Dialoghi con Leucò

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Dialoghi con Leucò
Il pescatore e la sirena, dipinto di Frederic Leighton, mito di uno dei racconti di Pavese
AutoreCesare Pavese
1ª ed. originale1947
Genereracconti
Lingua originaleitaliano

I Dialoghi con Leucò sono una serie di ventisette brevissimi dialoghi, scritti da Cesare Pavese dal dicembre del 1945 al marzo 1947, anno della pubblicazione.

Il Mito[modifica | modifica wikitesto]

Il tentativo che intende operare Pavese in quest'opera è quello della ricerca, o ancor meglio della riscoperta di quel sostrato culturale comune, irrinunciabile e costitutivo che è il mito. Un mito che, seppur storicamente proprio di un'epoca ormai tramontata (quella greca), ci appartiene ancora in maniera viscerale nella misura in cui sublima ed eternizza le angosce e le esperienze più intime dell'uomo, antico e moderno.

Ogni racconto ha come interlocutori due personaggi presi dalla mitologia greca (rivista attraverso l'etnologia, il pensiero di Freud e l'esistenzialismo), dei quali lo stesso Pavese definisce le componenti e le relazioni che si instaurano tra i vari temi. L'autore stesso riporta, nel volume stesso[1] uno schema con precise indicazioni.

Annotazioni dell'autore che definiscono le componenti e le relazioni tematiche
I due (infanzia salvezza)
La madre (infanzia tragica)
In famiglia (fato famigliare)
Gli Argonauti (fato sessuale)
Schiuma d'onda (sesso tragico)
La belva (sonno divinità-sessuale)
L'inconsolabile (liberazione dal sesso)
Le Muse (uomo divino)
Il fiore (schiacciamento e poesia)
La rupe (combattimento)
La Chimera (sconfitta)
La nube (audacia e sconfitta)
Le streghe (intangibilità).
Mondo titanico X dèi nequizie divine La nube - La Chimera - I ciechi - Le cavalle - Il fiore - La belva - Schiuma d'onda
Tragedia di uomini schiacciati dal destino La madre - I due - La strada
Salvezze umane e dèi in imbarazzo L'inconsolabile - Il lago - La rupe - Le streghe - La vigna - L'isola -In famiglia - Il toro - I fuochi - L'ospite - Gli Argonauti
Dèi buoni Il mistero - Il diluvio - Le Muse

Attraverso l'incontro di due personaggi, siano essi dèi o semplici mortali, questi dialoghi presentano di volta in volta l'amore, l'amicizia, il dolore, il ricordo, il rimpianto, la fragilità, la morte e il destino. In altre parole: l'intrinseca essenza di ogni individuo, resa manifesta dal discorso stesso nella sua nuda purezza. È infatti attraverso il solo linguaggio che questi personaggi vengono costruiti, si mostrano e si svelano nel pieno della loro concretezza, della loro intensa umanità. E quindi il lògos, come dimensione onto-logica, manifestazione del più profondo essere, rivelazione della più intima realtà.

Questi dei ed eroi che discutono di morte e di destino escono da un periodo di barbarie e di culti contadini.

Lista completa dei dialoghi[modifica | modifica wikitesto]

Sono di seguito annotati i titoli dei diversi dialoghi che compongono l'opera, con annotati i protagonisti.

- La nube. Parlano la Nube (Nefele) e Issione.

- La Chimera. Parlano Ippòloco e Sarpedonte.

- I ciechi. Parlano Edipo e Tiresia.

- Le cavalle. Parlano Ermete ctonio e il centauro Chirone.

- Il fiore. Parlano Eros e Tànatos.

- La belva. Parlano Endimione e uno straniero.

- Schiuma d'onda. Parlano Saffo e Britomarti.

- La madre. Parlano Meleagro e Ermete.

- I due. Parlano Achille e Patroclo.

- La strada. Parlano Edipo e un mendicante.

- La rupe. Parlano Eracle e Prometeo.

- L'inconsolabile. Parlano Orfeo e Bacca.

- L'uomo-lupo. Parlano due cacciatori.

- L'ospite. Parlano Litierse e Eracle.

- I fuochi. Parlano due pastori.

- L'isola. Parlano Calipso e Odisseo.

- Il lago. Parlano Virbio e Diana.

- Le streghe. Parlano Circe e Leucotea.

- Il toro. Parlano Lelego e Teseo.

- In famiglia. Parlano Castore e Polideute.

- Gli Argonauti. Parlano Iasone e Mélita.

- La vigna. Parlano Leucotea e Ariadne.

- Gli uomini. Parlano Cratos e Bia.

- Il mistero. Parlano Dioniso e Demetra.

- Il diluvio. Parlano un satiro e un'amadriade.

- Le Muse. Parlano Mnemòsine e Esiodo.

- Gli dèi. Parlano due dialoganti non specificati, che sembrano appartenere all'epoca contemporanea.

La Nube[modifica | modifica wikitesto]

«La Nube: C'è una legge, Issione, cui bisogna ubbidire.
Issione: Quassù la legge non arriva, Nefele. Qui la legge è il nevaio, la bufera, la tenebra. E quando viene il giorno chiaro e tu ti accosti leggera alla rupe, è troppo bello per pensarci ancora.[2]»

In La nube è la stessa che porta ad Issione il messaggio che il dio Pan è morto e che novus saecolorum nascitur ordo. Inizia la lenta trasformazione dell'uomo che esce dal mondo istintivo e prelogico per avviarsi verso la luce della storia. Ma, come scrive Lorenzo Mondo[3], «… nelle parole della Nube amante, che cerca d'infrenare la giovanile baldanza di Issione, già s'intravede la ruota e il Tartaro: prezzo della raggiunta consapevolezza è la morte, non più cambiamento irriflesso della propria natura, un "versarsi in tutte le cose", ma "un amaro sapore che dura e si sente"».

La Chimera[modifica | modifica wikitesto]

«Sarpedonte: Nessuno si uccide. La morte è destino. Non si può che augurarsela, Ippòloco.[4]»

Nel dialogo La chimera, troviamo Bellerofonte che ha ormai liberato il mondo dai mostri, liberandone la Terra chiedendosi, tuttavia, con grande disperazione, dopo tanto sangue e morti, a cosa tutto questo sia servito. Per tutto il dialogo, egli, che si è scoperto ancora facente parte del destino, infatti, grida l'inutilità di ogni lotta.

Come scrisse Mario Untersteiner in un articolo del '47[5] «Con una frase e talora anche con una sola parola va alla radice perenne del mito, quella che ancora oggi è vitale».

Una doppia riflessione, quindi, quella di Pavese: sulla sfera mitica, come luogo archetipo da riportare alla luce, e sull'uomo stesso, il cui segreto non può non emergere da queste profonde e immense radici, costituite dall'intrecciarsi della dimensione simbolica, antropologica e psicoanalitica.

I ciechi[modifica | modifica wikitesto]

«Edipo: Ma è davvero così vile il sesso della donna?
Tiresia: Nient'affatto. Non ci sono cose vili se non per gli dèi.[6]»

Il dialogo, assai pessimista, avviene tra Edipo, re di Tebe, e il vecchio Tiresia che è stato accecato dagli dèi verso i quali egli dimostra sfiducia. Ma l'argomento di fondo è sicuramente il destino e la sua inevitabilità. Edipo, ancora ignaro del suo destino, ancora ingenuo e felice, parla quasi ottimisticamente a Tiresia, che invece gli farà dolorosamente aprire gli occhi.

Edizioni[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Cesare Pavese, Dialoghi con Leucò, Einaudi, Torino, pag. 175 e 177-178, 27 febbraio e 12 settembre 1946.
  2. ^ Pavese, pag. 9.
  3. ^ Lorenzo Mondo, Cesare Pavese, Mursia, 1970, pag. 76
  4. ^ Pavese, pag. 17.
  5. ^ Mario Untersteiner, nell'articolo dedicato al libro, apparso su "L'Educazione Politica", Milano, 1, fasc. 11-12 (novembre-dicembre 1947).
  6. ^ Pavese, pag. 22.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Antonio Santori, Quei loro incontri. I Dialoghi con Leucò di Cesare Pavese, Antenore, 1985.
  • Beatrice Mencarini, L'inconsolabile. Pavese, il mito e la memoria, Alessandria, Edizioni dell'Orso, 2013.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]