro alla Mostra del Cinema di Venezia.

La Ponti-De Laurentiis[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1948 si dedica alla ristrutturazione degli stabilimenti di produzione "Teatri della Farnesina", ex Safir, dando vita alla "Ponti-De Laurentiis" insieme all'amico Carlo Ponti, per la prima volta con studi propri a disposizione.

Uno dei primi successi prodotti dalla nuova etichetta è Guardie e ladri (1951), di Steno e Monicelli, poi Totò a colori (1952) (il primo film a colori mai realizzato in Italia) di Steno, al quale fanno seguito numerosi altri importanti opere, come Europa '51 (1952) di Roberto Rossellini, Anni facili (1953) di Luigi Zampa, fino alla consacrazione definitiva con La strada (1954) e Le notti di Cabiria (1957) di Federico Fellini, due film che vinceranno entrambi il premio Oscar per il miglior film straniero, dopo quelli vinti da Vittorio De Sica con Sciuscià (1947) e Ladri di biciclette (1949)

A proposito di questo periodo, lo stesso produttore ha dichiarato in un'intervista[senza fonte] che "il neorealismo fu inventato dai giornali. Affermarono che alcuni registi e sceneggiatori vollero fare il neorealismo. Ma non è vero. L'industria italiana del cinema era così povera che non c'erano soldi per gli studios, per creare dei set, per andare dappertutto. Così si doveva girare tutto per strada." Gli studi "Ponti-De Laurentiis" sopra citati sono oggi sede dell'istituto professionale per la cinematografia e la televisione Roberto Rossellini di Roma.

Dinocittà[modifica | modifica wikitesto]

Costruisce dei nuovi teatri di posa, sempre nei dintorni di Roma, sulla via Pontina al km 23,270, chiamati "Dinocittà", dove sono stati anche girati numerosi film con star hollywoodiane, come Guerra e pace (1956) di King Vidor con Henry Fonda e Audrey Hepburn, Barabba (1961) di Richard Fleischer con Anthony Quinn, La Bibbia (1966) di John Huston con George C. Scott, Ava Gardner, John Huston stesso e Peter O'Toole, Lo sbarco di Anzio (1968) di Duilio Coletti con Robert Mitchum e Waterloo (1970) di Sergej Bondarcuk con Rod Steiger e Orson Welles.

Sui terreni di Dinocittà è stato aperto nel 2014 il parco divertimenti Cinecittà World, tematico per il cinema e la televisione.

1972: Legge Corona e trasferimento negli Stati Uniti[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1972 la legge italiana sul cinema cambia: i sussidi vengono riservati solo ai film con il 100% di produzione italiana (fino ad allora bastava il 50%), e De Laurentiis decide di trasferirsi negli Stati Uniti, dove fonderà la De Laurentiis Entertainment Group.

In America continua a produrre grandi successi: Serpico (1973) di Sidney Lumet, I tre giorni del condor (Three Days of the Condor) (1975) di Sydney Pollack, Il giustiziere della notte (Death Wish) (1974) di Michael Winner, Conan il barbaro (Conan the Barbarian) (1982) di John Milius, L'anno del dragone (Year of the Dragon) (1985) di Michael Cimino, e anche alcuni remake come il King Kong (1976) di John Guillermin o Il Bounty (The Bounty) (1984) di Roger Donaldson con Mel Gibson, ma anche alcuni flop al botteghino, come Dune (1984) di David Lynch o Tai-Pan (1986) di Daryl Duke.

Ultimi anni[modifica | modifica wikitesto]

De Laurentiis con la figlia Raffaella

Nel 1990 realizza Ore disperate (Desperate Hours) (1992), ancora di Michael Cimino (un'operazione rischiosa, dato che il regista statunitense era considerato il responsabile del fallimento della United Artists, e conseguentemente bandito da Hollywood), e Body of Evidence - Il corpo del reato (1992) di Uli Edel, con Madonna, mentre, tra i titoli più recenti si ricordano il thriller Breakdown - La trappola (1997) e U-571 (2000) di Jonathan Mostow.

La filosofia che ha portato al successo De Laurentiis può essere ben compresa grazie alla sua dichiarazione alla Mostra del Cinema di Venezia 2003, dove ha ricevuto il Leone d'Oro alla carriera: "Il problema dei registi italiani è che vogliono fare i film con un occhio alla critica. Noi però siamo show-man e dobbiamo fare film solo per il pubblico. Ora voglio dimostrare al cinema italiano che ci sono grandi storie da raccontare. Ho voglia di tornare in Italia a lavorare per fare dei film che riescano ad uscire dall'Italia".

Nel corso della serata di premiazione degli Oscar del 2001 ha ricevuto l'Irving G. Thalberg Memorial Award. Infine è stato anche membro della giuria dell'Academy of Motion Picture Arts and Sciences per il Premio Oscar.

Nel 2008 partecipa al documentario Il falso bugiardo di Claudio Costa, dedicato allo sceneggiatore Luciano Vincenzoni, suo amico, che lavorò con lui, frequentandolo sia in Italia che a Hollywood per almeno 30 anni. Con Vincenzoni, anche se il rapporto ebbe momenti di stallo dovuti ad incomprensioni reciproche, De Laurentiis realizzò il capolavoro La grande guerra, e molti altri film tra cui I due nemici, Il gobbo, Roma bene, seguiti poi da L'orca assassina e Codice Magnum.

Lucio Trentini è stato il suo organizzatore per tutta la sua carriera professionale.

Muore per cause naturali il 10 novembre 2010 a Beverly Hills[3].

Successivamente al suo funerale tenutosi a Beverly Hills, al quale hanno preso parte nomi noti dello star system hollywoodiano, le spoglie sono state tumulate nella tomba di famiglia presso il cimitero di Torre Annunziata, accanto a quelle del fratello Luigi.

Ha avuto sei figli: Veronica, Raffaella, Federico e Francesca avuti da Silvana Mangano con la quale si era sposato nel 1949; Carolyna e Dina, avute dalla sua seconda moglie Martha Schumacher con la quale si era sposato nel 1990. Il figlio Federico morì in un incidente aereo in un volo privato negli Stati Uniti.[4]

Anche suo fratello Luigi è stato un produttore e il nipote Aurelio è un produttore cinematografico.

Nel 2012 gli è stato attribuito il Premio America alla memoria della Fondazione Italia USA.[5]

Festival cinematografici dedicati a Dino De Laurentiis[modifica | modifica wikitesto]

Dal 2010 a Torre Annunziata, sua città natale, si tiene il Festival di Cortometraggi Cortodino. Un festival internazionale dedicato appunto alla memoria del grande produttore cinematografico organizzato dall'Associazione Culturale Esseoesse, patrocinato da Ministero del Beni e Attività Culturali, Regione Campania e Comune di Torre Annunziata.

Filmografia[modifica | modifica wikitesto]

Produzioni cinematografiche (parziale)[modifica | modifica wikitesto]

Riconoscimenti[modifica | modifica wikitesto]

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Cavaliere del lavoro - nastrino per uniforme ordinaria
«Con un esordio a 20 anni di età, inizia la titanica carriera nella quale il produttore scriverà mezzo secolo di storia del cinema mondiale. Si pone all'avanguardia della rinascita culturale post-bellica come una delle forze trainanti del Neo-Realismo. Gli anni Cinquanta lo vedono in collaborazione con Ponti e Fellini, e per due anni consecutivi, 1956 e 1957, questa collaborazione sfocerà nell'assegnazione di due premi Oscar. Lungimirante sostenitore della internazionalità del cinema, allarga la sua sfera operativa al più agguerrito mercato cinematografico mondiale, quello americano, dove trionfa con un alternarsi di successi critici e commerciali. L'acume imprenditoriale che ne ha caratterizzato il lavoro fin dall'esordio, lo porta in prima linea dell'aspetto economico della produzione di un film: è De Laurentiis a introdurre il concetto di "prevendita" di un film - che garantisce una massimizzazione degli introiti e maggior controllo creativo da parte del produttore adottata in seguito come comune pratica di mercato da tutti»
— 1966[6]
Grande ufficiale dell'Ordine al merito della Repubblica italiana - nastrino per uniforme ordinaria
«Su proposta della Presidenza del Consiglio dei ministri»
— Roma, 2 giugno 1967[7]
Cavaliere di gran croce dell'Ordine al merito della Repubblica italiana - nastrino per uniforme ordinaria

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Le circostanze relative al ruolo di De Laurentiis sul set di Malombra sono narrate da Nino Crisman, uno degli attori di quella pellicola, nel volume L'avventurosa storia del cinema italiano
  2. ^ dalla rivista "il Cappio", diretta da Francesco D. Caridi, n. 2 del 2000.
  3. ^ Dino De Laurentiis dies at age 91
  4. ^ (EN) Ap, DeLaurentiis's Son Killed, in The New York Times, 18 luglio 1981. URL consultato il 21 settembre 2021.
  5. ^ www.italiausa.org
  6. ^ Sito web del Quirinale: dettaglio decorato.
  7. ^ Sito web del Quirinale: dettaglio decorato.
  8. ^ Sito web del Quirinale: dettaglio decorato.

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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