De magnalibus urbis Mediolani

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De magnalibus urbis Mediolani
AutoreBonvesin de la Riva
PeriodoXIII secolo
Generetrattato
Sottogenerecronaca
Lingua originalelatino
AmbientazioneMilano

Il De magnalibus urbis Mediolani è un trattato scritto in latino sotto forma di cronaca nel 1288 da Bonvesin de la Riva, illustre poeta e scrittore milanese del XIII secolo.
Dal titolo (Della grandezza della città di Milano) si evince il contenuto panegirico dell'opera che, composta durante il periodo visconteo, vuole glorificare rendendole pubbliche la forza, la modernità e la ricchezza della città di Milano.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Il testo integrale del De magnalibus urbis Mediolani fu per lungo tempo ritenuto scomparso. Citazioni del testo appaiono, nel Trecento, negli scritti di Galvano Fiamma, Enrico di Herford e Pietro Filargo.

Il Fiamma, nel suo Chronicon extravagans de antiquitatibus Mediolani, cita il De magnalibus riassumendo e parafrasando alcuni brani ed afferma di averne consultato una copia nel convento domenicano della Basilica di Sant'Eustorgio in Milano[1].

Il cronista domenicano tedesco Enrico di Herford, nel suo Liber de rebus memorabilioribus, cita alcuni passi tratti integralmente da una copia del De magnalibus che gli fu donata a Milano nel 1340[1].

Pietro Filargo, che nel 1395 era vescovo di Novara (e che divenne poi l'antipapa Alessandro V), nel discorso di investitura a granduca di Gian Galeazzo Visconti cita il De magnalibus[1][2].

Nel 1426 l'inventario della biblioteca dei Visconti cita una copia del De magnalibus[1].

Il manoscritto[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1894 Francesco Novati, filologo cremonese, rinvenne quasi per caso il manoscritto del De magnalibus nella Biblioteca Nacional de España e lo pubblicò in edizione critica nel 1898[3].

Il Novati lo descrive così: «Il manoscritto è composto di 67 carte non numerate di formato 210 x 290, scritto in parte a due colonne in parte a pagina intera da due mani lombarde della fine del secolo XIII o degli inizi del XIV. … La legatura che spetta al sec. XVII è in cartone ricoperto di cartapecora con legacci. Sul dorso a grandi caratteri gotici si legge questo titolo Flor. Hist. Auct. Bonvicino de Ripa Mss … Il titolo vago ed inesatto di Flores Historiarum … è stato poi ripetuto col contorno di qualche altro errore nel catalogo generale dei codici della Nazionale»[3].

Il codice che porta oggi il numero di catalogo 8828 dei manoscritti della Biblioteca Nacional de España[4] è molto rovinato nel margine superiore destro dall'umidità e dai tarli ed è stato pertanto ritirato dalla consultazione.

L'interpretazione di alcune frasi del testo latino è stata oggetto di numerose discussioni tra letterati a causa, non solo delle parti mancanti per il deterioramento, ma anche per i numerosi errori commessi nella copia trascritta dopo il 1381[3] da un certo Gervasio Corio. Di lui il Novati non ha certo stima ed afferma:[5] «il libro ha per opera dello zotico menante, cui dobbiamo il codice madrileno, ricevuto il colpo di grazia. Che si possa esser trovato in Lombardia sul declinare del Trecento un amanuense più bestiale di Gervasio Corio io non credo possibile.»

Il libro[modifica | modifica wikitesto]

Il De magnalibus si compone di otto capitoli tutti di esaltazione della città di Milano, rappresentativi dell'orgoglio dell'Italia medievale dei Comuni. Il titolo di ognuno di essi contiene infatti la frase de commendatione Mediolani ed esalta Milano per una sua specificità: la sua posizione, le sue abitazioni, i suoi abitanti, la sua fertilità, la sua forza, la sua costante fedeltà, la sua libertà, la sua dignità. I primi quattro capitoli costituiscono la parte statistica, descrittiva e più significativa della situazione della città sul finire del Duecento, mentre i successivi sono essenzialmente storici e compilativi.

Bonvesin era proprietario di numerosi libri di storia [5] e riporta con buona precisione i fatti per lui più recenti, tra essi quelli relativi alle spedizioni contro Milano sia di Federico Barbarossa che di Federico II che gli furono probabilmente riferite da testimoni[5]. Tuttavia la parte storica ha minore importanza rispetto a quella descrittiva della città e del suo territorio, infatti Bonvesin, fratello della confraternita degli Umiliati, poteva avere accesso a notizie precise in quanto proprio gli Umiliati erano incaricati della tesoreria comunale e dell'esazione dei dazi[5].

Il primo capitolo che esalta Milano per la sua posizione ci informa che c'erano 6000 sorgenti di acqua pura per alimentare le 12500 case "con la porta sulla strada" menzionate nel capitolo 2, assieme alle 200 chiese con 480 altari ed i 120 campanili. Nella "magnifica rotondità di questa città, con 6 porte e 10 posterle di accesso attraverso le mura, i cittadini, "compresi i forestieri di ogni genere", erano in "numero di oltre duecentomila" (capitolo 3), numero che si può ricavare "con certezza dal fatto che si consumano ogni giorno 1200 moggi di grano".

Vi erano in città 1500 notai, 120 esperti tanto in diritto canonico che civile, 600 consoli del comune, 6 trombettieri principali. I medici (detti dal volgo "fisici") erano 28; i chirurghi di varie specialità 120, tra questi c'erano "anche dei bravissimi medici". Solo 8 erano i professori di grammatica, ma più di 70 i maestri elementari; i copisti superavano il numero di 40 mentre 14 erano i "dottori" pratici di canto ambrosiano.

C'erano 300 forni da pane iscritti al registro comunale ed altri "esenti" che servivano frati o religiosi che secondo Bonvesin raggiungevano il centinaio. Oltre 2000 erano i bottegai che vendevano al minuto ogni mercanzia. C'erano più di 440 macellai che "vendono in abbondanza carne molto buona di bestie di tutte le razze". I pescatori che tutti i giorni portavano dai laghi "ogni sorta di pesci" erano più di 18. Circa 150 erano gli albergatori.

I maniscalchi erano circa 80. Bonvesin "tace del numero di fabbricanti di speroni, morsi, staffe e selle" per i "molti cavalli e cavalieri che circolano in città" e conclude dicendo che se dovesse menzionare i tanti artigiani di tutti i mestieri che stanno in città "chi lo legge resterebbe stupito".

Del De magnalibus è interessante l'edizione a cura di Cesare Comoletti del 1994, con una bella traduzione in milanese nella quale sono riportate molte delle note originali del Verga[6].

Edizioni[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d Paolo Chiesa (a cura di), Le Cronache medievali di Milano, Milano, Fondazione delle Stelline, 2001. Bonvesin da la Riva, De magnalibus Mediolani, le meraviglie di Milano, a cura di Paolo Chiesa, Milano, Scheiwiller, 1997.
  2. ^ Francesco Novati, Il De magnalibus ed una cronaca vestfagliese del trecento, ASL, 42, 1915, pp. 465,467.
  3. ^ a b c F. Novati, "De magnalibus urbis Mediolani (Cod. della Nazionale de Madrid X. 165 = 8828)", Bulletino dell'Istituto Storico Italiano, n.20 (1898), p. 50-59, Forzani&C, Roma
  4. ^ 8828 1. BONVICINUS DE RIPPA: Flores historiarum (ff. l-20v).—2. GALVANUS DE FLAMMA (O.P.): Manipulus florum (Chronica civitatis Mediolani ab origine urbis) (ff. 25-62v).—S. XIII y XVII, papel, 290 x 210 mm., 69 ff., ene. pergamino. En f. 69: Carta de D. Luis de la Cueva y Bañuelas a D. Diego García Roldan. Cádiz, 14 marzo 1691. Muy deteriorado en la parte superior por la humedad y la polilla. 01im:X. 165. Proc: Conde de Miranda. http://www.bne.es/es/Micrositios/Guias/Inventario_Manuscritos/resources/docs/invgenmss13x1x.pdf#page=123
  5. ^ a b c d Ettore Verga (a cura di), Fra Bonvesino delle Riva "Le meraviglie di Milano - traduzione del testo latino introduzione e commenti del dott. Ettore Verga", Milano, L.F. Cogliati, 1921.
  6. ^ Cesare Comoletti (a cura di), Bonvesin da la Riva "De magnalibus Urbis mediolani - I grandoeur de Milan" - Edizione latino milanese, La Martinella di Milano - Libreria milanese, 1994.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]